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Lillo Taverna a Il diario di RACALMUTO
Dove mi portano le mie ricerche storiche ed archivistiche? ad una traccia storica di rigorosa dignità mariologica. Credo che non dispiacerebbe neppure a papa Fr...ancesco.
Finisce il Medioevo, i Del Carretto a Racalmuto hanno un momento di sbandamento. Pare che gli ISFAR ne prendano il sopravvento.
Siamo agl'ultimi decenni del XV secolo. A Palermo si commissiona e si paga una statua marmorea della Madonna con il figlioletto Gesù in braccio.
Via mare arriva a Racalmuto. La si erge sull'altare maggiore della già esistente chiesa del Monte che le si dedica. Si parla di una chiesetta intitolata a Santa Lucia. Nessun documento lo comprova.
La data del 1503 è solo una deformazione di un numero (il quattro in zero) dell'anno 1543, quando il Vicario Generale di mons. Pietro Tagliavia ed Aragona inventaria Chiesa e "figura di Nostra Donna di marmaro". Siamo appunto in data 11 luglio 1543.
Ma per la curia vescovile di Agrigento la Chiesa del Monte assurge a Santuario rilevante quando nel 1685 riconosce con decreto la sua sacramentalità.
Abbiamo, però, visto come il Pirri, che fu storico di indubitabile valore, nel 1650 ignora chiesa e simulacro.
Invero il popolo credente racalmutese aveva elevato a sua Madre Santa quell'eccezionale figura marmorea. Per il vescovo Bonincontro, nella sua visita pastorale in data 20 luglio 1609 trova il sacro simulacro "ornato e indorato".
Ma solo il 17 luglio 1686 il vescovo francescano Rhini consacra la nostra statua di Maria Vergine e madre "quale miracolosissima immaggine".
Da qui la fantasia popolare, ben insufflata dagli agostiniani, ne fa un mito miracoloso. "Di Trapani affaccià Maria di Gesù" cantavano i devoti racalmutesi.
Le "Coroncine" dell'agostiniano Catalanootto ne abbozzano un primo dramma sacro in dialetto.
Quindi nell'Ottocento, dopo la "Lezione VI dell'Ufficio liturgico in onore della Madonna del Monte" di mons. Lo Jacono, l'ultimo vescovo borbonico di Agrigento, il francescano Caruselli dilata e italianizza il portento mariologico. Arriviamo negli anni '60 del millennio scorso e il dramma, ora araldico e apocrifo, si banalizza.
Non sarebbe il caso di tornare alle austere origini? Una vergine Maria senza corone in testa, madre di tutti che non discrimina Castronovo, non sarebbe ormai matura per una Racalmuto civile e colta, senza più ambigui retaggi di chi nelle Parrocchie è blasfemo e negli Amici della Noce si fa codino?
Calogero Taverna
Siamo agl'ultimi decenni del XV secolo. A Palermo si commissiona e si paga una statua marmorea della Madonna con il figlioletto Gesù in braccio.
Via mare arriva a Racalmuto. La si erge sull'altare maggiore della già esistente chiesa del Monte che le si dedica. Si parla di una chiesetta intitolata a Santa Lucia. Nessun documento lo comprova.
La data del 1503 è solo una deformazione di un numero (il quattro in zero) dell'anno 1543, quando il Vicario Generale di mons. Pietro Tagliavia ed Aragona inventaria Chiesa e "figura di Nostra Donna di marmaro". Siamo appunto in data 11 luglio 1543.
Ma per la curia vescovile di Agrigento la Chiesa del Monte assurge a Santuario rilevante quando nel 1685 riconosce con decreto la sua sacramentalità.
Abbiamo, però, visto come il Pirri, che fu storico di indubitabile valore, nel 1650 ignora chiesa e simulacro.
Invero il popolo credente racalmutese aveva elevato a sua Madre Santa quell'eccezionale figura marmorea. Per il vescovo Bonincontro, nella sua visita pastorale in data 20 luglio 1609 trova il sacro simulacro "ornato e indorato".
Ma solo il 17 luglio 1686 il vescovo francescano Rhini consacra la nostra statua di Maria Vergine e madre "quale miracolosissima immaggine".
Da qui la fantasia popolare, ben insufflata dagli agostiniani, ne fa un mito miracoloso. "Di Trapani affaccià Maria di Gesù" cantavano i devoti racalmutesi.
Le "Coroncine" dell'agostiniano Catalanootto ne abbozzano un primo dramma sacro in dialetto.
Quindi nell'Ottocento, dopo la "Lezione VI dell'Ufficio liturgico in onore della Madonna del Monte" di mons. Lo Jacono, l'ultimo vescovo borbonico di Agrigento, il francescano Caruselli dilata e italianizza il portento mariologico. Arriviamo negli anni '60 del millennio scorso e il dramma, ora araldico e apocrifo, si banalizza.
Non sarebbe il caso di tornare alle austere origini? Una vergine Maria senza corone in testa, madre di tutti che non discrimina Castronovo, non sarebbe ormai matura per una Racalmuto civile e colta, senza più ambigui retaggi di chi nelle Parrocchie è blasfemo e negli Amici della Noce si fa codino?
Calogero Taverna
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