Lillo Bongiorno è politico raffinato di antica data. Scrive a quel Dio; sciorina periodi eleganti dopo periodi eleganti, ha cultura ed ama il sussiego perbenista, che però, Racalmuto non sempre premia. Ho pure sue lettere che confermano questo aristocratico vezzo. Solo che io spesso non riesco a individuare il nucleo politico sottostante anche perché nel corso dei suoi secoli di vita politica ha saputo essere splendidamente cangiante, ancor più dell'arco baleno. Io che per campare ho dovuto scontrarmi con l'estranea legge dei numeri che sottendono ad ogni quadro contabile che chiamano bilancio, mi trovo qui a mal partito. Lillo mi dice che da una parte c'è in gioco un risparmio virtuoso di 128 mila euro annuo per questo Comune che tutti dicono pieno di "criticità" per usare un indecifrabile linguaggio sia della regionale corte dei conti sia di quel nucleo di revisori locali, qualcuno dei quali pare inascoltato ispettore da diversi anni, agli ordini di chi mi si dice assessore ora badante dei suoi vecchi compagni di nihil obstat quominus imprimatur dei tempi scottantissimi della nostra infiltrata amministrazione comunale. Faccenduole tipiche di questa nostra communitas racalmutensis. Ma dopo, mi sembra, Lillo finisce col raffreddare tanto ardore e cerca di rastremare il tutto limitandosi solo al piccolo appannaggio dei quattro assessori e stringi stringi solo per sbolognare quell'unico assessore antipatico, il mio vagulo amico Totò. Che dobbiamo dire? tanto rumore per nulla. Io che sono contro tutti e tutto come mi rimprovera un avvocaticchio ora LSU ristorato per avere percorso una corsia preferenziale, mi metto in sospetto. Lillo che se ho letto bene qualcosa è uomo di mondo non si perde in fasulle campagne moralistiche degne di una Spillo giurgintana che Egidio ora accredita come la voce "editoriale" del giornaletto di Sciascia. Ma Lillo mi aspetavo qualcosa di più mordace da te. Speravo che per esempio mi dessi un pizzico di importanza e chiedessi ad Emilio lumi sui miei vantati crediti certi liquidi ed esigibili e cioè se ci sono o non ci sono. E se ci sono che io venga magari chiamato (gratis) a dimostrarli e se li comprovo prendere atto che tutta la baracca bilancistica odierna e trascorsa salta in area e in gioco ci sarebbero milioni di euro di feroci tartassamenti degli incolpevoli racalmutesi e non le vacue criticità che la Corte de Conti finge di contestare per credere subito a balbettanti assessori comunali e così mettere la pietra tombale sopra l'operato di un triennio di loro omologhi commissari nazionali e regionali e persino catanesi.
E tanto per essere d'attualità avrei voluto che Lillo spingesse i suoi a fare emergere un altra piaga. quella della Tari, irridendo ad una minoranza che prima disapprova e poi approva e poi si astiene quanto alla monnezzara afflizione tassaiola (non so come l'altro casucciano dottore Sardo possa dire che Emilio ha abbassato la TARI, si vede che lui non la paga).
Un po' di attenzione si dovrebbe prestare al "Taverna" che si dice sconcertato che nella settembrina notifica il plurilaureato del Monte omette di precisare sotto quale regime regolamentare si deve assolvere questo nostro massimo tributo locale, perché ciò potrebbe condurre ad una vanificazione di un gettito tributario in cui in gioco non ci sono presunte minuscole munificenze parziali cifre dei famosi sfingici 128.000 euro ma un paio di milioni di euro l'anno. E sarebbe questo argomento molto più "morale" di quel perdere tempo per questa risibile baruffa chiazzotta (a Totò un piccolo appannaggio sì, a Totò un piccolo appannaggio no!) Calogero Taverna
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