cosa era un biglietto da100.000 lire della Banca d'Italia?
Carissimo amico mio ho dato uno sguardo a quello che scrive la Consulenza Legle della Banca d'Italia. La cucchiacchiera in mano di li criatura.
Una topica colossale sin dall'esordio è allucinante
confondere la monetazione metallica di un tempo con quella cartacea ante CE è da bocciatura senza appello in diritto bancario.
Vedrò se i miei residui referenti in via Nazionale s'inducano a cacciarli via da AVVOCATI INTERNI DELLA BI.
Ho sempre celiato su Capriglione, ma in confonto quello era un dio del diritto. Come è caduta in basso la fucina furba assai di Molle e figliolini.
Vedrò se i miei residui referenti in via Nazionale s'inducano a cacciarli via da AVVOCATI INTERNI DELLA BI.
Ho sempre celiato su Capriglione, ma in confonto quello era un dio del diritto. Come è caduta in basso la fucina furba assai di Molle e figliolini.
Ti mando uno studio serio ove troverai il tuo paradiso curialesco.
La BI era "ISTITUTO DI EMISSIONE " e come tale soltanto era Istituto di diritto pubblico (in epoca fascista) ai sensi dell'Art. 20 della vecchia Legge Bancaria (cosiddetta).
Ora quella legge è stata maldestramenre messa in soffitta e per le ragioni che il sottostante studio mette in risalto.
La Banca d'Italia è un'anonima Società provata di capitali assoggettata a tutto il regime del privatistico diritto commerciale.
Ora quella legge è stata maldestramenre messa in soffitta e per le ragioni che il sottostante studio mette in risalto.
La Banca d'Italia è un'anonima Società provata di capitali assoggettata a tutto il regime del privatistico diritto commerciale.
Come tale è assoggettata alla giurisdizione ordinaria ai sensi delle nostre scetre costituzionali.
Quanto alle funzioni pubbliche la Banca d'Italia ne è stata totalmente privata. Chi accede in banca presta giuramento di fedeltà alla Costituzione. Emblematico.
Altro obbrobrio è equiparare i vecchi biglietti BI ai titoli del Debito Pubblico (continuo a chiamarli così mentre la stessa BI, tramite i suoi ispettori di Vigilanza non li chiama neppure più PUBBLICI ma NAZIONALI (v. ispezione MPS).
E quanto al MPS ricordiamo alla Consulenza legale che Fazio si è beccato sanzioni penali e monetari per avere creduto che potesse fare MORAL SUASION e non so come finirà a Visco che in tv candidamente confessa ch quanto all'Etruria vi ha fatto ricorso. Ovvio cosa suggeritagli da questa consulenza legale di giovani ed inesperti.
Tutte le funzioni pubbliche della Banca d'Italia Tremonti gliel'ha sottratte per darle alla più manovrabile CONSOB.Vi sarà un pensamento? Lo spero.
Il debito pubblico appartiene al Tesoro e stava (cambiati i nomi la sostanza è la stessa) nel Gran Libro del Debito Pubblico.
Quelle belle carte filigranate della Banca d'Italia sono indefiniili. Ma volendo fare una classificazione son TITOLI DI CREDTO ASTRATTI ATIPICI. Insomma - banalmente - sono cambiali della Banca d'Italia come si evince da questo simpatico TITOLO MONETARIO ma a corso forzoso. I debitori qui sono il vecchio Menichella e un cassiere che non leggo (oggi vi si trovano ancora stampigliati Turchetti o l'ancor vivente Speziali. Nessuna firma di organi dello Stato né ministri e neppure Direttori generali alla Monorchio o chi vi pare. Roba del tutto privata. Lo Stato non c'entra proprio, la Ragioneria Generale dello Statto e il suo Ragionere Generale non c'entra. Ormai i titoli del debito pubblico non circolano più. Tutto informatizzato, tutto accentrato per legge nel Monte Titoli. Non far sapere al contadio quanto è buono il fornaggio etc.
Ma dove stava e per quello che vedremo ove sta codesto oceano di carta " medio circolante"a corso forzoso?:
nelle passività della banale società per azioni denominata Banca d'Italia, in una posta.
In una POSTA PATRIMONIALE PASSIVA.
Vi diamo un esempio quello dell' anno 1999: codesto oceano di cambiali camuffate della Banca d'Italia sta alla voce sub 1) del Passivo dello Stato Patrimoniale della Banca Italia, mica del Tesoro!!
