Ecco
perché tempo fa avevamo scritto:
Di
tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia.
signorina
Cornigoi risponda a queste note
Quando
leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino
a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande
Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non
ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si
dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato
locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a
lode omaggiante.
Si
disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di
mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista.
E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di
"corre voce", "si dice", "non poteva non sapere",
" era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma
proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il
Gr.Uff. Dottore Ettore Messana.
E
quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi.
E
quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non
autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori
dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola
da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca.
lunedì
12 settembre 2011
L’Ufficio
di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni
dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano.
Ma
ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra
le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava
arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al
solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali
detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare
del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di
ingenti importi di denaro.”
Inoltre
gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da
cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui
siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana.
Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal
grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini
voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può
esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni
italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche
che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a
Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni
coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da
escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare
una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello
che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza
di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro:
“Durante
la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo.”
Insomma
qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli
ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di
particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il
Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma
anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di
ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione
di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività
antifascista molto limitata. In proposito”
Quali
elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura
la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti
veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o
meno segreti.
Mi
si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si
ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo
una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello
stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei
fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide,
Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per
l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana
avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi
la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non
intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero
respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono
rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per
conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero,
poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio
u. s.)
Che
possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era
addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio
politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e
quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”).
Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti”
occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora
al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate
all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico
della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di
occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della
politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare
che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto
ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista.
Ma
il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non
avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione
razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse
sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento
assolutorio.
Ma
giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile
contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca
del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai
crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò
tanto.
Procediamo
nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta
in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione
provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro
i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto
riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena.
Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la
commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della
commissione stessa.[3]”
Il
Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave?
Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini?
E
per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce
con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito
Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben
presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era
ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che
un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di
ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda
incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8
settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a
Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati
quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio”
incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista
della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non
il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole!
Ecco
perché tempo fa avevamo scritto:
Di
tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia.
Venerdì
18:19
Reitero
una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno
storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato dall'esercito".
Questo emerge da una probante corrispondenza che naturalmente la Cernigoi o
ignora o intenzionalmente oblitera.
Per
il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del
Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai
letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto
reiterandoli.
Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana
-------------------------------
bandito
Giuliano
----------------------
La
strage di Portella della Ginestra/ Documenti sulla strage/Documento 13
VERBALE
INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA [rectius ETTORE]
Verbale
di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951
[cartella
4, vol. V, n. 5]
D’ordine
del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66,
nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps.
[Ettore Messana non nacque a Racalmuto, bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato
nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo essere nel 1956, n.d.r.]
Interrogato
in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui
mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel
maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia».
D.
R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che
distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che
istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che
dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di
Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare
l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività
tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio
dell’Evis».
D.
R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio
1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì
una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a
San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad
opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità».
D.
R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a
denunciare solo i quattro arrestati».
D.
R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S.
Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la
direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu
così che io passai alle dipendenze di costui»
D.
R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato,
dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla
per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle
mie dipendenze».
D.
R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di
cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche».
D.
R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato
un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci
convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale
convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo
che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a
Portella».
D.R.
«Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di
Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto
nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il
Guarino avevano orientamento diverso».
D.
R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini».
Contestatogli
che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del
cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde:
«Può
darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di
ricordare così».
D.
R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi
effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale
mi riferiva lo sviluppo di esse».
D.
R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in
Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori».
D.
R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io,
giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai
fermati».
D.
R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni
elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri
Salvatore».
D.
R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui
tramite i suddetti elementi di collegamento».
D.
R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato».
D.
R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda
Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro
cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati».
D.
R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò
mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per
confidenze avute dal Ferreri».
D.
R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe».
Co0ntestatogli
che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino
proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde:
«Escludo
nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato
l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde:
«Il
tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà».
D.
R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista
ancora, ma a me risulta che fu stracciato».
Il
teste Messana:
D.
R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi
loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella
ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto».
D.
R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della
cosa».
A
domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde:
«Non
ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma
non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome,
essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma
ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto
inintellegibile».
D.R.
«Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne
furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori».
D.R.
«Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti,
i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un
confidente- senza indicarne le generalità».
D.R.
«Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella.
Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva
attentare alla vita dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali
il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello
Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi».
D.R.
«Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto
di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto
porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non constatai personalmente».
D.R.
«Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano».
D.R.
«Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti
con persone insospettabili».
D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani»
D.R.
«Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R.
«Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse
spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze».
D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere».
D.R.
«Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so
se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti».
A
domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Per
il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come
di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza».
D.R.
«Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni
organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le
varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire
alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere
comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda
i fatti di Portella».
D.R.
«Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite».
A
domanda dell’avv. Sotgiu, risponde:
«Non
mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo
Rossi, autista del colonnello Paolantonio».
A
domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Parlando
di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo
Lo Bianco relativo ai fatti di Portella»
A
domanda del Pisciotta Gaspare, risponde:
«Escludo
di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia
stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di
armi».
Il
Pisciotta aggiunge:
«I
cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse
Ferreri».
Dopo
di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del
23.7.1951 ore 9,30.
Calogero
Taverna a 21:57
Link a questo post
Domenica
18:26
Io
non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che
mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi
giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia
che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico
Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle
leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda
Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo
delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di
un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse
schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso
Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana,
quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore
generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma
sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo
di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo
guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che
tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni
'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che
mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata
cittadina propinqua a Racalmuto?
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