DIARIO MINIMO DI .....
Che mi combini? - ossessivamente me
lo sento ripetere da una settimana. In effetti nulla agli altri,
tanto a me.
Domenica mattina, ore 9, per
accontentar mia moglie vogliosa di uno stenditoio in giardino, vedo
se due occorrenti lunghi pali dovesse averli l'orefifice del luogo
(un negozio di ferramenta sempre aperto e ben fornito ma a prezzi
iperbolici ragion per cui il nomignolo di orefice al titolare).
Scendo giù dal conventino delle
monache per la via dei locali signorotti e subito dal signor Renzo:
aperto anche nel giorno del Signore e fornito delle aste alabardate a
a me necessitanti.
Pago e prendo in mano gli assi ferrei
appoggiati al muro del portone . Pesano, son distratto, i miei occhi
strabuzzano guardando in alto, i piedi ornai stricano per terra- (Pe'
li pedi strichi, muortu sì, era salacità del vecchio Circolo Unione
di Racalmuto). Qui a Santa Luci musica diverso ma senso omologo. Non
mi accorgo del gradino in appendice del muro d'ingresso. Paffti! Vi
incoccio; saltello per due tre volte riproponendomi di non cadere.
Alla fine dall'altra parte della strada, tutto giù per terra.
Escoriazioni dappertutto, il labbro si enfia, i denti scricchiolano e
fin qui transeat. Il guaio peggiore capito al mio dito medio della
mano destra che stentava a tenere i ferri, peraltro cellofanati.
Stordito, sanguinolento, sforzi disumani per sollevarmi da terra. Non
passa anima viva. Rizzatomi cerco di sollevare i ferri. Uno sguardo
al dito ed ho i raccapricci: quei maledetti ferri avevano tranciato
la parte finale della falangetta mettendo a nudo persino la punta
dell'osso.
Vicende successive: tra prime
medicazioni di mia moglie che per poco non sviene schizzata dal tanto
mio sangue, corsa alla guardia medica, uno simulacro di assistenza
sanitaria nell'arco di una cinquina di chilometri, un riesumato dalla
tomba per medico di guardia, una corsa al pronto soccorso di
Avezzano, una cinquantina di chilometri distante. L'assegnazione di
un codice verde e dalla prima mattina un distratto medico che manco
mi guarda la ferita dà ordine ad una paciosa infermiera di portarmi
in qualche buco libero per una prima medicazione dopo una decina di
ore di attesa.
Pensiero filosofico: non riesco a
formularlo. Banale dire che puoi sentirti l'uomo più salace del
mondo, il genio più tetragono che si riesca a pensare, il satiro più
satirico dell'universo, ma basta un piccolo sguardo al cielo per
finire inerme, bacucco, basito, sballottato qui e là senza più
decoro, privo di decenza alcuna. Sufficiente ciò per spiegare
l'arcano Einsteiniano del miracolo della vita?
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