MI ACCORGO CHE QUESTO (LUNGHISSIMO) POST CHE AVEVO BUTTATO LI' NELLA SPERANZA CHE FRA UN SECOLO QUALCUNO INCURIOSITO VI DESSE UNO SQUARDO, MI RISULTA INVECE DISCRETAMENTE CONSULTATO. SI TRATTAVA DI APPUNTI RACCOLTI ALLA RINFUSA E SENZA SPOLVERIO NE' STILISTICO NE' CONCETTUALE. VOLEVA SOLO ESSERE UNO SBERLEFFO ALL'UFFICIO VOLPINO DI RACALMUTO CHE NON SO PERCHE' HA VOGLIA DI SABOTARMI.
LO CONFESSO VOLEVO ANCHE ESSERE RETICENTE PER NON ESSERE CAPACE DI SPIFFERARE DAVVERO FATTI E MISFATTI DI PERSONAGGI CHE IN PAESE SONO SUBLIMATI E NEGLI ARCHIVI ROMANI VENGONO INVECE CROCIFISSI. CHI HA RAGIONE? COME STORICO DOVREI PRONUNCIARMI, COME RACALMUTESE HO L'OBBLIGO DELL'OMERTIVO SILENZIO.
SIA COME SIA, SENTO ORA ALMENO L'OBBLIGO DI EMENDARE DAI DOPPIONI QUESTI MIEI APPUNTI E DARE QUALCHE SFORBICIATA A NOTIZIE SU CHI MAGARI OGGI E' STATO CASSATO DAI RICORDI, PER PUDORE FAMILIARE.
Nelle nostre ricerche a Roma, di racalmutesi finiti negli schedari di polizia durante il fascismo troviamo:
LO CONFESSO VOLEVO ANCHE ESSERE RETICENTE PER NON ESSERE CAPACE DI SPIFFERARE DAVVERO FATTI E MISFATTI DI PERSONAGGI CHE IN PAESE SONO SUBLIMATI E NEGLI ARCHIVI ROMANI VENGONO INVECE CROCIFISSI. CHI HA RAGIONE? COME STORICO DOVREI PRONUNCIARMI, COME RACALMUTESE HO L'OBBLIGO DELL'OMERTIVO SILENZIO.
SIA COME SIA, SENTO ORA ALMENO L'OBBLIGO DI EMENDARE DAI DOPPIONI QUESTI MIEI APPUNTI E DARE QUALCHE SFORBICIATA A NOTIZIE SU CHI MAGARI OGGI E' STATO CASSATO DAI RICORDI, PER PUDORE FAMILIARE.
Nelle nostre ricerche a Roma, di racalmutesi finiti negli schedari di polizia durante il fascismo troviamo:
1) Vella
Vincenzo;
2) Vella Diego;
3) Picone
Chiodo Calogero;
4)
Sacerdoti Edmondo;
5) Messana
Everardo.
Ma dei
cinque sudetti nominativi i veri racalmutesti sono tre (Vella Vincenzo, Picone
Chiodo Calogero e Messana Everardo), nessuno viene schedato in quanto
comunista, e i due schedati (Picone Chiodo Calogero e Messana Everardo) hanno
poco di politico.
Vella
Vincenzo, è personaggio di risalto durante i Fasci siciliani, è
attivo nell’era prefascista e rientra nei ranghi durante il fascismo. Schedato
già dalla questura di Girgenti sin dal primo settembre del 1896, ne è “radiato”
l’8 aprile 1936 «tenuto conto della buona condotta e delle prove di
ravvedimento» ed essendosi «espresso in senso favorevole al Governo nazionale.»
Nel 1893
si era lanciato nell’agone politico a capo del movimento contadino e zolfataio
del luogo, con cipiglio e furore. Agì anche fuori di Racalmuto: lo troviamo
impigliato nella repressione dei moti rivoluzionari dei Fasci in quel di
Milena. Ecco quel che ci racconta Arturo Petix: «Nel pomeriggio del 27 luglio
del 1893, a Milocca, in casa del contadino Luigi Schillaci, posta nella robba
Valenti (oggi via Gioberti) si riuniva un gruppo di contadini con lo scopo di
costituirsi in fascio dei lavoratori. [...] A quella riunione furono presenti
l’Avvocato Vincenzo Vella, presidente del fascio dei lavoratori di Racalmuto e
l’insegnante Rinaldo Di Napoli, presidente di quello di Grotte (ASCL, Carp. n.
9, Pubbl. Sicur., lettera del 2 agosto 1893).»( 12). Abbiamo sopra
fornito alcuni dati del fascicolo sul Vella dell’Archivio Centrale dello Stato.
Li integriamo qui trascrivendo quant’altro vi è annotato.N.° 16434 - Prefettura di Girgenti, comune
di Racalmuto - Vella Vincenzo fu Giuseppe e della Vincenza Tinebra nato in
Racalmuto il 17 ottobre 1868, residente a Racalmuto mandamento della Provincia
di Girgenti.- Laureato in giurisprudenza - celibe - Socialista rivoluzionario -
statura 1,58 - corporatura robusta, capelli castano scuri, viso oblungo, fronte
alta, occhi castani, naso giusto, barba alla mefistofele e di colore castana
scura, mento tondo, bocca regolare, espressione fisionomica satirica,
abigliamento (sic) abituale, veste decente in nero.
«Riscuote nell’opinione pubblica fama di fanatico
stravagante. Di carattere volubile. Di educazione limitata, in quanto che si
appartiene a famiglia di esercenti miniere. Di corta intelligenza. Di coltura
scarsissima. Ha compiuto gli studi nel liceo ed il corso di università in
legge. Non possiede titoli accademici. E’ lavoratore fiacco. Ritrae i mezzi di
sostentamento dalla poca proprietà lasciata alla famiglia dall’Avv. Tinebra
Vincenzo. Frequenta la compagnia dei pochi affiliati al partito socialista di
questo Comune e dei Comuni di Grotte ed
Aragona. Mal si comporta nei suoi doveri con la famiglia, di cui dovrebbe
essere il sostegno, causa la morte del padre, trascurandola completamente. Non
gli sono state affidate cariche amministrative e politiche. E’ iscritto al
partito socialista rivoluzionario. Non ha precedentemente appartenuto ad altro
partito.
«Ha molta influenza nel partito socialista locale, di cui è
il capo e di cui fa il promotore. La sua influenza è circoscritta al luogo dove
risiede. E’ stato in corrispondenza epistolare con i componenti il comitato
centrale socialista di Palermo, con l’avv. Maniscalco direttore della Giustizia
Sociale, coi nominativi Rao Gaetano, Presidente del disciolto fascio dei
lavoratori di Canicattì, Di Napoli Rinaldo Presidente del disciolto fascio di
Grotte, coll’onorevole Colajanni e col presidente della Federazione Regionale
Socialista Lombarda. Non è stato, nè è in relazione epistolare con individui
del partito all’Estero. Presentemente è in relazione epistolare col Direttore
del periodico ‘La Riscossa’ di Palermo, il presidente del Comitato Regionale
della Federazione Socialista Ligure, coi sudetti Di Napoli e Rao, col Direttore
del periodico ‘La Lotta di classe’, e dicesi in relazione epistolare con Bosco
Garibaldi e l’on. De Felice.
«Non ha dimorato all’estero, nè vi riportò condanne, e non
ne fu esplulso. - Ha appertunuto al disciolto fascio dei lavoratori di
Racalmuto, con la carica di Presidente. Presentemente non appartiene ad alcuna
associazione sovversiva di mutuo soccorso o di altro genere. Durante il 1893 ha
collaborato ai periodici sovversivi ‘La Lotta di Classe’ e ‘La Giustizia
Sociale’. Di tanto in tanto spedisce corrispondenze alla ‘Riscossa’, ed alla
‘Lotta di Classe’.
-------------
«Riceve i periodici ‘La lotta di classe’ e ‘la Riscossa’ ed
opuscoli editi a cura del Comitato Regionale della Federazione socialista
Ligure. Fa propaganda fra gli esercenti arti e mestieri, con poco profitto. E’
capace tenere conferenze. Ne ha tenute nel 1893, nel locale di questo disciolto
fascio dei lavoratori, e nel domicilio di qualche socialista di qui. - Verso le
autorità tiene un contegno sprezzante. Non ha preso parte a manifestazioni del
partito cui è ascritto a mezzo della stampa firmando cioè manifesti,
programmetti. Ma ha preso parte in occasione della dimostrazione organizzata in
questa Stazione ferroviaria il 2 Novembre 1893, al passaggio dell’on.
Colajanni, nella quale circostanza il fanatismo dei dimostranti raggiunse il
colmo, intervenne la forza pubblica, fu percosso il Deputato di P.S. del tempo,
malmenati il Maresciallo ed i militi.
«Nelle elezioni ammimistrative di Racalmuto del 1905 è stato
eletto consigliere comunale. »
[Aggiunta
in calce la posteriore data: Girgenti 14 gennaio 1908 - il prefetto Mario
Rebucci].
