Roma 20 novembre 1995
Carissimo
arciprete Puma,
in
questi giorni ho ritirato dal Vaticano la copia di un documento su Racalmuto.
Ho tentato di farne una trascrizione (molto ardua e non sempre convincente per
le peculiarità paleografiche). Mi sono pure cimentato in una traduzione di quel
contorto latino curiale, improntata necessariamente a criteri di ampia libertà.
Tutto sommato mi pare che un altro interessante tassello si aggiunge alla
storia (ecclesiastica e non) del Cinquecento racalmutese. Atri dati si trovano
nel fondo Palagonia dell’Archivio di Stato di Palermo. Si va così abbozzando il
profilo di Racalmuto del XVI secolo, prima baronale e poi comitale, con i
Carretto prima abbarbicati all’antico castello e poi propensi a godersi la vita
in quel di Palermo sfruttando le risorse racalmutesi (anche se infaustamente,
viste le fatali vicende che li sconvolsero).
Il
documento pontificio è una bolla che trovasi nei “Registri Vaticani: Bullae n.°
1911” - ff. 211-212v. - e credo di farle
cosa gradita inviandogliene una focopia, con annessa trascrizione e traduzione.
Le mie rielaborazioni palesano, invero, molti difetti e non sono suscettibili
di pubblicazione. Ma per i nostri rapporti, credo che debba superare i miei
ritegni, apparendomi persino doveroso metterle a disposizione le mie ingrate
fatiche che pur riguardano la storia della Matrice di Racalmuto.
Il
quadro che emerge - se debbo essere sincero - non pare tanto onorevole per la
storia della chiesa, anche se la storpiatura della nostra attuale visione
appanna una obiettiva valutazione.
E’
strano che sia occorsa addirittura una lunga bolla di papa Pio IV per assegnare
il rettorato dell’arcipretura di S. Antonio di Racalmuto al sac. d. Giurlando
d’Averna. Non mi edifica molto quell’intrigo tra il Sallustio, il chierico
Cesare ed il suo procuratore, il chierico Natale Remondino (forse neppure
siciliani, certamente non racalmutesi), un intrigo che ha un vago sapore di simonia[1]. Tutto
sommato, impallidisce la figura dell’investito Giurlando d’Averna che pure
viene designato come uno che può vantare «vitae
ac morum honestas aliaque laudabilia probitas et virtuum merita, super quibus
apud nos fide degno commenda[tur]
testimonio». E su tale aspetto si ritorna dopo, quando il papa dichiara: «Nos tibi premissorum meritorum tuorum
intuitu specialem gratiam facere vol[umus]». Sono - mi pare - stonature nel
contesto della Bolla e mi richiamano le battute che nell’ottocento l’avvocato
dell’arciprete Tirone si permette di declamare nell’attacco contro i Savatteri
nella contraversia sul beneficio del Crocifisso. «Chiunque - scrive a pag. 10 l’avv. Giuseppe de Luca, se non
ispirato, di certo non contraddetto dal colto arciprete Tirone [2] - ha familiarità dello stile delle
Cancellerie della Curia Romana ben conosce il modo rituale come si ottengono le
grazie. Per le dispense, che la detta Curia deve impartire, bisogna accennare
ad un motivo che coonesta la grazia che si chiede. In mancanza di legitima
causa si specola una ragione qualunque che avesse onesta apparenza, che vera o
falsa si fosse rientra nel demanio dellla coscienza del petente.»
Con
un moto di piccola vanagloria mi vanto di avere rintracciato quella Bolla
pontificia dopo una difficoltosa consultazione degli schedari Carampi
dell’Archivio Segreto Vaticano: non era facile rinvenire quella bolla che per
la sua periferica rilevanza non mi risulta pubblicata da alcuno.
Il
Giurlando d’Averna - figura che mi interessa personalmente, visto che quel
cognome si è poi mutato a Racalmuto in Taverna - appare reiteramente nei primi
registri parrocchiali di battesimo della Matrice di Racalmuto.
Il
documento pontificio non collima perfettamente con le annotazioni del “Liber in quo adnotata reperiuntur
nomina plurimorum Sacerdotum
..” del 26 marzo 1638, in atti
della Matrice.
Al
n.° 3 abbiamo: «D. Gerlando D’Averna - Arciprete anno 1554». Credo che gli
estremi siano stati presi dai primi fogli degli atti di battesimo che in
effetti recano - ma con scrittura postuma
- quell’anno. Ma è datazione inattendibile, specie se consideriamo i
tempi d’attuazione delle disposizioni del Concilio di Trento in ordine appunto
alle registrazioni dei battesimi. Dobbiamo far dunque differire al 1564 quei
documenti della Matrice. In tal caso, non vi è contraddizione tra la Bolla
pontificia ed il dato del “Liber”.
Il
D’Averna fu arciprete - o rettore - di Racalmuto sino alla metà degli anni ‘70:
a partire dal 1579 è arciprete di Racalmuto don Michele Romano. Trovo nelle mie
registrazioni degli atti della Matrice un dato che riguarda il D’Averna sotto questa data:
164
|
21
|
5
|
1576
|
Gerlando di Averna
|
Non
so, però, se si riferisce al rettore
della Bolla.
Quanto
al Romano, rinvengo nelle mie trascrizioni:
·
«Annotato in foglio v.: S.T.D.Dn. Michaele ROMANO Arcip. 1579».
·
«Viene annotato: DIE 28 Julii X Ind. 1597. Incomensa lo conto
delli inguaggiati dopo la morte del arciprete don Michele Romano. 'f.to
illeggibile' (n.d.r.)».
Nel “Liber”, invece, figura al n.° 4:
«D. Michele Romano - Arciprete anno
1578».
Sintetizzando, si può sostenere che d. Giurlando D’Averna -
proveniente forse da Agrigento - fu rettore dell’arcipretato di S. Antonio di
Racalmuto dal 13 di novembre del 1561 sino al 1576 (probabile anno della sua
morte). Gli succede nel 1578 d. Michele Romano che figura titolare effettivo
dell’Arcipretura di Racalmuto sino al
giorno 28 luglio 1587, data della sua morte.
E’ singolare che nella doviziosa documentazione su d. Gerlando
d’Averna che si rinviene nei registri parrocchiali di battesimo del 1571, egli
non sia mai indicato con il titolo di Arciprete.
Rimase allora semplice rettore di Racalmuto? E tale rimase per
aggirare quella esosa pensione al Sallustio che il Vaticano voleva imporre
sulla parrocchia racalmutese ad onta di ogni consuetudine e diritto della
Legazia Apostolica siciliana? E saremmo tentati di rispondere affermativamente.
