Io son di Racalmuto, fiero di essere racalmutese, ma vissuto per almeno un settanennio fuori di Racalmuto. Racalmuto è un gran pese, neppure piccolissimo. Si disse, lo disse Tucidide, pensa un po? che questo borgo vitale a seguire Forsthoff, ebbe qui dimora un millennio prima della guerra di Troia. L'incerto per l'incerto ed ecco anche barbosissimi studiosi, scienziati, dire che la corona di grotticelle attorno all'inghiottitoio esistente prima che un grande zubbio facesse sprofondare l'ampio davanzle, erano tombe sicane. E da qui il mito nel mito. I sicani cacciati via dai Siculi quando invasero la piana di Catania erano divenuti d'improvviso aitanti battaglieri e pugnaci: non più quegli imberbi che a dire di Dionidi Di Aicarnasso sulla scia di Terenzio Vvarrone si erano fatti cacciare via dalle terre dell'attuale Cicolano dai Pelasgi, un nerboruto popolo capace in epoche della più profonda preistoria di levigare sassi o massi più grandi di una casa. Ogni primavera codesti prolifici Pelasgi delle radure tra il Velino e il Gran Sasso facevano festa. Quindi raccoglievano i baldi giovani nati un venttennio prima e li invitavano a sloggiare. Che andassero a far slollagiare i vicini indesiderati e negli ubertosi prati costruissero nuove città. Affascinanti racconti tramandati da millennio in millennio. A Racalmuto ebbe a nascere tal Nanà Sciascia, uomo mite e mansueto. Gran divoratore di libri. Imparò a scrivere ma non certo a far di conti e a sdoganare scritture prische in lingue non più vive. Si mise anche a parlare del suo paese, Come un bambinello delle elementari fece un bel tema su "IL MIO PAESE". E scrisse Le parrocchie di Regalpetra.. Non amava Racalmuto. Lo odiava. Ai tempi di Galleria aveva detto: odio questo paese, lo odio con tutte le mie forze. Forse quando sarò veccho mi sembrerà come un presepe per quelle brutte case che scivolano giù sino all'umida Fontana tra eterne nebbie melanconiche e rattristanti. Ma abile nella penna poi cercò di raddrizzre quello sprezzante odio e disse: questo è un paese straordinario ma voleva dite strano. E Racalmuto 'strano" davverp lo è. In che senso strano rectius "straordinario"?. Da ipotattico consumate allora precisò: "spero di avere dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione. Cavolo noi racamutesi saremmo gente servile, iniqua: priva di ragione. Peggio di così? Ma ecco che il solito imbecille di paese compra un gran masso di marmo di Carrara e vi fa incidere questo epitaffio alla pravità e follia racalmuesi. Da impiccare. In questo senso paese strano o traordinario il mio. E da stranezza a stranezza eccomi capitare questa stranezza del gruppo RACALMUTO DEMOCRATICO che non so me spiegarti. Mi dovrai scusare, Cara Daniela RAMI. Non è per reticenza o furberia. Semplicemente non so! Calogero Taverna.
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