Caro Silvano, intanto deciditi a pubblicare il tuo romanzo che se magari non dà la cronaca esatta di Girolamo del Carretto ne illustra il contesto politico sociale civile e persino giudiziario che Sciascia nella Parrocchie pasticciò miserevolmente. Tutti a dire che Sciascia scrisse quel libro "neo realista" come imponeva Lukacs e l'inventato gramscianesimo, mentre era troppo analfabeta per capire di queste cose. Era un divoratore di cose stampate che dal rondismo passa allo stile ipotattico come gli rimproverò Pasolini. Invero Sciascia passava dalla giovanile incoscienza fascista (basta leggere le cartoline postali inviate a don Piddruzzu ove nell'esaltare le adunate di Trieste spasimava per le prosperose minne di chi non dico). Dalla lettura spasmodica traslò alla scrittura ripiccata e calligrafica. Ma senza concetto. Un solo intimo tormento: il suicidio del fratello su cui mentì sin sulla soglia della tomba in Fuoco all'Anima. Mi svelò il segreto un cultore di cose solfifere. Pensa alla mia rabbia nel vedere il mio glorioso Circolo Unione prostituirsi per i quattro soldi sborsati dal Corrierone per pubblicità surrettizia. Ho visto il Presidente . che a me ha negato il convegno colto su Messana.- stravaccato sulla mistificata poltrona su cui anche lui sta lasciando una affossatura di abominevole ignavia. Aveva una faccia spiritata (sapeva cosa l'attendeva, cosa l'attenderà); il giornale che gli era stato messo in mano dai due baldi giovincelli ossequiosi ipocritamente, l'aveva lasciato cadere spiegazzato mentre Ovadia e compagni si facevano fotografare qua e là con quella pubblicità sconcia: mi ha fatto senso. Caro Silvano a te ora il compito di scrivere tu la novella cronaca del Circolo della Discordia. Lascia che i morti seppelliscano i morti. Sciascia è morto, Albertazzi pure e a noi non ce ne cale nulla. Calogero Taverna
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