Miei cari compaesani (ed anche voi racalmutesi che sempre più non mi siete amici) mi riferisco al nuovo piano regolatore. In ispecie alla faccenda della Madonna del Serrone. Mi ha indignato la sporca diatriba, l'indegna speculazione. Hanno dichiarato con sicumera astiosa che la chiesetta è del XVII secolo. Falso.
Voler far coincidere questa cappella pressoché privata dell'arricchita famiglia degli Sferrazza (la parte ascesa a fine ottocento fra gli ottimati di Racalmuto) con l'edicola che si individua nelle possidenze dei frati carmelitani ante XV secolo, quale ancora è reperibile negli intrighi ereditari dei Savatteri e addirittura con la cappella estraurbana che un vescovo agrigentino chiama fondatamente Cappella della Madonna di Monserrato (sic) è da folli; parlo della costruzione con tetto a cappuccina del Serrone che per mania di autoesaltazione familiare è stata retrocessa nei secoli da un radiologo oggi defunto.
La datazione maniacale NON HA RISCONTRO STORICO. Non possiamo, quindi, fare baruffe chiazzotte per un falso archeologico.
L'attuale chiesetta è stata costruita in blocchi credo arenari o simili non più tardi di una ventina di anni fa. Sono state abbattute pareti in "gesso"; insomma un "abuso edilizio" quale è il mancato rispetto della norma dello "scuci e cuci".
Nessuno ha contestato, nessuna azione giudiziaria ne è scattata. Parce sepulto. Ma il nuovo Piano Regolatore può bloccarsi perché deve rispettare un non perseguito "abuso edilizio"? Se lo fanno, di sicuro non mancherò di fare valere le vere ragioni della Racalmuto silenziosa, quella che giustamente Sciascia definiva né libera né protetta dalla giustizia e quindi inevitabilmente FOLLE.
La lapide poponesca sotto la Centrale non è elogiativa di Racalmuto. Non parliamo mai male di noi stessi, cari racalmutesi; è l'unica volta che il prossimo ci crede sulla parola. Eliminiamola quella lapide, altrimenti tutto il mondo invece di chiamarci il paese della Ragione come si inventò il nostro futuro PODESTA' per volontà di Buttafuoco o di Ivan e Antonello, nonché di recente la sgangherata camera di Commercio, finisce col venire additata come il PAESE DEI FOLLI e addio Turismo.
Atto secondo.
Le mie ricerche - che non si basano sul sentito dire di cervellotiche congetture o su scopiazzature senza tenace concetto - mi dicono che vi fu un bel feudo non comitale, burgensatico, che dalla fine del 300 usurparono i Del Carretto da un certo Matteo Chiaramonte finito in disgrazia. Nei diplomi in onciale viene denominato RUBICERETO. Il nome non mi convince, forse RUBICETO; di sicuro comunque l'attuale RUVIETTU.
Vi passava una bella VIA; non sono sicuro se ad un certo punto non sia finita tra le medievali TRAZZERE. Anche se non REGIE sempre larghe erano, forse più dei canonici sedici metri.
Da Racalmuto - che mai è Stato il NULLA come oggi qualche bischero di Palermo crede di derubricarci - passando per l'avvallamento tra i due picchi che quali denti di una sega danno il nome al Serrone, solcando appunto lu Ruvietto, quella trazzera scendeva nella più aprica valle di Racalmuto, non certo cementificata da sedicenti letterarie autostrade dei TRE (senza) e quindi ci collegava al paese delle cipolle e degli agli (altro che il NIENTE). Ripristinare quella trazzera larga per lo meno sedici metri è non solo in facoltà dei Commissari ma in dovere ineluttabile giuspubblicistico da parte di chi deve approvare il nuovo PIANO REGOLATORE. Pena: omissione di atti di ufficio, favoreggiamento ed altro ed altro ancora. Se sarò vivo mi farò bene catechizzare dal mio ex collega del SECIT di Reviglio, già Presidente del distaccamento della Consiglio di Stato a Palermo ed oggi n. 2 dello stesso Consiglio.
Atto terzo.