«Prefettura di Girgenti - Cenno biografico
del 20 ottobre 1913 - Andatura attempata. - Gode nell’opinione pubblica fama di
uomo di poco carattere e di nessuna serietà. D’intelligenza ed educazione
medie, è mordace ed aggressivo, quando scrive per i giornali, tanto che ha un
frasario tutto suo speciale, fatto di volgare turpiloquio, appunto perché nelle
lotte sia politiche che amministrative non sa fare a meno di attaccare in modo
triviale le persone degli avversari, invece di combattere le idee. E’ laureato
in legge, ma la sua cultura non va oltre gli studi fatti e le molte
pubblicazioni socialiste lette e ben poco ben assimilate. Di natura fiacca,
lavora lo stretto necessario, approfittando di quello che ricava dalla poca
proprietà immobiliare a lui lasciata da un suo avo. Tenace nelle lotte, ma non
nel carattere, egli varia di continuo e con molta leggerezza di relazioni
politiche e di amicizie personali, a seconda della convenienza e
dell’opportunità del momento, non si può dire quindi egli abbia in ciò una
direttiva sicura, per quanto inclini nella scelta verso gli elementi sovversivi
o politicamente esaltati. Si deve a tale sua malleabilità di carattere ed
azione se egli sia stato consigliere comunale ed anche assessore supplente.
Nella presente lotta politica, egli, transigendo con la sua condotta passata,
ha stretto relazione con persone, altra volta attaccate fino all’insulto, per
appoggiare la candidatura socialista dell’Avv. Marchesano. Nel biennio
1893-1894 - egli dette pensiero ed azione ai moti convulsionarii dei ‘fasci’ ed
ebbe perciò il suo quarto d’ora di influenza e di popolarità, fra gli elementi
sovversivi di allora; ma sopravvenuta la repressione egli ritornò quello di
prima, anzi fu lì lì per essere inviato a domicilio coatto, a termini dell’art.
3 della legge 19 luglio 1894. [..]
Successivamente egli si occupò dei suoi affari privati per cui fece dimora a
Delia ed a Casteltermini. Nel presente fa qualche pubblicazione sui giornali
della provincia a carattere sovversivo; fa come può, ma con scarso profitto,
propaganda fra gli operai ed è presidente della lega di miglioramento tra gli
zolfatai di Racalmuto.
«E’ capace di parlare al pubblico, ma non di tenere
conferenze vere e proprie, ciò quindi ha fatto sempre che se ne sia presentata
l’occasione; in lui però più che la facilità di parola è comune il turpiloquio,
che, in fondo, tradisce la sua origine volgare. Però nel passato tenne verso
l’autorità un contegno altero e sprezzante; ora però si mostra remissivo e
rispettoso. Ma ha preso parte a vere e proprie pubbliche manifestazioni di
carattere del partito. Nel 1893 intervenne in manifestazioni più o meno
violente e, successivamente, in un pubblico spettacolo si lasciò andare a
qualche atto inconsulto. Mai fu sottoposto alla pregiudiziale ammonizione e fu
solo proposto, ma non assegnato, a domicilio coatto. Non ha subito condanne, ma
ha i seguenti precedenti penali. Il 1° settembre 1893 fu arrestato in Milocca
per istigazione a delinquere; a 7 maggio 1894 fu assolto dal Tribunale di
Girgenti dall’imputazione di violenza e resistenza ad agenti della forza
pubblica; a 19 maggio 1894 la camera di consiglio di Girgenti disse non luogo
per l’imputazione di tentativo di fare insorgere gli abitanti del regno contro
i poteri dello stato. Nello assieme il Vella, per quanto sempre relativamente
temibile, non è più il sovversivo di una volta e non è più da ritenersi un
socialista veramente combattivo, perché, in fondo, non riesce a farsi pigliare
sul serio da alcuno. L’età, il male cronico di cui è affetto e qualche debito
hanno fiaccato e piegato il suo carattere, naturalmente a ciò disposto, ed oggi
si aggioga al carro di taluni conservatori, liberali d’occasione, con la stessa
facilità con la quale si metterebbe loro contro, se gli tornasse opportuno,
data anche la sua venalità.»
-----
«Relazione Prefettura: Dall’elenco allegato al n.° 16085 del
3.7.1911 risulta pericoloso. - Girgenti 1912: N.° 1128 del 23.4.1912 - E’ stato
rieletto Consigliere Comunale di Racalmuto e poscia nominato assessore. Non
tiene più contegno sprezzante con le autorità e si è mostrato favorevole al
Governo per la guerra in Libia - Professa sempre idee socialiste e viene
pertanto vigilato.»
------
«Prefettura: 27 11.1925 - Professa tuttora principi
socialisti e non tralascia occasione per fare propaganda antifascista. E’
attentamente sorvegliato. - Prefettura: 21.1.1929. - In data 2.12.1926 venne
diffidato ai sensi dell’art. 166 legge P.S. In atto serba regolare condotta
morale e politica mantenendosi estraneo ad ogni manifestazione contraria
all’attuale Regime. Prefettura: 3.7.1931 - .. socialista rivoluzionario.
Continua a tenere buona condotta politica, dedicandosi esclusivamente alla sua
professione di avvocato. I suoi atteggiamenti nei riguardi del Regime sono
favorevoli e mostra in apparenza di essersi ravveduto. Però non si ritiene
opportuno, almeno per ora, di proporlo per la radiazione dallo schedario dei
sovversivi, e si continua a esercitare su di lui assidua vigilanza. -
Prefettura: 21.2.1933 - Risiede a Racalmuto, dove esercita la professione di
procuratore legale presso quella pretura. Non spiega alcuna attività politica e
tiene atteggiamento favorevole al Regime. Viene sempre sorvegliato non avendo
dato prove sicure di ravvedimento. - Prefettura: 22.12.1934 - Non ha dato luogo
a rilievi in linea politica, e nei riguardi del Regime si mostra apparentemente
favorevole. Viene vigilato. - Prefettura: 25.9.1935 - Durante il terzo
trimestre del corrente anno non ha dato luogo a rilievi con la sua condotta
politica. Viene vigilato.» (13)
*
* *
Quanto a
Vella Dante Nunziato fu Giuseppe, nato a Racalmuto il 3 marzo 1908, abbiamo
fornito in precedenza i dati dello schedario centrale che lo riguardano. Appartenente ad una famiglia di anarchici di
Grotte, i suoi legami con Racalmuto sono del tutto accidentali e di mera
anagrafe. La madre era una Pedalino Di Rosa, sorella di quello che è stato un
affermato notaio di Milano, e discreto verseggiatore in dialetto. Il Pedalino,
come si è detto, brigò tanto nel 1930 per farsi riconoscere i meriti di essere
stato tra i sansepolcristi del 1919. Il 27 dicembre 1937, il suo nome però
viene associato sia pure molto casualmente con quello dell’anarchico Dante
Nunziato Vella di cui è zio materno. Il prefetto G. Marzano esclude ogni
favoreggiamento, ma si dà il caso che da allora il Pedalino ha qualche screzio
col fascismo. Oggi, la figlia tiene a rivendicare un passato (inesistente)
antifascista del padre. Ciò ha sorpreso i redattori del locale foglio di
Racalmuto Malgrado tutto, che avevano
- ed a ragione - visto il Pedalino come un antesignano del fascismo.
*
* *
La
schedatura di Picone Chiodo Calogero (14) fa emergere una figura che
comunque la si giri difficilmente può venire riportata nell’ambito
dell’antifascismo. Trattasi, piuttosto, di un avventuriero che opera ai margini
della truffa. Certo, siamo in pieno contrasto con la idealizzazione che la
lettura locale (il citato libro del Messana e Malgrado tutto) hanno di recente sfornato. Latrscrizione dei dati
d’archivio chiarisce meglio l’assunto.
«Picone Chiodo Calogero fu Giuseppe e fu
Munisteri Pinò Ignazia, nato a Racalmuto il 17 aprile 1884, qui abitante
(Milano), avvocato - 1,68 circa. - Avuta da Agrigento il 14/7/1932 n.° 33032 -
1° gennaio 1930: Cartolina postale di
Picone Chiodo all’avv. Sincero Rugarli, corso Umbero I°, 26 Roma. Si parla di
libri e di abbonamenti a riviste. La questura di Roma definisce il Rugarli
‘noto socialista schedato’. Non sa nulla sul Picone Chiodo. - 27 febbraio 1930
- Consolato generale di Nizza - Riceve una lettera dall’avv. C. Picone Chiodo
Via Tritone 201: Roma 24 febbraio 1930: ‘Ricevo il suo pregiato invito a
presentarmi nella Regia Cancelleria per comunicazione che mi riguarda. Trovomi
in Italia nostra da circa 15 giorni. Sarei grato a V.S. se volesse farmi
conoscere l’oggetto dell’invito, non dovendo più venire a Nizza ..’
«Questura di Roma n.
023885 del 2 aprile 1930: C. Calogero Picone Chiodo .. con recapito presso il
notaio Schillaci Guido. - Regia Questura di Roma da quella di Agrigento: Il
16.3.1904 dall’Amministrazione Comunale di Racalmuto il Picone venne incaricato
dello insegnamento nella quinta classe elementare e tale incarico tenne sino
alla fine del 1907. Laureatosi in legge, nell’ottobre 1907 si recò a New York
per accompagnarvi una sorella, e a mezzo di un suo parente, che colà risiedeva
da parecchi anni, cercò fortuna facendo il pubblicista, ma non ebbe successo, e
l’anno successivo ritornò in patria riprendendo, nel luglio del 1908,
l’insegnamento elementare, che tenne sino al febbraio del 1912. Durante la sua
permanenza a Racalmuto, esercitò, saltuariamente, anche la professione di
avvocato. Nel 1912 si trasferì a Milano, dove, il 26.2.1914, sposò certa
Matilde Margherita Ochert da Monaco.
«In seguito a tale matrimonio, e dopo breve permanenza a
Monaco, ottenne la rappresentanza di alcune fabbriche tedesche di colori.
