Navigando
navigando, mi imbatto in questo vecchio articolo del 1995: si trova nientemeno
sul Corrierone. Dovrei fare delle ricerche storiche per sapere se si tratta del
giornale uscito dalle grinfie della P2 e acciuffato dal mio amico Cesare
Geronzi.
Qualche
sicofante ebbe voglia di tirare in ballo Sciascia, la moglie di Sciascia e
addirittura un capo dello Stato, O. L. SCALFARO. Tutti e tre morti per cui de
mortuis nihil nisi bonum.
Comprendo
che si riesumava una delle tre disavventure del nostro Leonardo che timido
nello scrivere era furente nel rifiuto di ogni forma di autorità statale. Non
disse né con lo Stato né contro lo Stato, ma arzigogolò sul dovere di avere
coraggio. Diciamo che all’epoca era né con le brigate rosse ma neppure contro
la tipografia del Testaccio a Roma. Aggiungiamo evangelicamente che si lascino
i morti seppellire i morti. Altra faccenda fu quella dei professionisti dell’antimafia
ed altra storia quella con Della Chiesa jr. Al Fungo, noto ristorante romano su
un cocuzzoletto dell’EUR ebbi a parlarne con un foresto racalmutese che sta
avendo successo a Milano come editore e addirittura come editore di Nando della
Chiesa. In quella nota rissa vi fu un po’ coinvolto: parlo del nipote del
nostro avvocato Garlisi. Ebbi a dirgli che
quella rissa nasce da una infelice sortita del tanto compianto Falcone.
La contiguità di Sciascia con la mafia o con Cosa nostra di Sindona è calunnia.
Ebbe il Nostro a ricevere un dossier, via il pingue Joe, ma tutto lì. Bene
sarebbe stato che i nipoti di tanto zio aavessero dato alla Fondazione quel
dossier, non foss’altro per andare finalmente a leggere quello che di male disse
di me il banchiere di Patti, onorandomi.
Lascio
le faccende mie da parte e mi piacerebbe sapere invece cosa ne pensano i
sopravvissuti a quel che qui sotto si riporta.
"Corriere della Sera" LA POLEMICA E UN'
INTERVISTA DELLO SCRITTORE ALL' ESPRESSO NEL 1979: La moglie di Sciascia: il
Capo dello Stato non ricorda bene LA POLEMICA E UN' INTERVISTA DELLO SCRITTORE
ALL' ESPRESSO NEL 1979 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - DAL NOSTRO INVIATO PALERMO . "Tanti parlano senza sapere,
senza ricordare, o ricordando male. Com' e' capitato perfino al Capo dello
Stato, Oscar Luigi Scalfaro. E, allora, a noi resta il compito di lavorare con
la memoria, di ritrovare pezzi di memoria... Ho cercato, e la verita' , che
doveva essere gia' chiara a tutti, l' ho riletta in un libro edito dal Partito
radi cale nel dicembre dell' 82, una raccolta di interventi, saggi, interviste,
sotto il titolo "La Palma va a Nord". Eccolo. Sta in questo scaffale.
Veda a pagina 154...". Quando Maria Sciascia ha sentito che Scalfaro da
Praga attaccava gli intellettuali "vigliacchi" e se la prendeva con
suo marito, pur senza citarlo, ma affibbiandogli la frase "ne' con lo
Stato, ne' con le Br", questa signora da sempre silenziosa ha cercato e
trovato il documento in grado di troncare ogni polemica. Appunto, pagina 154:
"Io non ho mai formulato questo slogan...", disse Leonardo Sciascia
criticando la "deformazione" del suo pensiero, proprio come accade
ancora, a cinque anni dalla sua morte, richiamando la querelle sulle Brigate
rosse e sullo Stato che, poi, non volle trattare la liberta' di Aldo Mo ro. Schiva, ritirata, riflessiva e
timorosa di una certa informazione approssimativa, Maria Sciascia non ha mai
replicato agli insulti spesso rovesciati senza imbarazzo sullo scrittore
siciliano. Stavolta si consente un solo sfogo: "Sa, bisogna vedere da dove
vengono gli insulti. Quando vedo per esempio certi attacchi di Sebastiano
Vassalli, penso alla rabbia di mio marito davanti ad una edizione scolastica de
Il giorno della civetta censurata a sua insaputa proprio da Vassalli. Leonardo
protesto' e in casa editrice gli chiesero scusa...". Risentito il commento
del vice presidente della Fondazione Sciascia che muove i primi passi nella sede
di Racalmuto, Aldo Scime' : "A Scalfaro mandero' i tre volumi dell' opera
omnia di Sciascia. Spero che abbia il tempo di leggerli e che si convinca della
superficialita' con cui si e' riferito al nostro Leonardo...". Per Scime'
non e' il caso di replicare alle polemiche alimentate da qualche scrittore o da
qualche sociologo: "Sono attacchi gratuiti che tirano in ballo una persona
il cui pensiero e' chiarissimo, affidato anche ai libri da qualcuno
ostinatamente ignorati e non letti". Irritato dalle approssimazioni anche
il direttore scientifico della Fondazione, Antonio Di Grado, che parlando di
quella frase attribuita da "un giornalismo gia' allora banalizzante e
rissoso", sottolinea come Sciascia alla "divinita' " dello Stato
ne preferisse "sempre un' altra, che, devotamente e impopolarmente, servi'
: la Giustizia". E questo perche' "nelle istituzioni di allora e
negli uomini che le rappresentavano, in parte in attesa di venire associati
alle patrie galere, egli vedeva non l' alternativa al terrorismo, ma gli impliciti
presupposti di quella cieca violenza, alimentata dalla violenza e dalla
