I Savatteri a metà del secolo XVII.
Il ricco archivio della Matrice di Racalmuto ci ha conservato
due “numerazioni delle anime” - cioè a dire due censimenti religiosi - che sono
databili, rispettivamente, intorno al 1660 ed al 1666. La compagine racalmutese
risulta a quell’epoca arricchita di vari nuclei familiari dei Savatteri. Ci
risultano sei nuclei per il 1660 e sette per il 1666. Nuovi nati e nuovi
matrimoni spiegano le variazioni dei nuclei familiari. Presso Filippo
Savatteri, alloggiava nel 1660 Maria la Bosca. Un personaggio - Isabella la
Bosca - che è venuto alla ribalta di recente in studi sulle “magare” inquisite
dal Sant’Ufficio. Parente o mera omonimia?
Il padre Girolamo M. Morreale vorrebbe un Gaetano Savatteri
donante nel 1627 per devozione verso Maria SS. Del Monte; [1] pensiamo
che il dotto gesuita sia incorso in un duplice errore: quello di considerare
donazione un mero obbligo di soggiogazione e quello di leggere in Gaetano un
nome diverso, forse Giacomo. A quell’epoca non risultano Savatteri con il nome
di Gaetano (ben diversamente da ciò che avverrà nel XIX e XX secolo).
Sac. Giuseppe Savatteri e Brutto (1755-1802)
Bello, elegante, colto, raffinato, ricco, sprezzante - quanto
casto non è dato sapere - questo prete svetta sia nelle vicende della famiglia
sia in quelle della locale storia. Leonardo Sciascia, avvalendosi di dati di
seconda mano, tenta di infilzarlo, ma commette una delle sue solite
manipolazioni storiche per prevenzioni ideologiche. Il sac. Giuseppe Savatteri
ha coraggio, cultura e intraprendenza tali da osare un’impari contrapposizione
con il suo potente (e dispotico) vescovo agrigentino. Entra nell’intricata
storia del beneficio del Crocifisso.
Quando, il Tinebra Martorana - un famiglio della discutibile
consorteria dei Tulumello - si accinge, nel 1897, a scrivere la storia del
paese, non gli sembra vero di dilatare il senso di un documento giudiziario -
che invece di venire custodito negli archivi del Comune, sta fra le carte
private del barone Tulumello - per dileggiare un Savatteri, la famiglia ostile
ai suoi protettori, che fra l’altro lo facevano studiare da medico a spese
dell’Amministrazione comunale.
Quello su
cu il Tinebra trama è un carteggio del Caracciolo su cui abbiamo avuto modo di
effettuare nostre personali ricerche. Iniziano dal 16/2/1785 gli appunti del
Caracciolo sulla questione[2]:
«17. La Gran Corte dia le pronte provvidenze di giustizia, onde li
cittadini non soffrano aggravij - A febbraio p.p. in die 16 - Li naturali della
terra di Racalmuto, sentendosi molto gravati di questo esattore ed
amministratore Prete d. Giuseppe Savatteri nell’esigenza del terragiolo
dentro e fuori di questo stato, quanto nell’avere agumentato la Baglìa a tutti
li poveri giornalieri, formando una Cascia o Statica come anche esatte a forza
di prepotenze pignorando sin anco gli utensili delle loro moglie e pratticando
molte estorsioni.
«Pregano l’E.V. di ordinare il conveniente per non vedersi pur troppo
soverchiati.»
E, quindi, in data
12.3.1785:
«32. [3]L’avvocato fiscale Vagginelli proceda quel che convenga ed avendo di
riferirlo, dica- A 12 Marzo detto - Li singoli di Racalmuto: V. E. rimise le
pendenze loro col barone all’avv.to sig.re Vagginelli. Innanti a costui
facendosi dui contraddittorij vi interviene il Cav.e fratello del principe di
Pantelleria, che ha procura. E poiché per rispetto che vuole esigere molte
cose bisognano trovarsi e li
professori concepiscono qualche timore,
prega V.E. di ordinare che tal Cav.e non
intervenga più nei contraddittori ma con i singoli e il Barone.»
«12 - L’avv.to fiscale barone Vagginelli informi col parere - 22 marzo -
Li singoli di Racalmuto. Il suggello della verità lo tiene in potere il
governatore baronale, ed occorrendo di suggellarsi l’investitura questa si deve
suggellare dal Barone e si suggella quando a costui piaccia. Ciò essendo un
inconveniente molto più quando occorre a singoli di suggellare scritture
contrarie al ripetuto Barone.
«Pregano l’E.V. di ordinare che il suggello si riformi con il ricorso
al Re, e che debba riservarsi al mastro notaro della Corte Giuratoria.»