Durante la guerra fu prima soldato di artiglieria a Messina, e poi Ufficiale
presso il distretto militare di Agrigento, ove disimpegnò la carica di aiutante
maggiore. Ultimati gli obblighi militari ritornò con la famiglia a Milano,
occupandosi nuovamente di colori. Nei primi del 1922, si trasferì a Rovato
(Brescia) e nel novembre dello stesso anno ritornò stabilmente a Milano, dove
aprì uno studio legale in Via Col di Lana 3, recandosi ad abitare al Viale
Ticinese n.° 3.
«Nei primi del 1929 si recò a Parigi allo scopo, come si
disse, di pubblicare alcuni libri e di occuparsi di studi spiritici. Già in
Italia il Picone aveva pubblicato un libro di sociologia criminale, un altro
sul bolscevismo, un opuscoletto della biblioteca Vallardi sulla cambiale, ed un
libro di spiritismo intitolato ‘La verità spiritualistica’.
«Ultimamente, da Roma, ha inviato ai conoscenti un biglietto
di partecipazione dell’apertura di uno studio legale. Durante la sua permanenza
a Racalmuto professò teorie socialiste, ma senza accanimento. Si vuole che a
Milano contasse numerose relazioni nell’ambiente socialista. Il predetto
risulta di temperamento nervoso, eccitabile, ma oltremodo pavido.
«La Questura di Milano ha comunicato che il Picone ha
risieduto in quella città dal 1913 al 1928, epoca in cui si recò all’estero,
senza dar luogo a rilievi in linea politica e mantenendo contegno indifferente
nei riguardi del Regime.
«Questura di Roma: 8 luglio 1930 - L’avv. Picone Chiodo
Calogero è pertito ieri per Monaco di Baviera accompagnato dalla moglie Ockert
Matilde fu Adolfo e dai figli Giuseppe, Ignazio ed Isabella.
«27.5.1932- Viene riferito da fonte fiduciaria che il
segnalato Picone Chiodo Calogero, avvocato, residente a Parigi al n.° 203 Bld.
Voltaire, continua a svolgere attiva propaganda contro il Regime, trattando e
criticando violentemente questioni relative al Regime. Benchè apparentemente
voglia far credere di non interessarsi di politica, la sua azione è notoriamente
dannosa, perché svolta fra elementi intellettuali.
«1° luglio 1932 Prefetto di Agrigento: Risulta di buona
condotta morale ed a suo carico non risultano precedenti e pendenze morali.
Egli non ha in questi atti precedenti politici, ma è notorio che nel suo Comune
di origine professava idee socialiste. Il Picone si allontanò da Racalmuto una
prima volta nel 1914, e in un secondo tempo nel 1923. Il 14.2.1914 contrasse
matrimonio con certa Occhert Matilde.
----------------RAPPORTI PRFETTIZI SU VELLA VINCENZO
«N.° 16434 - Prefettura di Girgenti, comune
di Racalmuto - Vella Vincenzo fu Giuseppe e della Vincenza Tinebra nato in
Racalmuto il 17 ottobre 1868, residente a Racalmuto mandamento della Provincia
di Girgenti.- Laureato in giurisprudenza - celibe - Socialista rivoluzionario -
statura 1,58 - corporatura robusta, capelli castano scuri, viso oblungo, fronte
alta, occhi castani, naso giusto, barba alla mefistofele e di colore castana
scura, mento tondo, bocca regolare, espressione fisionomica satirica,
abigliamento (sic) abituale, veste decente in nero.
«Riscuote nell’opinione pubblica fama di fanatico
stravagante. Di carattere volubile. Di educazione limitata, in quanto che si
appartiene a famiglia di esercenti miniere. Di corta intelligenza. Di coltura
scarsissima. Ha compiuto gli studi nel liceo ed il corso di università in
legge. Non possiede titoli accademici. E’ lavoratore fiacco. Ritrae i mezzi di
sostentamento dalla poca proprietà lasciata alla famiglia dall’Avv. Tinebra
Vincenzo. Frequenta la compagnia dei pochi affiliati al partito socialista di questo Comune e dei Comuni di Grotte ed Aragona. Mal
si comporta nei suoi doveri con la famiglia, di cui dovrebbe essere il
sostegno, causa la morte del padre, trascurandola completamente. Non gli sono
state affidate cariche amministrative e politiche. E’ iscritto al partito
socialista rivoluzionario. Non ha precedentemente appartenuto ad altro partito.
«Ha molta influenza nel partito socialista locale, di cui è
il capo e di cui fa il promotore. La sua influenza è circoscritta al luogo dove
risiede. E’ stato in corrispondenza epistolare con i componenti il comitato
centrale socialista di Palermo, con l’avv. Maniscalco direttore della Giustizia
Sociale, coi nominativi Rao Gaetano, Presidente del disciolto fascio dei
lavoratori di Canicattì, Di Napoli Rinaldo Presidente del disciolto fascio di
Grotte, coll’onorevole Colajanni e col presidente della Federazione Regionale
Socialista Lombarda. Non è stato, nè è in relazione epistolare con individui
del partito all’Estero. Presentemente è in relazione epistolare col Direttore
del periodico ‘La Riscossa’ di Palermo, il presidente del Comitato Regionale
della Federazione Socialista Ligure, coi sudetti Di Napoli e Rao, col Direttore
del periodico ‘La Lotta di classe’, e dicesi in relazione epistolare con Bosco
Garibaldi e l’on. De Felice.
«Non ha dimorato all’estero, nè vi riportò condanne, e non
ne fu esplulso. - Ha appertunuto al disciolto fascio dei lavoratori di
Racalmuto, con la carica di Presidente. Presentemente non appartiene ad alcuna
associazione sovversiva di mutuo soccorso o di altro genere. Durante il 1893 ha
collaborato ai periodici sovversivi ‘La Lotta di Classe’ e ‘La Giustizia
Sociale’. Di tanto in tanto spedisce corrispondenze alla ‘Riscossa’, ed alla
‘Lotta di Classe’.
-------------
«Riceve i periodici ‘La lotta di classe’ e ‘la Riscossa’ ed
opuscoli editi a cura del Comitato Regionale della Federazione socialista
Ligure. Fa propaganda fra gli esercenti arti e mestieri, con poco profitto. E’
capace tenere conferenze. Ne ha tenute nel 1893, nel locale di questo disciolto
fascio dei lavoratori, e nel domicilio di qualche socialista di qui. - Verso le
autorità tiene un contegno sprezzante. Non ha preso parte a manifestazioni del
partito cui è ascritto a mezzo della stampa firmando cioè manifesti, programmetti.
Ma ha preso parte in occasione della dimostrazione organizzata in questa
Stazione ferroviaria il 2 Novembre 1893, al passaggio dell’on. Colajanni, nella
quale circostanza il fanatismo dei dimostranti raggiunse il colmo, intervenne
la forza pubblica, fu percosso il Deputato di P.S. del tempo, malmenati il
Maresciallo ed i militi.
«Nelle elezioni ammimistrative di Racalmuto del 1905 è stato
eletto consigliere comunale. »
[Aggiunta
in calce la posteriore data: Girgenti 14 gennaio 1908 - il prefetto Mario Rebucci].
«Prefettura di Girgenti - Cenno biografico
del 20 ottobre 1913 - Andatura attempata. - Gode nell’opinione pubblica fama di
uomodi poco carattere e di nessuna serietà. D’intelligenza ed educazione medie,
è mordace ed aggressivo, quando scrive per i giornali, tanto che ha un frasario
tutto suo speciale, fatto di volgare turpiloquio, appunto perché nelle lotte
sia politiche che amministrative non sa fare a meno di attaccare in modo
triviale le persone degli avversari, invece di combattere le idee. E’ laureato
in legge, ma la sua cultura non va oltre gli studi fatti e le molte
pubblicazioni socialiste lette e ben poco ben assimilate. Di natura fiacca,
lavora lo stretto necessario, approfittando di quello che ricava dalla poca
proprietà immobiliare a lui lasciata da un suo avo. Tenace nelle lotte, ma non
nel carattere, egli varia di continuo e con molta leggerezza di relazioni
politiche e di amicizie personali, a seconda della convenienza e
dell’opportunità del momento, non si può dire quindi egli abbia in ciò una
direttiva sicura, per quanto inclini nella scelta verso gli elementi sovversivi
o politicamente esaltati. Si deve a tale sua malleabilità di carattere ed
azione se egli sia stato consigliere comunale ed anche assessore supplente.
Nella presente lotta politica, egli, transigendo con la sua condotta passata,
ha stretto relazione con persone, altra volta attaccate fino all’insulto, per
appoggiare la candidatura socialista dell’Avv. Marchesano. Nel biennio
1893-1894 - egli dette pensiero ed azione ai moti convulsionarii dei ‘fasci’ ed
ebbe perciò il suo quarto d’ora di influenza e di popolarità, fra gli elementi
sovversivi di allora; ma sopravvenuta la repressione egli ritornò quello di
prima, anzi fu lì lì per essere inviato a domicilio coatto, a termini dell’art.
3 della legge 19 luglio 1894. [..]
Successivamente egli si occupò dei suoi affari privati per cui fece dimora a
Delia ed a Casteltermini. Nel presente fa qualche pubblicazione sui giornali
della provincia a carattere sovversivo; fa come può, ma con scarso profitto,
propaganda fra gli operai ed è presidente della lega di miglioramento tra gli
zolfatai di Racalmuto.
«E’ capace di parlare al pubblico, ma non di tenere
conferenze vere e proprie, ciò quindi ha fatto sempre che se ne sia presentata l’occasione;
in lui però più che la facilità di parola è comune il turpiloquio, che, in
fondo, tradisce la sua origine volgare. Peò passato tenne verso l’autorità un
contegno altero e sprezzante; ora però si mostra remissivo e rispettoso. Ma ha
preso parte a vere e proprie pubbliche manifestazioni di carattere del partito.