Negli anni 60-70 del XVI secolo ferveva a Racalmuto la
controversia sul mero e misto impero del barone e sugli oneri del Terraggio e
del Terraggiolo. I documenti del fondo Palagonia ci ragguagliano a tal
proposito. Stralciamo da un diploma del 1580[3]
del predetto fondo:
Die decimo quinto Januarij nonae ind. 1580. Cum infra
universitatem terrae Racalmuti et spectabiles et illustres dominos Barones
terrae eiusdem, et antecessores illustrissimi domini D. Hieronymi de Carrettis
comitis terrae predictae ac etiam per ipsum illustrem dominum comitem iam sunt
anni fuissent incoata, et verteret quaedam lis sive quaestio in Magna Regia
Curia super diversis pretensionibus et disgraviis et particolariter adductis in
libello et processu compilato inter dictam universitatem et eius sindacos et
dictum spectabilem et illustrem Baronem [a. v. barones] ac dictum dominum comitem a quibus pretensionibus dicti
sindaci universitatis n.e [a.v.: nomine] pretendebant esse exempti
et liberi certorum jurium [a v., adde: et
soluptionum] pro ut latius in libello et processu est videre et maxime
certorum terragiorum vocatorum de fora in dicto processu contentorum adversus
quas pretensiones exemptiones et disgravia dicti spectabiles et illustres
Barones et antecessores dicti illus.mi Domini Comitis et per consequens dictus
ill.us dominus comes fecerent eorum exceptiones
defentiones et eorum jura exposuerunt quam [a.v.: quod] de dictis
pretensionibus et disgraviis quod dicti sindaci asserebant esse exempti et
liberi, et dicti spectabiles illustres domini barones, ac etiam dictus
illus.mus dominus comes manebat jure juxto titulo, et bona fide in vim primi
contractus et sententiae compromissoriae et omni alio meliori modo et forma
quibus de jure permittitur, et antico tempore quam [a.v.: quod] ab initio memoria in contrario non extat et omnibus alijs
rationibus, juribus et causis in dicto processu adiectis [a.v.: adductis] et declaratis ad quae in
omnibus et per omnia plena habeatur relatio, et post copisissimas expensas
factas in dicta M.R.C. vertente dicto litigio jam sunt plures anni et adhuc sub
judice lis est non potuerunt devenire ad sententiam diffinitivam tamen fuerit
[a.v.: fuerunt] per universitatem
predictam congregato consilio et electi deputati magnificus notarius Joannes
Vitus Amella, nobiles Bartolus Curto, Petrus Bomberi [a.v.: Barberi] Nicolaus Capoblanco, Angelus de Giannuzio [a.v.: de Jannuzo], Antonuntius [ a. v.: Antonutius] Morreale, Nicolaus Macaluso,
Petrus Macaluso, Antoninus Lo Brutto, Vitus Bucculeri, Petrus de Alaymo,
Antoninus Gulpi in loco quondam Jacobi Morreale, circa dictam litem vertentem
inter dictam universitatem, et dictum
illustrem dominum comitem in dicta M.R.C.. Qui dicti deputati electi per dictum
consilium nomine dictae universitatis recursum habuerunt ad dictum illustrem
dominum comitem, et cum rogaverunt quatenus vellet et dignaretur dictae
universitati aliquas gratias concedere ac relaxationes facere et se benigne
gerere cum dicta universitate, et suis vassallis, ut decet et finem imponere
tot expensas [a.v.: expensis] et
curiarum sumptibus et laboribus ipsorum vassallorum ac etiam ipsius illus.mi
domini comitis, agnoscentes lites esse immortales et incertas, qua supplicatione habita per
dictum illustrem dominum comitem fuit responsus quod semper habebat voluntatem
promptam concedendi gratias in beneficio dictae universitatis cum aliquo suo
interesse, et sic habita voluntate et responso dicti illustr.mi domini comitis,
habuerunt recursum ad Eccellentiam illustrissimi domini Proregis et
supplicaverunt ipsi deputati universitatis nomine [a. v.: in dicto] tractabant quoddam accordium inter dictum illustrissimum
dominum comitem et ipsos deputatos electos circa pretensiones disgravia et
terragia predicta et circa dictum accordium, facta erant quaedam capitula, quae
erant publicanda [a.v.: publica] per
notarium publicum pro communi cautela utriusque partis, et stante quod erant
necessaria dicta capitula publicari congregato consilio cum interventu partis
universitatis quod utique prefata eccellentia sua dignaretur providere aliquo
doctore delegato pro evitandis expensis et communibus sumptibus, et congregare
facere dictum consilium, et si maior pars consentiret dicto accordio legerent
[a. v.: legentur] dicta capitula,
quibus lectis se contentando maior pars publicentur et prefata Eccellentia Sua
mandavit quod fiant literae delegatoriae in personam magnifici domini
sindacatoris civitatis Agrigenti quorum tenor talis est ut infra sequitur,
videlicet:
Philippus etc. Vicerex in hoc Siciliae regno Magnifico
Eustachio Protopapa U.J.D. sindacatori degenti in civitate Agrigenti fideli
reg: salutem: Imperoche ad istanza di Bartolo Curto et altri infrascritti
personi della terra di Racalmuto è stato supplicato, e per noi provisto del
tenor che siegue videlicet:
Illustrissimo et eccellentissimo Signore, Bartolo
Curto, Pietro Barberi, Giacomo Capobianco, Angelo Jannuzzo, Antonuzio Morreale,
Cola Macaluso, Pietro Macaluso, Antonio Lo Brutto, Vito Bucculeri, Pietro
d’Alaymo, Joan Vito d’Amella, Antonio Gulpi e Giacomo Morreale, li quali furo
deputati eletti per consiglio congregato circa la questione e lite vertenti tra
l’altri, e l’illustris.mo Conte di Racalmuto in la R.G.C. esponino a Vostra
Eccellenza che sono più anni che in detta R.G.C. ha vertuto lite fra detto
conte e suoi antecessori in detto contato ex una, e li Sindaci di detta terra
ex altera sopra diversi pretenzioni, particularmente addutti nel libello, e
processo fra loro compilato per li quali intendiano detti Sindaci essere
esenti, e liberi di certi raggioni e pagamenti, come in detto processo si
contiene, e poichè s’have trattato certo accordio fra esso conte ed essi
esponenti come deputati eletti per detta università circa le pretentioni
predetti, e circa il detto accordio s’hanno da publicare per mano di publico
notaro per comuni cautela dell’uno, e l’altro, e stante che è notorio che detti
capitoli s’habbiano da publicare con vocarsi per consiglio onde habbiano da
intervenire li genti di detta università, e la maggior parte di quella per ciò
supplicano a V. E. si degni restar servita provedere che s’abbia a destinare
uno delegato dottore degente degente in la città di Girgenti per manco
dispendio (o di spesa) dell’esponenti, e benvista a V.E. il quale s’abbia da
conferire in detta università di Racalmuto,, ed in quella abbia da congregare
consiglio si la detta università è contenta si o no di pubblicare il detto atto
d’accordio, li quali si abbiano di fari leggiri per il detto delegato a tutte
le persone che interverrano in detto consiglio per potersi stipulare il detto
atto con lo consenso di tutta l’università, o maggior parte di quella - e
restando l’esponenti d’accordio V.E. sia servita al detto delegato concederli
autorità, e potestà di tutto quello e quanto sarrà concluso per detto accordio
che possa interponere l’authorità, potestà, e decreto di V.E. e sopra questo
possa interponere perpetuo silenzio, e decreto con tutte le clausole, e
condizioni solite, e necessarie farsi in detti atti ut Altissimus.
Data Panormi die sexto octobris octavae Ind.s 1579 ex
parte E.S. illustrissimi proregis Magna
Curio referat Hieronymus Carbonus Secretarius, et referendarius, eodem facta
relactione prefata Ecc.a Sua providit et mandavit quod fiant literae
Sindacatori Civitatis Agrigenti.- Carbonus Secretarius et referendarius, in
conformità della quale provista con voto, e parere della Regia Gran Corte
havemo per tenore della presente provisto, e confidando nella persona vostra vi
dicimo, e committimo, e comandamo che alla ricivuta di questa nostra
letteradebbiate personalmente conferire in detta terra di Racalmuto, ed in
quella in giorno di festa ad sonum campanae in loco publico solito e consueto
d’essa terra debbiate congregare e fare congregare universali consiglio dell’università
e popolo d’essa terra, allo quale consiglio, al manco d’internire ed intervenga
la maggior parte d’esso popolo cioè dui parti delli genti d’essa terra che
solino e ponno intervenire in consiglio, alli quali preposizioni lo contento in
detto inserto memoriale, ed essendo lo
consiglio di quella la maggior parte d’esso popolo cioè li due parti delli
genti d’essa terra che solino, e ponno intervenire in detto consiglio alli
quali preposizioni [a.v.: alli quali
preponiri] lo contento in detto inserto memoriale, ed essendo lo consiglio
di quella la maggior parte di quello contento devenire al detto accordio di
fari leggiri da un notaro publico in presenza vostra ad esso consiglio la
supradetta stipulazione che da parte di detti supplicanti vi sarrà supplicato,
talmente che ogn’uno pozza intendiri ed essere capaci del continuto in detti
capitulazioni ed accordio s’ha da fare, ed essendo la maggior parte d’esso
consiglio quello accordato, e contendandosi di tale accordio conforme ad esse
capitulazioni vi farete nominare ed eligere due persone di quelli che hanno
intervenuto in detto consiglio per sindaci e procuratori d’essa università per
potere contrattare, e compliri lo detto effetto della nominazione ed elezione
delli quali sindaci e procuratori farete fare nota ed atto publico per notaro
con tutte le clausole juramenti ed altri soliti e consueti secondo lo stile di
notaro, e detta capitulazione in presenza di detti sindaci e di detto consiglio
congregato, e del detto illustre conte, seu in sua assenza in presenza di un
suo procuratore, debbiate fare publicare e stipulare dell’una e dell’altra
parte con l’intervento serto tenore d’essa capitulazione contratto publico con
tutte le clausole stipulazioni juramenti renunciazioni, ed obligazioni soliti
apponersi in simili transazioni ed istrumenti publici, e secondo che tra loro
cioè essi parti sarrà appuntato, e quello publicato e stipulato che sarrà
debbiate voi come nostro delegato e della R.G.C. in nomine, e parte nostra e
della Vicereggia autorità e potestà e di detta Reggia G.C. confirmare ed
approbare ed a quello e tutti e singoli cossì in quello contenti interponere
l’autorità e potestà nostra e di detta R.G.C. pariter et decretum, acciochè
inviolabilmente s’habbia eseguire ed osservare perpetuamente nel modo che sarrà
detto accordio concluso e publicato cossì come noi ex nunc pro tunc con
consiglio e parere di detta Regia G.C. nostro Reg: munimine quello approbamo
roboramo, validiamo, e confirmamo e tutti e singoli altri cossì a quello
contenti alli quali interponiamo la nostra autorità potestà pariter et decretum
dandoci nell’esecuzione delli cosi premissi la onnimoda autorità e potestà ac
vices et voces nostras et Magnae Regiae Curiae comandando per le presenti a
tutti e singoli officiali d’essa terra ed a chi spetta che in la esecuzione
delli cosi premessi vi debbiano prestare ogni brachio aiuto e favore quante
volte richiesti sarranno, e delli giornati che vachirete per detto effetto una
con l’accesso vi farete pagare a raggione di onze ... il giorno d’essa
università sopra lo patrimonio e beni di quella, e cossì eseguirete con effetto
senza aspettar da noi altro mandato ne consulta, e delle presenti nostre
lettere contraria revocatione, ne supercessoria alcuna eseguendo nisi fuerit
parte citata et audita juxta capitulum Regni contrarium a contrario sub pena
florenorum mille fisco regio applicandorum. Data Panormi die vigesimo nono
Februarij nonae Ind. 1580. - Marcus Antonius Colonna, vidit Grimaldus, dominus
vicerex mandavit mihi Valerio Arcabaxio; visis per Grimaldum, presententur et
exequantur, Ascanius de Barone delegatus.
