Sì, è proprio vero, non sono stato io ad andare a Palermo e far fare copia di questo e di tanti altri documenti medievali racalmutesi. Alla Gancia bastava rintracciare questo come altri processi di investitura tutti ben descritti in elenchi d’oggidì e il gioco era fatto. Già fatto? Provate a selezionare un diploma come questo da un folto fascicolo; provate ad inquadrarlo, a capirne il senso. Leggere semincioli d’archivio non è una bazzecola. Coordinare con il contesto storico comporta cultura ed intelligenza.
Ecco perché quando mi dicono che io sarei stato un modesto collaboratore di qualcun altro che si intende sublimare non foss’altro per vincoli di parentela o per sudditanze paesane, mi incazzo. Aver fatto il copista a comando non può chiamarsi collaborazione. Non dico neppure che altri mi ha collaborato. La ricerca nel bene e nel male mi appartiene tutta e tutta la rivendico. Pensate che manoscritti miei, datiostensi per cortesia, sono divenuti pregevoli appunti autografati di altri. Che paese! Una volta stavano in biblioteca, ora sono persino spariti.
Quando Sciandrelli esaltò ed esultò per il gemellaggio di Racalmuto con Finale Ligure sapeva di questo diploma? aveva intravisto che matheus del carreto era miles baro terre et castrorum Rahalmuti?
Matteo del Carretto si guardava bene a fine del ‘300 dallo squadernare ascendenze marchionali finalesi. Quando Sciandrelli ebbe finito di scrivere il suo parto microstorico (e da grande stampatore qual è molto avvenente farà il suo volumetto) incappò nella biblioteca della cittadina ligure nel mio La Signoria Racalmutese dei Del Carretto, che tutto gli sbricilolava il suo costrutto. Che bisogno aveva di sornioneggiare sul mio essere a suo avviso pedantuccio professoretto di campagna? (Invero mai sono stato dietro una cattedra). Così diffuse il malevolo giudizio a spese di questo sbarellato comune, o dell’annessa Fondazione, vacuo monumento del nulla.
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