Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO
di Calogero Taverna
Il grande banchiere Geronzi (o
meglio mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per
incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività
nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di
pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per
risanare la BNA la Banca di Roma vende Interbanca "e lascia il ricavato
alla controllata", che il bischero che compra è il defunto Pontello
(quello che viene dalla Banca Privata Finanziaria) "padre-padrone -- molto
rispettato non solo nelle Tre Venezie" (chi ha da tremare, tremi). Pontello non si
ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di lire". Il banchiere
realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni”. Il
povero mortale, quello che voi dite che non riesce a sbarcare il lunario, si fa
il segno della croce (ammesso che abbia voglia di leggere queste cose di
altissima finanza: ma quel Pontello lì i soldi li stampava? Ma quel banchiere
come faceva a fare tutti quei marchingeni che manco Tanu Bamminu ci riusciva
con le carte?
La Banca di Roma chiude in utile per 909
miliardi di lire. Certo si dirà con tutto quel ben di Dio! E no! Oltre 840
miliardi di lire discendono da una provvida legge modificativa di un principio
contabile per cui le imposte di oggi si possono imputare domani. Il banchiere
si stizzisce: “non dica effetto positivo: la legge consente il differimento,
gli amministratori la devono applicare”. Non mi pare che possano chiudersi in
attivo bilanci ope legis. Il rischio
è sempre dell’imprenditore che può rinviare alle calende greche oneri abnormi
solo se il quadro generale dell’impresa lo permette. Ma bazzecole. Sì c’è Basilea,
BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che vorrebbero addirittura –
almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò si sa è come non
commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e normali. Roba da
preti insomma. Qui a Roma, una perdita –
secondo rigidi revisori pagati come società di certificazione dei bilanci –
sono costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si
ovatta una perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con
una ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire”
atta ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della
Mediterranea.
Perché siffatto bailamme? Chiaro: per
consentire lo SBARCO IN SICILIA (vedi
pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiami ad ottant’anni il pedante ed ozioso
compito di far sintesi giornalistiche).
Sono sornione: lo ammetto. Ma qui
ho voglia di chiedere spiegazioni all’illustre facoltà di economia
dell’Università del tempo perso di Racalmuto. Perché mai quel putiferio?
C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto una INTERFINANZA ove allocchi depositarono
centinaia di milioni di loro risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma
sia anche per infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica.
Già, dopo finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatisi America e Russia
magari per il provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed
io di sinistra l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato
nati Grotte); squagliatasi l’iniziativa
edilizia “amaricana”del pingue Joe racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi
(e non solo) corsero davvero il rischio di perdere soldi e i loro figli i posti
che credevano bancari ma tali non erano. Sovvenne il Banco di Sicilia, La Cassa
di Risparmio Vittorio Emanuele e
“salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi, appunto).
Sovvenne Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti
soldi (in tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani
che quei “derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche
quelli che non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene
pilotare ‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma
di grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.
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