Die decimo tertio Januarij nonae ind. 1581 - presentes
literae presentatae sunt per eximium de Barone delegatum quod exequantur et
deinde virtute aliarum literarum delegatorialium fuit destinatus delegatus
magnificus et eximius dictus Ascanius de Barone U.J.D. civis predictae
civitatis Agrigenti tenor quarum in omnibus et per omnia per modum ut infra
sequitur:
Philippus etc. Vicerex in hoc Siciliae Regno Magnifico
Ascanio de Barone U.J.D. fideli Regi dilecto salutem.- Simo stati supplicati e
per noi provisto del tenor che siegue videlicet:
Illustrissimo et Ecc.mo Signore, Bartolo Curto, Pietro
Barberi, Cola Capobianco et consorti foro creati deputati circa la questione
vertente fra l’università della terra di Racalmuto e l’illustre conte di quella
ottennero lettere di V.E. a 29 del mese
di febraro p.p. dirette al Magnifico
Eustachio Protopapa Sindicatore degente in la Città di Girgenti per conferirsi
in detta terra di Racalmuto, e congregari consiglio confirmari l’accordio che
s’have trattato, e tratta tra essa università e dettoillustre conte, e cossì
come largamente si contiene in dette lettere, e perché il detto magnifico
sindacatore si partio della detta città che aveva finito detto officio
supplicano a V.E. sia servita provedere ed ordinare per manco interesse e
dispensio di quella povera università in loco dello detto magnifico sindacatore
abbia d’eseguire le dette lettere di V.E. alcun dottore degente in la città di
Girgenti, o di Naro che sono propinqui di detta terra di Racalmuto benvisto a
V.E. e si muti il nome in dette lettere di detto sindicatore, e si metta al
detto dottore eligendosi per V.E. ut Altissimus etc. Martius - Panormi die duodecimo Aprilis octavae ind.
1580 - Ex parte Eccellentiae Illustrissimi Domini Proregis M.R.C. provideat pro
ut convenit Antonius Martius Secretarius et referendarius, in conformità della
quale nostra provista con voto e parere di detta R.G.C. per tenor della
presentevi dicimo committimo ed espresse mandamo che vi debbiate conferire in
detta terra di Racalmuto et exequiri
questi littiri a detto Magnifico Protopapa olim Sindicaturi in detta
città di Girgenti iuxta eorum seriem continentiam et tenorem. Data Panormi die
29 februarij octavae ind. 1580 e seguendo tutti e singoli premissi in dette
lettere contenti facendovi pagare per vostre giornate sopra [a.v.: iuxta]la forma di nostre lettere che noi
per la presente vi damo la medesima autorità potestà, ac vices et voces nostras
et M.R.C. cum suis dependentibus et emergentibus annexis et connexis iuxta
seriem continentiam et tenorem di dette lettere, e cossì quelli osservirete ed
eseguirete, comamndando ancora a tutti e singoli officiali dello Regno che vi
debbiano prestare brachio, e favore tante volte quante per voi sarranno
richiesti e non farrete il contrario non aspettando da noi altro mandato, ne
consulta ne di dette lettere, ne delli presenti contraria revocatoria ne
supercessoria alcuna nisi fuerit abscripta P.E. et audita iuxta Regni capitulum.-
Panormi die tertio Junij octavae Ind. 1580 Marco Antonio Colonna - vidit
Grimaldus - Dominus Vicerex et generalis capitaneus mandavit
mihi Antonio Martio - Visis per Grimaldum - presententur et et exequantur in
forma Ascanius de Barone delegatus die tertio decimo Januarij nonae indictionis
1580 [a.v., più corretta: 1581]
presentes literae presentate sunt per eximium dominum de Barone delegatum quod
exequantur quibus literis exibitis et presentatis dicto magnifico Ascanio
fuissent ex inde exequutae et presentate quarum vigore dictus magnificus
Ascanius delegatus in Maiori Ecclesia dictae terrae Racalmuti loco solito et
consueto detinere consilio ubi fuit congregatio omnium populorum facta et
convocata ad sonum campanae ut moris est iuxta continentiam ipsarum literarum
proposuit et suam propositionem fecit eius consilij et expositionis dicti
domini Ascanij responsiones [a.v.: responsionis]
dictae universitatis talis est ut infra sequitur, videlicet:
Die decimo quinto januarij nonae ind. 1581- Consilium
congregatum et eximium dominum Ascanium de Barone U.J.D. delegatum E. Suae
virtute literarum datarum Panormi die tertio Junij octavae Ind. 1580 et aliarum
literarum, ad sonum campanae in maiori Ecclesia terrae Racalmuti die dominicae,
vocatis et congregatis duabus tertijs partibus populi invenire [a.v.: intervenire] solitis in consilio pro ut cum juramento retulerunt
mihi: Laurentius Justinianus, Jacobus Monteleone et Antonius de Alaymo Jurati
dictae terrae esse duas tertias partes populi solitas intervenire in consilio
super accordio facto infra universitatem dictae terrae et illustrem D.
Hieronymum de Carrectis comitem dictae terrae, per quem dominum de barone
delegatum fuit expositum in dicto consilio tenoris sequentis videlicet:
Magnifici Nobili, et persone decorate [a.v.: honorati] et altri populani, siti
congregati in questo loco; sapiti ch’avendosi
tanto tempo ed anni litigato
infra l’università di questa terra con li spettabili illustri ed illustrissimi
signori Baroni e Conti di questa terra sopra alcuni pretenzioni ed esenzioni di
tirraggi di fora [a.v.: supra alcuni pretenzioni et exemptioni di alcuni
soluptioni di dupli terragi di fora] et altri esenzioni come più largamente si
contiene per lo libello e processocontenti nella R.G.C. con detti spettabili ed
illustri signori Baroni e Conti di questa sudetta terra, ed avendosi tant’anni
litigato non s’have mai finito per tanto si congregao consiglio, e si elessero
deputati lo magnifico Gio: Vito d’Amella, Bartolo Curto, Pietro Barberi, Cola
Capobianco, Angelo Jannuzzo, Antonuzio Morreale, Cola Macaluso, Pietro
Macaluso, Antonino lo Brutto, Pietro d’Alaymo, Antonino Gulpi e Giacomo
Morreale, li quali deputati esposiro a S.E. e R.G.C. che avendo più anni
litigato in detta R.G.C. con li predecessori dell’illustre signor Conte di
questa terra di Racalmuto ed anche con detto signor conte sopra diversi
pretenzioni d’essere esenti e liberi di diversi raggioni e pagamenti in detto
processo e libello addutti, e contenti, e che s’ave trattato accordio fra l’università
e detto signor conte, e sopra ciò fatti certi capitoli li quali s’hanno da
publicare per notaro publico per commune cautela ed era di publicarsi con la
volontà della maggior parte del Popolo congregato per consiglio supplicando
S.E. resti servita provedere e comandare che si destinasse un delegato in
questa terra per congregare detto consiglio, ed essendo la maggior parte
contenta dell’ accordio, farrà leggere li capitoli ed essendo contenti quelli
detto delegato farrà publicare, e stipulare ed interponere l’authorità di S.E.