Miliardi di miliardi di milioni di migliaia di LIRE
Sia chiaro DEBITI DELLA BI, come allora dichiarati da una regolare ma privata banca gestitta autocraticamente ai sensi del codice civile da un Governatore (Antonio Fazio e contabilizzata da un Ragioniere generale, Stefano Lo Faso e con un Cpnsiglio Superiore che "in applicazioe degli articoli 54 e 57 detto Consiglio Superiore, udito il favorevole riferimento dei Sindaci, ha proposto che l'utile netto di euro 127.415.917 (24 miliardi di lire) conseguito venga ripartito:
nelle passività della banale società per azioni denominata Banca d'Italia, in una posta.
In una POSTA PATRIMONIALE PASSIVA.
Vi diamo un esempio quello dell' anno 1999: codesto oceano di cambiali camuffate della Banca d'Italia sta alla voce sub 1) del Passivo dello Stato Patrimoniale della Banca Italia, mica del Tesoro!!
Miliardi di miliardi di milioni di migliaia di LIRE
Sia chiaro DEBITI DELLA BI, come allora dichiarati da una regolare ma privata banca gestitta autocraticamente ai sensi del codice civile da un Governatore (Antonio Fazio e contabilizzata da un Ragioniere generale, Stefano Lo Faso e con un Cpnsiglio Superiore che "in applicazioe degli articoli 54 e 57 detto Consiglio Superiore, udito il favorevole riferimento dei Sindaci, ha proposto che l'utile netto di euro 127.415.917 (24 miliardi di lire) conseguito venga ripartito:
- a riserve ..
- a PARTECIPANTI - nome atecnico per dire SOCI PRIVATI - vi era stata la privatizzazione delle bache di diritto pubblico e delle casse di risparmio Lit.:14 242.333.628.=
- e anora agli stessi Partecipanti:Lit. 12.000.000.=
- e anora agli stessi Partecipanti:Lit. 12.000.000.=
Certo con tutta quella massa di passività a costo zero (solo spese di stampa ma non alla Zecca a al Tuscolano) che era divenuta per la regola della contabilità in partita dopia un subisso in attività lucrative disseminata tra le varie voci dell'Attivo. poco anzi si spartiva.
Pensate le pasività cntrate con la circolazione del tutto privatistica di biglietti BI come dire di cambiali senza valore, BI disponeva (non la so leggere ma la so scrivere) di una cifra pari a
Pensate le pasività cntrate con la circolazione del tutto privatistica di biglietti BI come dire di cambiali senza valore, BI disponeva (non la so leggere ma la so scrivere) di una cifra pari a
- Lit 143.343.891.236.340, ì centesimi ve li abboniamo.
Ma sapete a quanto ascendeva il capitale remunerato al 4%? soltanto trecento milioni di lire. E ora invece? (te lo dirò appena trovo l'ultimo bilancio della BI).
Ma sono nell'ordine di miliardi di Euro. Fu una manovra volta a fare apparire in attivo il bilancio dela BI e così far finta di rispettare la griglia dei COSTI/ BENEFICI cara a Visco, e dare ossigeno ai fortunati 'partecipanti': così banche senza sufficiente attiva hanno potuto fare anche loro i bilanci e beccarsi il 4% delle enfiate partecipazioni bancarie (nel caso la BI divenne niente di più che una merchant bank; altro che istituto di diritto pubblico sottratto alla giurisdizioe ordinaria.). Mi chiederai: ed ora le cose come vanno con l'EURO? Peggio!
Guarda questa foto. Ora non più la sola BI quale emittente di carta moneta senza valore ma BCE ECB EZB EKT EKP stampano carta moneta. Ecco il miracolo: carta moneta stampata nel 2002 con scritto da cinque euro a 500 euro circola adesso anche con firna Draghi senza cassiere.
Ma nel 2002 Mario Dragi dov'era?
Da ridere! Più falso di così non si può. .Ma può dirsi falso in ATTO PUBBICO?
No! perché come il biglietto BI anche l'Euro è una cosette privata. La competenza è del TAR? Ma non scherziamo!
Ma sono nell'ordine di miliardi di Euro. Fu una manovra volta a fare apparire in attivo il bilancio dela BI e così far finta di rispettare la griglia dei COSTI/ BENEFICI cara a Visco, e dare ossigeno ai fortunati 'partecipanti': così banche senza sufficiente attiva hanno potuto fare anche loro i bilanci e beccarsi il 4% delle enfiate partecipazioni bancarie (nel caso la BI divenne niente di più che una merchant bank; altro che istituto di diritto pubblico sottratto alla giurisdizioe ordinaria.). Mi chiederai: ed ora le cose come vanno con l'EURO? Peggio!
