domenica 20 gennaio 2013

STORIE DI FAMIGLIE RACALMUTESI: FAMIGLIA NICOLO' LA ROCCA


La famiglia LA ROCCA si è ramificata in Racalmuto con punte di buona espansione ma anche con rimarchevoli flessioni. Situatasi in una dimensione sociale che ora diremmo di piccola-borghesia, oggi nel suo ramo maschile appare estinta. Non così tra i discendenti delle tante La Rocca: mia nonna ad esempio lo ra. Nipoti di Luigi La Rocca, l’unico erede maschio di colui che portò all’apice del benessere a Racalmuto questa famiglia, l’intelligente ed abile castaldo dei Nalbone, Nicolò La Rocca, sono i due fratelli Gigi e Gaetano Restivo Pantalone. In paese naturalmente svetta Gigi, già sindaco, avvocato, affabulatore affascinante, fine dicitore dalla voce calda, televisamente avvincente. Ho scritto di lui:

 

giovedì 5 aprile 2012


 

Ho letto con acutissimo interesse la signorile lettera che hai inviato a R.L.: unico difetto, lo scrivere in modo troppo signorile. Salvo qualche sprazzo come quello di far ricorso ad immagini erotiche e maschiliste come l’accenno ad orgiastici incautamente violatori di intatte imeni.

Certo che svetti, caro Gigi e questo è il tuo difetto e questa è la colpa che non ti si perdona, e questo fa strappare le vesti ai dispregiatori degli albatri di Baudelaire dopo infanzie letterarie sprecate con insulse ed improprie citazioni. Certo, anch’io sparai una volta nel gruppo con l’aforisma “tra un fascista di sinistra ed un socialista di destra, turiamoci il naso e votiamo il socialista”. Fui sbaragliato sonoramente con manco sette voti e tu vincesti alla grande. Parce sepulto, dunque a mia discolpa.

Il padre di tuo nonno materno era fratello di mia nonna. Saggio, sagace, illuminante, “dirigibile” di famiglia lo dicevano, seppe coglionare certi galantuomini dal pretenzioso baciamano e celiare con qualche virgulto schifiltoso per le ferite dei bimbi contadini. Pensa come ora mi senta legato a questo tuo antenato.

Se vado in paese, mi si vuol far credere che qualche pecca ce l’avresti con il diniego del Centro Commerciale a Racalmuto: non conosco la vicenda, ma ho voglia di credere che questo sia un tuo merito, un vade retro alla mafia aliena; tutto il contrario di quello che vuol far credere la Triade di Diomede.

Sindaco baby ti dicevano; dopo anche i tuoi sodali di estrema sinistra ti avevano in gran dispitto, e ti tacciavano di essere un borgomastro. In fin dei conti ti sabotavano, anche perché presi dalle panie di una vicenda che contro ogni logica giuridica chiamavano “espropriazione consensuale”. Il consenso certo si ebbe, ma voglio ancora sapere quanto davvero valevano, oltre a quanto davvero erano estese, le superfetazioni chiaramontane.

Pare che ora verrà una prefetta, un vero sergente di ferro, e, se non giustizia, farà chiarezza. La triade di Diomede se n’è accorta? Di contro beni culturali et similia cosa ci sono stati a fare? Cosa hanno controllato? Perché da tempo si ostinano a far distruggere una parte della facciata trecentesca di Lu Cannuni, a non voler dar peso a chi scrive che sarcofago di Proserpina , reperti ceramici, contiguità con le tabulae sulfuris e antefisse poppute di Santa Maria impongono scavi stratigrafici o, per lo meno, salvaguardie archeologiche?

Tutti dicono che il venturo sergente di ferro in gonnella saprà fare chiarezza? E qui davvero spero che sia vero.

Tu sei un grande avvocato, l’ho sperimentato in vicende di famiglia. Escludendo quell’antenato di Sciascia (che giammai mi ha convinto), sei l’ultimo esemplare di quella schiatta togata che partendo dal Picone prestato a Girgenti, passa per Giancani, Cavallaro, Marchese e, non neghiamolo, anche per Lillo Mattina.