e R.G.C. per ciò S.E. mi ha destinato delegato in questa terra, undechè
personalmente mi conferisca a congregare detto consiglio, ed intendere la
vostra volontà se volete accordio per questo siti convocati in questa maggior chiesa
acciò ognuno di voi dasse il suo parere [a. v.: siti convocati in questa maggior Ecclesia a tal che ogn’uno di voi
dugna lo suo pariri e vuci si vuliti accordio], se volete accordio con
detto signor conte, perché volendo accordio si leggiranno li capitoli che mi
sono stati presentati per detti deputati e notar publico, ed essendo contenti
di detti capitoli per voi s’eligeranno dui Sindaci e procuratori per potere
quelli publicare e fare instrumento pubblico con li soliti obligazioni, renunciationi, stipulazioni giuramento
firmato in forma, alli quali Io come delegato di S.E. e R.G.C. interponissi
l’autorità e decreto acciò omni futuro tempore s’habbiano inviolabilmente
osservare siché ogn’uno venga, e dona la sua vuci, e pariri, lo magnifico Gio:
Vito d’Amella capo di detta terra di Racalmuto dice che è di voto, e parere, e
si contenta che si faccia accordio stante li lite e questioni che sono stati et
su infiniti e sono immortali e non hanno mai diffinizioni e sono dubbij ed
incerti e per evitarsi tante spese che s’hanno fatto e si potranno fare tanto
più che s’ha visto la buona volontà dell’illustrissimo signor conte lo quale
per li capituli ni ha fatto molte grazie ed esenzioni in favore di
quest’Università di Racalmuto e non facendosi accordio interim esigirà come per
il passato s’have fatto e perché in l’accordio e in mancari quelle raggioni che
siamo obligati paghari per questo è contente come è detto di sopra che si
faccia detto accordio e si leggano li capitoli e doppo si contratta in forma;
lo magnifico Lorenzo Justiniano giurato contiene [a.v.: concurri] con il detto magnifico Gio: Vito d’Amella,
Et sic dictum consilium fuit conclusum nemine
discrepante eodem cum fuissent lecta dicta capitula per me notarium Nicolaum
Monteleone alta voce in loco alto ubi ab omnibus intelligi posse fuit per
dictum magnificum eximium dominum delegatum in dicto consilio fuit expositum
tenoris sequentis videlicet:
Già tutti voi esistenti in lo consiglio aviti inteso
leggiri detti capitoli per notar Cola Monteleone si restati contenti di detti
capituli ognuno dugna la sua vuci, e pariri, ed eliggia dui sindaci e
procuraturi ad effetto di putiri publicare detti capituli e farsi istrumento
publico con suoi patti renunciazioni cum juramento firmati in forma, lo
magnifico Joan Vito d’Amella capitano di detta terra dici ed è di pariri che si
contenta di detti capitoli letti nelli quali ci sù multi relasciti e gratij
fatti per lo signuri Conti, e che si pubblicano ed eliggiasi per sindaci e
procuratori ad Antonino Lo Brutto ed Antonuzzo Morreale, ad effetto di putiri
fari publicari detti capitoli dictae universitatis con li soliti obligazioni
stipulazioni juramento fitmati in forma; lo magnifico Lorenzo Justiniano
concurri con detto d’Amella; lo magnifico Giacomo Monteleone ut proximus, lo
nobileAntonino d’Alaymo ut proximus et sic omnes et singulae prenominatae
personae concurrerunt cum dicto de Amella et de Monteleone de Justiniano et de
Alaymo, capitaneus et jurati, et sic dictum consilium fuit conclusum nemine
discrepante, et postquam fuit conclusum consilium predictum, de consensu
dictorum capitulorum et electione sindacorum et procuratorum fuit facta nota
electionis sindacarum et procuratorum in actis die quo supra et ideo concluso
dicto consilio nemine discrepante de voluntate dicti accordij fuerunt de
mandato dicti magnifici et eximij delegati et in eius presentia et coram dicto
consilio et coram dictis personis nominatis existentibus in dicto consilio
dicta capitula per me notarium infrascriptum alta voce et in loco ubi ab omnibus
facile intelligi possunt quibus quidem capitulis lectis a primo capitulo usque
ad ultimum et eis bene intellectis fuit per totum dictum consilium nemine
discrepante consilium convocatum quod sunt contenti de dictis capitulis
accordatis ut publicentur et fuerunt electi per dictum consilium prefati
Antoninus Lo Brutto, et Antonutius
Morreale Sindaci et Procuratores universitatis predictae coram dicto consilio
et coram dictis personis prenominatis existentibus in dicto consilio ad
contrahendum publicari faciendum et instrumentum publicum per notarium publicum
in forma publica pro ut latius per dicta preinserta capitula accordij et
capitulationis detemptorum per dictum eximium dominum delegatum approbari ad
que in omnibus et per omnia plena relatio habeatur, et sic ad confectionem
presentis transactionis et accordij et ratificationis dictorum capitulorum
devenire decreverunt modo et dorma quibus infra quorum capitulorum tenor in
omnibus et per omnia talis est ut infra sequitur, videlicet:
Capitoli dell’accordio si fà infra l’illustrissimo
signor D. Hieronimo Carretto conte della terra di Racalmuto e per esso suoi
figli utriusque sexus et suoi eredi e successori in dicto statu per lo quali si
havi di promittiri di rato iuxta formam ritus di ratificari lu presenti
contrattu à prima linea usque ad ultimam, ita che li masculi d’età sìhabbiano
da fari ratificari infra mesi due da contarsi d’oggi innanzi, e li minuri quam
primum erunt maioris aetatis cum pacto et condictione che la persona che
rathifichirà s’habbia d’obligare di rato per li suoi figli utriusque sexus, e
cossì li figli di figli in infinitum intendo per quelli che haviranno di
succediri in detto stato e terra di Racalmuto, e non altrimente ne per altro
modo s’intenda detta promissione di rato ut supra di l’una parti, e Bartolo
Curto, Pietro Barberi, Cola Capobianco, Angelo Jannuzzo, Antonuzzo Morreale,
Cola Macaluso, Pietro Macaluso, Antonino Lo Brutto, Vito Bucculeri, Pietro
d’Alaymo, Joan Vito d’Amella ed Antonio Gulpi eletto di nuovo per la morte
dello quondam Jacobo Morreale, deputati eletti per consiglio circa la questione
e liti vertenti tra lo detto illustre signor conti e l’università di detta
terra in la R.G.C. ed altri differentij che tra loro sono stati, in lo quali
accordio s’intenda e sia imposto perpetuo silentio:
1. In primis perché è consuetudine ed
osservanza nella terra di Racalmuto che tutti quelli cittadini ed abitaturi di
detta terra che tenino gallini sono obligati ogn’anno darne una al Conte di
detta terra per prezzo di grana dieci, e cossì quelli che tenino pollastri
averni a vendiri una per prezzo di grana setti, e similmente di quelli che
tenino galluzzi venderni uno l’anno per prezzo di grana cinque, per tanto
stante la nova convenzione ed accordio fatto, si è convenuto ed accordato che
tutti quelli cittadini di detta terra che teniranno gallini, galluzzi ò
pollastri siano obligati vendiri una gallina, uno galluzzo ed una pollastra
tantum l’anno al detto illustrissimo signor Conti e successori in detto contato
in perpetuum, li quali abbia di pagari per prezzo di grana dieci tantum si è
gallina quanto galluzzo ò pollastra, ed avuta d’una casata che terranno detti
pollami, cioè quella pollame che si troviranno aviri delli sopradetti tre
nominati, cioè gallini, pollastri ò galluzzi ò parti di quelli di quelli
secundo la pirsuna, che quelli terrà pagati nel modo detto di sopra per una
volta tantum l’anno, non pozza in detto anno detto signor signor conti
pigliarci più altra pollame di quella che avirà comprato nel modo predetto nel
presente capitulo, ita che quella persona cittadina ò forastera abitatura di
detta terra che non avirà pollastri e gallini non sia tenuto à loco di quelli
darci gallini se non tantum la gallina predetta ogn’anno come sopra detto.
2. Item perché è antica consuetudine
ed osservanza, et prohibizione potersi lavare nello loco d’undi currino li
canali di la funtana di lo loco nominato lo fonti e la bivatura, e quelli che
in tali lochi proibiti hanno lavato su stati incorsi in pena di onze 4.7.10
applicata detta pena le onze 4 allo barone che pro tempore sù stati ed al
presente al Conte, e li tt. 7.10 a li baglij, per tanto stante la nuova
convenzione ed accordio si patta e statuisce che ogn’anno s’abbia di promulgare
bando per ordine di detto illustrissimo Signor Conte e suoi successori; lo
detto bando di proibizione di lavarsi in detti lochi per lo quale si
proibiscono tutti e qualsivoglia persone che siano in detta terra di Racalmuto
di qualsivoglia stato grado e condizione che siano altro non eccettuato ne escluso
eccetto che li genti di casa per uso di detto signor Conti, suo castello e
casa, ma che tutti l’altri incorrono alla predetta pena delle onze 4.7.10
applicati del modo infrascritto, cioè delli tt. 7.10 alli Baglij tt. 3.15 e l’altri 3.15 abbiano
d’entrare in potere delli magnifici giurati della detta terra, e cossì
similmente pagandosi le dette onze 4 si debbano di partiri onze 2 à detto Conti
ed onze 2 in potiri delli jurati, delli quali dinari di pena che intriranno à detti jurati s’abbiano da
fare tutte le spese e tutti consi e cosi necessarij di detta fontana ed
aquedutti, nello quali loco si concede facoltà ad ogn’uno dell’università
putiri denunciari la pena di quella persona che ci incorrirà, ita che li
lavandari di detto illustrissimo signor conte lavando altre robbe di casa di
detto illustre conte siano nella medesima pena nell’esazione, della quale pena
sia data l’autorità e potestà alli
giurati presenti et qui pro tempore saranno di potere creare una persona
deputata ogn’anno la quale habbia potestà d’esigeri auctoritate propria le
sudette pene e pigliare in pena qualsivoglia persona che controverrà, la quale
in fine anni anni aggia di rendiri alli giurati di detta terra justo e legali
cunto della sua amministrazione e lo illustre conti non pozza impedire in cosa
nessuna si non tantum et dumtaxat in la porzione che compatisce ad essole quale
pene ch’entriranno ut supra d’erogarsi e spendiri tanto in la predetta fontana
come in l’orologio ed altre cose in beneficio dell’università, ed in quanto alla
pena di onze 4 relasciandoci il conte la sua parte, in tutto ò in parte
s’intenda relaxata la parte competente alli jurati.
