CALOGERO
RESTIVO POETA TREPIDO
AFFABILE
NOVELATORE
*****
Racalmuto
terra aprica a Sud, sterile e stepposa a Nord- Ferace a
mezzogiorno sepolta per rapaci miniere a Settentrione-
Vi
esplodono intelligenza e onirico vagheggiare ma per i
tanti solo accidioso nulla in un abitudinario deambulare nel mediocre
vivere.
Sciascia
ci fece e per lui restammo orbi di libertà e di giustizia, privi di
salute mentale (seconda chiosa del 1967 del suo fortunato
Regalpetra).
Nego
però che in questo paese bivacchi "povera gente con grande fede
nella scrittura"- A molti di noi, a quasi tutti noi "non
basta un colpo di penna".
Tanti
hanno avuto in questo paese del sale dello zolfo e del caciummo una
sapidissima penna.
E
da ultimo mi sono incontrato con Calogero Restivo, poeta trepido e
novellatore dalle lievi rimembranze locali, di questa Racalmuto
appunto.
Iniziai ad
incuriosirmi quindi a mirare ed infine ad ammirare quanto ora si può
sorbire in una sua triade poetica.
Scorro
le poesie dell'Erba Maligna, o quelle che luccicano senza un fil
rouge
oppure - infine - le ultime che sciabordano "dal mare che
non c'è"- Pubblicate nel 2011 o nel 2014 nonché nel
2015, son della lontana prima giovinezza di questo ora composto
e riguardoso professore di lettere in pensione.
E'
un mondo immaginifico che vi si riverbera: nitido ma occiduo,
patetico con scisti di malinconia senza rimpianti. Forse
mai gioioso, mai ilare eppure esistenzialisticamente impulsivo,
emotivo, intimo, garrulo, affabulante, sapidamente
erotico, persino con accenti di sensuale richiamo.
Cespuglio
di rose
Vieni
a trovarmi di tanto in tanto
discuteremo
dei tanti sogni
andati
al macero come robivecchi
e
del tempo che verrà
guardando
le stelle che luccicano sempre
sembrano
vicine e sono lontanissime
compagne
silenziose di solitudine
Ma
in fondo è l'agra terra del Serrone o della Culma che ispirano
memorie e sensi agresti e giovanili. Già! perché
sordo
a lusinghe il contadino
s'avvia
verso i campi
ove
l'erba maligna
complici
le ultime piogge
cresce
ed insidia la vigna.
La
normalità si scompone e "la luce del viale langue/ nel
buio della notte".
Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte
La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte
La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
E
quest'amore, questo amore del poeta:
immenso
come gli orizzonti
riempiva le notti
e le stagioni.
Alla fine il poeta sta
sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato
come naufrago al relitto-
Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"
Sì, perché
"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"
immenso
come gli orizzonti
riempiva le notti
e le stagioni.
Alla fine il poeta sta
sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato
come naufrago al relitto-
Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"
Sì, perché
"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"
------------------------
Qualche
appunto ora su Calogero Rsstivo narratore. Moderno, essenziale.
circospetto eppure sempre illuminante e coinvolgente. Ci riporta in
mondi che pure sono i nostri mondi ma ce li fa rivivire avvolti dalla
pellicola di una sottilissima ironia, con il debito distacco che uno
scrittore deve pur sempre avere. E se non concordiamo con lui, lui lo
stesso concorda con noi. Sapido sapiente colto e raffinato ha giuste
parole per veri fatti. E spesso sono i fatti del nostro paese, di
questo Racalmuto contadino e solfataio. Vigile e se usa la corda
pazza, la usa con saggezza. non vituperando. Abbiamo avuto a suo
tempo di ammirare un racconto di Calogero Restivo. Si intitola:
LA PARTENZA. Queste furono le nostre brevi note a commento.
Ed
ecco che possiamo ammirare un racconto di nostro ammirevole
compaesano. Restivo, di questo immalinconito signore, aduso ormai al
nulla, a quel che non c'è, a quello da fare, a quello da non fare.
Nella notte, nel silenzio, nel caldo: in agosto. Prepararsi per un
viaggio, con paratattica meticolosità, ormai prono alla estranea
società dei consumi anche se non molto opulenta. Lezioni antiche ma
rivisitazione tutta nuova , toccante, coinvolgente. Chi quelle notti
di solitudine le ha trascorse capisce, si commuove, partecipe. Tutto
pronto per partire domani. Ma domani non arriverà mai. Noia,
languore, accidia, ormai disincantato esistere impongono un
giaciglio, sul letto, per il salutare salvifico ritorno nel nulla.
------------
------------
Chi
è Calogero Restivo? Un poeta e un gran poeta possiamo dire subito.
Ora però accomuna alla soavità del suo immaginismo poetico di vago
sapore ermetico, un sapere raccontare, rievocare, restituire una
palpabilità persino realistica al fascino della memoria della sua
memoria che è poi il rimembrare la sua infanzia e prima giovinezza
in quel di Racalmuto, terra aspra crudele patetica dimessa impietosa.
La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.
Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.
Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta: ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.
Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.
E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.
Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
"La camicia nera".
Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.
Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.
Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.
Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.
La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratura intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce narrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo.
La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.
Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.
Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta: ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.
Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.
E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.
Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
"La camicia nera".
Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.
Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.
Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.
Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.
La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratura intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce narrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo.