«4. L’avvocato fiscale Barone Vaggianelli disponga perché urgendo le
provvidenze che siano convenienti per la superiore, che riferisca col parere -
29 marzo 1785 - Don Stefano Campanella
arciprete di Racalmuto - Dietro un raccolto sterilissimo ed una tirannica
esazione fatta dall’arrendatario di questa terra don Giuseppe Savatteri
... trovasi in oggi questa Popolazione in somma necessità a segno che non si
può riparare, e si teme di qualche tumultuazione per la fame, e dal ricorrente
e da altri preti si à soccorso per quanto debolmente si è potuto, ma si prevede
maggior necessità in questi mesi che sono li più poveri.
«E’ perciò da credere opportuno che dovendo dal amministrare pagare per
maggio onze 1000 al Principe della Pantelleria gliene paghi medietà, e l’altra
medietà distribuirsi per aiuto a poveri, che si obbligano in agosto pagare;
prega V.E. di ordinare l’esecuzione di tale distribuzione a quattro persone
elette da chi invochi, dapoiché quei Giurati son poveri e senza veruna abilità.»
Il dato di maggior risalto è
quello contenuto nel biglietto datato 11 aprile 1785:[6] abbiamo questo richiamo
storico:
«13 - L’avvocato faccia quel che convenga per l’accertamento della giustizia
e della legalità. - 11 aprile 1785
- Li singoli di Racalmuto. - Nel 1559
don Giovanni del Carretto ebbe venduto il mero, e misto impero dal viceré don
Giovanni della Cerda sopra la Baronia di Regalmuto per il prezzo di onze
seicento, cioè cinquecento l’ebbe allora il Governante, e le onze 100 le dovea
dare qualora veniva continuata la vendizione da S. M. fra il termine di un
anno.
«Sino al presente giorno non è stato possibile dimostrarsi detta
rattifica, o confirma; ed è segno evidente che la M.S. non l’abbia concessa.
Che perciò li ricorrenti .. pregano l’E.V. di ordinare che il Barone di
Ragalmuto che è oggi il Principe di Pantellaria, che per esercitare il mero, e
misto dimostri all’E.V. il titolo.»
Al Tinebra Martorana mancano competenza e penna per
fronteggiare la complessa vicenda della lotta al baronaggio siciliano da parte
del discutibile Caracciolo (l’agiografica visione dei laici del Settecento e
del postumo Sciascia lascia oggi il tempo che trova). Il Tinebra, dunque,
compatta scarne e disparate “notizie storiche” in un capitoletto sul Settecento
e velenosamente rubrica (pag. 184): «1785 - Soprusi praticati dal sac. Giuseppe
Savatteri, arrendatore di Racalmuto, verso i poverelli.» Non parve vero a
Leonardo Sciascia di rigonfiare quell’appunto per una delle sue solite tiritere
anticlericali. Nessuna ricerca storica,
da parte sua; nessun approfondimento; nessuno spunto critico. Scrive dunque lo
Sciascia[7]:
«Ecco il rapporto di un altro funzionario al Tribunale della
Real Corte sui “soprusi praticati dal sacerdote Giuseppe Savatteri, verso i
poverelli”» e giù, senza analisi critica, il testo di un’evidente lettera
anonima, che crediamo essere dovuta alla penna del malevolo arciprete
Campanella, o peggio del sac. Busuito, contro cui il Savatteri aveva affilato
le armi per l’usurpazione del beneficio del Crocifisso. Per una di quelle
strane coincidenze storiche, il Busuito era parente stretto della moglie del
notaio Nalbone.
Prosegue Sciascia: «Il bello è che dopo questo rapporto il
Tribunale della Real Corte ordinava al giudice criminale di Regalpetra [alias Racalmuto] “di far restituire ai
borgesi tutti gli oggettiche il sacerdote Savatteri aveva ad essi pignorati”,
forse i lettori non lo crederanno ma la cosa è andata davvero così”.» Con buona
pace di Sciascia, a noi pare che le cose erano molto più complesse e
coinvolgono la poltica dei re Borboni di Napoli, che è quanto dire.
D. Giuseppe Savatteri e Brutto morì
nella peste del 1802; il Liber
annota: n.° 312, c. 19, D. Giusppe Savatteri e Brutto, 27 februarii 1802 d’anni
47. Il vescovo non lo aveva voluto come beneficiale della Communia. Il
Savatteri faceva però parte della neo-confraternita della Mastranza. Non pare
molto diligente nell’annotare le messe che era tenuto a celebrare per i
confrati defunti: subisce delle sanzioni. Vediamole:
GIUSEPPE
SAC. D.
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SAVATTERI
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n.
undeci messe cioè n. 9 per l' ... e n. 2 per pena d'essere stato negligente
in scrivere le d. messe.
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