Nel 1893 intervenne in manifestazioni più o meno violente e, successivamente,
in un pubblico spettacolo si lasciò andare a qualche atto inconsulto. Mai fu
sottoposto alla pregiudiziale ammonizione e fu solo proposto, ma non assegnato,
a domicilio coatto. Non ha subito condanne, ma ha i seguenti precedenti penali.
Il 1° settembre 1893 fu arrestato in Milocca per istigazione a delinquere; a 7
maggio 1894 fu assolto dal Tribunale di Girgenti dall’imputazione di violenza e
resistenza ad agenti della forza pubblica; a 19 maggio 1894 la camera di
consiglio di Girgenti disse non luogo per l’imputazione di tentativo di fare
insorgere gli abitanti del regno contro i poteri dello stato. Nello assieme il
Vella, per quanto sempre relativamente temibile, non è più il sovversivo di una
volta e non è più da ritenersi un socialista veramente combattivo, perché, in
fondo, non riesce a farsi pigliare sul serio da alcuno. L’età, il male cronico
di cui è affetto e qualche debito hanno fiaccato e piegato il suo carattere,
naturalmente a ciò disposto, ed oggi si aggioga al carro di taluni
conservatori, liberali d’occasione, con la stessa facilità con la quale si
metterebbe loro contro, se gli tornasse opportuno, data anche la sua venalità.»
-----
«Relazione Prefettura: Dall’elenco allegato al n.° 16085 del
3.7.1911 risulta pericoloso. - Girgenti 1912: N.° 1128 del 23.4.1912 - E’ stato
rieletto Consigliere Comunale di Racalmuto e poscia nominato assessore. Non
tiene più contegno sprezzante con le autorità e si è mostrato favorevole al
Governo per la guerra in Libia - Professa sempre idee socialiste e viene
pertanto vigilato.»
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«Prefettura: 27 11.1925 - Professa tuttora principi
socialisti e non tralascia occasione per fare propaganda antifascista. E’
attentamente sorvegliato. - Prefettura: 21.1.1929. - In data 2.12.1926 venne
diffidato ai sensi dell’art. 166 legge P.S. In atto serba regolare condotta
morale e politica mantenendosi estraneo ad ogni manifestazione contraria
all’attuale Regime. Prefettura: 3.7.1931 - .. socialista rivoluzionario.
Continua a tenere buona condotta politica, dedicandosi esclusivamente alla sua
professione di avvocato. I suoi atteggiamenti nei riguardi del Regime sono
favorevoli e mostra in apparenza di essersi ravveduto. Però non si ritiene
opportuno, almeno per ora, di proporlo per la radiazione dallo schedario dei
sovversivi, e si continua a esercitare su di lui assidua vigilanza. -
Prefettura: 21.2.1933 - Risiede a Racalmuto, dove esercita la professione di
procuratore legale presso quella pretura. Non spiega alcuna attività politica e
tiene atteggiamento favorevole al Regime. Viene sempre sorvegliato non avendo
dato prove sicure di ravvedimento. - Prefettura: 22.12.1934 - Non ha dato luogo
a rilievi in linea politica, e nei riguardi del Regime si mostra apparentemente
favorevole. Viene vigilato. - Prefettura: 25.9.1935 - Durante il terzo
trimestre del corrente anno non ha dato luogo a rilievi con la sua condotta
politica. Viene vigilato.» (13)
*
* *
Quanto a
Vella Dante Nunziato fu Giuseppe, nato a Racalmuto il 3 marzo 1908, abbiamo
fornito in precedenza i dati dello schedario centrale che lo riguardano. Appartenente ad una famiglia di anarchici di
Grotte, i suoi legami con Racalmuto sono del tutto accidentali e di mera
anagrafe. La madre era una Pedalino Di Rosa, sorella di quello che è stato un
affermato notaio di Milano, e discreto verseggiatore in dialetto. Il Pedalino,
come si è detto, brigò tanto nel 1930 per farsi riconoscere i meriti di essere
stato tra i sansepolcristi del 1919. Il 27 dicembre 1937, il suo nome però
viene associato sia pure molto casualmente con quello dell’anarchico Dante
Nunziato Vella di cui è zio materno. Il prefetto G. Marzano esclude ogni
favoreggiamento, ma si dà il caso che da allora il Pedalino ha qualche screzio
col fascismo. Oggi, la figlia tiene a rivendicare un passato (inesistente)
antifascista del padre. Ciò ha sorpreso i redattori del locale foglio di
Racalmuto Malgrado tutto, che avevano
- ed a ragione - visto il Pedalino come un antesignano del fascismo.
*
* *
Riportiamo acriticamente nostre vecchie trascrizioni o rielaborazioni: vi sono reiterazioni. Le lasciamo anche per attestare che questo non è uno studio storico. Carte ed indicazioni d'archivio valgano solo per il mio futuro emulo che avrà diritto di trattarmi come io ho trattato i miei predessori microstorici (e magari anche sommi calligrafi); dal profondo dell'ADE non me ne adonterò, anzi: quod erat in votis.
La
schedatura di Picone Chiodo Calogero (14) fa emergere una figura che
comunque la si giri difficilmente può venire riportata nell’ambito
dell’antifascismo. Trattasi, piuttosto, di un avventuriero che opera ai margini
dell'ammesso. Certo, siamo in pieno contrasto con la idealizzazione che la
lettura locale (il citato libro del Messana e Malgrado tutto) hanno di recente sfornato. La trascrizione dei dati
d’archivio chiarisce meglio l’assunto.
«Picone Chiodo Calogero fu Giuseppe e fu
Munisteri Pinò Ignazia, nato a Racalmuto il 17 aprile 1884, qui abitante
(Milano), avvocato - 1,68 circa. - Avuta da Agrigento il 14/7/1932 n.° 33032 -
1° gennaio 1930: Cartolina postale di
Picone Chiodo all’avv. Sincero Rugarli, corso Umbero I°, 26 Roma. Si parla di
libri e di abbonamenti a riviste. La questura di Roma definisce il Rugarli
‘noto socialista schedato’. Non sa nulla sul Picone Chiodo. - 27 febbraio 1930
- Consolato generale di Nizza - Riceve una lettera dall’avv. C. Picone Chiodo
Via Tritone 201: Roma 24 febbraio 1930: ‘Ricevo il suo pregiato invito a
presentarmi nella Regia Cancelleria per comunicazione che mi riguarda. Trovomi
in Italia nostra da circa 15 giorni. Sarei grato a V.S. se volesse farmi
conoscere l’oggetto dell’invito, non dovendo più venire a Nizza ..’
«Questura di Roma n.
023885 del 2 aprile 1930: C. Calogero Picone Chiodo .. con recapito presso il
notaio Schillaci Guido. - Regia Questura di Roma da quella di Agrigento: Il 16.3.1904
dall’Amministrazione Comunale di Racalmuto il Picone venne incaricato dello
insegnamento nella quinta classe elementare e tale incarico tenne sino alla
fine del 1907. Laureatosi in legge, nell’ottobre 1907 si recò a New York per
accompagnarvi una sorella, e a mezzo di un suo parente, che colà risiedeva da
parecchi anni, cercò fortuna facendo il pubblicista, ma non ebbe successo, e
l’anno successivo ritornò in patria riprendendo, nel luglio del 1908,
l’insegnamento elementare, che tenne sino al febbraio del 1912. Durante la sua
permanenza a Racalmuto, esercitò, saltuariamente, anche la professione di
avvocato. Nel 1912 si trasferì a Milano, dove, il 26.2.1914, sposò certa
Matilde Margherita Ochert da Monaco.
«In seguito a tale matrimonio, e dopo breve permanenza a
Monaco, ottenne la rappresentanza di alcune fabbriche tedesche di colori.
Durante la guerra fu prima soldato di artiglieria a Messina, e poi Ufficiale
presso il distretto militare di Agrigento, ove disimpegnò la carica di aiutante
maggiore. Ultimati gli obblighi militari ritornò con la famiglia a Milano,
occupandosi nuovamente di colori. Nei primi del 1922, si trasferì a Rovato
(Brescia) e nel novembre dello stesso anno ritornò stabilmente a Milano, dove
aprì uno studio legale in Via Col di Lana 3, recandosi ad abitare al Viale
Ticinese n.° 3.
«Nei primi del 1929 si recò a Parigi allo scopo, come si
disse, di pubblicare alcuni libri e di occuparsi di studi spiritici. Già in
Italia il Picone aveva pubblicato un libro di sociologia criminale, un altro
sul bolscevismo, un opuscoletto della biblioteca Vallardi sulla cambiale, ed un
libro di spiritismo intitolato ‘La verità spiritualistica’.
«Ultimamente, da Roma, ha inviato ai conoscenti un biglietto
di partecipazione dell’apertura di uno studio legale. Durante la sua permanenza
a Racalmuto professò teorie socialiste, ma senza accanimento. Si vuole che a
Milano contasse numerose relazioni nell’ambiente socialista. Il predetto
risulta di temperamento nervoso, eccitabile, ma oltremodo pavido.
«La Questura di Milano ha comunicato che il Picone ha
risieduto in quella città dal 1913 al 1928, epoca in cui si recò all’estero,
senza dar luogo a rilievi in linea politica e mantenendo contegno indifferente
nei riguardi del Regime.
«Questura di Roma: 8 luglio 1930 - L’avv. Picone Chiodo
Calogero è pertito ieri per Monaco di Baviera accompagnato dalla moglie Ockert
Matilde fu Adolfo e dai figli Giuseppe, Ignazio ed Isabella.
