POSTRIDIE - Donna del Mossad tempo secondo
Stamani mi sveglia un vento sibilantissimo, temporalesco. Non pensavo che in Sicilia ad Edrissismuto poi corruschi temporali potessero esplodere improvvisi e allaganti nel mezzo di un Ottobre dolce e cromatico. Sono Luxinda lesbica dichiarata. Sono figlia di quell' "osceno Aurelio" di cui scrive maldestramente il Taverna nel suo romanzucolo "La Donna del Mossad" .- Apologo sul caso Sindona. Ne ho qui una copia e vi leggo i passi che a me più interessano. (Perché? ve lo dirò dopo)
Orsù dunque, al capitolo secondo scrive il Taverna:
"Capitolo secondo
L’osceno Aurelio
E per stare in armonia con la scurrilità di così spregevole richiamo letterario (ma in incomprensibile vernacolo), corre qui l’obbligo (come burocratese non è poi da buttar via) di rimembrare il secondo ceffone della vita del dottore Aurelio La Matina Calello.
Nel tedio delle sere del sabato, Aurelio, rimasto solo, amava raggiungere l’uggiosa Torino. Vi si annoiava ancor più ma non desisteva. Soddisfaceva invero un suo vizietto occulto: comprare riviste porno, complici ed invoglianti nelle sue solitarie masturbazioni nel vacuo lindore della stanza d’albergo, che pur era matrimoniale ed ampia. Comprarle ad Asti, si vergognava, temeva di essere riconosciuto.
Ed una volta l’attrasse un’inserzione osé: coppia disinibita accoglieva nel proprio talamo purché .‘dotato’. «Lui contemplativo», nel gergo di allora (come dire: nessun pericolo omosessuale … ed Aurelio odiava l’omosessualità virulentemente. “Garrusazzu”, restava per lui vituperevolissimo figuro).
Si lasciò adescare: “fermo posta”; foto riservata (andò da un valentissimo fotografo astigiano), etc. etc., tutto l’armamentario per siffatti incontri, insomma.
Quando un sabato sera, freddissimo ma terso e stellato, suonò alla porta di una signorile villetta di via Morgari Aureliò dilagò in vertigini, eccitamenti, sensi di colpa, smarrimenti. Venne accolto da un signore cinquantenne, brizzolato, composto, quasi ieratico.
si accomodi dottore, ma nell’androne-soggiorno, luci diffuse sì ma rivelatrici, il disappunto dell’ospite fu palese. Con piemontese autocontrollo, il moto ostile slabbrò subito in un sorriso affabile ed accogliente.
il drink glielò servo io, capisce la servitù l’ho lasciata libera, ed ovvio, fu inappuntabile.
Aurelio strabiliava: era un bell’uomo, charmant, ricco ed allora perché? Volle credere a qualche carenza fallica.
la signora sta facendo toilette. La scusi.
Beh! quell'Aurelio lì (invenzione letteraria, ovvio) era mio padre. Illegittimo naturalmente. All'anagrafe figuro ancora figlia di quello strano personaggio - impotente - che godeva a veder la moglie coitare con un raccogliticcio estraneo. Così ne ho potuto ereditare il ricchissimo patrimonio accumulato da secoli da sparagnini piemontesi alla Einaudi, patrimonio che intendo godermelo tutto avvalorando il detto torinese "figli prodighi di padri parsimoniosi". A quei tempi a Torino si usava. Oggi, non più. Erompe una libertà sessuale tale che tutto rientra nella normalità e l'anormalità non ha più senso. Del resto oggi la donna il suo piacere se lo va a cercare dove e come vuole. Io ad esempio lo cerco fra le braccia di un'altra donna. E' più sincrono.
Ieri sono approdato in questa cittadina di nove mila abitanti (un tempo ne faceva oltre 18 mila) dal nome arabizzante EDRISSISMUTO, tutta una storia che sono venuta ad indagare, ma a latere. In primis rinvenire la figura di mio padre quale poté forgiarsi nel suo borgo natio.
Già! strano che un tale Mariano Siacia scrittore di un qualche valore grafico, del millennio scorso, ebbe a dichiarare in suoi imberbi scritti la sua irriducibile avversione verso questa linda cittadina in cui ieri sera sono approdata; nel prefazionare il suo preteso capolavoro 'Le cattedrali di Girgenti' da repentito la chiama paese straordinario ove però "la vita vi scorre lontana dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione".
In effetti ha ragione: il mio genitore naturale, nativo di qui, fu uomo concusso iniquo propenso a suonare la sua corda pazza.