Certo non è senza senso quello che qualche valente tecnico racalmutese obietta: scavalcare il picco sarebbe ostico per i moderni mezzi di locomozione, che non son certo le bighe dei del Carretto. Bene! E che problema c'è? Si pratichi un traforo come quelli che si internano a Roma per superare i sette fatidici colli.
Già, e la tecnica? Ma se per fare la strada dei TRE (senza) c'è una mostruosa talpa, la si usi anche per questa bisogna a salvaguardia della falsa chiesetta seicentesca degli Sferrazza (quelli arricchiti).
E i soldi?
Minchiate! Sia che mi fate sindaco (mi raccomando: no! diversamente a mia moglie viene l'infarto) sia che fate sindaco un qualcuno (meglio qualcuna) che non disdegni di colloquiare con me, sia con le banche estere (ed io so come approcciarle; è stato un mio mestiere ventennale) sia con la "finanza creativa" inventata da Tremonti per i comuni della Lega e vincere le elezioni (con annessi derivati), i soldi ve li reperisco tutti (e molti di più), io. Se pensate a Racalmuto FUTURA e lasciate perdere la Racalmuto LIBERA (ma per niente dice Sciascia) e la smettete di assecondare quel centinaio di bloggofoni alle prese con le loro vindici risse. Naturalmente: lavoro solo per i residenti di antica data.
POSTFAZIONE
Non mi credete? Pensate che quello che ho scritto sono fanfaluche? Bene: organizzate tutte le adunate pubbliche che volete, invitatemi a difendermi dai sapienti del luogo. Da quelli che senza nulla sapere scrivono libri e giornali su questa nostra Racalmuto, che un difetto ce l'ha: l'eccesso di intelligenza. Ma un pizzico di saggezza in più non sarebbe male.
Solo una cortesia: dite al primiero Racalmutese fiero che non fa nulla se mi dà del desueto, ma non mi imponga un indisponente "basta", e soprattutto dite all'infermiere della mia amicissima famiglia Romano che non si permetta di seguire le orme di Racalmutese fiero. Quanto ai due o tre anonimi che credono di potermi calunniare, non c'è pericolo: dovrebbero farlo alla luce del sole. Sono troppo vili per cimentarcisi. E poi io ho la carta bollata facile.
Voler far coincidere questa cappella pressoché privata dell'arricchita famiglia degli Sferrazza (la parte ascesa a fine ottocento fra gli ottimati di Racalmuto) con l'edicola che si individua nelle possidenze dei frati carmelitani ante XV secolo, quale ancora è reperibile negli intrighi ereditari dei Savatteri e addirittura con la cappella estraurbana che un vescovo agrigentino chiama fondatamente Cappella della Madonna di Monserrato (sic) è da folli; parlo della costruzione con tetto a cappuccina del Serrone che per mania di autoesaltazione familiare è stata retrocessa nei secoli da un radiologo oggi defunto.
La datazione maniacale NON HA RISCONTRO STORICO. Non possiamo, quindi, fare baruffe chiazzotte per un falso archeologico.
L'attuale chiesetta è stata costruita in blocchi credo arenari o simili non più tardi di una ventina di anni fa. Sono state abbattute pareti in "gesso"; insomma un "abuso edilizio" quale è il mancato rispetto della norma dello "scuci e cuci".
Nessuno ha contestato, nessuna azione giudiziaria ne è scattata. Parce sepulto. Ma il nuovo Piano Regolatore può bloccarsi perché deve rispettare un non perseguito "abuso edilizio"? Se lo fanno, di sicuro non mancherò di fare valere le vere ragioni della Racalmuto silenziosa, quella che giustamente Sciascia definiva né libera né protetta dalla giustizia e quindi inevitabilmente FOLLE.
La lapide poponesca sotto la Centrale non è elogiativa di Racalmuto. Non parliamo mai male di noi stessi, cari racalmutesi; è l'unica volta che il prossimo ci crede sulla parola. Eliminiamola quella lapide, altrimenti tutto il mondo invece di chiamarci il paese della Ragione come si inventò il nostro futuro PODESTA' per volontà di Buttafuoco o di Ivan e Antonello, nonché di recente la sgangherata camera di Commercio, finisce col venire additata come il PAESE DEI FOLLI e addio Turismo.
