Eravamo in sei anche se poco magnifici. Eravamo già l'intellighentia social popolare contestatrice della risorgente Racalmuto del 1957 circa. A dire il vero il tarlo della contestazione non investiva tutta questa balda gioventù venticinquenne (chi qualche anno in più chi qualche anno in meno). Inziamo da sinistra: Liddru Liotta (Paparanni per parte di madre come dire Rizzo e quindi legato per vincoli di parentela a mia cugina Marianna Saccomando, ora americana, di Buffalo, una fenice intellettuale sempre risorgente, magistrato, avvocatessa, musicalmente prorompente: salve Maryann anche tu che ami visceralmente Racalmuto onori questo miracoloso "spazio vitale" coronato da calanchi di mineraria ricchezza nelle lande di un omonimo altipiano). Liddru Liotta che condivise con me liceo e i primi anni universitari emigrò nel Lazio nei primissimi anni Sessanta facendosi onore come affermato segretario comunale.
Che dire di Liddru Savatteri che fu con me con Ignaziu Petrotto e con Viciu Farrauto l'artefice di una storica contestazione del nipote del nepotista arciprete Casuccio. Apparentemente spavaldo, in effetti era di una tediosa timidezza. Anche nella conquista di fanciulle in fiore quando accompagnato dal sornione Guglielmo approdava sotto il portone della carusa innamorata che non riusciva a farsi mettere la mano sul petto che le stava scoppiando; ma Liddru più rosso che mai era già scappato.
Così allora si amava a Racalmuto. Liddru era davvero bello e si sentiva di nobile lignaggio: volevi mettere i nobili Savatteri che l'aedo di famiglia Eugenio Napoleone Messana aveva nobilitato in un tronfio quanto spesso vacuo gran volume storico; diceva che un Del Carretto avrebbe prescelto un Savatteri un tale Saipiuni Savatteri nel Seicento a nubendo di una propria innamorata figliola lungo un tragitto tra la Palermo della peste del 1622 e la Racalmuto ove approdava un ossicino della rinvenuta santa Rosalia che però non mancò di divenire foriera di una feroce falcidiante epidemia. Strano: Liddru, pur gioviale e "democratico", nobile come una sua famosa zia ci si sentì sino alla fine dei suoi giorni. Nelle residue affabulazioni del Circolo Unione mi chiamava ancora per marcare il vallo tra lui di nobile prosapia ed io venuto su dal basso popolino: signor Taverna. Ciao caru mirabile Liddru Pumadoru.
Sempre irato, polemico, caustico ecco qui il giovane Petrotto, pronto a passare armi e bagagli a Caltanissetta. Ebbi con lui una feroce rissa in Malgrado Tutto smentendomi la faccenda del giummo fascista di Nanà Sciascia. Laico e mangiapreti mi considerava anche quando non lo ero più spregevole prodotto della sottosagrestia della Matrice. Non fummo mai in sintonia.
Arrostuto, alto, all'epoca fanatico della metempsicosi, anima di artista, pittore ma dedito già all'insegnamento, non ebbe certo mai escrescenze contestatrici ma qualche compiacenza con noi anticasucciani la ebbe.
Basco in testa e mani sulle mie spalle quasi che lui fosse un gigante (e non lo era) ecco Peppi Cipuddra, con piccolo complesso. Mi fu amico ed io contraccambiavo glissando certe asprezze caratteriali.
All'estrema destra (ma solo fotografica) allora finii io. Già reduce di un attacco furibondo ai Casuccio in quel salone tra la Matrice e il Santissimo. Iratissima la mamma di Dinu Casucciu strillava: iu ssu partitu lu fici e io lu sfasciu. Mentre tuonavo mandò l'arrendevole vigile Ruggeri a prendere da Danieli Ciciruni un falso caciucavallu che era una plastificata pubblicità e tra l'ilarità degli astanti il Ruggeri marzialmente mi buttò ai piedi quel simbolico plurifaccia come se io fossi passato al nemico- Mi volevano fare apparire quello che io già ero: un criptocomunista con tendenze all'ingratitudine. Non mi lasciai certo intimidire, continuai ancora più polemico nella mia arringa contro ogni nepotismo clericale. All'uscita (i miei coraggiosi sodali mi avevano lasciato solo) Peppuccia ancora non folgorata dal fascino di Ignaziu, affettuosamente mi fa: ma Liddru cu ti lu fa fari, ora un puostu non ti lu duna cchiu nuddru. Dopo qualche settimana, mi arriva la notifica della banca d'Italia di assunzione come vincitore di concorso nella carriera direttiva. Anche senza raccomandazione allora come adesso se intelligente e preparato si poteva accedere persino da Racalmuto e persino senza nobili lombi ai vertici dell'alta dirigenza pubblica. Andai da Peppuccia e mostrandogli la lettera d'assunzione di Via Nazionale 91 sornionamente faccio: se vali, manco i Casuccio ti possano fermare.