3. Item ch’è solito e consueto li
cittadini ed habitatori di detta terra havendo macina et potendo macinare alli
molini del conte di detta terra aviri di macinari in detto molino di detta
terra, e non à quelli di fora, stante la penadi tarì setti e grana dieci, per
tanto stante la presente convenzione e concordia si statuisce perpetuamente che
di qua innanti li cittadini ed abitatori di detta terra dalli quindici del mese
di aprile per tutti li quindici del mese di ottobre possano e liberamente
vagliano a loro libertà andari à macinari dove più li piaceet accomodo etiam in
l’altri molini, che non siano del detto illustre conte, e delli quindeci del
mese di ottobre insino alli quindeci del mese di aprile, cui delli detti
cittadini ed abitatori vorrà andari à macinari al altri molina che non à quelli del Conti fora lo territorio,
ch’innanti siano tenuti ed obligati andare dove li piacerà a loro, ad uno delli
molina di detta terra di detto conte, ed andando di giorno e trovando che li
sia macina per tutto detto giorno, nello quale giorno, non pozza macinari,
pozza e voglia liberamente andare dove li piacerà à macinare, e si andranno à
macinari di notte, avendo detto molino macina per tutta la notte sudetta, nello
quale lo detto cittadino non potrà macinare, pozza e voglia liberamente andare
à macinare dove li piacerà absque incursu penae, come si è detto di sopra, e di
questo se n’abbia di stare per lo giuramento dello cittadino ed abitatore della
detta terra, e di questo se n’abbia di stare per lo giuramento dello cittadino
ed habitatore della detta terra, ed allo garzone di detti cittadini ed
habitatori di potere jurare, e si trovao o ritrovao macina per tutto quello
giorno, per tutta quella notte, quando avirà andato à macinare in detti molini
di detto signor conte, e che per avere ritrovato macina se n’andao ad altri
molini di fora lo territorio di detta terra, e non osservando la forma di detto
capitolo, incorrono nella sudetta pena, applicata conforme allo bando solito
prumulgarsi, benvero che provandosi per testimonij non si stia allo juramento
predetto si non alli detti testimonij, e questo s’intenda per l’altri molini,
eccettuando li molina dello Raffo intendendo dello jorno della spunta del sole
per insina ad ore ventidue, e la notte s’intenda dalli detti ore ventidue
innanti.
4. Item che è solito e consueto che li
baglij tanto della terra come del territorio, le pene che fanno delli contravenzioni
delli bandi ed osservantij e consuetudini di detta terra alle persone farli
pagare senza testimonij, ma solo in caso di controvenzione dare solamente lo
giuramento allo baglijo e per la pena dell’animali che fanno del modo detto di
sopra, doviri essere solamente con la presenzia di un testimonio, per tanto per
la convenzione e concordia perpetuo valituri si patta e costituisce che li peni
del modo detto di sopra, che li baglij faranno alle persone nella terra,
abbiano d’essere con uno testimonio, e mancando detto testimonio, non s’abbia
da stare allo giuramento del detto baglio, ma allo giuramento di quella
persona, che sarà presa in pena, e delli peni di fora della terra e suo
territorio si stia alla consuetudine ed osservanza che al presente.
5. Item perché è di consuetudine ed
osservanza in questa terra, che qualsivoglia carne di bestiame grossa, che more
fora la terra, e veni morta di fori, come bovina, e vacchina e di qualsivoglia
altra bestiame, tanto salvatica, come domestica, non si poetere vendere per li
cittadini ed abitatori di detta terra, senza che prima ne diano un quarto allo
gabelloto della bocceria del conte di detta terra, per tantoper la presente
convenzione e concordia si patta e statuisce che della bestiame bovina e
vacchina che verrà morta di fuora stia in facoltà e libertà delli cittadini ed
abitatori di detta terra padroni di detta carne, se vorranno dare lo quarto
allo gabelloto della bocceria, ò vero darci denari quattro per rotulo alli
bocceri, conforme alla gabella per tutta la quantità dello piso di detta carne,
che venderà delli sopradetti animali morti di fora, come sono bovi, vacchi ed
ogn’altro animale salvatico, ma in quanto all’altra bestiame minuta e domestica
s’abbia d’osservare la consuetudine ed osservanza come è stato ed è al
presente, e non li ptere vendere che non diano lo quarto d’ogni animali che
disfarranno come sono crapi, becchi ed altra bestiame pecorina e poichè non
fossero mortizzi, eccettuati li castrati, ed eccetto in lo caso preditto, che
fossero mortizzi, sta che, li crapi e becchi si pozzano ammazzare come è stato
sempre consuetudine ed è presenti intra la terra.
6. Item in quanto alli Borgesi e
Massari che siano esenti delle persone della giornata cossì per correri e
carriare alla massaria musto ed altro cosi, e levarci bestij ed altri servizij,
e delle manne [a.v.: manni] che si
dunano a filari alli donne siano similmente esenti di tali gravizij, benvero li
giornatari, bordonari ed altre genti che sono soliti locarsi alli servizij
siano obligati serviri secondo l’osservanza e consuetudine di detta terra, e
cossì ancora s’intenda per le donne, che solino filare e servire, benvero che
quelli massari con tutto che siano massari e borgesi e farranno offizio di
giornatari siano obligati servire non ostante che fossero massari e borgesi,
quando che non aviranno à fare servizij in la robba loro, e che vorranno fare
li fatti loro, e di questo similmente si ni abbia da stare allo juramento di
detto cittadino ed abitatore di detta terra, si averà da afre uno servizio in
la robba loro, ita che sia obligato detto signor conte pagarli sicome si pagano
l’altri massari e borgesi, e similmente le donne pagarle il prezzo che li
pagano l’altri, ita che le donne che non sono solite fare servizio stiano e non
siano angariate per detto illustre signor conte, nè per suoi in futurum nelli
cosi premissi, e l’altri che non fanno tale officio, e che fanno li fatti loro
siano esenti e liberi, e cossì s’intenda per li bestij di quelli massari e
borgesi, che fanno servizio ad altri, ch’in tal caso siano obligati servire
come è di costume pagarci però li loro servizij, e detto signor conte sia
tenuto di pagare per le cose premisse conforme sono solite pafare li massari di
detta terra, ita che volendosi il conte servire delli giornateri e di
qualsivoglia altra persona che si lochirà alla giornata per un giorno tantum,
l’abbiano di servire senza pagare giornata alcuna, si non che siano franchi
delli tt. due della giornata che tocca al conte delli tarì cinque della baglia
per giornata, e volendosi servire d’altri giovani siano obligati servire del
modo sopradetto dummodo che si debbiano pagare il giusto prezzo, che paghiranno
l’altri di detta terra.
7. Item stante l’animo bono che detto
signor conte have ed ha avuto verso li suoi vassalli cittadini ed habitatori di
detta terra, ci fà grazia che li terraggi
non esatti dall’anno sesta [1578], e settima [1579] indizione, e cussì
tutti l’anni passati che forte apparisse dover avere detto illustre signor
conte, terraggi nelli quali fossero dati li terri à più sommadi salme due di
terraggio per ogni salmata di terra, che quelli terraggi che non si trovano
allo presente pagamento s’abbiano da pagare à raggione di due terraggi per
salmata di terre, cioè salme due di formento, e lo resto ci lo relasciao e
relascia.
8. Item perché è consuetudine in detta
terra ed osservanza che tutti li cittadini ed abitatori di detta terra pagare
la decima dello lino al detto Conte, per tanto stante la presente convenzione e
concordia perpetuamente duratura, detto Conte li fà esente e libero di detta
decima.
9. Item perché è osservanza e
consuetudine in detta terra non si potere scippare nessuna vigna che fosse nel
territorio di Racalmuto, per tanto stante la presente convenzione e concordia detto signor conte
concede alli cittadini ed habitatori di detta terra alle persone che aviranno
vigna in detto territorio, volendo quella seu
quelli fare scippare, li possano fari scippari avuta la licenza prima di
detto conte, e relazione di esperti, e stimatore che mettirà la corte che
quella vigna che vorranno scippare sia di doversi scippare, ed avuta tale
licenza e relazione possano scippare detta vigna ad effetto di seminarsi e
d’altri arbitrij , e che detti esperti abbiano di fare relazioni in scriptis
cum juramento, acciò di detta licenza n’apparisse atto publico.
10. Item perché è consuetudine ed
antica osservanza in detta terra che ogn’anno eligersi e crearsi un rabbicoto[4], lo
quale have eletto e creato detto conte e suoi antecessori baroni di detta
terra, per tanto stante la presente convenzione e concordia si statuisce che
ogn’anno le gente cittadini ed abitatori di detta terra possano per consiglio
da tenersi dalli giurati di detta terra con licenza di detto conte e suoi
successori eligersi tre persone cittadini di detta terra, à tale officio di
rabbicoto ogn’anno, e di quelli tre eletti per detto consiglio lo rabicoto sia
quello delli tre eletti per detto consiglio, lo rabbicoto sia quello delli
detti tre sarrà confirmato per il conte il quale statim abbia di dare la
pleggeria conforme alla prammatica.
11. Item che è consuetudine ed
osservanza in detta terra li baglij delli loro diritti e raggioni di peni cossì
della gabella della baglia ed altri raggioni, ch’anno da costringersi li
cittadini ed habitatori e loro debitori à farsi pagare le pene, per tanto per
la presente concordia e convenzione perpetuamente duratura che per le pene gli
baglij non possano pogliare formento nè altro loco sopra li bestij à nessuno,
che poi non sia condannato per dette pene che domandano, e per quello che è
condannato non pozza pagare se non lo giusto prezzo che have di avere per la
presente in quanto allo pagare della baglia dritti di detti peni in denari
s’osserva quello che per lo passato s’have osservato e per lo presente
s’osserva, cioè cui è obligato pagare in formento, paga formento, e cui denari
paga denari, e benvero che il cittadino ed habitatori di detta terra per tutto
lo giorno di S. Vito per ogn’anno, ed offerendo per detti causi pagarsi denari
non sia tenuto nè obligato pagare formento.
