(e noi siamo con lui). Se vi sono morosi, il vescovo è indulgente.
Avremmo quindi assolto il Traina se le accuse fossero state quelle sinora sciorinate. Ma c’è un punto che capovolge la situazione. I canonici rievocano le faccende dei tumulti popolari, con i tanti morti ammazzati. La diagnosi è pungente. Il vescovo si mise la dignità episcopale sotto i piedi. Per colpa sua due canonici ci hanno rimesso le penne; undici ecclesiastici sono periti «per avere esso Monsignore sparato alla moltitudine» E non era popolo ribelle e sanguinario. Era gente che voleva il pane quotidiano e che vedeva addensarsi su di essa le nubi della fame per mancanza di grano nelle dispense comunali. Andava a chiedere a pagamento 700 salme di grano. Ne aveva di bisogno. Ed il vescovo si mostrava strano pastore volto più a distruggere il suo gregge che a sfamarlo. Gli fa sparare addosso. Fu così che esplose la rabbia popolare, foriera di morte, di stragi, di ferimenti, di violenze. Anche contro il vescovo che sol perché l’aborrito canonico Picella è lesto nel trafugarlo e nel portarselo a casa la fa franca.
Non sono aspetti censurabili da parte di un papa. Ma da chi nutre spirito umanitario, sì. Ora come allora. Nei tempi di oggidì ci ha pensato Andrea Camilleri nel suo il re di Girgenti. Fra i contemporanei del vescovo, i canonici Picella e Blasco, e poi il Pirri che prima era stato prodigo di elogi verso il Traina. Questa sporca faccenda del grano prima promesso e poi denegato per motivi di speculazione finanziaria; questo intrigo di canonici ed ecclesiastici chiamati a sparare sulla folla inerme; questo decrepito vecchio che non ha pietà e commina scomuniche, mentre si arricchisce; e con le tante ricchezze accumulate compra pro tempore città e meri e misti imperi, è pagina storica nefasta. Quel vescovo va censurato. Anche a volere perseguire l’avalutatività delle scienze sociali, il
Avremmo quindi assolto il Traina se le accuse fossero state quelle sinora sciorinate. Ma c’è un punto che capovolge la situazione. I canonici rievocano le faccende dei tumulti popolari, con i tanti morti ammazzati. La diagnosi è pungente. Il vescovo si mise la dignità episcopale sotto i piedi. Per colpa sua due canonici ci hanno rimesso le penne; undici ecclesiastici sono periti «per avere esso Monsignore sparato alla moltitudine» E non era popolo ribelle e sanguinario. Era gente che voleva il pane quotidiano e che vedeva addensarsi su di essa le nubi della fame per mancanza di grano nelle dispense comunali. Andava a chiedere a pagamento 700 salme di grano. Ne aveva di bisogno. Ed il vescovo si mostrava strano pastore volto più a distruggere il suo gregge che a sfamarlo. Gli fa sparare addosso. Fu così che esplose la rabbia popolare, foriera di morte, di stragi, di ferimenti, di violenze. Anche contro il vescovo che sol perché l’aborrito canonico Picella è lesto nel trafugarlo e nel portarselo a casa la fa franca.
Non sono aspetti censurabili da parte di un papa. Ma da chi nutre spirito umanitario, sì. Ora come allora. Nei tempi di oggidì ci ha pensato Andrea Camilleri nel suo il re di Girgenti. Fra i contemporanei del vescovo, i canonici Picella e Blasco, e poi il Pirri che prima era stato prodigo di elogi verso il Traina. Questa sporca faccenda del grano prima promesso e poi denegato per motivi di speculazione finanziaria; questo intrigo di canonici ed ecclesiastici chiamati a sparare sulla folla inerme; questo decrepito vecchio che non ha pietà e commina scomuniche, mentre si arricchisce; e con le tante ricchezze accumulate compra pro tempore città e meri e misti imperi, è pagina storica nefasta. Quel vescovo va censurato. Anche a volere perseguire l’avalutatività delle scienze sociali, il
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