La famiglia LA ROCCA si è ramificata in Racalmuto con punte
di buona espansione ma anche con rimarchevoli flessioni. Situatasi in una dimensione
sociale che ora diremmo di piccola-borghesia, oggi nel suo ramo maschile appare
estinta. Non così tra i discendenti delle tante La Rocca: mia nonna ad esempio
lo ra. Nipoti di Luigi La Rocca, l’unico erede maschio di colui che portò all’apice
del benessere a Racalmuto questa famiglia, l’intelligente ed abile castaldo dei
Nalbone, Nicolò La Rocca, sono i due fratelli Gigi e Gaetano Restivo Pantalone.
In paese naturalmente svetta Gigi, già sindaco, avvocato, affabulatore
affascinante, fine dicitore dalla voce calda, televisamente avvincente. Ho
scritto di lui:
giovedì 5 aprile 2012
Ho letto con
acutissimo interesse la signorile lettera che hai inviato a R.L.: unico
difetto, lo scrivere in modo troppo signorile. Salvo qualche sprazzo come
quello di far ricorso ad immagini erotiche e maschiliste come l’accenno ad
orgiastici incautamente violatori di intatte imeni.
Certo che
svetti, caro Gigi e questo è il tuo difetto e questa è la colpa che non ti si
perdona, e questo fa strappare le vesti ai dispregiatori degli albatri di
Baudelaire dopo infanzie letterarie sprecate con insulse ed improprie
citazioni. Certo, anch’io sparai una volta nel gruppo con l’aforisma “tra un
fascista di sinistra ed un socialista di destra, turiamoci il naso e votiamo il
socialista”. Fui sbaragliato sonoramente con manco sette voti e tu vincesti
alla grande. Parce sepulto, dunque a mia discolpa.
Il padre di tuo
nonno materno era fratello di mia nonna. Saggio, sagace, illuminante,
“dirigibile” di famiglia lo dicevano, seppe coglionare certi galantuomini dal
pretenzioso baciamano e celiare con qualche virgulto schifiltoso per le ferite
dei bimbi contadini. Pensa come ora mi senta legato a questo tuo antenato.
Se vado in
paese, mi si vuol far credere che qualche pecca ce l’avresti con il diniego del
Centro Commerciale a Racalmuto: non conosco la vicenda, ma ho voglia di credere
che questo sia un tuo merito, un vade retro alla mafia aliena; tutto il
contrario di quello che vuol far credere la Triade di Diomede.
Sindaco baby ti
dicevano; dopo anche i tuoi sodali di estrema sinistra ti avevano in gran
dispitto, e ti tacciavano di essere un borgomastro. In fin dei conti ti
sabotavano, anche perché presi dalle panie di una vicenda che contro ogni
logica giuridica chiamavano “espropriazione consensuale”. Il consenso certo si
ebbe, ma voglio ancora sapere quanto davvero valevano, oltre a quanto davvero
erano estese, le superfetazioni chiaramontane.
Pare che ora
verrà una prefetta, un vero sergente di ferro, e, se non giustizia, farà
chiarezza. La triade di Diomede se n’è accorta? Di contro beni culturali et similia
cosa ci sono stati a fare? Cosa hanno controllato? Perché da tempo si ostinano
a far distruggere una parte della facciata trecentesca di Lu Cannuni, a
non voler dar peso a chi scrive che sarcofago di Proserpina , reperti ceramici,
contiguità con le tabulae sulfuris e antefisse poppute di Santa Maria
impongono scavi stratigrafici o, per lo meno, salvaguardie archeologiche?
Tutti dicono
che il venturo sergente di ferro in gonnella saprà fare chiarezza? E qui
davvero spero che sia vero.
Tu sei un
grande avvocato, l’ho sperimentato in vicende di famiglia. Escludendo
quell’antenato di Sciascia (che giammai mi ha convinto), sei l’ultimo esemplare
di quella schiatta togata che partendo dal Picone prestato a Girgenti, passa
per Giancani, Cavallaro, Marchese e, non neghiamolo, anche per Lillo Mattina.
Come mai tanta
genialità giuridica consente a ministri e assessori in gonnella di fare scempio
del nostro sacrosanto diritto al voto, delle nostre dignità costituzionali?
