Il mio grande
amico, diligentissimo talora sino alla pedanteria ma sempre di acutissimo
intelletto, LILLO MENDOLA da Regalpetra (nato a Racalmuto e residente a Bari,
cognominato in più come PIGNATEDDU non pi ‘ngiuria ma per capirci date le
tantissime omonimie) mi rimette questa scottantissima decisione del CONSIGLIO
DI STATO, non dell’altro millennio ma dell’altro giorno insomma, forse in tempo
per far passare un’altra notte insonne alla nostra eccellente minista in
gonnella e spingerla a far dichiarare che Lei a Racalmuto il 24 gennaio non
mette piede. Forse così mi spinge a vantarmi che il mio secondo invito a non
mettere piede nel Circolo che si onora di onorarla dichiarandola socia onorario
è andato a buon fine. E qui devo stare attento perché certi suoi MISSI ROMANI
sono di pelle diafana e pronti ad avvalersi dei loro avvocati di fiducia ( ma
pagati dal Comune?) per fare scattare non so se denunce o querele anche se in
fondo tu li elogi come credo di aver fatto io nella mia veste di dichiarato e
confermato blogger di questo blog. Anche se ti spertichi in elogi, magari per
captatio benevolentiae? Anche! Non parlare al Conducente stava scritto una
volta negli scassatissimi autobus di Ruguardu Savatteri che mi portavano
in Seminario a Giurgenti (e mi facevano
venire anche il mal d’auto per quei mefitici effluvi da pessima nafta). Ma in
fin dei conti avrò scritto sei o sette postulazioni denunciando usi ed abusi
degli uffici a loro sottoposti. Apprendo naturalmente dal loro giornaletto di
fiducia MALGRADOTUTTO che, insomma, si sono incazzati e chiederanno giustizia
con i loro ”legali di fiducia”. Spero in Dio. Ho fatto l’esame di coscienza
come quando impubere me lo facevano fare in seminario, e forse un peccatuccio
di lesa maestà l’ho commesso. Confiteor.
Quanti pater ave e gloria devo recitare? Ma in fin dei conti quale il mio
peccato? Ho ammonito i miei tre amministratori di nomina romana da lontano
perché in Comune ci stanno sì e no una volta la settimana, perché invitati da
Sergio Scimè in un importante ed affollatissimo comizio cittadino, il povero Scimé
se l’è vista brutta per assenza del reclamato interlocutore e manco il massimo
nostro tassaiolo comunale si è visto (ha preferito la comoda poltrona di Sergio
Rizzo). E li ho ammoniti che se ritengono il loro alto mandato come semplice
attività tecnico-amministrativo, quando qualcuno firma 1600 ingiunzioni (salvo
errori al ribasso) in LIMINE (27 dicembre se non erro) non sai se per presa
visione del COMUNE dei commissari, per avallo o per rinvio ricettizio o per
supplenza o per reiterazione di incomprensibili AUTORIZZAZIONI i MISSI ROMANI
non possono lavarsi le mani: mi dovrebbero ringraziare, no? E in certo qual
senso l’hanno fatto convocando in fretta e furia non so chi? A me non mi hanno
invitato, altri blogger petulanti non li ho visti in una foto di famiglia in
cui come in un quadro di un certo Leonardo da Vinci ho visto il solito
emergente giornalista di paese con la faccia ossequiente rivolta a lor signori.
Mi sono detto: meglio di niente.