«27.5.1932- Viene riferito da fonte fiduciaria che il
segnalato Picone Chiodo Calogero, avvocato, residente a Parigi al n.° 203 Bld.
Voltaire, continua a svolgere attiva propaganda contro il Regime, trattando e
criticando violentemente questioni relative al Regime. Benchè apparentemente
voglia far credere di non interessarsi di politica, la sua azione è
notoriamente dannosa, perché svolta fra elementi intellettuali.
«1° luglio 1932 Prefetto di Agrigento: Risulta di buona
condotta morale ed a suo carico non risultano precedenti e pendenze morali.
Egli non ha in questi atti precedenti politici, ma è notorio che nel suo Comune
di origine professava idee socialiste. Il Picone si allontanò da Racalmuto una
prima volta nel 1914, e in un secondo tempo nel 1923. Il 14.2.1914 contrasse
matrimonio con certa Occhert Matilde.
«Ambasciata Parigi del 26.9.1932: Si riscontra la nota di
codesto Ministero, nella quale l’avv. Picone Chiodo è qualificato
‘antifascista’. Tale appellativo non sembra in armonia con le informazioni
fornite dalla stessa Prefettura. L’attività svolta a Parigi per la costituzione
di una ‘Association Internationale pour la lutte contre le crîme’ lo ha portato
a contatto di elementi francesi che nutrono sentimenti massonici ed ostili al
Regime, ma non avrebbe avuto, per quanto risulta, alcuna attività antifascista.
«26.9.1932 minuta del Ministero Interno: Il Picone,
pertanto, è per lo meno politicamente sospetto, provenendo le informazioni
fiduciarie da fonti attendibili, e pertanto egli rimane iscritto nel Casellario
politico per quei provvedimenti che questo Ministero crederà di adottare sia
per la vigilanza all’estero, sia in caso di un suo eventuale rientro nel Regno.
«13 ottobre 1932 Affari Esteri all’Ambasciata a Parigi: Sono
evidenti i suoi legami con noti esponenti della massoneria. Provvedimento. ‘da
perquisire, segnalare e vigilare’. 3 dicembre 1932: Detto socialista è
scomparso da Parigi e sconoscesi dove possa trovarsi. 28 gennaio 1933
Prefettura di Agrigento: L’Ufficio di P.S. di frontiera di Ventimiglia informa
che il 26 gennaio ore 22 è entrato di transito nel Regno, diretto a Monaco di
Baviera. Avv. Picone Chiodo, iscritto nella rubrica di frontiera, schedina n.°
35132, e perquisizione ha avuto esito
negativo. Idem 2.2.1933: Connazionale avv. Picone Chiodo Calogero, munito
passaporto n.° 053285 reg. 1385 rilasciato Questura di Bolzano il 6.8.1928,
accompagnato consorte ... è stato perquisito con esito negativo.
«17.3.1933 Affari Esteri, Consolato di Monaco: Ha chiamato
il Ciodo per soddisfare il suo debito verso l’editore Schmidt.. Rilascia una
lettera a sua difesa [ove si parla di ‘compensazione occulta’ fra debiti e
crediti].
«Monaco 8.3.1933 lettera Picone: E’ tuttora pendente un
conto che avrebbe dovuto essere definito negli anni 1927-28. Il Drenler .. si
vanterà mio ceditore della somma di lire 2.000 ... mi vanto ancora creditore di
tutte le provvigioni sugli affari conclusi direttamente dalla ditta con i
clienti italiani durante circa sei anni (1920-26 =1927). Non ricordo
esattamente Il signor Drenler .. non volle adempiere .. complessivamente non
volle liquidare circa lire 4.000 per gli affari da me conclusi.
«23.3.1933 Consolato Monaco di Baviera: L’avv. Picone si è
sempre dimostrato un entusiasta del Regime e non ha qui dato motivo a sospetti
di antifascismo. Ha fatto anzi domanda per essere iscritto al Fascio di Grasse
di recente istituzione. Sarei grato a codesto R. Ministero se volesse
comunicarmi in base a quali elementi sono stati formulati i sospetti di
antifascismo.
«Minuta M.I. del 4.8.1933: [Accenno ai fatti di Parigi, ma
dopo:] ‘questo Ministero prende atto delle favorevoli informazioni fornite dal
N.R. Console di Nizza e con provvedimento di pari data dispone la di lui
radiazione dal casellario di frontiera e dal novero dei sovversivi.
«8.4.1939: Revoca iscrizione.
«21.12.1940: Picone Chiodo qui domiciliato [Roma] da molti
anni in via Compagnoni, 10 non dà luogo a rilievi e nei confronti del Regime
mantiene atteggiamento indifferente. Risulta di regolare condotta morale.
Esercita la professione di avvocato penale, versa in discrete condizioni
economiche.
«28.8.1942: Non dà luogo a rilievi.»
*
* *
Lo
schedato Edmondo Sacerdoti è un avvocato romano, palesemente ebreo, che con
Racalmuto ha in comune solo il fatto di esservi casualmente nato. Il padre -
ignoriamo il perché - era astretto alle locali carceri e la moglie, che lo
aveva seguito in questa sperduta cittadina dell’agrigentino diede alla luce
proprio qui a Racalmuto il piccolo Edmondo il 27 aprile 1888: questo dicono gli
atti dello stato civile che siamo andati a rintracciare. Il Sacerdoti non fu
poi un grosso antifascista: passa una notte in gattabuia, pensiamo per svista
della polizia. Lo stesso Mussolini si premura il giorno dopo di farlo mettere
in libertà. Ecco quanto annotato nello schedario (15):
«10 dicembre 1929 - Ministero Interno -
Polizia Politica: L’avv. Edmondo Sacerdoti, già iscritto nel partito socialista
e noto per le cariche che occupò nel partito stesso nella Capitale, si è
allontanato da qualsiasi movimento politico. [Scheda intestata a:] Sacerdoti
Edmondo di Cesare e fu Fogger Isabella, nato a Racalmuto (Agrigento) il
27.4.1888. Avvocato residente a Roma - Socialista.»
__-__________
* * *
L’ultimo
inquisito - anche in ordine di tempo - dalla polizia fascista ha poco a che
fare con
l’antifascismo:
sembra un piccolo Sindona anzitempo che cerca di truffare ebrei romani con
promesse
di trasferimenti all’estero di capitali per il tramite delle organizzazioni
finanziarie
del
Vaticano. In combutta con un console della M.V.S.N., il racalmutese Everardo
Messana,
trasferitosi
a Roma nel 1928, dopo essere messo in congedo dall’Arma dei Carabinieri Reali,
incappa
in due ordini di confino politico per tre anni ciascuno nel 1934 e nel 1939
(16).
Questo
il profilo ricavabile dai vari rapporti di polizia. Ecco quello che scrive la Regia
Questura
di Roma in data 10 febbraio
1934:«Messana Everardo fu Angelo e di Marchioni
[rectius:
Mantione] Vincenza, nato a Racalmuto (Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma
Via
Principe Eugenio n. 22 - Denunzia per il confino di Polizia.«Questo Ufficio si
è testè
interessato
[...] della losca attività affaristica svolta da alcuni individui nelle varie
ambigue
categorie
di tenutari di case di prostituzione, di biscazzieri e di venditori di fumo.
Tra questi è
emersa,
in pieno, la figura del nominato MESSANA Everardo. Prospettatasi la bbraio
1934:«Messana
Everardo fu Angelo e di Marchioni [rectius: Mantione] Vincenza, nato a
Racalmuto
(Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma Via Principe Eugenio n. 22 -
Denunzia
per
il confino di Polizia.«Questo Ufficio si è testè interessato [...] della losca
attività affaristica
svolta
da alcuni individui nelle varie ambigue categorie di tenutari di case di
prostituzione, di
biscazzieri
e di venditori di fumo. Tra questi è emersa, in pieno, la figura del nominato
MESSANA
Everardo. Prospettatasi la possibilità di giocare d’azzardo al noto circolo
Casanova
della Capitale, il Messana si assunse la garanzia del pacifico esercizio del
giuoco,
a
condizione che si fosse versato un premio ‘ai suoi amici della Direzione
Generale di P.S.’
di
L. 200.000 ridotte poi a 150.000. Tale riduzione, però, com’egli fece
comprendere
costituiva
per lui un grande sacrificio, in quanto ben poco avrebbe avuto di tale somma.
Nel
settembre
scorso, essendogli stato parlato dell’eventualità dell’istituzione in Acqui di
una
casa
dell’Interno. Esso Messana ne parlò al dott. Guido Albergo, già confinato da
codesta
On.
Commissione, che gli aveva detto di far parte dell’O.V.R.A. e di avere forti
addentellati
presso
la Direzione Generale della P.S. [..]«E’ agevole rilevare quanta speciosità vi
sia nelle
dichiarazioni
del Messana i cui rapporti coll’Albergo costituiscono una riprova della sua
attività
millantatrice, diffamando le Utorità Statali e la Polizia in ispecie, con
l’insinuare la
possibilità,
se non la certezza, di poter corrompere funzionari di ogni grado. [..]»Abbiamo,
poi,
da un rapporto informativo della Legione Territoriale de Carabinieri di Roma
del 3 luglio
1939:«Messana
Everardo fu Calogero e fu Mantione Vincenza, nato a Racalmuto (Agrigento)
il
6 settembre 1902, vedovo senza prole. Dal 18 aprile [1939] è associato alle
locali carceri
giudiziarie.
