A PIERO ho poi da dire quanto segue:
apprezzo ogni tua iniziativa volta a valorizzare il poetico
fiorire racalmutese. Ora posso anche leggere missive di codesto giovane
docente, relegato a Lampedusa, prof. Angelo Campanella. Non lo conosco di
persona: ne apprezzo la scarna, elegante e sagacemente paratattica prosa. Ecco
che nasce in questo lembo racalmutese uno che la penna in mano la tiene e
trattasi di suadente penna leggiera.
Trovatosi un quadernetto ottocentesco di rime baciate, cerca
di farcene partecipe con fondi comunali; ma il volpino ufficio non ci sente da
questo orecchio. Allora mette mano al suo portafoglio – che tanto gonfio non deve essere – e dà
quei parti poetici alle stampe.
A me i poeti vanno un tantinello di traverso: mi fermo ai
sommi e l’ultimo sommo per i miei gusti è spagnolo; morì fucilato a Viznav il
19 agosto del 1936; non so se i fucilieri erano anche siciliani; non so se
c’entra per niente qualcuno che onoriamo con tanto di dedica viaria (lo escludo
assolutamente): si chiamava GARCIA LORCA. Finché non leggo qualcosa che si
avvicini a versi come questi, digrignerò sempre i denti.
La tirannia/del grande
abuso/di questo Jehova/che vi incammina/per un sentiero,/che è sempre lo
stesso,/mentre egli gode/in compagnia/di Donna Morte/che è la sua amante …
Ed anche se afrori erotici qualche giovincello di fine XIX
secolo aveva, l’aver cosparso di viole il talamo della sua Donna Morte mi fa
alquanto sorridere, sperando che non vi abbia congiunto spinose rose, perché
quei piccoli aculei gli spasimi d’amore
avrebbe mutato in gridori di dolore. (Ciò ovviamente per fare anch’io rima
allitterata). Sciascia mi pare giammai ebbe a scrivere versi con eguali sillabe
finali tra versi pari e tra quelli dispari. Non fu poeta con la p minuscola
insomma.
E questo nostro riscoperto poeta ottocentesco traballa
persino nelle cantilene ritmiche. Anch’io da giovincello mi cimentai una volta
(sì padre una sola volta) a far prosa ritmata: arrivai al quinto verso
Ho una tristezza illagrime/che
reca il giono piovigginandola dalle nubi grigie:/Le pupille scorgono i fantasmi
umani/e nelle ore di luce o fra le nebbie/la vita disperde i sogni della notte
..
E qui mi fermai: non avevo birra in corpo. Poi certi fulmini
del Carducci (Piero ricordi? Il poeta vulgo ..) non mi hanno fatto più peccare.
Essendo sceso tu in campo, il volpino ufficio forse si
sbragherà e provvederà. Non me ne adonterò, anche se giammai ho avuto
provvidenze. Non ne ho tutto sommato bisogno. Giammai si sono sbragati con te
(e dire una bella edizione dei tuoi sparsi lavori oltre che dilettevole sarebbe
prossenetica nelle cosiddette vocazioni turistiche). Ma si sa così vanno le
cose a Racalmuto.
Calogero Taverna
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