Lettera aperta ai banchieri di
buona volontà.
Esistono? No! Solo vi è in Italia
un banchiere dei banchieri che vi si può
iscrivere. Ma, Tremonti e la BCE gli hanno tagliato non solo gli alberi del
prestito di ultima istanza (un certo risconto “sottofascia” che era una delizia
e consentì all’Italia contadinella, quella bonomiana,
di divenire la settima potenza industriale del mondo), ma anche i praticelli
della vigilanza propulsiva (si chiamava controllo quantitativo dell’ordinamento
sezionale del credito), e pure il sottosuolo tuberoso da cui fiorivano
moral suasion, misure di ristoro,
riserve obbligatorie assistenziali, anticipazioni al tesoro (almeno prima del
divorzio) e via discorrendo.
Il povero banchiere dei banchieri
oggi è così malridotto che manco conto economico più riesce a fare, tanto da
privarci a noi frotte di dipendenti in servizio e in quiescenza anche della
agenda quasi coreacea che tenevamo in bella mostra nelle credenze di casa
nel suo succedersi annuo. E di questo passo comincio davvero a temere che prima
o poi anche l’integrazione pensionistica se ne vada in fumo.
Al signor governatore ho già
scritto e pur eretico irredimibile mi ha risposto e persino con toni gentili. Ma
si guarda bene dal chiamare queste cariatidi che il Padre Eterno lascia ancora
su questa terra per una consultazione riservata e cauta come peraltro siamo
stati educati a fare in decenni di affinamento morale e culturale sotto l’egida
di palazzo Koch.
La Banca d’Italia avrebbe bisogno
di un manager d’ispirazione ligia al glorioso istituto, né banca né stato, ma
che sia esperto in cose di banca, quelle della prassi e non quelle del Kamasutra
del Servizio Studi. Istituzionalmente questo manager – io che non ho figli né
nipoti del genere un figlio di ispettore superiore che queste caratteristiche ce
le ha tutte, potrei segnalarlo - potrebbe venire nominato dalla sera alla
mattina quale vice direttore generale aggiunto, il quarto uomo del Direttorio,
insomma. E potrebbe e dovrebbe essere contornato da un Consiglio
di Saggi, come nell’Iliade (vedasi foto allegata) che
provenienti dalla stessa Banca d’Italia oggi sono in quiescenza ma non in
liquefazione mentale. Ovvio che come dicono in chiesa prima caritas
incipit a me ( ma possono scartarmi); non mi offendo e faccio nomi che non
tutti sono nei miei ardori amorosi: De Sario (che a dire il vero consigliore lo è
di diritto), Grossi, Giardino, De Robbio, Lamanda e
nessun altro.
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Ora che anche il papa tedesco
lascia, reagiamo.
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Così la mia autocandidatura a
consigliere di Visco è bella e frantumata. Non per nulla mi sento un eretico
iconoclasta, manco la bedda matri di lu munti di Racalmuto rispetto. Andrò all’inferno!. A
mia moglie la corteggiavo così: è il giorno del giudizio, i morti risorgono
all’eterna gioia o all’eterno dolore, ma abbracciati insieme non ci curiamo di
nulla: né di INFERNO né di PARADISO (Heine).
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