E’ di razza ariana e professa la religione cattolica. Ha prestato servizio
militare
nell’Arma
dei CC.RR. dal 24 gennaio 1922 al 23 gennaio 1928, data sotto la quale fu
inviato
in
congedo dalla legione territoriale di Roma, col grado di brigadiere. Il 12
febbraio 1934,
dalla
commissione provinciale di Roma, fu assegnato al confino politico, per la
durata di anni
3,
per avere in Acqui promesso di far ottenere licenza per casa da giuoco,
vantando
inesistenti
aderenze ed assicurando di essere in grado di corrompere funzionari. Il 10
gennaio
1937, dopo aver scontata la pena, rientrò dal confino. In conseguenza di tale
precedente,
con Decreto del Ministero della Guerra n. 21 in data 5 giugno 1935, venne
radiato
dai ruoli dell’Arma ed assegnato come soldato di fanteria in congedo del
Distretto
Militare
di Roma 1°. Il 19 agosto 1938, fu denunziato
________________
dal Commissariato di P.S. Celio, per tentata truffa in danno
di varie persone, per aver assicurato loro di essere in grado inviarli in
A.O.I. in qualità di autisti mediante compenso, ma il relativo processo non è
stato ancora discusso. [...] Recentemente ha svolto illecita attività in
materia valutaria ed infatti il comando del Nucleo di Polizia Tributaria
Investigativa di Milano, in seguito ad indagini eseguite in quella sede, venne
a conoscenza che sulla piazza di Roma, venivano offerti ingenti quantitativi di
valuta estera provenienti dallo Stato Città del Vaticano, contro versamenti in
lire italiane ad un cambio molto superiore a quello ufficiale. [...]
«Sangalli Massimo dichiarò di aver conosciuto casualmente
verso la fine dell’anno scorso, certo Angeli Giulio, il quale gli aveva
comunicato che lo Stato Vaticano era in possesso di forte quantitativo di
divisa estera appartenente all’obolo di S. Pietro, che desiderva convertire in
lire italiane, ad un cambio maggiorato di circa 70% rispetto a quello
ufficiale. L’operazione di cambio in argomento era, secondo l’affermazione
dell’Angeli, completamente legale, perché il cambio veniva eseguito non in
Italia ma nello Stato Vaticano, mentre il passaggio della valuta tra il
Vaticano e l’Italia era perfettamente libero. Secondo l’Angeli le lire italiane
ricevute dal Vaticano in dipendenza di tale attività, sarebbero state versate,
sempre da tale Stato a quello italiano, in conto spese di Spagna ed altro.
[...]
«Il Sangalli stava quindi, per porre in relazione il
supposto procuratore della ditta ‘Lagomarsino’ (che altro non era che il
sottoufficiale del Nucleo di P.T.I. di Milano) con certo Messana Everardo,
giunto in quel momento accompagnato dall’Angeli, il quale avrebbe dovuto
procurare la divisa estera, costituita da sterline per un controvalore di un
milione di lire al cambio di 160. [...]
«Successivamente interrogato, il Messana confermò la
dichiarazione del Carrara ma precisò che non intendeva eseguire alcuna illecita
operazione valutaria in quanto agiva per conto del console della M.V.S.N. sig.
Panphili Entico. [...]
«Da quanto sopra è esposto, risulta provato che il Messana
Everardo ha esplicato una attività rilevante, diretta a concludere operazioni
valutarie per l’importo di un milione di lire italiane, dichiarando ai
contraenti cio quali era entrato in rapporto, che la divisa estera doveva
essergli fornita dallo Stato Città Vaticano. [..]»
*
* *
Le
farragini della letteratura locale e le nostre ricerche
negli archivi (specie in quelli romani) forniscono un quadro che crediamo
interessante sullo squarcio di vita racalmutese agli esordi dell’avvento del
Regime: negare che almeno inizialmente vi sia stato qualche focolaio
antifascista evidentemente non si può. Ma esso fu pochissima cosa, riducibile
agli strascichi dell’attivismo di alcuni dirigenti locali del socialismo
rivoluzionario. Col 1926, però, tali rimasugli si dissolsero completamente. La
statura morale ed ideologica degli uomini del socialismo racalmutese non svetta
di certo. Qualche legame con il movimento comunista sembra esservi stato. Il Messana
vi si diffonde, ma con evidente enfasi di parte. Racalmuto, ancor prima degli
anni del consenso che secondo il De Felice abbracciano il periodo 1929-1936, fu
fascista in modo entusiastico e radicale, Dal 1927 senza dubbio. Sciascia
ironizza sulla frase ‘fascista sino al midollo’: ma nel nostro caso una qualche
rispondenza al vero quel motto di Mussolini ce l’ha. Grande merito di ciò è da
attribuire alla figura del primo podestà Enrico Macaluso, esaltato persino
dallo stesso Sciascia, bistrattato dal Messana che, però, alquanto
contraddittoriamente, finisce col fornire un quadro di positività, almeno per
quanto attiene alle doti di onestà amministrativa del Macaluso. E non è poco,
come l’attuale rivolta morale contro tangentopoli ampiamente dimostra.
Prodromi,
avvento ed affermazione del fascismo a Racalmuto.
Risulta
alquanto singolare che il primo momento d’interesse per il fascismo si consumi,
a Racalmuto, nell’esclusivo e nobiliare circolo Unione. Era il sedici gennaio
1921. Nel sodalizio reso celebre da Sciascia nelle sue Parrocchie di Regalpetra
si volle l’abbonamento al giornale di Mussolini “Popolo d’Italia”. Quali movivi
vi sottendessero non è dato di sapere. Il verbale n. 4 recita testulamente:
«Abbonamento al giornale Popolo d’Italia: Indi
[il 16.1.1921] postoa in discussione l’abbonamento al giornale “Popolo
d’Italia”, esperitasi la votazione, riesce approvato a maggioranza di voti.
Previa lettura e conferma il verbale si sottoscrive. Il presidente: Bartolotta;
I soci: G. Grillo e S.Messana - Il Segretario: Sciascia.»
Non si
raggiunge l’unanimità, come di solito. Si fa firmare il verbale,
inconsuetamente a due soci. Il presidente è Bartolotta, all’epoca potente
vicesindaco e notabile del luogo che l’opinione pubblica accreditava come referente
della mafia del territorio.
La
verbalizzazione del Circolo Unione - diversamente, ad esempio, da quella del
Muotuo Soccorso - è estrememante succinta ed è del tutto rituale: ciò
conferisce maggior risalto a questa nota sull’abbonamento al giornale di Mussolini
agli albori del fascismo. Pensiamo che quell’atto da parte dei ‘galantuomini’
racalmutesi si debba alla svolta, notatasi anche in paese, dell’opinione
pubblica, in accentuata fase di disaffezione verso il movimento socialista, in
auge nel biennio precedente. Un riscontro lo troviamo nella verbalizzazione del
cennato Mutuo Soccorso di Racalmuto. Citiamo da un lavoro dattiloscritto
disponibile presso quel circolo (17 :
« Il 18 aprile 1920, il Mutuo Soccorso aveva
avuto anche un momento di simpatie socialiste.
Ciò, per merito del Vice Presidente Giuseppe SCIASCIA. In una seduta
consiliare, sovraccarica di lavoro
ed alquanto disordinata, inopinatamente il sig. Sciascia Giuseppe di Giuseppe
propone di abbonare il circolo
all'«AVANTI!». Il Presidente (ricopriva allora quella carica il sig. Restivo Pantalone
Salvatore, un benpensante con nessuna simpatia socialista) «propone di
respingere la proposta avendo scopo di
sovvertimento della Società». Le
votazioni dànno, però, torto al Restivo Pantalone: «su nove aventi
diritto al voto, viene approvato l'abbonamento con voti sei contro tre». Non è comunque nelle
intenzioni dello Sciascia stravincere o dare troppo peso politico all'episodio.
Questi fa verbalizzare che «tiene a dichiarare che, contrariamente all'allusione fatta dal
Presidente nel ritenere che
l'abbonamento al giornale Avanti sia fatto nell'esclusivo interesse di
sovvertimento della nostra società, ha creduto <invece> sottoporre
all'approvazione del Consiglio l'abbonamento in parola per scopo soltanto istruttivo e per allargare le cognizioni culturali
della società.» Ancor più contrario a quel vezzo socialista il controllo Vincenzo Tinebra. Ma questi non
può votare. Si attacca allora all'espediente di rimettere la decisione
all'assemblea «trattandosi di un giornale con scopi rivoluzionari e
sovversivi». Ma il V. Presidente si oppone perché «ciò non è competenza dell'assemblea». Il consiglio è
d'accordo col V. Presidente. La faccenda ha un seguito: il Presidente Restivo
Pantalone è uomo d'onore e, quindi, si dimette dalla carica. Porta a scusa di essere stato trattato «con poca
cordialità dall'amministrazione».
Tante insistenze e la smentita per il tramite di una commissione non valsero a
farlo desistere da quelle dimissioni. Ciò agevola il Vice Giuseppe SCIASCIA,
che finisce col diventare il numero uno
del circolo. Segue il Restivo Pantalone nelle dimissioni anche il controllo
Vincenzo Tinebra, che peraltro gli era
'congiunto'. La vicepresidenza SCIASCIA dura, ad ogni buon conto, lo spazio di
un mattino. Non ci vien detto neppure perché: le sue dimissioni vengono
approvate all'unanimità il giorno 27 maggio 1920. In seconda convocazione,
annota il segretario Giuseppe Collura. Subentra nella presidenza Giovanni
FANTAUZZO. [...]
