Lunedì
17:43
22
ore fa
SCRIVEVO
Io
non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che
mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi
giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia
che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico
Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle
leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda
Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo
delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di
un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse
scricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso
Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana,
quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore
generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma
sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo
di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo
guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che
tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni
'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che
mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata
cittadina propinqua a Racalmuto?
Mi
risponde il prof. Casarrubea:
E'
proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in discussione verità date e
cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e della fatica personale,
come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia
riposta:
La
ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è rincresciuto che la
Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi consenta, istericamente.
Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e tributarie la mia propensione è
solo quella di cercare di intessere un dialogo col dio - di solito il demone -
ascoso nel profluvio di carte e documenti e contabilità e pezze d'appoggio e
contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi sono recato alla Biblioteca
Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del Giornale di Sicilia. Ho trovato
le corrispondenze sul celebre caso di Riesi. Sfido chiunque a dirmi che vi si
parla di un certo commissario Messana. Se penso ai film, ai convegni, all'ANPI
di Palermo mi disoriento. Sono sincero: Lei cade nel trabocchetto teso da Li
Causi. Per ragioni che non so e in tempi molto sospetti, quando forse voleva
far carriera nel PCI (e il carrierismo là fu feroce; ne so qualcosa per
confidenze avute) volle fare apparire il giubilato Ispettore Generale di P.S.
gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana la
reincarnazione di Bava Beccaris per la faccenda di Riesi, il negriero di
Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic e il "compare" di
Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di documenti e di ricostruzioni
storiche che ho potuto trovare o condurre soprattutto per l'ausilio (magari non
voluto) che Ella con i suoi tre preziosi testi pubblicati da Bompiani, sono
giunto alla conclusione che a Riesi Messana non c'era o se c'era il suo ruolo
fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad inquisirlo; che la faccenda di
Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana guerra che volle Mussolini e che il
Messana, quale subalterno del Ministero degli Interni, non durò a Lubiana più
di un anno per non essere in grado di quelle ferocie che i fascisti militanti
esigevano. Ne ebbe conseguenze che rasentano la retrocessione finendo come in
subordine a Trieste dove ad avviso degli stessi suoi denigratori non
commise azioni di rilievo. Quindi non aderì alla RSI, fu destituito dai fascisti
tra i quali non escludo quel Ricciardelli che poi diventa il malevolo
Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio; scappò a Roma nascondendosi
sino alla liberazione degli Americani quando poté tornare al Viminale e per la
sua fede monarchica e forse per le sue protezioni massoniche ritornò in auge,
destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti momenti. Lei diligentemente
scrive che ebbe a denunciare i criminali finanziamenti degli Americani
all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e con maggiore efficacia emerge
dalle relazioni autografe del Messana al suo Ministro, quali ho rinvenuto in
ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici relazioni non pubblicate da
alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto imposto. Lei stesso parla
dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri, Aldisio e in subordine il
Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento, io non ho dubbi di sorta ed
accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè alla deposizione esaustiva del
Messana la cui prima interpretazione è quella letterale e le
superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche per l'obbligo
della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze sociale. Per
questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi prefigurazione
dell'attuale processo di Palermo.
Un
lungo discorso per insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di
Sciascia, una Fondazione si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse
presiedere un incontro per la chiarificazione del ruolo e. se vi sono,
delle colpe del compaesano racalmutese Ettore Messana, magari per stabilire se
gli si deve dedicare una strada in commemorazione oppure no, per comprovata
indegnità. E mi piacerebbe che nella Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA
DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A
GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei
meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA (e credo altrove). E non mi
dispiacerebbe che vi partecipasse anche la Cerrigoi, sempreché desista dalle
non provate accuse contro il Messana.
Lunedì
21:32
E’
la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima
volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il
settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata
Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso.
La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art.
64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti
Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per
contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma
Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse
e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia
chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6
giugno 18.17.40
lei
dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già
ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto
grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche
che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di
resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da
oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti
storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha
deciso.
Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi):
La
Nuova Alabarda 20 giugno •
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è
noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con
l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai
posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana
fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno
1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il
nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla
Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United
Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua
inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia
del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di
Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base
di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana
e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”.
Il
21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al
Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il
Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che
all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia
era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il
Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di
Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i
perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei
confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la
voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva
ricavato lauti profitti.
Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare.
A
fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato
per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per
la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore
Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale,
Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella
casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in
territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei
mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e
dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al
capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli,
perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che
era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa
alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più;
poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”.
Quanto
a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette
nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra
Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo
catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi
contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi
giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui
opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri
Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito
dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise
quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a
Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che
doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche
come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato,
appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo
per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”.
Verdiani
morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli
anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per
approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato
generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani,
nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la
Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia
segreta della Sicilia”.
Non
crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita
a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato
quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete
potuto legge qui da me. Calogero Taverna
Martedì
9:31
La
Nuova Alabarda
20
giugno •
.
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è
noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con
l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai
posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana
fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno
1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il
nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla
Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United
Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua
inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia
del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di
Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base
di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana
e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”.
Il
21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al
Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il
Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che
all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia
era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il
Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di
Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i
perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei
confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la
voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva
ricavato lauti profitti.
Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare.
A
fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato
per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per
la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata
per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e
bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore
Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale,
Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella
casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in
territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei
mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e
dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al
capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli,
perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che
era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa
alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più;
poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”.
Quanto
a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette
nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra
Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo
catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi
contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi
giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui
opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri
Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito
dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise
quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a
Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che
doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche
come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato,
appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena
dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura
automobile”.
Verdiani
morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli
anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per
approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato
generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani,
nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la
Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia
segreta della Sicilia”.
Lillo
Taverna E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita.
La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il
luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la
Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di
Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci
righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante
Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci
per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati.
Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra.
Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le
abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6
giugno 18.17.40
Lei
dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già
ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto
grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche
che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di
resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da
oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti
storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha
deciso.
Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi):
La
Nuova Alabarda 20 giugno
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Etc.
etc.
Che
ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un domani prendesse
l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo adducesse come
prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando anche danni
d’immagine sulla sua famiglia?
Non
crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita
a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato
quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete
potuto legge qui da me. Calogero Taverna
Mi
piace • Rispondi • 7 min
..
VOGLIAMO
RADIOANCHIO E LA RAI SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire
Mi
piace • Rispondi • 1 • 21 giugno alle ore 20.52
..
La
Nuova Alabarda certo che no!
Mi
piace • 22 giugno alle ore 8.34
..
Mercoledì
14:27
CIAO
CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO QUANTO HAI SCRITTO
SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono
stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono rientrato per il pranzo
ed ora sono libero. Ben tornata
ti
ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
pochi
secondi fa
MI
SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a dimostrazione di quale
calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato vittima il gr.uff.
comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore Generale di PS,
dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran mole di
documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una
testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato
Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto
citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo
avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà.
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