Atto secondo.
Le mie ricerche - che non si basano sul sentito dire di cervellotiche congetture o su scopiazzature senza tenace concetto - mi dicono che vi fu un bel feudo non comitale, burgensatico, che dalla fine del 300 usurparono i Del Carretto da un certo Matteo Chiaramonte finito in disgrazia. Nei diplomi in onciale viene denominato RUBICERETO. Il nome non mi convince, forse RUBICETO; di sicuro comunque l'attuale RUVIETTU.
Vi passava una bella VIA; non sono sicuro se ad un certo punto non sia finita tra le medievali TRAZZERE. Anche se non REGIE sempre larghe erano, forse più dei canonici sedici metri.
Da Racalmuto - che mai è Stato il NULLA come oggi qualche bischero di Palermo crede di derubricarci - passando per l'avvallamento tra i due picchi che quali denti di una sega danno il nome al Serrone, solcando appunto lu Ruvietto, quella trazzera scendeva nella più aprica valle di Racalmuto, non certo cementificata da sedicenti letterarie autostrade dei TRE (senza) e quindi ci collegava al paese delle cipolle e degli agli (altro che il NIENTE). Ripristinare quella trazzera larga per lo meno sedici metri è non solo in facoltà dei Commissari ma in dovere ineluttabile giuspubblicistico da parte di chi deve approvare il nuovo PIANO REGOLATORE. Pena: omissione di atti di ufficio, favoreggiamento ed altro ed altro ancora. Se sarò vivo mi farò bene catechizzare dal mio ex collega del SECIT di Reviglio, già Presidente del distaccamento della Consiglio di Stato a Palermo ed oggi n. 2 dello stesso Consiglio.
Atto terzo.
Certo non è senza senso quello che qualche valente tecnico racalmutese obietta: scavalcare il picco sarebbe ostico per i moderni mezzi di locomozione, che non son certo le bighe dei del Carretto. Bene! E che problema c'è? Si pratichi un traforo come quelli che si internano a Roma per superare i sette fatidici colli.
Già, e la tecnica? Ma se per fare la strada dei TRE (senza) c'è una mostruosa talpa, la si usi anche per questa bisogna a salvaguardia della falsa chiesetta seicentesca degli Sferrazza (quelli arricchiti).
E i soldi?
Minchiate! Sia che mi fate sindaco (mi raccomando: no! diversamente a mia moglie viene l'infarto) sia che fate sindaco un qualcuno (meglio qualcuna) che non disdegni di colloquiare con me, sia con le banche estere (ed io so come approcciarle; è stato un mio mestiere ventennale) sia con la "finanza creativa" inventata da Tremonti per i comuni della Lega e vincere le elezioni (con annessi derivati), i soldi ve li reperisco tutti (e molti di più), io. Se pensate a Racalmuto FUTURA e lasciate perdere la Racalmuto LIBERA (ma per niente dice Sciascia) e la smettete di assecondare quel centinaio di bloggofoni alle prese con le loro vindici risse. Naturalmente: lavoro solo per i residenti di antica data.
POSTFAZIONE
Non mi credete? Pensate che quello che ho scritto sono fanfaluche? Bene: organizzate tutte le adunate pubbliche che volete, invitatemi a difendermi dai sapienti del luogo. Da quelli che senza nulla sapere scrivono libri e giornali su questa nostra Racalmuto, che un difetto ce l'ha: l'eccesso di intelligenza. Ma un pizzico di saggezza in più non sarebbe male.
Solo una cortesia: dite al primiero Racalmutese fiero che non fa nulla se mi dà del desueto, ma non mi imponga un indisponente "basta", e soprattutto dite all'infermiere della mia amicissima famiglia Romano che non si permetta di seguire le orme di Racalmutese fiero. Quanto ai due o tre anonimi che credono di potermi calunniare, non c'è pericolo: dovrebbero farlo alla luce del sole. Sono troppo vili per cimentarcisi. E poi io ho la carta bollata facile.
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