Vien fuori
ora questa decisione del Consiglio di Stato. Mi vien fatto di domandare quale è
il quadro NON INDIZIARIO ma di elementi “concreti, univoci e rilevanti”? Le
ciarlate di “GIOCHI DI POTERE”? I poveri magistrati giudicanti non riescono
ancora a trarre un ragno dal buco e rinviano, secondo me sine die! Le grandi
manovre mafiose di due bravissimi RACALMUTESI che i giudici non amministrativi
hanno detto: ma costoro che cosa c’entrano? Condanniamo il MINISTERO DELL’INTERNO
alle spese! Le quisquilie o parvae materiae di qualche incarico di qualche
centinaia di euro al marito di una certa signora o altre sciocchezzuole? Quando
leggo le sapide difese (attacchi) del ex sindaco Totò Petrotto, io mi convinco;
gli do ragione anche dall’alto della mia semisecolare attività ispettiva
pubblica d’alto bordo. E’ peccato fidanzarsi (e purtroppo lasciarsi) con una
splendida fanciulla di una famiglia chiacchierata? E’ crimine essere figlia di
un mio affine di ampia ossatura che dicono che fu quello che fu, ma nessuno l’ha
mai provato? E’ infiltrazione mafiosa essere incappati nei rigori della
giustizia per qualche sigaretta fumata o passata all’amico appena nominati assessori
ma subito rinunciando quasi una diecina di anni fa? A mio avviso invece finire
sotto inchiesta e magari prosciolti PENALMENTE
e senza indagini amministrative tornare come nulla fosse stato
addirittura ad un doppio incarico pubblico
forse la dice lunga.
Tutto ciò
detto, la pubblica amministrazione, il signor ministro debitamente ragguagliato
dai suoi MISSI e chi di dovere (come si dice) dovrebbero fare atto di
RESIPISCENZA e procedere ad atto (stavolta, sì) di AUTOTUTELA ed annullare il
proprio atto di scioglimento degli organi elettivi del Comune. Manca il famoso “quadro
di elementi, certi, univoci e rilevanti”. Bordello amministrativo? Quanto se ne
vuole, omesse iscrizioni in bilancio di entrate tributarie accertate, anche;
svista del fatto che se si dichiara CERTO un onore tributario di pertinenza
esiste il dovere dell’immediata iscrizione in bilancio comunale e basterebbero
tutte le pretese che io ho scandagliato in lunghi files dell ALBO PRETORIO racalmutese
in quel di maggio luglio perché il patto di stabilità o altre f… si ribaltasse e non fosse più ammessa l’adozione
di aliquote massime nell’applicare l’IMU.
Comincio a temere che vi sia una flessione nell’obbligo di vigilanza. Così
detto che faccio diffamazione a mezzo stampa (informatica)? Certo non sono tipo
né flesso, né rispettoso, né sussiegoso! A ottant’anni mica debbo far carriera
come giornalista o magari come romanziere di fatti storici inesistenti!
Amministrativo
o 2013, 00:03
Scioglimento
Comune per infiltrazione mafiosa: no indizi, ma elementi concreti ed univoci
Per il Consiglio di Stato, non basta
un semplice quadro indiziario ma per superare la volontà elettorale e procedere
allo scioglimento dell’ente, ma servono elementi concreti,univoci e rilevanti
Il Consiglio di Stato (sezione terza) con la
sentenza n.00126/2013 ha deciso
che il consiglio comunale di Bordighera non andava sciolto per infiltrazioni
mafiose; i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso,
presentato dall’ ex Sindaco Giovanni Bosio e dalla sua ex maggioranza
consiliare, contro la sentenza di primo grado del Tar Lazio
che aveva confermato i rilievi del Ministero dell’Interno circa la
sussistenza dei presupposti per procedere allo scioglimento delle ente
locale ex art. 143 d.lgs. 267/2000.
Il supremo organo della giustizia amministrativa ha
esaminato le doglianze dei ricorrenti circa la “la violazione dell’art.
143 del d.lgs. n. 267 del 2000, come sostituito dall’ art. 2 comma 30,
della legge n. 94 del 2009, nonché per eccesso di potere nei profili della
contraddittorietà e del difetto di motivazione della relazione ministeriale”,
osservando al riguardo che l’art.143 nel testo originario, elevava a
presupposto dello scioglimento del consiglio il riscontro di “elementi”
che siano espressione di “collegamenti diretti o indiretti degli
amministratori con la criminalità organizzata”, ovvero di “forme di
condizionamento degli amministratori stessi”, tali da alterare la
libertà di determinazione degli organi elettivi ed amministrativi e da
compromettere il buon andamento o l’imparzialità dell’ Amministrazione comunale
“nonché il regolare funzionamento dei servizi” ovvero ”che risultino
tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza
pubblica”.
