mercoledì 13 febbraio 2013

Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa


Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto  padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non  era tipo da  fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore   .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto. 
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori  di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno  dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana.
 Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai nostrani.
Mettete a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume.  Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.

La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un  consacrato del Signore di durevole ricordanza.

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N-B.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.

Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.

La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.

Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono;  qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.

1 commento:

Ettore Liotta ha detto...

Interessante la scoperta dei dati anagrafici di questo padre Giuseppe.
Comunque Sciascia accredita quanto viene scritto proprio dalla Caico nel suo libro e cioè che tale padre era stato "fedele amico e compagno di briganti", "pittoresco" e chiamava il coltello "il mio crocefisso".
Infatti proprio per questo, pensa Sciascia, era stato rimosso dalla memoria collettiva dei racalmutesi e solo l'ex arciprete se ne ricordava nel 1982.
La rimozione, continua Sciascia nella prefazione del libro di Nicolò Tinebra Martorana " Racalmuto- Memorie e Tradizioni", è come quella avvenuta con Fra Diego La Matina, che in tale libro non viene nemmeno citato.