Dov’ero il pomeriggio del 23 luglio del 1991? Non ricordo.
Non ero però a Racalmuto; se dovessi dare comunque una risposta perché ad
esempio pressato da un giudice del taglio di Falcone, se insomma fossi nelle
ambasce di Sciascia chiamato a spiegare se conosceva, se aveva incontrato Joe
Macaluso, se aveva promesso scritture di elevato stile a difesa di Sindona,
avrei supposto che mi trovavo nell’astraco di Baccarecce con una diafana
vecchina dolcissima, la mamma di mia moglie e con mia moglie s’intende. Mi
sarei trovato là per sfuggire alle irrespirabili afe delle estati romane.
Non ero certo a Racalmuto anche se socio sia del Mutuo
Soccorso sia del Circolo Unione. Ma Bolzoni non mi avrebbe creduto: ero un
omertoso perché racalmutese, perché socio del Mutuo Soccorso, circolo chissà perché
passato dalla bisca sciasciana ad accolta di accaniti lettori di giornali
sportivi.
Malgradotutto ha voglia di questi giorni di riesumare un
pezzo giornalistico proprio di Bolzoni del 24 luglio 1991 – attualissimo dunque
– e là vi sorge la saga di una Racalmuto che vede e non parla, che sa e non
dice, che riconosce e finge di ignorare – reticente, contigua, affine, “infiltrata”.
Malgradotutto mi pare con questa uscita rievocatrice il nostro bravo giano
bifronte: da un lato pregno di una pietà per Sole orbato di computer e dall’altro
sodale con i fabbricanti della più stucchevole favola di una Regalpetra
inquinata dalla tabe della maffia (mi piace scriverla con due effe, come nelle
ottocentesche informazioni prefettizie).
Come le due cose possano andare a braccetto senza stridere e
ledere i vivi (i morti sono morti), non so, non credo. Certo vi è stato dopo il
ricamo di Tanu su un giovanile essere della Regalpetra terra di stragi mafiose. Là il killer cessa
di essere un solitario killer e, indubitabilmente indigeno, inevitabilmente conosciuto
e riconosciuto anche dagli sportivi soci del circolo del
mutuo soccorso. Se sono pieni poi di arcigni “nun
lu sacciu”, gatta ci cova, gatta in odore di mafia endemica: a Racalmuto siamo
diventati tutti “i ragazzi di Regalpetra”. La ministra non vi dormì una notte
intera ma poi firmò: non più paese di Sciascia, ma infiltrato che i “ragazzi”
li manda a fare il sindaco, gli assessori, gli amministratori di destra di
centro e di sinistra.
Nella rutilante prosa di Bolzoni il racconto del racconto si
sparge in luoghi e persone improbabili e la piazza (Castello) diviene “corso” e Liddu Marino diviene il “matto” e per giunta
ubbriacone del paese e tante altre similari facezie. Io che al circolo del
mutuo soccorso ci vado appena imparato a camminare, affirratu pi la manu di ma
patri – purtroppo quasi ottant’anni fa – posso giurare senza tema di smentita
che questa voglia elusiva di dilettarsi di giornalismo sportivo non c’è: magari
accanto allo spaghetto “alto, alto e fino, fino” oggi vi può dimorare l’omonimo del
verro intento a leggere e rileggere il Sole-24 Ore nei fogli della Borsa e ben
vi saprebbe dire cosa sono gli swap, gli outright, i forwad , gli spot ed altre
deliziosi lemmi che mi propinò Clerici di Cavenago quando ispezionai la Banca
Privata Finanziaria che dicono essere stata di Sindona, ma questi manco firmò i
verbali del CdA, quelli più dissolventi.
Questi giornalisti! A dire il vero neppure Tanu si esime dal
venirmi a raccontare che Joe Macaluso “si era occupato personalmente del finto sequestro
del banchiere Michele Sindona e della sua permanenza in Sicilia, quando ormai
scricchiolava vistosamente l’impero finanziario del banchiere di Patti”. No,
quell’impero era crollato il 27 giugno 1974 per una inquietante messa all’indice
nella borsa di Londra e l’atto di morte fu la messa in liquidazione coatta
amministrativa nel settembre del 1974 magari perché un piccolo racalmutese si
ostinò con l’art. 67 del TULB dovendosi impedire al Banco di Roma e dietro all’IOR,
come dire vaticano, e alla finanza ambrosiana, come dire DC e soldi
clerical-meneghini, di trarre vantaggio da un proposto atto di rigore di minore
portata quale quello previsto all’art. 57 sempre del quasi fascista TULB
attorno alla legge del ’36. Oggi è diverso, per le accidie democristiane.
Numeri? No! Misteri delle grandi stragi bancarie e finanziarie ridotte ad
improbabili esecuzioni ordite dal pingue accompagnatore racalmutese di Sindona.
“Ragazzo di Regalpetra” anche lui? Tanu mi è amico, ma un po’ di più VERITAS.
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