Guarda questa foto. Ora non più la sola BI quale emittente di carta moneta senza valore ma BCE ECB EZB EKT EKP stampano carta moneta. Ecco il miracolo: carta moneta stampata nel 2002 con scritto da cinque euro a 500 euro circola adesso anche con firna Draghi senza cassiere.
Ma nel 2002 Mario Dragi dov'era?
Da ridere! Più falso di così non si può. .Ma può dirsi falso in ATTO PUBBICO?
No! perché come il biglietto BI anche l'Euro è una cosette privata. La competenza è del TAR? Ma non scherziamo!
Certo caro amico mio avvocato non è facile spiegare ad un togato cose del genere. Tu forse ci riuscirai. In ogni caso chiede al giudice ordinario la nomina di un CTU e nominami perito di parte.
Quanto mi divertirei.
Quanto mi divertirei.
lunedì 4 luglio 2011
La Banca d’Italia. Natura giuridica e funzionamento.
In
Italia, dal 1936 grazie alla Legge bancaria (R.D.L. 375 del 12.03.1936
convertito nella Legge 441 del 07.03.1938) e al successivo “Statuto” approvato
con R.D. 1067 del 11.06.36, la Banca D’Italia, trasformata in istituto di
diritto pubblico, esercita in regime di monopolio la funzione di emissione della
carta moneta (con esclusione delle monete metalliche la cui competenza esclusiva
è riservata al Tesoro dello Stato).
Sin
qui parrebbe che il potere sovrano di emettere moneta, essendo stato delegato ad
un istituto di diritto pubblico, continui ad appartenere allo Stato e che sempre
allo Stato vada il c.d. reddito da signoraggio. Ma non è così.
Per
vedere come questo non corrisponda al vero è nenessario andare ad analizzare lo
statuto della Banca D’Italia, il suo funzionamento e le sue
“anomalie”:
I°
Anomalia
I
principali compiti, e funzioni, che la legge del 1936 affida alla Banca d’Italia
sono:
•
Istituto
di emissione. (Anche
se, come vedremo dopo, dal 1° gennaio 2002, con il Trattato di Mastricht,
l’emissione delle banconote in euro aventi corso legale in Europa è compito
della Banca centrale europea);
•
Gestione
della tesoreria provinciale dello Stato;
•
Funzione
di vigilanza sul sistema creditizio
L’organizzazione
interna ricalca sostanzialmente quella che è propria di una società per azioni.
Così vi troviamo:
Così vi troviamo:
•
un
capitale sociale, suddiviso in quote detenute di partecipanti;
•
un
consiglio di amministrazione;
•
un
collegio sindacale;
•
gli
Organi Amministrativi e di Controllo, come avviene nelle società per azioni,sono
nominati dall’assemblea Generale dei “partecipanti”: in particolare il Consiglio
Superiore, che poi provvede a nominare tra i propri componenti il Comitato, il
Governatore, il direttore Generale e i due vice Direttori Generali[1];
•
I
portatori delle quote si riuniscono annualmente in assemblea generale
ordinaria.
Inoltre
i partecipanti, come gli azionisti di una società per azioni, hanno
diritto;
•
al
rendiconto annuale della gestione sulla base del bilancio (da sottoporsi
all’approvazione dell’assemblea);
•
alla
partecipazione all’utile della gestione;
•
ai
frutti derivanti dall’investimento delle riserve del patrimonio
netto.
Questa
analisi non ci porta ancora a privare la Banca D’Italia della qualifica di ente
pubblico. Infatti, come ribadito anche dalla Cassazione, un ente si definisce
pubblico quando, pur essendo privatizzato, ha un fine pubblico e un sistema di
controlli pubblici. Ma la Banca d’Italia risponde a tali requisiti? Sul fine
pubblico nulla questio, trattandosi di un istituto di emissione; il problema
sono i controlli da parte dello Stato che nella sostanza non esistono. Questo
perché gli organi amministrativi e di controllo della Banca d’Italia sono
nominati dall’Assemblea Generale dei partecipanti (che sono al 95% dei privati).
Il Governo può solo
approvare
la nomina, o la revoca, di alcune cariche, ma l’approvazione da parte del
Governo non influisce minimamente sulla validità della nomina. In soldoni è come
se non esistesse.
