Questa è foto che nessun racalmutese ha mai pubblicato.
I cultori dell'oleografica Racalmuto da divulgare in cartilina credo che neanche si sognano di cosa si si tratta e dell'importanza arheologica che ha. Tomba bizantina per me, nessuna ancora l'ha scovata, forse il dottor Giovanni Salvo, che stuzzicato qui potrà meglio riprodurla e chiosarla. Sui Biantini a Racalmuto poco si sa ma qualcosa si sa. Recenti tesi e coinvolgimenti delle accademie francesi stanno dirandando nubi storiche ed anche archeologiche, persino numismatiche.
Tempo fa scrissi quello che qui riporto. Alre ricerche sono seguite, altre pubblicazioni debbo pur farle (ma con quali soldi?). L'ufficio volpino di Rcalmuto non mi ama, foraggia solo esamgui scultori dell'alabastrino venuti da lontano. Esterofilia in REGALPETRA.
IL TEMPO DEI BIZANTINI
Attorno al VI secolo d.C. a
Racalmuto si ebbe un discreto diffondersi della civiltà bizantina: ne è
probante testimonianza il tesoretto di monete studiato dal Guillou. Aspetto
singolare è il luogo del ritrovamento delle monete, dietro la Stazione
Ferroviaria, in contrada Montagna. Ciò fa pensare che la zona fosse tutt’altro
che disabitata. E dire che il centro abitativo più intenso era piuttosto
lontano, ad un paio di chilometri circa, attorno alle Grotticelle.
Per Biagio Pace le Grotticelle erano
un ipogeo cristiano. I Bizantini racalmutesi, ormai decisamente convertitisi al
cristanesimo e sicuramente grecofoni (il fondo di lucerne del tempo colà
rinvenute portano marchi in greco), curavano la loro cristiana sepoltura ed è
un peccato che vandali locali abbiano frugato all’interno di quelle tombe,
distruggendo un patrimonio archeologico che avrebbe avuto un’incommensurabile
portata storica. Ma la zona resta pur
sempre ricca di reperti e saranno gli scavi futuri a fornire materiale
esplicativo di quel periodo storico, oggi affidato solo alle fantasie degli
eruditi locali. (Invero neppure il Guillou è esaustivo ed il competente Griffo
retrocede la datazione delle monete al V secolo: cosa inverosimile se le
effigie degli imperatori bizantini sono di Tiberio II ed Eracleone, di oltre un
secolo posteriori)
A seguito
di una scoperta archeologica del 1990 in contrada Grotticelli le pubbliche autorità si sono per il momento limitate
ad imporre un vincolo sul territorio interessato. Nel decreto della Regione
Siciliana del 10 luglio 1991 viene sottolineata «la notevole importanza
archeologica della zona denominata Grotticelle nel territorio di Racalmuto
interessata da stanziamenti umani di epoca ellenistica-romano-imperiale,
costituita da ingrottamenti artificiali ad arcosolio e da strutture murarie
abitative affioranti». Non viene precisato altro. Tanto comunque è sufficiente
a comprovare un più o meno vasto insediamento in quella zona a partire da
un’epoca che per quello che abbiamo detto prima può farsi risalire ai tempi
della caduta dell’impero romano.
L “ipogeo cristiano” di Biagio Pace
si troverebbe in «quell'abitato prearabo che fa postulare il nome di Racalmuto».
Nostre personali ricerche ci fanno
pensare che l’abbaglio del grande archeologo poggerebbe su questo passo del
Tinebra Martorana: «..alla contrada Grutticeddi
esiste un poggetto di masso scavato in una grotta; da molti mi fu assicurato
che in quella grotta furono rinvenuti dei sepolcri scavati nel masso con resti
di ossa». Da qui - ad esser franchi - all'ipogeo cristiano ce ne corre. Una
ipotesi dunque, ma tutt'altro che inattendibile come i recenti ritrovamenti nei
dintorni sembrano comprovare. Di certo sappiamo che le Grotticelle erano una plaga abitata anche al tempo dei bizantini. Grotticelle e dintorni poterono dunque
essere fattorie o pertinenze di 'massae' soggette al papa Gregorio nel VI secolo o
alla chiesa di Ravenna oppure costituire beni propri della corte di
Bisanzio. Sulla scia di autorevoli
storici è pur congetturabile una sorta di continuità tra l'assetto agrario
dell'epoca bizantina e quella della Sicilia post-araba. La frattura saracena a
Racalmuto, come altrove, fu profonda ma non invalicabile.
L'ultimo reperto relativo a
Racalmuto pre-arabo resta, tuttavia, il cennato ripostiglio di aurei imperiali
(oltre duecento) rinvenuto casualmente in contrada Montagna. Sul ritrovamento
delle monete a Racalmuto, ho sentito
varie versioni pittoresche sin dalla prima infanzia: lavori di scasso per
l'impianto di una vigna; scoperta del tesoro da parte di operai, tra i quali un
contadino di non eccelse capacità intellettuali; rapacità del padrone del
fondo; imprevista denuncia del minorato; intervento dei carabinieri e sequestro
delle monete finite al Museo di Agrigento. A quel ripostiglio si riferisce
André Guillou, secondo il quale è da collocare nei secoli VII-VIII il «numero
notevole di tesori di monete ... dispersi nell'isola», tra i quali le monete di Racalmuto costituite da «205 pezzi,
riferentisi a Tiberio II - Héracleonas». Quelle
monete sono oggi custodite in una sala sempre chiusa del Museo Agrigento, quasi a simbolo del pubblico oscuramento
della nostra antica storia locale. Se non fosse stato per il francese Guillou,
le ultime vicende bizantine di Racalmuto sarebbero finite nell'oblio o
inficiate da errori di datazione.
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