Il testo novellato(nel 2009) ha previsto che detti
elementi devono qualificarsi come “concreti, univoci e rilevanti”, in
contrario all’ ordine argomentativo del T.A.R., non è quindi sufficiente un
mero quadro indiziario fondato su “semplici elementi”, in base ai
quali sia solo plausibile il potenziale collegamento o l’influenza dei sodalizi
criminali verso gli amministratori comunali, con condizionamento delle loro
scelte e ricaduta sul buon andamento ed imparzialità dell’azione
amministrativa, sul regolare funzionamento dei servizi e sulle stesse
condizioni di sicurezza pubblica, dovendo detti elementi caratterizzarsi per concretezza,
essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro
realtà storica; univocità, che sta a significare la loro direzione agli
scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; rilevanza, che si
caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento
delle funzioni dell’ente locale.
Secondo il Consiglio di Stato, il Prefetto di
Imperia si era mosso con coerenza rispetto al dato normativo e alla
circolare del Ministero dell’interno per l’attuazione della norma(ex art.143
d.lgs. 267/2000), rilevando l’insussistenza dei presupposti per lo
scioglimento del comune di Bordighera; di avviso contrario invece l’allora
ministro Maroni che propose la misura amministrativa al Presidente della
Repubblica, ma per i giudici: “si rende tuttavia necessario che il contrario
avviso sia sostenuto da uno congruo corredo motivazionale che dia puntualmente
atto, anche a mezzo di un supplemento di istruttoria, delle ragioni che rendono
prevalente lo scioglimento del consiglio comunale con incidenza sul consenso a
suo tempo espresso dall’elettorato e i ricorrenti correttamente deducono che la
proposta ministeriale non aggiunge ulteriori elementi motivazionali idonei a
consentire il superamento delle risultanze istruttorie che, sul piano fattuale,
avevano escluso l’esistenza dei presupposti per pervenire alla misura
dissolutoria.”
Questa vicenda mette in luce ancora una volta la
questione circa i presupposti che devono stare alla base di un provvedimento
cosi duro come il decreto di scioglimento di un ente locale per infiltrazioni
mafiose. Al riguardo, rappresentava un orientamento consolidato della
giurisprudenza: “che l’uso, da parte della legge, di una terminologia ampia
e indeterminata nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura
straordinaria è indicativo della volontà del legislatore di consentire
un’indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli
amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che
presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore
rispetto a quelle che legittimano l’azione penale o l’adozione di misure di
sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo
mafioso o analoghe ( C. Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2615)”.
Ma le modifiche apportate nel 2009, con il famoso
pacchetto sicurezza del governo Berlusconi, incidono sulla disciplina dei
presupposti e per alcuni rendono più difficoltosa l’interpretazione e
l’applicazione della legge (come dimostra il caso in oggetto) tanto che un
autorevole magistrato di Cassazione il Dott. Raffaele Cantone ha osservato:
“la riforma del 2009, che ha modificato lo scioglimento degli enti per
infiltrazioni mafiose ha indebolito moltissimo, l’Istituto; i comuni che
vengono sciolti sono molto meno e in gran parte di quei casi, il Tar sta
annullando tutti gli scioglimenti”; secondo altri invece l’intervento del
legislatore, al fine di rendere più rigoroso l’onere probatorio alla base del
provvedimento di scioglimento, è stato utile per evitare la troppa discrezionalità,
nell’utilizzo dello strumento normativo, presente prima della riforma. Una
situazione quindi che potrebbe aprire nuovi scenari circa l’orientamento
dell’attività d’indagine dell’autorità amministrativa ma anche nell’ambito del
controllo giurisdizionale dei giudici amministrativi, con una nota non di poco
conto l’inquinamento della Pubblica Amministrazione ad opera della criminalità
organizzata cesserà o si ridurrà notevolmente solo se i partiti politici,la
società civile e il mondo della burocrazia rifiuteranno in maniera decisa ogni
tipologia di malaffare.
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