Bell'istantanea questa foto: grande Racalmuto, altro che paese di infiltrati mafiosi. Oggi solo i "vinti" piangono.
Che dire di Liddru Savatteri che fu con me con Ignaziu Petrotto e con Viciu Farrauto l'artefice di una storica contestazione del nipote del nepotista arciprete Casuccio. Apparentemente spavaldo, in effetti era di una tediosa timidezza. Anche nella conquista di fanciulle in fiore quando accompagnato dal sornione Guglielmo approdava sotto il portone della carusa innamorata che non riusciva a farsi mettere la mano sul petto che le stava scoppiando; ma Liddru più rosso che mai era già scappato.
Così allora si amava a Racalmuto. Liddru era davvero bello e si sentiva di nobile lignaggio: volevi mettere i nobili Savatteri che l'aedo di famiglia Eugenio Napoleone Messana aveva nobilitato in un tronfio quanto spesso vacuo gran volume storico; diceva che un Del Carretto avrebbe prescelto un Savatteri un tale Saipiuni Savatteri nel Seicento a nubendo di una propria innamorata figliola lungo un tragitto tra la Palermo della peste del 1622 e la Racalmuto ove approdava un ossicino della rinvenuta santa Rosalia che però non mancò di divenire foriera di una feroce falcidiante epidemia. Strano: Liddru, pur gioviale e "democratico", nobile come una sua famosa zia ci si sentì sino alla fine dei suoi giorni. Nelle residue affabulazioni del Circolo Unione mi chiamava ancora per marcare il vallo tra lui di nobile prosapia ed io venuto su dal basso popolino: signor Taverna. Ciao caru mirabile Liddru Pumadoru.
Sempre irato, polemico, caustico ecco qui il giovane Petrotto, pronto a passare armi e bagagli a Caltanissetta. Ebbi con lui una feroce rissa in Malgrado Tutto smentendomi la faccenda del giummo fascista di Nanà Sciascia. Laico e mangiapreti mi considerava anche quando non lo ero più spregevole prodotto della sottosagrestia della Matrice. Non fummo mai in sintonia.
Arrostuto, alto, all'epoca fanatico della metempsicosi, anima di artista, pittore ma dedito già all'insegnamento, non ebbe certo mai escrescenze contestatrici ma qualche compiacenza con noi anticasucciani la ebbe.
Basco in testa e mani sulle mie spalle quasi che lui fosse un gigante (e non lo era) ecco Peppi Cipuddra, con piccolo complesso. Mi fu amico ed io contraccambiavo glissando certe asprezze caratteriali.
All'estrema destra (ma solo fotografica) allora finii io. Già reduce di un attacco furibondo ai Casuccio in quel salone tra la Matrice e il Santissimo. Iratissima la mamma di Dinu Casucciu strillava: iu ssu partitu lu fici e io lu sfasciu. Mentre tuonavo mandò l'arrendevole vigile Ruggeri a prendere da Danieli Ciciruni un falso caciucavallu che era una plastificata pubblicità e tra l'ilarità degli astanti il Ruggeri marzialmente mi buttò ai piedi quel simbolico plurifaccia come se io fossi passato al nemico- Mi volevano fare apparire quello che io già ero: un criptocomunista con tendenze all'ingratitudine. Non mi lasciai certo intimidire, continuai ancora più polemico nella mia arringa contro ogni nepotismo clericale. All'uscita (i miei coraggiosi sodali mi avevano lasciato solo) Peppuccia ancora non folgorata dal fascino di Ignaziu, affettuosamente mi fa: ma Liddru cu ti lu fa fari, ora un puostu non ti lu duna cchiu nuddru. Dopo qualche settimana, mi arriva la notifica della banca d'Italia di assunzione come vincitore di concorso nella carriera direttiva. Anche senza raccomandazione allora come adesso se intelligente e preparato si poteva accedere persino da Racalmuto e persino senza nobili lombi ai vertici dell'alta dirigenza pubblica. Andai da Peppuccia e mostrandogli la lettera d'assunzione di Via Nazionale 91 sornionamente faccio: se vali, manco i Casuccio ti possano fermare.
Bell'istantanea questa foto: grande Racalmuto, altro che paese di infiltrati mafiosi. Oggi solo i "vinti" piangono.
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