In
conclusione, la Banca d’Italia è un ente privato, strutturato come società per
azioni, a cui è affidata, in regime di monopolio, la funzione statale di
emissione di carta moneta, senza controlli da parte dello Stato.
II°
Anomalia
La
Banca D’Italia abbiamo detto è per il 95% in mano a privati. Essi
sono:
Gruppo
Intesa (27,2%), BNL (2,83%)
Gruppo
San Paolo (17,23%) Monte dei Paschi di Siena (2,50%)
Gruppo
Capitalia (11,15%) Gruppo La Fondiaria (2%)
Gruppo
Unicredito (10,97%) Gruppo Premafin (2%)
Assicurazioni
Generali (6,33%) Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%)
INPS
(5%) RAS (1,33%)
Banca
Carige (3,96%) privati (5,65%)
Dall’analisi
dei soci ci rendiamo conto che solo il 5% del capitale è dell’INPS, ovvero di
una società pubblica[2].
Dunque
la banca D’Italia è per il 95% in mano a banche private. Ma qui risulta evidente
la seconda forte anomalia. Infatti abbiamo detto che con la legge bancaria del
1936 a Banca D’Italia è stato demandato il compito di vigilanza sulle altre
banche. Ora, le banche sono proprietarie della Banca che dovrebbe su di loro
vigilare ed, attraverso i consigli di amministrazione, nominano Governatori e
Direttori; ciò vuol dire, in altre parole, che i controllati controllano i
controllori, e non vicerversa.
III°
Anomalia
Vediamo
perché:
In
base all’art. 54 la quota di utili da assegnare allo Stato corrisponde circa al
50% dell’Utile di Esercizio del Bilancio Annuale, dedotto il 40% accantonato a
riserve e il 10 % del capitale sociale attribuiti ai partecipanti.
L’art.
56, inoltre, prevede che una quota, a valere sul fruttato delle riserve
medesime, sia distribuita ai partecipanti al capitale sociale (come annualmente
deliberato dall’assemblea).
Analizziamo
nei fatti le conseguenze di queste norme. Come sottolinea la CTU redatta dal
perito nella sentenza n. 2978/05 del giudice di pace di Lecce, nella causa sul
signoraggio, l’accantonamento dei frutti delle riserve (e l’assegnazione di
parte di essi ai partecipanti) determina una incremento (e una decurtazione)
delle riserve stesse quale partita negativa del conto economico e, pertanto, il
risultato di esercizio è rappresentato in bilancio al netto
di
tale posta.
Gli
accantonamenti a riserve generano patrimonio e frutti ad esclusivo vantaggio dei
partecipanti al capitale sociale dell’Istituto e, per converso, rappresentano un
reddito sottratto alla competenza dello Stato.
Inoltre,
la quota di riserve attribuita annualmente ai partecipanti (quota
stabilita in assoluta autonomia dal Consiglio di Amministrazione della Banca
d’Italia),
ai sensi dell’art. 56 dello Statuto, è sovente sensibilmente superiore alla
quota di utile assegnata allo Stato (ad esempio nel 2003 al netto degli
accantonamenti a riserve, sia
stato
corrisposto un dividendo per ogni quota di partecipazione unitaria pari a circa
il 300%
del
valore della stessa.
Dividenti
andati tutti a privati (le banche) e che formano il debito
pubblico).
Insomma
è evidente come la Banca D’Italia assolva ai fini che dovrebbero essere di
natura pubblica in piena autonomia e indipendenza, ritraendone utili e frutti
che divide tra i “partecipanti” privati.
Quindi,
ricapitoliamo:
•
la
Banca D’Italia è una società privata, detenuta per il 95% da
privati;
•
gli
Organi Amministrativi e di Controllo della Banca d’Italia, come avviene nelle
società
per azioni, sono nominati dall’assemblea Generale dei “partecipanti” (cui
il
95% sono privati): in particolare il Consiglio Superiore, che poi provvede a
nominare
tra i propri componenti il Comitato, il Governatore, il direttore Generale
e
i due vice Direttori Generali;
•
con
la legge 82 del 07.02.1992 varata dal ministro del Tesoro Guido Carli (già
governatore
della Banca d’Italia), è stata attribuita alla Banca d’Italia la facoltà
di variare
il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il
Tesoro.
Ovvero
autonomamente un gruppo di banche private decide per lo Stato italiano
il costo del denaro.