Paura? Ritegno? Livori? Io credo anche Petrotto mente eccelsa così come ritengo
che Petrotto prima, tu dopo, e Petrotto dopo ancora avete trasformato la
meschinella Racalmuto consegnataci della prima Repubblica in una cittadina,
pulita, ridente, tutto sommato prospera, sagacemente amministrata, non del
tutto coinvolta nella crisi dell’economia globale del momento, con meritevoli
dilatazioni delle occasioni impiegatizie giovanili, con il fervore di
iniziative culturali, di musei magari un troppo frosci, di associazionismi
meritevoli, di accoglienze coraggiose, di un perbenismo diffuso, di limitazione
delle escrescenze delinquenziali paramafiose, di sterilizzazione delle
ineludibili infiltrazioni delinquenziali e voglio qui chiudere queste poste
gloriose del rosario; dovrei diversamente occuparmi delle poste gaudiose e
soprattutto di quelle dolorose che non mancano.
Ma cosa
sapranno fare di meglio questi sergenti di ferro in gonnella? Mah!
Auguri,
comunque, Gigi. Di vero cuore
Calogero
Taverna
Ma per il momento lasciamo l’attualità, immergiamoci nel
trapassato prossimo. Alla fine del ‘500 la famiglia La Rocca era già cospicua a
Racalmuto.
In quegli strani censimenti fatti da preti per preti che si
denominavano “numerazione delle anime”, ecco una sorprendente testimonianza:
Al numero 236 di pag. 42 ecco un capostipite della Famiglia La
Rocca; si chiama FRANCESCO ha 30 anni, è sposato con PALMA ed ha un figlio,
ANTONINO, di 2 anni. Può notarsi che è
coetaneo di Marco Antonio Alaimo, sì proprio il futuro celeberrimo medico
mancato protomedico a Napoli come accredita anche la TRECCANI. Marco Antonio
Alaimo nacque nel 1590, la “numerazione “ quindi data 1592. Fascicolo molto
diligente questo che si conserva in Matrice (fino a quando?). Mi si chiede di
non fare troppa polemica in questo lavoro. Obbedisco.
La famiglia La Rocca abita dunque vicino gli ALAYMO, il
capostipite PIETRO è già medico. Lu
magnificu PETRO capo di casa di anni 44, annota il prete amanuense. Abbiamo qui gli abitanti di una importante
via, l’attuale via Marco Antonio Alamo. Chi chiamò così questa strada che porta
alla Barona ci azzeccò. Nostre ricerche
confermano il dato. All’imbocco dall’attuale corso Garibaldi vi era il
palazzo dei Catalano, cospicui signori dell’epoca.
Scendendo, delimitava a sinistra il quartiere della Fontana
(FONTIS), a destra quello di San Giuliano. Scorrendo i nomi abitanti nella
prestigiosa arteria abbiamo Giuseppe di Mastrosimone, Paolo Varello, mastro
Francesco Cacciatore; mastro Paolo Cacciatore,
la vedova Giovannella Cacciatore, mastro Carlo Alligrizza, quindi l’abitazione
di spicco quella del medico Pietro Alaymo, Francesco Fanara, Pietro Vaccaro,
Nicolò La Motta, ed a questo punto troviamo casa LA ROCCA. Chi vi sta vicino?
BLASI TAVERNA: ecco un antico primo contatto tra la mia famiglia e quella di
Gigi. Ve ne sarà poi un altro di contatto, ma questo sarà di stretta parentela.
Accanto abita Bastiano Macaluso, maggiorente del paese e nei pressi sorge la gloriosa
chiesa di Santa Rosalia. Ma epicentro è il palazzo di un’alta autorità
municipale il magnifico Francesco CATALANO e con lui coabitano il cinquantenne
scapolo Michele con la madre e il diciannovenne Battista.
Può dirsi che la crestomazia racalmutese di fine XVI secolo sta
concentrata lì, attorno alla chiesa di Santa Rosalia, nel discrimine tra i
cennati due quartieri della Fontana e di San Giuliano, ma la zona è tanto importante
da prendere nome a sé, quello appunto di Santa Rosalia, una chiesa che ospita
la santa patrona e che il canonico Mantione dopo non mancherà di cederla come
stalla ad un barone prete, il Grillo.
[continua]
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