lunedì
12 settembre 2011
L’Ufficio
di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni
dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano.
Ma
ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra
le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava
arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al
solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali
detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare
del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di
ingenti importi di denaro.”
Inoltre
gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da
cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui
siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana.
Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal
grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini
voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può
esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni
italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche
che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a
Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni
coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da
escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare
una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello
che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza
di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro:
“Durante
la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo.”
Insomma
qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli
ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di
particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il
Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma
anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di
ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione
di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività
antifascista molto limitata. In proposito”
Quali
elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura
la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle
infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di
polizia, più o meno segreti.
Mi
si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si
ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo
una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello
stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei
fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide,
Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per
l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana
avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi
la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non
intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero
respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono
rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per
conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero,
poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio
u. s.)
Che
possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era
addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio
politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e
quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto
”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e
per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce
l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le
carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti
dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe
jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti
malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto
ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per
scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte
olezzo fascista.
Ma
il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non
avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione
razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse
sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento
assolutorio.
Ma
giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile
contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca
del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai
crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò
tanto.
Procediamo
nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta
in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione
provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro
i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto
riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena.
Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la
commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della
commissione stessa.[3]”
Il
Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave?
Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini?
E
per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce
con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito
Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben
presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era
ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che
un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di
ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda
incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8
settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a
Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati
quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio”
incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito.
Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel
biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece,
sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’
l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne
torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla
doppia esse. Ammirevole!
Ecco
perché tempo fa avevamo scritto:
Di
tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia.
signorina
Cornigoi risponda a queste note
Quando
leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino
a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande
Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non
ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si
dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato
locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a
lode omaggiante.
Si
disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di
mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista.
E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di
"corre voce", "si dice", "non poteva non sapere",
" era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma
proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il
Gr.Uff. Dottore Ettore Messana.
E
quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi.
E
quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non
autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori
dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola
da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca.
lunedì
12 settembre 2011
L’Ufficio
di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni
dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano.
Ma
ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra
le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava
arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al
solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali
detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare
del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di
ingenti importi di denaro.”
Inoltre
gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da
cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui
siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana.
Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal
grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini
voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può
esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni
italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche
che erano ben note. In un primo momento, dicono gli stocici seri, si cercò a
Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni
coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da
escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare
una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello
che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza
di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro:
“Durante
la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo.”
Insomma
qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli
ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di
particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il
Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma
anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di
ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione
di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività
antifascista molto limitata. In proposito”
Quali
elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un ppoliziotto che misura
la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti
veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o
meno segreti.
Mi
si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si
ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo
una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello
stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei
fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide,
Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per
l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana
avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi
la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non
intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero
respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono
rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per
conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero,
poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio
u. s.)
Che
possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non c’era
addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio
politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e
quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”).
Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti”
occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora
al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate
all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico
della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di
occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della
politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare
che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto
ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista.
Ma
il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non
avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione
razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse
sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento
assolutorio.
Ma
giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile
contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca
del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai
crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò
tanto.
Procediamo
nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta
in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione
provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro
i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto
riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena.
Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la
commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della
commissione stessa.[3]”
Il
Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave?
Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini?
E
per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce
con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito
Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben
presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era
ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che
un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di
ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda
incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8
settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a
Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati
quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio”
incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista
della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non
il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole!
Ecco
perché tempo fa avevamo scritto:
Di
tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia.
Venerdì
18:19
Reitero
una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno
storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato dall'esercito".
Questo emerge da una probante corrispondenza che naturalmente la Cernigoi o
ignora o intenzionalmente oblitera.
Per
il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del
Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai
letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto
reiterandoli.
Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana
-------------------------------
bandito
Giuliano
----------------------
La
strage di Portella della Ginestra/ Documenti sulla strage/Documento 13
VERBALE
INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA [rectius ETTORE]
Verbale
di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951
[cartella
4, vol. V, n. 5]
D’ordine
del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66,
nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps.
[Ettore Messana non nacque a Racalmuto, bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato
nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo essere nel 1956, n.d.r.]