12. Item perché è antica consuetudine
ed osservanza in detta terra di tutto lo musto che si inchiude in detta terra e
suo territorio pagare alli baroni che pro tempore sù stati ed al presente al
conte, per ogni botte di musto tarì tre per botte nominayi li grana, e perché
la botte di detta terra è la misura di quartari venti, pertanto per la presente
concordia e convenzione si patta e statuisce che lo musto lo quale s’inchiuderà
in una stipa, che fosse la caputa di quartari ventinove abbasso insino alli
venti che detta ragione di grana di tale stipa s’abbia da pagare tarì tre, ed
arrivando à quartari trenta, s’abbia da pagare per una botte e menza; se più di
detti quartari trenta in suso fosse detta stipa di caputa, che dettaraggione di
grana s’abbia di pagare quel tanto più che toccherà di caputa di trenta
quartari e di quartari venti à basso la detta raggione si debbia pagare
conforme alla consuetudine ed osservanza, che è allo presente, ita che per la
quantità dello musto in detti stipi s’abbia di stare allo giuramento delli
padroni di detto musto, ita che provandosi lo contrario tali padroni siano in
pena di onze quatro d’applicarsi all’erario [a.v. thesoriere] di detto conte.
13. Item perché è antica consuetudine
ed osservanza in detta terra, li cittadini ed habitatori di quella per li
raggioni di semina, arbitrij e massarie, che fanno e seminano in altri lochi e
feghi fora dello territorio di Racalmuto pagare allo barone, che pro tempore sù
stati in detta terra, ed al conte ch’al presente è quella quantità medesima per
raggione di terraggio[5], che
pagano alli padroni che ci dunano detti terri, si come per lo presente si paga,
per tanto per la presente convenzione e concordia si patta, e perpetuamente
statuisce, che li cittadini ed habitatori di detta terra, li quali farranno li
loro arbitrij di massaria e seminari in altri lochi, feghi e territorio ultra
lo fego di Racalmuto, che per raggione di tirraggio detto di fora [sott. ns.] tantum et dumtaxat, abbiano e
deggiano pagare due salme di formento per ogni salmata di terra, che
seminiranno, e se le terre, le quali fuora di detto territorio di Racalmuto
pigliranno à seminare s’havessero dalli padroni per più terraggio, e per gran
somma che fosse, non possano né siano costretti né tenuti pagare più che la
detta somma di salme due di formento per ogni salmata di terre che semineranno,
perché lo resto detto signor Conte si contenta farcini grazia e relasciarcilo;
e quando realmente e veramente senza nessuna malizia nè fraude di qualunque
modo si potesse commettere li detti cittadini ed abitatori, trovassero terre aà
terraggio delli patroni che darranno le loro terre à seminare che per mera
raggione di terraggio pagassero manco di salmi due di formento per ogni salmata
di terre semineranno, quel tanto manco che sarrà delli salme due pattati per
ogni salmata di terre abbiano di pagare allo detto conte di detta terra, ita
che dette persone non aggiano nè debiano fraudare terraggio, nè fare collusione
alcuna directe vel indirecte, tacite vel expresse, e fraudando detto terraggio
facendo collusione, incorrono in quella pena, che lo conte ordenirà per suoi
bandi, alli quali bandipromettino stare ed acquiescere.
14. Item che è antica consuetudine [6] ed
osservanza in detta terra li cittadini ed abitatori di quella che tanto intra
lo territorio di Racalmuto, quanto fora di detto territorio, seminano intra
chiusi loro appatronati, pagare allo conte, come per lo passato hanno pagato
alli baruni che pro tempore sù stati in detta terra li terraggi di dette chiuse
loro appatronate, che hanno seminato e semineranno, cioè intra la baronia e
contato di Racalmuto, à raggione di un terraggio per salmata di terre, in li
chiusi fora lo territorio della baronia e contato predetto, per tummina otto
di terra che semineranno ed hanno
seminato pagare à raggione di salma una di formento per salmata di terra, e
tummina otto di formento per tummina otto di terra, per tanto per la presente
convenzione e concordia perpetuamente si patta e statuisce sopra questa
raggione di terraggio di chiuse dentro e fuora territorio, pagare sicome per lo
presente si ha pagato ed osservarsi l’osservanza e consuetudine in detto
terraggio di chiuse dentro e fora territorio.
15. Item che è antica consuetudine ed
osservanza li cittadini ed abitatori di questa terra di Racalmuto, che fora
dello territorio di detta terra averanno maisi, ristucci ò li vendono à
forasteri di quelli che non obstante non seminano pagarni lo terraggio come
hanno pagato alli baroni che pro tempore sono stati ed al presente al conto,
per tanto per la presente convenzione e concordia si patta e statuisce che li
cittadini ed abitatori di detta terra, li quali fora di detto territorio di
Racalmuto ed altri terri, lochi e feghi, che aviranno maisi e li venderanno à
forestieri, che per detti maisi aviaranno avuto le terre a due terraggi o più
di detti non li pagano, né debbiano pagare più di salme due di formento per
ogni salma di terre di detti maisi e restuccie, e si per manco per ogni salmata
di terre di dette maesi e restuccie haviranno havuto le terre per manco siano
obligati pagare li dui terraggi non innovando cosa alcuna della consuetudine e
confirmandosi nel modo del pagamento di lo terraggio con la promissione del
capitolo della paga dello terraggio di fora.
16.
Item perché è di consuetudine ed osservanza in questa terra di
Racalmuto, che li cittadini ed habitatori di quella in lo territorio e fego di
Racalmuto e di Garamuli nello metiri putirici teniri li loro bestij somerinini
et bestij grossi che s’osservano del modo e dorma che al presente si costuma ed
è consuetudine.
17. Item per la presente
convenzione e concordia il signor conte
si ha contentato e cossì patta e statuisce perpetuamente che li genti ed
habitatori di Racalmuto patroni di loro vigne e chiuse andando a lavorare le
dette vigne e chiuse per lo tempo statuito solito e consueto che per tale
effetto li cittadini predetti ponno portare le loro bestiame lavoratori, si
concede ch’essendoci vacche lavoratori con le quali lavoreranno dette loro
vigne e chiuse e dette vacche lavoratori avessero vitelli loro figli, quelli detti cittadini ed
habitatori di Racalmuto lavorando loro proprie vigne e chiuse possano
liberamente portarceli si averanno insino al numero ò vacchi selvatichi ò
ienchi mannarini se li concedi che li pozzano portare e teneri del modo che si
ha detto di sopra.
18. Item perché è antica consuetudine
ed osservanza in detta terra e territorio di Racalmuto li cittadini ed habitatori di quella ed altri
genti che in detta terra e territorio vendessero li loro beni stabili senza licenza
delli baroni, che pro tempore sù stati ed al presente del conte incurriri in la
pena di perdiri detti beni, e perché si ritrovano al presente alcuni beni
stabili in detta terra e territorio venduti senza ottenere licenza del conte,
onde sono incorsi nella caducità et omissione [a.v.: dimissione] di detti beni, per tanto per la presente concordia e
convenzione, stante che detto signor conte graziosamente li relascia et li
dimitti la pena delli detti beni venduti
senza licenza, in la quale hanno incorso, perpetuamente si patta e statuisce
che la detta osservanza e consuetudine di non potere vendere detti beni stabili
esistenti in detta terra e territorio senza licenza di detto signor conte si
habbia di osservare, e cossì per la persente convenzione e concordia si patta e
statuisce che detti beni stabili in detta terra e territorio di Racalmuto non
si putiri vendiri senza espressa licenza di detto signor conte; ed havuta la
detta licenza pagare la debita raggione di censi.
19. Item perché sole succederi
spessissime volti persone poco timorose di Dio e di la loro coscienza per
travagliare ed interessari ad altri accusarli indebitamente, pertanto s’abbia
da supplicare à S.E. e Regia G.C. che si degni concedere che si possa ordinare
e statuire si come per la presente convenzione e concordia obtenta licentia
predicta e non altrimente si ordina e statuisce perpetuamente che accusando
alcuno à qualche persona ch’elessi li termini e non facta probazione legittima
di la continenzia di la causa, statim elassi li termini e non fatta probazione
contral’accusato, pozza farsi tassare le spese per lo mastro notaro per la
somma tassata farsila pagare di l’accusaturi
contra lo quali si pozza procedere realiter et personaliter absque quindena e che in questo non si abbia
d’osservare l’atto novissimo fatto per S.E. nella R.G.C.
20. Item che è consuetudine ed
accordio che l’una e l’altra parte, cioè che tanto detto illustre conte, come
li sindachi ed università preditta ad invicem si relasciaro e rimettino tutte
le spese fatte usque ad hiernum diem per le sopradette liti in judicij et
extra, benvero che declararo e declarano le presente spese essere alla somma di
scudi ventimila per ogn’uno, e volsero e vogliono che tentando e volendo
tentare detto illustre conte o suoi figli eredi e successori in detto stato in
perpetuum alcuna cosa directe ò indirecte, per sè, nec per submissas personas,
contra la forma, continenzia e tenore del presente contratto d’accordio, seu
d’altra cosain quello contenta, tali casu che s’intenda ipso jure et ipso facto
condannato à pagare dette spese alla detta università; né possano essere intese
un cosa alcuna nisi prius solutis dictis expensis; e similmente contravvinendo
ipsi sindaci che non possano essere intesi nisi facta soluctione predictarum
expensarum ad esso illustre conte seu suoi heredi e successori in perpetuum
perché cossì volsero ex pacto cum juramento firmato.