•
Annualmente,
il Consiglio di Amministrazione, autonomamente eletto (dai soci privati),
stabilisce quote di riserva variabili che, spesso, producono una quota di
utili
superiore alla quota di utili che viene data allo Stato
•
tali
utili (risultato degli interessi sul prestito) la Banca d’Italia li distribuisce
tra i
suoi
soci che sono al 95% privati;
•
gli
utili distribuiti alle banche private costituiscono un debito contratto dallo
Stato e
vanno ad incrementare il debito pubblico.
Stante
la situazione appena descritta appare chiaro che la sovranità monetaria è
esercitata da una società a capitale privato con scopo di lucro che decide in
piena autonomia il costo del denaro[5].
Da
questi elementi può affermarsi che lo Stato, da tempo, ha
ceduto la propria sovranità monetaria in favore di un ente privato (non certo
pubblico), ovvero la Banca d’Italia.
Fonte : Violazioni
costituzionali nell’esercizio della politica monetaria di Solange
Manfredi
http://felicitaannozero.altervista.org/doc/violazioni_costituzionali_e
[1] Il
Governo, come stabilisce la legge, può solo approvare la nomina, o la revoca, di
alcune cariche, ma l’approvazione da parte del Governo non influisce minimamente
sulla validità della nomina, al massimo può influire sull’efficacia.
[2] Preme
rilevare a questo punto che sino a pochi mesi fa l’art. 3 dello Statuto proibiva
la cessione a privati di quote azionarie della BdI e prescriveva che fosse, per
la maggioranza, in mano pubblica. Ora, grazie anche alle varie cause promosse da
diversi cittadini contro Banca D’Italia con modalità prettamente italiana si è
modificato l’articolo 3 dello Statuto cancellato quella fastidiosa frase che
imponeva che la maggioranza fosse in mano pubblica
[3] ART.
54 - Ogni
anno devono essere fatti il bilancio e l’inventario dell’attivo e del passivo
dell’Istituto. Deve essere pure fatto il conto dimostrativo dei profitti, delle
spese e delle perdite dell’esercizio annuale. I profitti sono quelli conseguiti
durante l’anno tanto dalle operazioni ordinarie quanto da quelle straordinarie e
dai ricuperi sulle sofferenze ammortizzate. Le spese comprendono quelle di
ordinaria amministrazione, quelle per rifornimento della riserva metallica,
quelle per l’emissione dei biglietti al portatore e simili, le tasse e gli altri
oneri prescritti dalle leggi, e le somme eventualmente erogate a scopo di
beneficenza o per contributi a opere di interesse pubblico nei limiti
annualmente fissati dal Consiglio superiore. Alle dette spese devono
aggiungersi, per accertare l’ammontare degli utili netti disponibili,anche le
sofferenze dell’esercizio, gli occorrenti ammortamenti ed oneri consimili nonché
lerate di ammortizzazione delle spese che il Consiglio superiore giudicasse
ripartibili in più esercizi. Gli utili netti, conseguiti secondo il bilancio
approvato, dopo di avere da essi prelevata la somma che il Consiglio superiore
crederà di stabilire per la graduale costituzione di un fondo di riserva
ordinaria fino a concorrenza del 20% degli utili netti, sono assegnati ai
partecipanti, per la distribuzione di un dividendo fino ad una somma pari al 6%
del capitale. Col residuo, sempre su proposta del Consiglio superiore, possono
essere costituiti
eventuali fondi speciali e riserve straordinarie mediante utilizzo di un importo
non superiore al 20% degli utili netti complessivi e può essere distribuito ai
partecipanti, ad integrazione del dividendo, un ulteriore importo non eccedente
il 4% del capitale. La restante somma è devoluta allo Stato, in applicazione
dell’art.3 del Decreto ministeriale 31 dicembre 1936 emanato in esecuzione del
R. decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1647. La riserva ordinaria, se diminuita
per ammortizzazione di perdite o per qualsiasi altra ragione, deve, salvo il
disposto del successivo art. 56, essere al più presto interamente
reintegrata.
[4] ART.
56 - Dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, può
essere, su proposta del
Consiglio
superiore e con l’approvazione dell’assemblea ordinaria, prelevata e distribuita
ai partecipanti, pro quota delle singole partecipazioni, in aggiunta a quanto
previsto dall’art. 54, una somma non superiore al 4% dell’importo delle riserve
medesime, quali risultavano dal bilancio approvato nell’assemblea ordinaria
dell’anno precedente.
[5] Infatti
con la legge 82 del 07.02.1992 varata dal ministro del Tesoro Guido Carli (già
Governatore della Banca d’Italia), è stata attribuita alla Banca d’Italia la
facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con
il Tesoro.
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