...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non
comprendo.
mercoledì 5 giugno 2013
Vista così questa epigrafe romana è suadente: bene fanno
quelli di S. Elpidio a volerla tutta per loro, affissa come cimelio di chissà
quale santo locale in alto all’interno di quella che loro considerano una
basilica medievale. La nostra sommessa rilettura – carpendo fior di scienza
epigrafica dalla professoressa universitaria francese Francoise- Hélene Perrault
in Massa – ne dà un altro fascin0, di fruibilità addirittura cosmica.
Riporto: Visto che siamo in piena estasi erudita, ti dirò:
stasera parlavo con una professoressa universitaria, grande archeologa e
francese e mi diceva che non è proprio certo che Elpidio sia di derivazione
greca; è anche nome finnico. Ti conviene però aderire alla mia ipotesi, così
voi di S.Elpidio siete bizanrini e quelli di Pescorocchiano longobardi (questo
è certo): spiegato dunque l'irreversibile rciproco rigetto. Aggiungo: per la
professoressa quello della vostra epigrafe è un edile romano nominato per la
quinta volta (ecco spiegata la Q) Carcurin (abbreviazione di Carcurinus) è
piuttosto inusuale e pertanto difficilmente rinvenibile nei testi di
prosopografia romana. Taronia dovrebbe essere la moglie dell'Edile e tert
(TERTIA) il nome. Se lapide funerea sarebbe la committente, se lapide votiva o
commemorativa, la finanziatrice. Essere edile nella civitas romana ove oggi
sorge S. Elpidio significa che si trattava anche allora di centro abitato molto
rilevante: motivo ulteriore per esaltare l'odierna S. Elpidio e quindi il
dovere di fare approfondite ricerche storiche ed archeologiche. Guarda comunque
che per legge la epigrafe dovrebbe andare al museo dell'Aquila (ma posso
sbagliarmi) comunque giammai in chiesa.
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