lunedì 7 novembre 2016

 
se vengono a casa mia li caccio fuori a pedate!
 
 
 
 
Bersani contro i renziani: «Nel Pd arroganza e sudditanza»
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Si allarga ancora il divario tra il premier Pd Matteo Renzi e la minoranza interna dem, già evidente nel week end per il no dei bersaniani all’accordo raggiunto nella commissione del Pd sulle modifiche alla legge elettorale. In sintesi, il superamento del ballottaggio, l’adozione di un sistema di collegi elettorali e l'elezione dei senatori. A confermare l’opposizone all’intesa è lo stesso Pierluigi Bersani, che a margine di un dibattito sul referendum organizzato dal centro Pio La Torre a Palermo si dice «preoccupato per l'incrocio tra il referendum e l'Italicum, con un ”governo del capo” e parte del Parlamento nominato. Non sto parlando di noccioline».
«Pd ormai cammina su due gambe: arroganza e sudditanza»
Torna quindi ad aleggiare il rischio di una scissione in casa dem, anche se Bersani sembra intenzionato a resistere: «Il partito è casa mia e non lo lascerò mai. E per cacciarmi non basta una Leopolda, ci vuole l'esercito». Alla convention dei renziani, osserva ancora Bersani, «ho notato qualcosa che non ho mai notato nel Pd, che è sempre stato un partito plurale, dove la gente ragiona con la propria testa, dove si cerca la sintesi, a volte anche faticosa. Invece vedo che prende la piega di un partito che cammina su due gambe: arroganza e sudditanza».
Confermato il No al Referendum
Ai cronisti Bersani conferma anche la linea dei suoi, già espressa nei giorni scorsii dall’ex capogruppo dem a Montecitorio Roberto Speranza, e rafforzata dall’ostilità della platea della Leopolda reanziana, che ieri ha accolto al grido di “Fuori! Fuori!” gli affondi del premier contro la minoranza. Confermato quindi il voto contrario al prossimo referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale. Il No al referendum, spiega Bersani, «è un modo per far saltare l'Italicum, il resto sono chiacchiere», ribadisce Bersani: «Su quel foglietto c'è scritto stai sereno, ma io voto no». Poi l’ex segretario dem torna sul documento di stintesi approvato dalla commisisone per le modifiche alla legge elettorale. «Un partito che è al governo e ha la maggioranza in Parlamento e pone la fiducia sull'Italicum non può certo cavarsela con un foglietto fumoso. Penso che Renzi voglia tenersi mano libere, altrimenti ci sarebbe stato qualcosa di serio».
Guerini: «Posizione strumentale, Bersani sconcerta nostri elettori»
A stretto giro, l’uscita di Bersani provoca la replica del vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. «Mi sembra una posizione molto strumentale», attacca in una intervista al Giornale Radio Rai, perchè «in questi giorni abbiamo lavorato per trovare un'intesa sulla legge elettorale, e mentre lo facevamo tutti i giorni fioccavano dichiarazioni che puntavano a sabotare questo tentativo. Credo che bisognerebbe misurare le parole. E provare a spiegare la coerenza rispetto a voti che sono stati dati in Parlamento. Bersani ha votato la riforma in tutte le sue letture, vedere un cambio di opinione crea sconcerto nel nostro elettorato e nella base».
La replica di Bersani ai renziani: «Insultano e tirano la volata alla destra»
Lo scontro a distanza tra renziani e la minoranza Pd però non si ferma. «Abbiamo almeno l'onesta' di riconoscere che ho sempre detto la stessa cosa, non ho mai cambiato idea», contreattacca Bersani da Palermo, replicando alle affermazioni di Guerini. «Io dico ”dentro, dentro”, se poi un segretario dice “fuori, fuori”, si prenderà la responsabilità», precisa l’ex segretario dem, cche chiede alla maggioranza del partito di riconoscere che «c’è un problema, un disagio a cui non si puo' rispondere insultando. Avanti così finiremo per tirare la volata alla destra».
Alla Leopolda Renzi allarga la distanza dalla minoranza dem
Le parole di Bersani, che restringono al solo Gianni Cuperlo il fronte della minoranza deciso a sostenere il referendum dopo le modifiche all'Italicum concordate dalla commissione dem, arrivano all'indomani della kermesse renziana della Leopolda dove il premier ha approfondito il solco con i bersaniani. Tra i bersagli del premier, in particolare, proprio gli ex segretari Bersani e D'Alema che «stanno solo cercando di rientrare in partita», e dicono No alle riforme perché, «dopo la fine dell'Ulivo», vogliono «decretare la fine del P» e difendere «i loro privilegi», consapevoli «che il 4 dicembre è la loro ultima occasione per tornare in pista». Renzi a Firenze ha poi chiamato i suoi alla mobilitazione, con il mandato di andare «casa per casa, nei ventotto giorni che ci separano dall'appuntamento con e urne». Quello che viviamo, ha aggiunto, «è il tempo dell'odio» e, davanti a questo, occorre scegliere se «questo Paese deve essere la Patria del Gattopardo o un laboratorio per il futuro».

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