Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando.
Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul
mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda
Italia.
Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano
tanto più esiziali quanto più imprevisti.
Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella
degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti
per inesperienze credono più al fascino delle arditezze speculative che a
lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.
L’altra cultura si annida negli organi di controllo
settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile
mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità
autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane.
Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza
Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo:
liquidità, redditività e patrimonio integro, a quella vaga e indefinibile
cosiddetta“prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di
dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1
vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.
E come malefica cornice, ecco lo sbandamento anche per
esemplari condanne - persino penali – della attuale congiuntura.
E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per
dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).
Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene
investigate o rese conoscibili.
Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.
Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo
confiteor ha incautamente esplicitato.
Da pag. 142 sino a pag. 145 vi è una sfilza tale di
ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si
confessa “una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per
professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del
Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue
tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di
più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello
dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche
la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime
entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice
background di grande goodwil : valore di mercato, enorme.
Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito
finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale. E
arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato
alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB.
Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è
censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma.
Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi.
Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: «
L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un
vero padre-padrone … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre
Venezie. »
Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando
la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più
reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise
in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di
banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri per stare fuori accusa. Mi
dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia
affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur
non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi
fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto.
Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per
1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno
di quattro anni.»
Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare
dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse alquanto
disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita. Sia come sia: il revisore
avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379
miliardi; più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400
miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si
dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la
vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine
preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la
Consob).
Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo
SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida
memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella,
Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del
Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.
L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose
storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui
vorremmo parlare in positivo.
L’Anton-Veneta finisce in mani una volta straniere ora
comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima
codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di
mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché
la BI l’ha permesso?
Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini
egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.
L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che
Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo:
affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche
sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono
sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o“imprudente” come più
aggrada.
La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri
giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del
capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale
ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando
il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si
tratterebbe di abbaglio.
La Merckel non vuole inflazionare i mercati per paura
di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la
Germania rifiuta.
Sciogliere la comunità europea ancora non si può.
Dico: quale soluzione allora?
Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali
extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali
MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.
Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni,
decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto
duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi
oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.
Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni.
Allora? Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano
innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari
magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca
d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare.
Occorrono intese politiche specie a Sinistra anche per le vesti rosse della
banca della Senesità. E tanta fortuna
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