Stamani mi sveglia un vento sibilantissimo, temporalesco. Non pensavo che in Sicilia ad Edrissismuto poi corruschi temporali potessero esplodere improvvisi e allaganti nel mezzo di un Ottobre dolce e cromatico. Sono Luxinda lesbica dichiarata. Sono figlia di quell' "osceno Aurelio" di cui scrive maldestramente il Taverna nel suo romanzucolo "La Donna del Mossad" .- Apologo sul caso Sindona. Ne ho qui una copia e vi leggo i passi che a me più interessano. (Perché? ve lo dirò dopo)
Orsù dunque, al capitolo secondo scrive il Taverna:
"Capitolo secondo
L’osceno Aurelio
E per stare in armonia con la scurrilità di così spregevole richiamo letterario (ma in incomprensibile vernacolo), corre qui l’obbligo (come burocratese non è poi da buttar via) di rimembrare il secondo ceffone della vita del dottore Aurelio La Matina Calello.
Nel tedio delle sere del sabato, Aurelio, rimasto solo, amava raggiungere l’uggiosa Torino. Vi si annoiava ancor più ma non desisteva. Soddisfaceva invero un suo vizietto occulto: comprare riviste porno, complici ed invoglianti nelle sue solitarie masturbazioni nel vacuo lindore della stanza d’albergo, che pur era matrimoniale ed ampia. Comprarle ad Asti, si vergognava, temeva di essere riconosciuto.
Ed una volta l’attrasse un’inserzione osé: coppia disinibita accoglieva nel proprio talamo purché .‘dotato’. «Lui contemplativo», nel gergo di allora (come dire: nessun pericolo omosessuale … ed Aurelio odiava l’omosessualità virulentemente. “Garrusazzu”, restava per lui vituperevolissimo figuro).
Si lasciò adescare: “fermo posta”; foto riservata (andò da un valentissimo fotografo astigiano), etc. etc., tutto l’armamentario per siffatti incontri, insomma.
Quando un sabato sera, freddissimo ma terso e stellato, suonò alla porta di una signorile villetta di via Morgari Aureliò dilagò in vertigini, eccitamenti, sensi di colpa, smarrimenti. Venne accolto da un signore cinquantenne, brizzolato, composto, quasi ieratico.
si accomodi dottore, ma nell’androne-soggiorno, luci diffuse sì ma rivelatrici, il disappunto dell’ospite fu palese. Con piemontese autocontrollo, il moto ostile slabbrò subito in un sorriso affabile ed accogliente.
il drink glielò servo io, capisce la servitù l’ho lasciata libera, ed ovvio, fu inappuntabile.
Aurelio strabiliava: era un bell’uomo, charmant, ricco ed allora perché? Volle credere a qualche carenza fallica.
la signora sta facendo toilette. La scusi.
Beh! quell'Aurelio lì (invenzione letteraria, ovvio) era mio padre. Illegittimo naturalmente. All'anagrafe figuro ancora figlia di quello strano personaggio - impotente - che godeva a veder la moglie coitare con un raccogliticcio estraneo. Così ne ho potuto ereditare il ricchissimo patrimonio accumulato da secoli da sparagnini piemontesi alla Einaudi, patrimonio che intendo godermelo tutto avvalorando il detto torinese "figli prodighi di padri parsimoniosi". A quei tempi a Torino si usava. Oggi, non più. Erompe una libertà sessuale tale che tutto rientra nella normalità e l'anormalità non ha più senso. Del resto oggi la donna il suo piacere se lo va a cercare dove e come vuole. Io ad esempio lo cerco fra le braccia di un'altra donna. E' più sincrono.
Ieri sono approdato in questa cittadina di nove mila abitanti (un tempo ne faceva oltre 18 mila) dal nome arabizzante EDRISSISMUTO, tutta una storia che sono venuta ad indagare, ma a latere. In primis rinvenire la figura di mio padre quale poté forgiarsi nel suo borgo natio.
Già! strano che un tale Mariano Siacia scrittore di un qualche valore grafico, del millennio scorso, ebbe a dichiarare in suoi imberbi scritti la sua irriducibile avversione verso questa linda cittadina in cui ieri sera sono approdata; nel prefazionare il suo preteso capolavoro 'Le cattedrali di Girgenti' da repentito la chiama paese straordinario ove però "la vita vi scorre lontana dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione".
In effetti ha ragione: il mio genitore naturale, nativo di qui, fu uomo concusso iniquo propenso a suonare la sua corda pazza.
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