ingiustizia del Potere". Scime' condivide e pensa "all' estrema
superficialita' cui si conduce un dibattito che spesso raggiunge punte di
asprezza partendo da presupposti sbagliati: un vizio che contagia tutti, anche
il supremo magistrato d' Italia. Il difetto di chi ha responsabilita' oggi e'
questo: o di non avere il tempo di riflettere, o di non sapere piu'
riflettere". -------------------------
PUBBLICATO ------------------------------
TITOLO: Leonardo: mai detto ne' Stato ne' Br - - - - - - - - - - - - - - - - -
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Ecco cosa dichiaro' Leonardo Sciascia in un' intervista rilasciata a Mario Scialoia pubblicata su L' Espresso del 4.2.1979. Si sarebbe comportato come Guido Rossa, e pensa, anche dopo il delitto di Genova, che sia giusto, utile, necessario denunciare i terroristi e testimoniare contro di loro? C' e' una chiara analogia con il sistema mafioso: i brigatisti rossi trovano il modo di creare intorno a loro una fascia di omerta' e di paura. Il delitto Rossa e' stato solo un avvertimento di carattere mafioso. Immagino che procederanno cosi' finche' ci saranno dei casi isolati di denuncia; quando non ci saranno piu' casi, ma l' atteggiamento della denuncia sara' generale, allora vorra' dire che avranno perso. Per questo l' atteggiamento di Rossa dovrebbe essere comune a tutti i cittadini e verso ogni atto delinquenziale. Se questo atteggiamento ci fosse stato in Sicilia, oggi non ci sarebbe piu' mafia.
Perche' denunciare? Perche' si deve convivere nella maggiore tranquillita' possibile, perche' e' necessario il rispetto di tutto cio' che la Carta costituzionale impone. Io non ho nessuna affezione per questo Stato cosi' com' e' , ma ne ho molta per la Costituzione. La denuncia quindi e' un dovere che ha la faccia del diritto e viceversa. Lei mi chiede, ma proprio io che avrei lanciato la teoria "ne' con lo Stato, ne' con le Br". Io non ho mai formulato questo slogan. Pago le tasse allo Stato italiano, non le pago ne' le voglio pagare alle Br. Questo slogan e' nato dalla deformazione della mia valutazione negativa della classe politica italiana, valutazione che continua a essere tale. Ma cio' significa volere che questa classe dirigente cambi. Ma non che si avveri il sogno delle Br. Naturalmente io mi sarei comportato come Rossa, pur tenendo presente che bisogna sempre fare i conti con il se stesso sconosciuto.
Dico di piu' : dico che denuncerei qualsiasi tipo di reato contemplato dalle leggi. Ho dei doveri verso me stesso e verso gli altri lasciando anche perdere lo Stato. Chi non ragiona cosi' e' in un' orbita diversa, l' orbita della disperazione, di chi non crede piu' in nulla. Posso tentare di capirli, ma non di giustificarli.
Ecco cosa dichiaro' Leonardo Sciascia in un' intervista rilasciata a Mario Scialoia pubblicata su L' Espresso del 4.2.1979. Si sarebbe comportato come Guido Rossa, e pensa, anche dopo il delitto di Genova, che sia giusto, utile, necessario denunciare i terroristi e testimoniare contro di loro? C' e' una chiara analogia con il sistema mafioso: i brigatisti rossi trovano il modo di creare intorno a loro una fascia di omerta' e di paura. Il delitto Rossa e' stato solo un avvertimento di carattere mafioso. Immagino che procederanno cosi' finche' ci saranno dei casi isolati di denuncia; quando non ci saranno piu' casi, ma l' atteggiamento della denuncia sara' generale, allora vorra' dire che avranno perso. Per questo l' atteggiamento di Rossa dovrebbe essere comune a tutti i cittadini e verso ogni atto delinquenziale. Se questo atteggiamento ci fosse stato in Sicilia, oggi non ci sarebbe piu' mafia.
Perche' denunciare? Perche' si deve convivere nella maggiore tranquillita' possibile, perche' e' necessario il rispetto di tutto cio' che la Carta costituzionale impone. Io non ho nessuna affezione per questo Stato cosi' com' e' , ma ne ho molta per la Costituzione. La denuncia quindi e' un dovere che ha la faccia del diritto e viceversa. Lei mi chiede, ma proprio io che avrei lanciato la teoria "ne' con lo Stato, ne' con le Br". Io non ho mai formulato questo slogan. Pago le tasse allo Stato italiano, non le pago ne' le voglio pagare alle Br. Questo slogan e' nato dalla deformazione della mia valutazione negativa della classe politica italiana, valutazione che continua a essere tale. Ma cio' significa volere che questa classe dirigente cambi. Ma non che si avveri il sogno delle Br. Naturalmente io mi sarei comportato come Rossa, pur tenendo presente che bisogna sempre fare i conti con il se stesso sconosciuto.
Dico di piu' : dico che denuncerei qualsiasi tipo di reato contemplato dalle leggi. Ho dei doveri verso me stesso e verso gli altri lasciando anche perdere lo Stato. Chi non ragiona cosi' e' in un' orbita diversa, l' orbita della disperazione, di chi non crede piu' in nulla. Posso tentare di capirli, ma non di giustificarli.
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