Il linguaggio del Cicolano mi
affascina, quello originale antico autentico. Sono siciliano e spesso
colgo assonanze tra il mio dialetto e questo delle terre che
circondano il Lago del Salto. Regno delle due Sicilie insomma che
qualche traccia l'ha lasciato. Ma qui dominò anche Federico Secondo,
lo Stupor Mundi abbandonò la Sicilia e scorribandando di qua e di là
nei pressi edificò L'Aquila, addosso allo Stato Pontificio ancora
adesso sorge Girgenti.
Dai parenti di mia moglie qui persino
stanziali colgo taluni detti, termini, espressioni che esulano dalle
lande del comune dissertare per acquisire valenze di grande civiltà,
di costumi specifici. di inobliabili passioni.
Ecco un termine, ad esmpio: U SDIUNU,
Tempo di mietitura, lavori defaticanti,
estenuanti. Contadini in stato di grande miseria. Il grande
proprietario terriero (mio suocero lo era a Baccarecce frazione di
Pescorocchiano) radunava quei contadini bisognosi. La mattina presto,
tutti nell'accogliente caseggiato che il Lugini jr. vorrebbe
derivazione della villa rustica romana. Per il Lugini il facoltoto
proprietario terriero metteva sù casa per le sue necessità anche
per il suo decoro. Egli aveva un ambiente sola a mo' di torretta da
dove dominava i suoi terreni, i suoi vigneti in digressioni a
terrazzamenti, le "prata": agiva da praetor, vigilava,
dirigeva, richiamava; era
autorevole ma suo modo generoso.
Ed
in effetti mio suocero, il sor Costantino Benedetti, ne aveva di
questi tratti dominatori.
I
mietitori dunque del borgo (Baccarecce) si radunavano nel palazzo del
signorotto e subito avevano modo di ristorarsi. Subito vi era U
SDIUNU. una precolazione ove abbondava il pane, il pane di grano: il
mietitore ne mangiava una piccola parte, il resto lo conservava per i
suoi figli per la sua famiglia. Tempi duri di fame e di miseria che
durarono sino al primo dopoguerra. Dopo il grande esodo a Roma e
quindi la crisi dell'agricoltura nel Cicolano che Mussolini con quel
lago artificiale aveva molto rastremato di terre coltivabili.
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