CALOGERO
RESTIVO POETA TREPIDO
AFFABILE
NOVELLATORE
*****
Racalmuto
terra aprica a Sud, sterile e stepposa a Nord- Ferace a
mezzogiorno sepolta per rapaci miniere a Settentrione-
Vi
esplodono intelligenza e onirico vagheggiare ma per i
tanti solo accidioso nulla in un abitudinario deambulare nel
mediocre vivere.
Sciascia
ci fece e per lui restammo orbi di libertà e di giustizia, privi di
salute mentale (seconda chiosa del 1967 del suo fortunato
Regalpetra).
Nego
però che in questo paese bivacchi "povera gente con grande
fede nella scrittura"- A molti di noi, a quasi tutti noi "non
basta un colpo di penna".
Tanti
hanno avuto in questo paese del sale dello zolfo e del caciummo una
sapidissima penna.
E
da ultimo mi sono incontrato con Calogero Restivo, poeta trepido e
novellatore dalle lievi rimembranze locali, di questa Racalmuto
appunto.
Iniziai ad
incuriosirmi quindi a mirare ed infine ad ammirare quanto ora si può
sorbire in una sua triade poetica.
Scorro
le poesie dell'Erba Maligna, o quelle che luccicano senza un fil
rouge
oppure - infine - le ultime che sciabordano "dal mare che
non c'è"- Pubblicate nel 2011 o nel 2014 nonché nel
2015, son della lontana prima giovinezza di questo ora
composto e riguardoso professore di lettere in pensione.
E'
un mondo immaginifico che vi si riverbera: nitido ma occiduo,
patetico con scisti di malinconia senza rimpianti. Forse
mai gioioso, mai ilare eppure esistenzialisticamente
impulsivo, emotivo, intimo, garrulo, affabulante,
sapidamente erotico, persino con accenti di sensuale richiamo.
Cespuglio
di rose
Vieni
a trovarmi di tanto in tanto
discuteremo
dei tanti sogni
andati
al macero come robivecchi
e
del tempo che verrà
guardando
le stelle che luccicano sempre
sembrano
vicine e sono lontanissime
compagne
silenziose di solitudine
Ma
in fondo è l'agra terra del Serrone o della Culma che ispirano
memorie e sensi agresti e giovanili. Già! perché
sordo
a lusinghe il contadino
s'avvia
verso i campi
ove
l'erba maligna
complici
le ultime piogge
cresce
ed insidia la vigna.
La
normalità si scompone e "la luce del viale langue/ nel
buio della notte".
Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte
La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte
La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
E
quest'amore, questo amore del poeta:
immenso
come gli orizzonti
riempiva le notti
e le stagioni.
Alla fine il poeta sta
sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato
come naufrago al relitto-
Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"
Sì, perché
"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"
immenso
come gli orizzonti
riempiva le notti
e le stagioni.
Alla fine il poeta sta
sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato
come naufrago al relitto-
Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"
Sì, perché
"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"
------------------------
Qualche
appunto ora su Calogero Rsstivo narratore. Moderno, essenziale.
circospetto eppure sempre illuminante e coinvolgente. Ci riporta in
mondi che pure sono i nostri mondi ma ce li fa rivivire avvolti
dalla pellicola di una sottilissima ironia, con il debito distacco
che uno scrittore deve pur sempre avere. E se non concordiamo con
lui, lui lo stesso concorda con noi. Sapido sapiente colto e
raffinato ha giuste parole per veri fatti. E spesso sono i fatti del
nostro paese, di questo Racalmuto contadino e solfataio. Vigile e se
usa la corda pazza, la usa con saggezza. non vituperando. Abbiamo
avuto a suo tempo di ammirare un racconto di Calogero Restivo.
Si intitola: LA PARTENZA. Queste furono le nostre brevi note a
commento.
Ed
ecco che possiamo ammirare un racconto di nostro ammirevole
compaesano. Restivo, di questo immalinconito signore, aduso ormai al
nulla, a quel che non c'è, a quello da fare, a quello da non fare.
Nella notte, nel silenzio, nel caldo: in agosto. Prepararsi per un
viaggio, con paratattica meticolosità, ormai prono alla estranea
società dei consumi anche se non molto opulenta. Lezioni antiche ma
rivisitazione tutta nuova , toccante, coinvolgente. Chi quelle notti
di solitudine le ha trascorse capisce, si commuove, partecipe. Tutto
pronto per partire domani. Ma domani non arriverà mai. Noia,
languore, accidia, ormai disincantato esistere impongono un
giaciglio, sul letto, per il salutare salvifico ritorno nel nulla.
------------
------------
Chi
è Calogero Restivo? Un poeta e un gran poeta possiamo dire subito.
Ora però accomuna alla soavità del suo immaginismo poetico di vago
sapore ermetico, un sapere raccontare, rievocare, restituire una
palpabilità persino realistica al fascino della memoria della sua
memoria che è poi il rimembrare la sua infanzia e prima giovinezza
in quel di Racalmuto, terra aspra crudele patetica dimessa
impietosa.
La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.
Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.
Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta: ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.
Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.
E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.
Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
"La camicia nera".
Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.
Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.
Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.
Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.
La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratu rnarrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo. a intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce
La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.
Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.
Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta: ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.
Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.
E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.
Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
"La camicia nera".
Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.
Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.
Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.
Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.
La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratu rnarrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo. a intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce
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