21. Item e qualsivoglia altre
prerogative, consuetudini, osservanzij, preminenzij, jurisdizioni, immunità,
franchizzi, servitù e libertà cossì civili come criminali soliti e consueti
osservanzii non previsti nè statuti nè
fattane espressa menzione per li presenti capituli, convenzione e concordia
s’abbiano di guardare ed osservare nel modo e forma che sù guardati ed osservati
al presente non innovando cosa nessuna ultra quelli portati e stabiliti per li
presenti capitoli et etiam ex forma juris à detto conte e suoi successori
competino e competiranno et similiter s’abbiano d’oservare in beneficio di
detta università e dello conte e suoi successori.
22. Item che per l’avvenire né in
nessuno tempo s’abbiano nè possano metteri novi vettigali, servitù, angarie, e
consuetudini per detto signor conte, suoi figli, eredi e successori in
perpetuum eccetto che non si mettessero ed imponessero con solito ed universale
consiglio more solito.
23. Item che delli presenti
capitulazioni e concordia se ne abbia da fare publico istrumento con tutte
quelle clausole, cauteli, solennità debiti et necessarij, et quatenus opus est
et non aliter nec alio modo se n’habbia di impetrare licenza, autorità e
corroborazione si Sua Eccellenza e Regia Gran Corte e doppo della Mestà del Re
nostro signore, le quali licenzie detto illustre signor conte procurerà e si
forzerà impetrarle e fare ogni sforzo e debito suo, à sue dispese e non
altrimente né in altro modo.
24. Item che è antica consuetudine ed
osservanza che li cittadini ed habitatori della terra di Racalmuto, che
principalmente hanno in gabella tenuti di terra inclusi et strasattati, ed
altri territorij per quanto importa pro rata la gabella delli dette terre seù
territorij inclusi e strasattati, si patta e statuisce perpetuamente che di qui
innanzi quella persona che ingabellerà tenuti di terre, che sia di salmi 50 di
terre, non sia obligato se non pagare uno terraggio per salmata di terre di
quello seminerà intendendosici in detta somma di salme 50 tutte le terre
salvaggie che si troveranno in dette terre e territorij, ita che la
gabellazione della detta tenuta sia e s’intenda ingabellata per una persona
tantum e non per più persone ed ingabellandosi per più persone che siano
obligati a pagare lo terraggio à salme due di formento giusta la forma dello
capitolo precedente numero 13, ita che la terra selvaggia non sia più della
terza parte, sopra questa fraude né collusione alcuna directe vel indirecte,
tacine vel expresse, giusta la forma del capitolo n.° 13.
25. Item che li predetti capitoli
s’abbiano d’osservare in perpetuum tanto per detto signor conte che al presente
è come per l’altri successori qui pro temporesarranno in detta università,
quanto per li cittadini, ed habitatori forestieri che verranno ad habitare in
detta terra.
26. Item che tutte quelle persone
tanto cittadini quanto abitatori che ingabelleranno feghi etiam che fossero
manco di salme cinquanta per quello che semineranno li padroni tanto cittadini
quanto come abitatori della detta terra di Racalmuto abbiano di pagare à detto
signor conte à raggione di salma una di formento per ogni salmata di terre che
seminerà dentro lo sodetto fego, dummodo che siano feghi separati si come sono
al presente.
27. Item perché è stato ed è
consuetudine ed osservanza che tutti quelli cittadini ed abitatori di detta
terra di Racalmuto che tengono chiuse dentro lo territorio di Racalmuto,
Garamoli e Colmitelli di potere tenere per ogni menza salma di terre un bue, per
una salma di terre due per ogni anno, ed una cavalcatura, per tanto s’abbia
d’osservare detta consuetudine ed osservanza, et etiam che ci pozzano pasciri
lo bestiame somerina quanto ni tengono giusta la consuetudine ed osservanza che
per lo passato è stato ed al presente è.
Vidit Ascanius
de Barone delegatus.
Mi
sembra che l’arciprete Romano si sia comunque mantenuto al di sopra delle
parti.
L’arciprete
Romano ritorna alla ribalta della storia locale dopo la sua morte. In Vaticano
si conservano le lettere del vescovo spagnolo di Agrigento che reclama lo
spoglio dell’eredità Romano contro le pretese del conte del Carretto.
Il detto Conte di Raxhalmuto per respetto che s’ha voluto occupare la
spoglia del arciprete morto di detta sua terra facendoci far certi testamenti
et atti fittitij, falsi et litigiosi, per levar la detta spoglia toccante à
detta Ecclesia, per la qual causa, trovandosi esso Conte debitore di detto
condam Arciprete per diverse partite et parti delli vassalli di esso Conte, per
occuparseli esso conte, come se l’have occupato, et per non pagare ne lassr
quello che si deve per conto di detta spoglia, usao tal termino che per la gran
Corte di detto Regno fece destinare un delegato seculare sotto nome di persone
sue confidenti per far privare ad esso exponente della possessione di detta
spoglia, come in effetto ni lo fece privare, con intento di far mettere in
condentione la giurisditione ecclesiastica con lo regitor di detto Regno. Et
l’exponente processe con tanta pacientia che la medesme giustitia seculare
conoscio haver fatto errore et comandao fosse restituta ad esso exponente la
detta spoglia. Ma con tutto questo, esso Conte non ha voluto pagare quello che
si deve et si tene molti migliara di scudi et molti animali toccanti à detta
spoglia, non ostanti l’excommuniche, censure et monitorij promulgati per esso
exponente et che detta spoglia tocca al exponente appare per fede che fanno li
giurati, per consuetudine provata, et per le misme lettere della giustitia
secolare che ordinao fosse restituta al exponente.
Et più esso Conte ha voluto et vole conoscere et haver giurisditione
sopra li clerici che habitano in detta sua terra di Raxhalmuto et vole che
stiano à sua devotione privi della libertà ecclesiastica, con poterli carcerare
et mal trattare come ha fatto à Cler: Jacopo Vella che l’ha tenuto con tanto
vituperio et dispregio dell’Ecclesia in una oscura fossa “in umbra mortis”, con
ceppi, ferri et muffuli per spatio di doi anni et fin hoggi non ha voluto ne
vole remetterlo al foro ecclesiastico. Anzi, perchè il vicario generale d’esso
exponente impedio a don Geronimo Russo,
genniro d’esso Conte et gubernatore di
detta sua terra, che non dasse, come volia dare, certi tratti di corda à detto
clerico et essendo stato bisognoso per tal causa procedere à monitorij et
excommunica, il detto Conte fece tanto strepito appresso lo regitore di detto
Regno che fece congregare il Consiglio per farlo deliberare che chiamasse ad
esso exponente et al detto Vicario Generale et lo reprendesse, che è, stata la
prima volta che in detto Regno si mettesse in difficultà la potestà delli
prelati per la potentia di detto Conte.
Con lo quale di più esso exponente have liti civili per causa di detti
beni ecclesiastici, per causa di detto archipretato.
Et di più don Cesare parente
di detto Conte, per il suo favore, fece scappare dalle carceri à doi prosecuti
dalla corte episcopale di Girgente, et perchè ni fù prosecuto, diventano
innimici delli prelati.
Altri
accenni alla chiesa di Racalmuto sul finire del Cinquecento, si trovano nel
lavoro a quattro mani (mie e del Nalbone) “Racalmuto in Microsoft”, che
riguardando tra l’altro il successore dell’arciprete Romano non credo ozioso
qui richiamare:
Il
Vescovo Horozco, come si vede, usa ed abusa dei benefici ecclesiastici di
Racalmuto, anche per le sue velleità letterarie. Del resto, aveva nominato
arciprete di Racalmuto il suo segretario particolare Alessandro Capoccio che
non aveva neppure il tempo di prendere possesso di persona dell'arcipretura ed ebbe
perciò a mandarvi due suoi rappresentanti, muniti di formalissimi atti notarili. [8]
Tre anni prima, don Alexandro Capocho era stato inviato a
Roma, al posto del Covarruvias, per prosternare la prima relazione 'ad limina'
dei Vescovi di Agrigento al Papa[9].
Mons. Domenico de Gregorio parla del Capoccio nel lavoro
prima citato (pag. 69) come uno dei due testimoni nel processo canonico del
febbraio 1594 per la nomina dell'Horozco[10] a Vescovo di Agrigento presso il nunzio pontificio in
Spagna, Camillo Gaetano. In particolare, la testimonianza del Capoccio fu
preziosa quando si trattò della situazione della Chiesa Agrigentina, dato che
costui aveva «dimorato circa due anni
nella .. città» di Agrigento. Peraltro,
il Capoccio a quel tempo solo «da due mesi conosceva l'Horozco».
