venerdì 22 luglio 2016

LE NOSTRE ORIGINI:TRA EQUI E ROMANI


Redazione-La piana del Cavaliere situata alle falde dei monti Simbruini e confinante con le provincie di Roma e Rieti, è stata per secoli sede di uno dei più grandi e forti popoli della penisola: gli Equi.
Vissuti in queste terre fin dal 1750 a.c. Provenienti dal nord Europa, furono tra quei popoli che ebbero la forza e il coraggio di marciare più volte e a più riprese contro l'esercito che dominerà l'Europa e parte dell'Asia, l'esercito romano. Nel 1184 a.c. uniti con i Volsci, i Sabini, gli Etruschi e gli Umbri, riuscirono a cacciare i Pelasgi che a quel tempo dominavano nella penisola. Virgilio ci narra che questi popoli erano condotti da Messapo e Marenzo condottieri etruschi, e Ufente capitano equo.
Per oltre due secoli gli Equi hanno combattuto Roma, riportando sempre delle vittorie e infliggendo ai romani delle grosse perdite. Coriolano alla testa di Equi e Volsci riuscì ad entrare nella città eterna, nei pressi dei colli Albani, saccheggiandola e dando vita ad ogni tipo di rappresaglia. Potevano benissimo impadronirsi della città e forse cambiare la storia, ma la madre Vetruria e la moglie Volummia lo convinsero ad abbandonare e a tornare nei propri territori. Da questo momento furono ripetuti gli attacchi romani, e davanti ad un poderoso esercito gli Equi e i Volsci decisero  ritirarsi ognuno a difendere le proprie città. Questa decisione risultò fatale per entrambi i popoli, visto che uniti avevano sempre avuto la meglio, questa volta in 50 giorni furono annientati. Anche se furono tenuti in gran prestigio, non verranno più menzionati nella storia.
L'indole di questo popolo era basata sulla indissolubilità della famiglia e della patria, sulla difesa della propria terra con la vittoria o con la morte. Erano rispettosi della vita e non avrebbero mai combattuto Roma , se non fossero stati molestati visto che avevano il rispetto delle  proprieta altrui. Ma a Roma serviva uno sbocco nell' Adriadico. Erano considerati istitutori della legge feziale e sacra. Gli Equi erano governati per gli affari civili, militari e religiosi da un MEDIXTUTICUS. Virgilio ci narra che l'uomo equo era solito coltivare il proprio terreno armato. Tra le loro armi ricordo  le frecce di selce e di bronzo, la fionda e lo sparo simile al pillo romano, oltre a spade e scudi. Un'arma che i romani copiarono a questo popolo fu la taga, piccola spada posta sul braccio. Indossavano elmi di bronzo con delle creste superbe. Si riunivano in determinati luoghi per prendere qualsiasi decisione e adoravano solo il loro Giano. L'impero Equo era formato da città tutte indipendenti tra di loro. Esse erano: Trebe ( Trevi ), Nersae ( Nesce frazione di Pescorocchiano ), Vitellia ( Bellegra ), Tibur (Tivoli), Affilae (Affile) e l'antica Carseoli, che all'epoca era situata nel territorio del comune di Oricola, più precisamente nei pressi dell'attuale Civita di Oricola, sui suoi incantevoli sei colli. Il territorio equo era dunque compreso tra Nesce, Tivoli e Trevi, e Carseoli si trovava proprio al centro, e forse è per questo che è stata la città più grande, che ha raggiunto anche i 50000 abitanti. Ebbe una potente e massiccia conduttura di acqua, proveniente da Vivaro Romano, grazie ad un acquedotto di un metro per lato, chiamato tutt'oggi Muru Portusu. fu cinta da tre diverse foggia di mura.
Ebbe anfiteatro, tombe e templi. Vi fu residente l'imperatore Massimino, vi passarono Ottone primo e secondo. Quest'ultimo, al dire del Pieralice vi costruì un palazzo in località Campo. Vi dimorarono gli imperatori Claudio e Nerone e il grande scrittore Ovidio vi soggiornava durante i suoi viaggi a Roma. L'antica Carseoli, malgrado le pesanti perdite resistette all'attacco di Annibbale, che tanto sgomento causò nell'antica Roma. La città eterna vi inviò 4000 famiglie. Fu devastata durante la guerra marsa, resistette alle dominazioni franche e normanne, ma dovette cedere ad Agilulfo re dei Longobardi, ai Saraceni e agli Ungari. Una bolla di Onorio III afferma che ancora esisteva nel 1217. La distruzione definitiva avvenne da parte di Federico II, reduce dalla Puglia nel 1242 . La maggior parte dei sopravvissuti si rifugiarono ad Oricola, che era stato sempre un oppido fortificato di Carseoli, ed  oggi risulta la vera e leggittima erede. Una piccola parte diede origine all'attuale città di Carsoli, mentre altri andarono nei paesi limitrofi. Nella nostra zona sono molti i cognomi romani, ma le vere origini, forse provengono da quel popolo, che con la tenacia e l'astuzia ha tenuto testa per secoli ad un impero che solo un tradimento poteva far declinare.
La piana del cavaliere inizialmente era chiamata  Ager Carseolanum, ovvero pianura carseolana, dal nome dell'antica metropoli. Il nome attuale nasce intorno al 600 d. c., da una disavventura di un cavaliere recatosi in questo luogo. Costui mentre tornava dalla caccia, si trovò in serio pericolo e trovò rifugio presso un pastore del posto. Giunto a Roma pregò i Colonnesi di edificare una struttura che potesse accogliere i viandanti. Il locale fu chiamato osteria del Cavaliere, e la piana ne assunse il nome.
(di Angelo Minati)

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