« L'anno 1921 si apre con una nuova amministrazione,
stavolta tutta conservatrice ed antisocialista. Vi sono tagli persino
dittatoriali. Ne è alfiere un personaggio insospettabile sotto tale veste:
IGNAZIO INFANTINO. Viene strappata mezza
pagina del libro dei verbali. La calligrafia si fa rototondeggiante, linda,
precisa. Lo stile è curato. Col 31
gennaio 1921, inizia una nuova epoca al
circolo. Contrassegna la restaurazione il nuovo presidente Ignazio
Infantino. La sua amministrazione era stata eletta sulla base di una lista che, per la prima
volta, viene propagandata su fogli
dattiloscritti. Il Vice Presidente è la
notoria figura di Baldassare Tinebra. Il vecchio e antisocialista presidente dimissionario
Salvatore Restivo Pantalone accetta, ora, di retrocedere al grado di
cassiere, pur di essere presente
nell'opera di recupero conservatore del Mutuo Soccorso. Tra i consiglieri
notiamo personalità come Casuccio Salvatore di Calogero o Rosina Salvatore.
Calogero Volpe e Vincenzo Tinebra gradiscono la carica di 'controlli'. A
portabandiera vengono chiamati Giuseppe Fantauzzo ed Angelo Collura. La
verbalizzazione della prima seduta del nuovo corso val la pena di riportarla pressoché integralmente.
«Il presidente, visto il numero legale degli intervenuti, dichiara aperta la
seduta e delibera quanto appresso:
«1° La Presidenza con l'accordo unanime degli intervenuti, ritenuto che
il voto a Vice Segretario era attribuito al
signor Scimè Chiodo Giuseppe di Carmelo, perché egli era il candidato
proposto dalla lista di opposizione a quella
ufficiale, lo proclama a Vice Segretario di questo Sodalizio ad
unanimità. - 2° Il consiglio Direttivo ad unanimità, compresi i controlli aventi
diritto di voto, ritenuto che il giornale L'AVANTI non risponde alle esigenze delle istituzioni
costituzionali, che reggono il nostro Sodalizio, propone la soppressione di
detto giornale L'AVANTI, ed ad unanimità si delibera la soppressione, dando mandato
al Presidente di sopprimere detto giornale, scrivendo al Direttore di detto
giornale, di non più spedire il detto giornale ad onta di essere pagato anticipatamente. [..]»
« Nei primi anni del fascismo, la vita del circolo scorre
tranquilla e piuttosto anonima. [..]
Qualche segno dell'avvento del regime fascista si ha nel 1926. Il giorno
11 dicembre si verbalizza l'approvazione
dell'abbonamento al giornale IL POPOLO D'ITALIA dismettendo la compera
del giornale SICILIA NUOVA. Durante la discussione il Consigliere Luigi VELLA
si allontana, intuibilmente per
dissenso. [...] Si ha la forza per rifiutare l'abbonamento al
giornale L'Aquila, nonostante la
richiesta promani dalla casa dei Balilla di Agrigento (5 novembre 1929). Ma per
il matrimonio del principe di Piemonte,
«ad unanimità il consiglio stanzia la somma di lire trecento» (2 gennaio 1930).
Il 10 maggio 1930 (anno VIII) «il presidente mette a voti segreti col sistema
delle fagiole, per il prelevamento della somma per pagare le tessere agli
iscritti del circolo all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto
il risultato ad unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal
fondo di cassa e l'iscrizione a corpo.» L'omologazione fascista si è dunque
consumata. Presidente è Salvatore
Mattina fu Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era arrivata una circolare mandata dal
Podestà, con cui si esigeva l'iscrizione del circolo all'Opera nazionale
Dopolavoro. I tempi della libertà di
associazione erano definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. [..] Le
cariche sociali cessano di essere affidate a libere elezioni. «Ritenuto che la
nuova amministrazione - viene verbalizzato, con contorta prosa, il 9 dicembre
1932 - sarà approvata prima della fine
del c.m. per ordine del Commissario Comunale ddel'O.N.D. sig. Mattina prof.
Giuseppe, ed in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.» al consiglio non rimane
altro che procedere ad una commissione
consultiva, incaricata di segnalare nominativi graditi.»
Per avere
un’altra testimonianza della propensione del Circolo Unione verso il fascismo
dobbiamo, invece, attendere (18) il 1932. E’ di risalto per la
nostra ricerca questo verbale:
«Nomina a Soci Onorari: L’anno
millenovecentotrentadue il giorno 26 del mese di giugno alle ore 20,30 nella
solita sala delle adunanze si è riunita l’assemblea generale straordinaria dei
Signori Soci per discutere e deliberare sul seguente:/ Ordine del giorno/ Nomina
a Soci Onorari./ Il Presidente/
constatato il numero legale dei Soci presenti in n. 35 dichiara aperta la
seduta ed invita l’assemblea a procedere alla nomina a Socio Onorario del
concittadino Sansepolcrista Comm. avv. Giuseppe Pedalino.
«Il Socio Rag. Sciascia Vincenzo a questo punto domanda la
parola, ed avutone l’assenso dal Presidente dichiara non solo di aderire toto
corde alla proposta per la nomina del Comm. Pedalino a Socio onorario di questo
Sodalizio, ma di nominare anche, con lui, gli altri nostri illustri
concittadini, Generale Egidio Macaluso, il gesuita Padre Francesco Paolo
Nalbone, e il gesuita oratore insigne, Padre Antonio Parisi.
«L’assemblea per acclamazione approva la proposta del
Presidente e del Rag. Vincenzo Sciascia e dà incarico al Presidente di
comunicare tale deliberato agli illustri nuovi Soci onorari. Dopo di che
l’Assemblea si scioglie. Previa lettura e conferma il verbale è approvato e
sottoscritto. Il Segretario: Vinci. - Il Presidente: Mendola».
Il
Pedalino aveva nel 1930 brigato per farsi riconoscere ‘Sansepolcrista’. Nel
1929 v’era stata la celebrazione del decennale dell’adunata del 23 marzo 1919
di piazza S. Sepolcro. I giornali avevano pubblicato l’elenco dei
sansepolcristi desunto dal numero del “Popolo d’Italia” del 24 marzo 1919” ed
il Pedalino non c’era. (Cfr., ad esempio, L’Impero - quotidiano fascista della
sera, Sabato 23 marzo 1929 - VII). (19 ) L’anno successivo, 56
milanesi - tra i quali il nostro Giuseppe Pedalino - mostravano di avere vinto
la loro piccola battaglia per il riconoscimento ufficiale si sansepolcristi,
come attesta questo telegramma:
«A S.E. Mussolini roma - ricevuto il 23 marzo
1930 ore 19,18 da Milano 89399 - Presenti alla seduta del 21 marzo partecipanti
all’adunata gloriosa del 23 marzo 1919 stop Esprimiamo cordiale devoto
ringraziamento pel Vostro pensiero benevolo verso di noi stop Avere posto la
vecchia guardia accanto autorità ci commuove ed esalta stop Noi chiediamo di
servirVi in ogni ora come nella primissima col giuramento con la fede con
l’opera con tutto noi stessi stop Pronti alla buona causa[seguono firme:
Giuseppe Pedalino è al quindicesimo posto].»
La
retorica dei firmatari non era valsa ad impedire una poliziesca attenzione sul
loro conto. Viene annotato con matita
rossa:”tenere in evidenza tutti nomi”, e con matita nera: “Fatte copie per i
fasc. rispettivi di tutti i firmatari dell’accluso telegr. - 27.3.1930 VIII”.
*
* *
Un
episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo Sciascia
e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione della
cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata Sciasca: (20
)
«Dopo il declino dei Lascuda [vale a dire dei
Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da professionisti,
dominavano i medici, ché allora diversa era la professione del medico, a
Regalpetra [alias Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali non
si distinguevano tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica
distinzione stava nel fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra
alla mafia si appoggiava, le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei
mafiosi, ma un risultato imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i
mafiosi non giuocavano aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I
socialisti, come si dice delle puntate a cavallo nel baccarà, quando il banco né tira né paga, non facevano giouco;
l’avvocato [Vincenzo Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva
coraggio e speranza, mugugnava amarezza e delusione.
«Questa arcadia da cui ogni tanto scappava fuori l’ammazzato
prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita con questa deliberazione
del Consiglio Cominale:
«”L’anno millenoventoventitre nel giorno quattordici del
mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio Comunale di Regalpetra
[Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda convocazione, diramati e
consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125 della legge, si è riunito in
adunanza straordinaria nella solita sala municipale con l’intervento dei
signori ..., ed all’appello nominale
risultarono assenti gli altri diciannove consiglieri di cui uno morto,
ed essendo in numero legale per validità della deliberazione ... PROPOSTA - Conferimento della cittadinanza onoraria a
S.E. Benito Mussolini - Il presidente rammenta all’onorevole consesso la viva
lotta che molti Comuni Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i
passati governi per la soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente,
soggiunge, solo il Governo Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente
accontentare i voti di quanti di quel dono della natura vanno privi. Di fronte
a sì alto beneficio, questo Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di
tutto il popolo di Regalpetra, non potrà diversamente esprimere la sua
riconoscenza e devozione al Governo Fascista che conferendo la cittadinanza
onoraria al suo Capo Supremo S.E. Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti
unanimie con entusiastiche acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha
conferito la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini.”
«Così sollecitamente e pienamente il governo fascista
risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare l’acqua a Regalpetra
giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono ammucchiati dietro i
magazzini, da principio se ne interessarono i ragazzi, per giuoco vi si
inconigliavano dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati nell’erba
alta. L’acqua arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In quanto agli
undici consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a Mussolini, un
paio restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero mai al fascio,
masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti quei diciotto
(facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si erano
evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.