Come mai tanta genialità giuridica consente a ministri e assessori in gonnella di fare scempio del nostro sacrosanto diritto al voto, delle nostre dignità costituzionali? Paura? Ritegno? Livori? Io credo anche Petrotto mente eccelsa così come ritengo che Petrotto prima, tu dopo, e Petrotto dopo ancora avete trasformato la meschinella Racalmuto consegnataci della prima Repubblica in una cittadina, pulita, ridente, tutto sommato prospera, sagacemente amministrata, non del tutto coinvolta nella crisi dell’economia globale del momento, con meritevoli dilatazioni delle occasioni impiegatizie giovanili, con il fervore di iniziative culturali, di musei magari un troppo frosci, di associazionismi meritevoli, di accoglienze coraggiose, di un perbenismo diffuso, di limitazione delle escrescenze delinquenziali paramafiose, di sterilizzazione delle ineludibili infiltrazioni delinquenziali e voglio qui chiudere queste poste gloriose del rosario; dovrei diversamente occuparmi delle poste gaudiose e soprattutto di quelle dolorose che non mancano.

Ma cosa sapranno fare di meglio questi sergenti di ferro in gonnella? Mah!

Auguri, comunque, Gigi. Di vero cuore

Calogero Taverna

Ma per il momento lasciamo l’attualità, immergiamoci nel trapassato prossimo. Alla fine del ‘500 la famiglia La Rocca era già cospicua a Racalmuto.

In quegli strani censimenti fatti da preti per preti che si denominavano “numerazione delle anime”, ecco una sorprendente testimonianza:

 

Al numero 236 di pag.  42 ecco un capostipite della Famiglia La Rocca; si chiama FRANCESCO ha 30 anni, è sposato con PALMA ed ha un figlio, ANTONINO,  di 2 anni. Può notarsi che è coetaneo di Marco Antonio Alaimo, sì proprio il futuro celeberrimo medico mancato protomedico a Napoli come accredita anche la TRECCANI. Marco Antonio Alaimo nacque nel 1590, la “numerazione “ quindi data 1592. Fascicolo molto diligente questo che si conserva in Matrice (fino a quando?). Mi si chiede di non fare troppa polemica in questo lavoro. Obbedisco.

La famiglia La Rocca abita dunque vicino gli ALAYMO, il capostipite PIETRO è già medico. Lu magnificu PETRO capo di casa di anni 44, annota il prete amanuense.  Abbiamo qui gli abitanti di una importante via, l’attuale via Marco Antonio Alamo. Chi chiamò così questa strada che porta alla Barona ci azzeccò. Nostre ricerche  confermano il dato. All’imbocco dall’attuale corso Garibaldi vi era il palazzo dei Catalano, cospicui signori dell’epoca.

Scendendo, delimitava a sinistra il quartiere della Fontana (FONTIS), a destra quello di San Giuliano. Scorrendo i nomi abitanti nella prestigiosa arteria abbiamo Giuseppe di Mastrosimone, Paolo Varello, mastro Francesco Cacciatore;  mastro Paolo Cacciatore, la vedova Giovannella Cacciatore, mastro Carlo Alligrizza, quindi l’abitazione di spicco quella del medico Pietro Alaymo, Francesco Fanara, Pietro Vaccaro, Nicolò La Motta, ed a questo punto troviamo casa LA ROCCA. Chi vi sta vicino? BLASI TAVERNA: ecco un antico primo contatto tra la mia famiglia e quella di Gigi. Ve ne sarà poi un altro di contatto, ma questo sarà di stretta parentela. Accanto abita Bastiano Macaluso, maggiorente del paese e nei pressi sorge la gloriosa chiesa di Santa Rosalia. Ma epicentro è il palazzo di un’alta autorità municipale il magnifico Francesco CATALANO e con lui coabitano il cinquantenne scapolo Michele con la madre e il diciannovenne Battista.

Può dirsi che la crestomazia racalmutese di fine XVI secolo sta concentrata lì, attorno alla chiesa di Santa Rosalia, nel discrimine tra i cennati due quartieri della Fontana e di San Giuliano, ma la zona è tanto importante da prendere nome a sé, quello appunto di Santa Rosalia, una chiesa che ospita la santa patrona e che il canonico Mantione dopo non mancherà di cederla come stalla ad un barone prete, il Grillo.

[continua]

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