Si dà il caso che con tali testimonianze passò inosservata
la mancanza della "limpieza de sangre" , avendo il designato
sangue ebreo nelle vene, che era all'epoca d'ostacolo alle cariche
ecclesiastiche. Il Capoccio venne poi compensato con la lauta arcipretura di
Racalmuto.
Il
De Gregorio è comprensibilmente circospetto e si limita ad annotare: «Il
Covarruvias portò con sé alcuni ecclesiastici spagnoli che poi fornì di
benefici come Ferdinando Rodriguez, nominato nel 1596 arciprete di Cammarata,
il suo familiare Giovanni Aleyva cui nel 1602 diede il beneficio della Madonna
dei Miracoli di Cammarata, il dr. Antonio Perez de Bobadilla nominato canonico,
Alessandro Capoccio che fu arciprete di
Racalmuto (1597) e Vicario generale».
Per
quanto tempo il Capoccio sia stato arciprete di Racalmuto, s’ignora. Sappiamo
che subentrò l'Argumento, nominato arciprete di Racalmuto nel marzo del 1600.[11]
Sul genero del conte Giovanni siamo in grado
di fornire qualche cenno anagrafico, desunto dai registri della Matrice.
ATTI DI BATTESIMO (Battesimo di tre bambini del nobile Russo)
data di battesimo Cognome Nome Paternità Maternità
3 luglio 1596 RUSSO Francesco Maria Girolamo sig. Sabetta, donna
3 luglio 1598 RUSSO Margherita Gironimo don D.a Elisabetta
10 gennaio 1600 RUSSO Giuseppe Gerolamo, don Elisabetta
Padrini dei
battesimi sono i coniugi Vincenzo e Caterina Piamontesi.»
La
vicenda feudale dei del Carretto della seconda metà del Cinquecento ha alcuni momenti solenni negli estremi dei
Processi che si celebravano a Palermo.
Al fine di meglio inquadrare la vicenda di d. Gerlando d’Averna,
possiamo qui segnare i seguenti stralci:
[1]) Ma papa Giovanni Angelo Medici (Pio IV) non viene
considerato pontefice propenso alla simonia, neppure da autori laici come L.
von Ranke (cfr. L. Von Ranke - Storia dei Papi - Sansoni 1974, pag. 233 e ss.).
Neppure nepotista: un suo nipote fu il cardinale Carlo Borromeo. «Carlo Borromeo - scrive il Ranke, v. p. 238 -
non considerò la sua posizione di congiunto del papa, e l’accesso agli affari
più importanti che gli era consentito, come un diritto, che gli permettesse
qualche cosa, ma come un dovere al quale egli doveva dedicarsi con ogni cura. E
vi si dedicò con modestia pari alla costanza. [...] Così le qualità del nipote supplirono a quelle deficienze che i
rigoristi avevano potuto trovare nello zio.»
[2]) Cfr.
“Comparsa conclusionale dei Signori Ben. d. Calogero Matrona e consorti,
convenuti, contro i coniugj d. Giuseppe Savitteri e donna Concetta Matrona
interveniente forzosa, e contro il signor cav. Vincenzo Ferlazzo Intendente di
Finanza” - Girgenti tip. E. Romiti - 1876 - pag. 10 c.o. Chiesa Madre di
Racalmuto.
[3])
ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO : FONDO ARCHIVISTICO PALAGONIA - SERIE ATTI
PRIVATI - UNITA’ N.° 631 - anni 1502-1706 - Transactio Pro Ill.mo don Hieronimo
del Carretto Comite huius terrae Racalmuti cum Universitate dictae terrae
Racalmuti. [Palagonia n.° 1 p. 29-123] [fondo n.° 631]
[4]) Rabbicoto: commissario
del grano.
[5]) A
margine dell’analogo fondo Palagonia n.° 709 (f.30v) viene segnato
il termine “terragiolo”, ma è definizione del n.° 14 delle consuetudini ad uso
dei fruitori del XVIII secolo, del tutto spuria rispetto al testo del 1580.
[6])
Annotato a margine di questa consuetudine: “terragioli” (però nel documento del
Fondo Palagonia n.° 631 f. 708v.)
[7]) ARCHIVIO SEGRETO VATICANO
- ASV - SACRA CONGREGAZIONE VESCOVI E
REGOLARI - Anno 1599 - pos. C-L
(posizione G).
Sulle
vicende fornisce notizie Mons. De Gregorio (Domenico De Gregorio - Giovanni Horozco de Covarruvias de Leyva,
Vescovo di Agrigento (1594-1606), in Miscellanea
in onore di Mons. Canv. Dr. Angelo Noto - per la sua messa d’oro -
Agrigento 1985, pag. 73. Le raccoglie dall’Archivio Curia Vescovile di
Agrigento - Reg. 1595.): «Le controversie
poi per la giurisdizione o esenzione ecclesiastica non erano infrequenti. A
Racalmuto il chierico in minoribus
Jacopu Vella fu “infamato” della morte di un vassallo del Conte il quale lo
fece arrestare e volle procedere contro di lui, nonostante monitori e censure, e per sottrarlo al vescovo lo fece
prima portare nelle carceri di Palermo e poi in quelle di Agrigento. “In detta
terra li preti e clerici non godono franchezza nixuna et per ordine del conte
non si da la franchezza della gabella et mali imposti et comprano come li
seculari denegandoli la franchezza. ”In detta terra, essendo mandati Vincenzo
Carusio, sollicitaturi fiscali, e Giuseppi Gatta commissario per prendere a
notaro Oruntio Gualtieri, foro detenuti dalli uffiziali temporali, carzerati
per molti giorni tenendoli a lassari
exequiri l’ordini contra detto prosecuto”. Nella stessa terra lungamente il
conte contrastò con il vescovo e il capitolo per il diritto di spoglio alla
morte dell’arciprete Michele Romano.»
[8]) cfr.
Atti della Matrice: STATO DI FAMIGLIA - M A T R I M O
N I - 1582-1600 ove leggesi la seguente
nota: «DIE 16 Julii XIe Indi.nis 1598: ''Pigliao la possessioni don Vito
BELLISGUARDI et don Antonino d'AMATO (?) procuratori di don Lexandro Capozza p.
l'arcipretato di Racalmuto come appare per atto plubico''.»
[9]) Archivio Segreto Vaticano - Relationes ad Limina - 18A - f.
1.
In spagnolo, il Covarruvias così presentava il Capocho alla
Sacra Congregazione competente:
«Quando no veniera
negocios en esta Corte a que embiar a Don Alexandro Capocho mi secretario, me
diera contento embiarlo a hacer riverencia a V.S.Ill.a y darle cuenta de las
cosas de por aca, como lo hara Don Alexandro ...el obispo de Girgento».
Nell'atto di delega del 12 settembre 1595 "Don
Alexandro Cappocio' viene titolato come "Sacrae theologie professorem eiusque [del vescovo] Secretarium”.
Noi, su quella scia, abbiamo consultato il processo canonico - Archivio
Vaticano Segreto - Processus Concistorialis - anno 1594 - vol. I - (Agrigento)
- ff. 30-62.
La testimonianza di quello che sarà il nostro arciprete è,
a dire il vero, schietta e per niente compiacente (f. 36v e 37).
Sintetizzando e traducendo dallo spagnolo ricaviamo questi
dati:
«Depone il dottor Don Alexandro Capocho, suddiacono
naturale del Regno di Napoli e residente per il momento in questa corte.
«Egli testimonia che conosce il detto signor Don Juan de
Horoczo y Covarruvias di vista e solo da due mesi, poco più poco meno, e di
non essere né familiare né parente dell’ Horozco».
Salta quindi ben
dodici domande che attenevano alle origini ed alla vita del futuro vescovo. La
sua testimonianza è quindi molto minuziosa sulla Cattedrale di Agrigento
(circostanza che non ci pare qui conferente). Conosceva piuttosto bene
Agrigento per esservi stato due anni, poco più poco meno’.
[10])
Sull’Horozco è tornato di recente, con una approfondita ricerca Raffaele
Manduca: Il sinodo di Giovanni Horozco
(Girgenti 1600-1603) in Archivio Storico per la Sicilia Orientale - 1991
Fasc.I-III, pag. 243-296.
[11]) Cfr.
Atti Matrice: STATO DI FAMIGLIA - M A T R I M O N I
- 1582-1600. E’ ivi annotato: «Di la
maiori ecclesia di Racalmuto pigliao possisioni don Andria Argumento a li 7 di
marzo XIII ind.1600».
[12]) «don Andreas de Algumento U.J.d.
Ar.[arciprete] terre Recalmuti» (cfr. Archivio Vaticano Segreto -
Relationes ad limina - A18 - f. 40).
[13])
L'elenco degli arcipreti di p. Puma omette ogni dato sull'arciprete
Argumento, [l'annotazione a penna +1579 resta indecifrabile. Forse è da rettificare in 1599 e segna la
fine dell'arcipretura del Capoccio o Cappocho.]
[14]) ARCHIVIO DI STATO IN
PALERMO - PROTONOTARO DEL REGNO - PROCESSI D’INVESTITURE - BUSTA N. 1517 -
PROCESSO N. 2554 - FEUDO: TERRA CON CASTELLO DI RACALMUTO - COGNOME E NOME
DELL’INVESTITO: DE CARRECTIS GIROLAMO - ANNO: 1562
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