«Il sindaco quella proposta aveva fatto per guardarsi le
spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che annunciava a Mussolini la
deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece che denunciava il prefetto
come protettore della delinquenza, voleva dire della delinquenza dei fascisti
non di quella della mafia: come un fulmine giunse l’ordine di scioglimento del
Consiglio comunale, fu nominato commissario il capo dei fascisti regalpetresi.
[...]
«Dopo il 23, il diagramma degli omicidi si avalla; poi Mori,
con metodi già noti, ramazzò mafiosi e favoreggiatori, ma non si creda
riuscisse ad estirparli definitivamente, soltanto nella nostalgia per il
fascismo si può credere una simile cosa. Per quel che io ricorso, e più
indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più euforici del fascismo c’era a
Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante cui per comodo tutti i furti e
gli incendi di case di campagna, che in quel tempo furono numerosissimi,
venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito (che era un proveruomo che doveva scontare una condanna per furto, e a
costituirsi non si decideva; viveva con le magre tassazioni che ai galantuomini
imponeva); e per la taglia lo ammazzarono, gli diedero alloggio e poi
l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno, all’uomo che quel servigio aveva
reso alla società, nell’opinione dei regalpetresi fece giusta vendetta. »
Il Messana
(21) spoglia del velo della fantasia l’episodio ed il contesto
storico della pagina sciasciana, e con il suo solito approccio politicamente
fin troppo scoperto, così ricostruisce la vicenda:
«Il Commendatore Bartolotta, ad un certo
punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di difesa. Era
lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un seguito nel
paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I capipopolo erano
il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la persecuzione a
Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un pretesto per
allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare del
paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue qualità di
capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico della
Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il paese
che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico delle
popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la costruzione
degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di anticipazione di
fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore burocratiche nella
approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini promosse una legge che
snelliva l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne semplificava le operazioni di
finanziamento e quindi di realizzazione delle opere. Siccome Racalmuto era un
paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’, venne ad essere beneficiato da tale
provvedimento legislativo. Il commendatore Bartolotta, prese la palla al balzo
e chiese al sindaco Scimè di conferire la cittadinanza onoraria del paese a
Benito Mussolini. Egli pensava che ciò avrebbe fatto desistere il prefetto dal
perseguitare il consiglio ed avrebbe anche allontanato le insidie che si
tendevano contro la sua persona. Il sindaco Scimè convocò il consiglio per il
13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo argomento all’ordine del giorno:
Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini per avere
risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.
«Malgrado le pressioni e le preghiere di Bartolotta, il 13
dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta. non si potè in modo assoluto
raggiungere il numero legale di consiglieri presente. Il 14 dicembre alla
stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione. Non c’era più bisogno delle
presenze della metà più uno dei consiglieri in carica per essere valida
l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120, 125 della legge comunale
allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore Bartolotta aveva personalmente
pregato tutti i consiglieri di essere presenti, molti avevano promesso di
accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti solo dieci e precisamente,
lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè, Giovanni Macaluso, Nestore
Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico Grisafi, Calogero Scimè,
Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per l’inizio della discussione si
sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti gli amici di Bartolotta, non
trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la siesta a casa nella sua
poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di recarsi al consiglio,
l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse in aula la votazione
era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette associarsi, sicché Mussolini
diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici voti su undici consiglieri
presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono andate poi in modo alquanto
strano: gli undici che votarono sì per la cittadinanza onoraria a Mussolini non
divennero mai fascisti, anzi molti di essi rimasero i depositari
dell’antifascismo locale, i protestatari, i nostalgici della libertà e furono
definiti borbonici, si estraniarono completamente dalla vita pubblica, rimasero
a maledire e ad attendere la caduta dell’avventuriero, rinunziando a possibili
sistemazioni, non pochi dei diciannove assenti invece si accodarono e scesero
in piazza in “giummo” e stivali.
«Il problema idrico Mussolini lo risolvette solo a parole,
l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in paese ben sette anni dopo la
caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua fucilazione. Non avrebbe
potuto impiegare certamente di più se il suo avvento al potere non ci fosse mai
stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese dei vari comuni S.E. Teruzzi,
ministro del suo governo, nel 1925, per mettere la prima pietra dei costruendi
acquedotti, in parata tanto solenne che solo a Racalmuto costò L. 1000 di
allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà senza possibilità di
ricorrere o di parlare.
«Il commendatore Bartolotta, rassicurato dagli applausi dei
fascisti presenti in aula allorchè si proclamò in consiglio l’esito della
votazione per il conferimento della cittadinanza a Mussolini, tentò anche di
costituire lui un fascio di combattimento, sperando di abbattere i fascisti
locali.
«Nello stesso tempo indusse il Sindaco Scimè a ricorrere al
Ministero contro il prefetto per certe irregolarità commesse in provincia.
L’esito di tale azione fu drastico. Il consiglio comunale fu sciolto appena tre
settimane dopo il conferimento della cittadinanza al Capo del Governo. Il 7 gennaio
si insediò il commissario prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto. Il
commendatore finì in carcere la sua attività politica.»
Tra la
versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono piccole
divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo barcollante
per essere più efficace. La realtà storica appare, però, più intricante di quella resa dai due
intellettuali antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai
volenterosi fonti informative puntuali e oltremodo precise. Le carte
dell’archivio centrale romano (22) , da noi consultate, consentono
questa ricostruzione:
«R. Prefettura di Girgenti - Gabinetto n.°
1266 del 19. 12. 1923. -
L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920
con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva
opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter
vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la
protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in
Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima
dell’Amministrazione è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto
la carica di assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni
più forti e fedeli della democrazia sociale.
«Con l’avvento del Fascismo al potere cominciarono a
muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta amministrazione, ma
finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare alcun provvedimento,
stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle amministrazioni a
carattere socialista ed anticostituzionale, che non funzionavano o funzionavano
male. Esaurito questo compito, credetti di rivolgere il mio pensiero al Comune di
Racalmuto e disposi un’inchiesta a carico [.... E’ emerso:]
«- Scarsissima attività del Consiglio: 15 sedute nel 1921;
10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;
«Quasi abbandonato l’ufficio di polizia rurale, lasciando
piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire impunemente per le campagne,
perché le guardie rurali sono adibite ad altro. [...]
«A tutto questo è da aggiungere che la parte migliore della
cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre intensificato la campagna contro
l’attuale Amministrazione della quale sono pure noti i rapporti sia pure
indiretti con la maffia, la quale viene se non protetta apertamente, certo
lasciata indisturbata a compiere le sue gesta. Tant’è vero che le guardie
campestri, anzichè prestare servizio in campagna come dovrebbero, vengono
adibite a servizi interni. Trattandosi di un importante comune, sarebbe
opportuno che venisse designata come R. Commissario persona capace ed energica,
estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto: Reale.
«10 gennaio 1924: Appunto per S.E. il Ministro: Comune di
Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale; popolazione 15.000 -
motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il pericoloso malcontento
della popolazione contro gli amministratori. Numerose irregolarità e deficienze
accertate da una recente inchiesta. Non risultano interessamentei.
«Il Prefetto della Provincia di Girgenti, veduto il R.D. 24
gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio Comunale di Racalmuto [...]
Ritenuto che il Commissario non ha potuto completare la sistemazione della
Finanza comunale e dei pubblici servizi e che la situazione dei partiti locali
non consente d’altro lato, d’indire subito le elezioni [..] decreta: il termine
per la ricostituzione del Consiglio Comunale di Racalmuto è prorogato di tre
mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto: F.to Giordano.
« 19 marzo 1924:
Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav. Enrico Sindico, ex
colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da Spezia a Racalmuto
[...]
«Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 73 del 26 marzo
1924.
«”Relazione di S.E. il Ministro Segretario di Stato per gli
affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, a S.M. il Re, in
udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che scioglie il Consiglio comunale di
Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’, sul funzionamento
dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle elezioni generali del
1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha accertato numerose
irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo d’inventario e con
scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria non è esattamente
accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di cassa, e per il
mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio dei fondi dal
cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri partigiani, danno
un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del bilancio, mentre le spese
vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e talora senz’alcuna autorizzazione;
il dazio è concesso in appalto a condizioni onerose, è stato omesso il
reimpiego di somme provenienti da alienazione di patrimonio; lavori e forniture
sono state eseguite irregolarmente in economia ed in esse hanno spesso avuto
interesse gli stessi amministratori.
«Tra i pubblici servizi sono assai trascurati la nettezza
urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza annonaria e la polizia rurale.
La disordinata gestione della civica azienda ha provocato nella popolazione un
vivissimo malcontento e l’eccitazione degli animi è tale da far temere
turbamenti per la pubblica quiete.
«Anche ragioni di ordine pubblico, oltre che la necessità di
provvedere senza indugio al riordinamento amministrativo e finanziario della
civica azienda, rendono quindi indispensabile lo scioglimento del Consiglio
comunale con la conseguente nomina di un Regio commissario, ed a ciò provvede
lo schema di decreto che ho l’onore di sottoporre all’Augusta firma della
Maestà Vostra.
«Vitt. Emanuele III [..] visti gli articoli 323 e 324 del
t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con R. d. 4.2.1915 n. 148,
nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è sciolto [...] il sig. cav.
Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario con i poteri del R. d.
24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III re d’Italia- Mussoluni.»
Il colonnello Sindico non diede buona prova:
nel dicembre di quell’anno veniva destituito:
«26.12.1924, risposta a 26.11.1924. -
Prefettura diGirgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal Colonnello
Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole, anzi [..]
non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio: mediocre.»
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