Interrogato
in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui
mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel
maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia».
D.
R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che
distribuii in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che
istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che
dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di
Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare
l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività
tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio
dell’Evis».
D.
R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio
1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì
una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a
San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad
opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità».
D.
R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a
denunciare solo i quattro arrestati».
D.
R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S.
Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la
direzione delle indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu
così che io passai alle dipendenze di costui»
D.
R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato,
dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla
per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle
mie dipendenze».
D.
R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di
cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche».
D.
R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato
un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci
convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale
convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo
che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a
Portella».
D.R.
«Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di
Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto
nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il
Guarino avevano orientamento diverso».
D.
R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini».
Contestatogli
che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del
cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde:
«Può
darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di
ricordare così».
D.
R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi
effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale
mi riferiva lo sviluppo di esse».
D.
R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in
Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori».
D.
R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io,
giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai
fermati».
D.
R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni
elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri
Salvatore».
D.
R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui
tramite i suddetti elementi di collegamento».
D.
R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato».
D.
R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda
Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro
cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati».
D.
R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò
mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per
confidenze avute dal Ferreri».
D.
R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe».
Co0ntestatogli
che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino
proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde:
«Escludo
nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato
l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde:
«Il
tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà».
D.
R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista
ancora, ma a me risulta che fu stracciato».
Il
teste Messana:
D.
R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi
loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella
ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto».
D.
R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della
cosa».
A
domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde:
«Non
ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma
non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome,
essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma
ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto
inintellegibile».
D.R.
«Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne
furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori».
D.R.
«Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti,
i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un
confidente- senza indicarne le generalità».
D.R.
«Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella.
Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva
attentare alla vita dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali
il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello
Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi».
D.R.
«Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto
di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto
porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non constatai personalmente».
D.R.
«Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano».
D.R.
«Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti
con persone insospettabili».
D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani»
D.R.
«Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R.
«Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse
spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze».
D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere».
D.R.
«Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so
se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti».
A
domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Per
il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come
di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza».
D.R.
«Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni
organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le
varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire
alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere
comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda
i fatti di Portella».
D.R.
«Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite».
A
domanda dell’avv. Sotgiu, risponde:
«Non
mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo
Rossi, autista del colonnello Paolantonio».
A
domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Parlando
di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo
Lo Bianco relativo ai fatti di Portella»
A
domanda del Pisciotta Gaspare, risponde:
«Escludo
di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia
stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di
armi».
Il
Pisciotta aggiunge:
«I
cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse
Ferreri».
Dopo
di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del
23.7.1951 ore 9,30.
Calogero
Taverna a 21:57
Link a questo post
Domenica
18:26
Io
non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che
mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi
giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia
che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico
Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle
leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda
Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo
delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di
un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse
schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso
Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana,
quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore
generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma
sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo
di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo
guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che
tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni
'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che
mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata
cittadina propinqua a Racalmuto?
Lunedì
17:43
22
ore fa
SCRIVEVO
Io
non so se potrò correttamente continuare a sentirmi vetero comunista dopo che
mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi
giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia
che è capovolta anche rispetto ad assiomi che per il meritevole storico
Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle
leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda
Giuliano quando andremo a studiare le carte della NARA in America ne scopriremo
delle belle. Il dottor Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di
un certo nostro mondo. Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse
scricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso
Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la prese tanto con Messana,
quando credo che sia stato lo stesso Scelba a liquidarlo come ispettore
generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava relazionando a Roma
sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore Messana? Non è tempo
di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo siciliano del dopo
guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è revisionismo che
tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima metà degli anni
'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero Castronovo che
mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma chiacchierata
cittadina propinqua a Racalmuto?
Mi
risponde il prof. Casarrubea:
E'
proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in discussione verità date e
cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e della fatica personale,
come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia
riposta:
La
ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è rincresciuto che la
Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi consenta, istericamente.
Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e tributarie la mia propensione è
solo quella di cercare di intessere un dialogo col dio - di solito il demone -
ascoso nel profluvio di carte e documenti e contabilità e pezze d'appoggio e
contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi sono recato alla Biblioteca
Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del Giornale di Sicilia. Ho trovato
le corrispondenze sul celebre caso di Riesi. Sfido chiunque a dirmi che vi si
parla di un certo commissario Messana. Se penso ai film, ai convegni, all'ANPI
di Palermo mi disoriento. Sono sincero: Lei cade nel trabocchetto teso da Li
Causi. Per ragioni che non so e in tempi molto sospetti, quando forse voleva
far carriera nel PCI (e il carrierismo là fu feroce; ne so qualcosa per
confidenze avute) volle fare apparire il giubilato Ispettore Generale di P.S.
gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana la
reincarnazione di Bava Beccaris per la faccenda di Riesi, il negriero di
Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic e il "compare" di
Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di documenti e di ricostruzioni
storiche che ho potuto trovare o condurre soprattutto per l'ausilio (magari non
voluto) che Ella con i suoi tre preziosi testi pubblicati da Bompiani, sono
giunto alla conclusione che a Riesi Messana non c'era o se c'era il suo ruolo
fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad inquisirlo; che la faccenda di
Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana guerra che volle Mussolini e che il
Messana, quale subalterno del Ministero degli Interni, non durò a Lubiana più
di un anno per non essere in grado di quelle ferocie che i fascisti militanti
esigevano. Ne ebbe conseguenze che rasentano la retrocessione finendo come in
subordine a Trieste dove ad avviso degli stessi suoi denigratori non
commise azioni di rilievo. Quindi non aderì alla RSI, fu destituito dai fascisti
tra i quali non escludo quel Ricciardelli che poi diventa il malevolo
Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio; scappò a Roma nascondendosi
sino alla liberazione degli Americani quando poté tornare al Viminale e per la
sua fede monarchica e forse per le sue protezioni massoniche ritornò in auge,
destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti momenti. Lei diligentemente
scrive che ebbe a denunciare i criminali finanziamenti degli Americani
all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e con maggiore efficacia emerge
dalle relazioni autografe del Messana al suo Ministro, quali ho rinvenuto in
ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici relazioni non pubblicate da
alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto imposto. Lei stesso parla
dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri, Aldisio e in subordine il
Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento, io non ho dubbi di sorta ed
accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè alla deposizione esaustiva del
Messana la cui prima interpretazione è quella letterale e le
superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche per l'obbligo
della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze sociale. Per
questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi prefigurazione
dell'attuale processo di Palermo.
Un
lungo discorso per insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di
Sciascia, una Fondazione si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse
presiedere un incontro per la chiarificazione del ruolo e. se vi sono,
delle colpe del compaesano racalmutese Ettore Messana, magari per stabilire se
gli si deve dedicare una strada in commemorazione oppure no, per comprovata
indegnità. E mi piacerebbe che nella Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA
DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A
GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei
meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA (e credo altrove). E non mi
dispiacerebbe che vi partecipasse anche la Cerrigoi, sempreché desista dalle
non provate accuse contro il Messana.
Lunedì
21:32
E’
la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima
volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il
settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata
Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso.
La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art.
64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti
Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per
contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma
Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse
e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia
chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6
giugno 18.17.40
lei
dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già
ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto
grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche
che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di
resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da
oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti
storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha
deciso.
Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi):
La
Nuova Alabarda 20 giugno •
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è
noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con
l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai
posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana
fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno
1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il
nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla
Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United
Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua
inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia
del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di
Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base
di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana
e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”.
Il
21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al
Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il
Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che
all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia
era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il
Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di
Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i
perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei
confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la
voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva
ricavato lauti profitti.
Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare.
A
fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato
per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per
la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore
Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale,
Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella
casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in
territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei
mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e
dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al
capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli,
perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che
era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa
alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più;
poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”.
Quanto
a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette
nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra
Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo
catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi
contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi
giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui
opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri
Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito
dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise
quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a
Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che
doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche
come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato,
appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo
per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”.
Verdiani
morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli
anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per
approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato
generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani,
nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la
Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia
segreta della Sicilia”.
Non
crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita
a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato
quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete
potuto legge qui da me. Calogero Taverna
Martedì
9:31
La
Nuova Alabarda
20
giugno •
.
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è
noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con
l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai
posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana
fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno
1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il
nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla
Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United
Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua
inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia
del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di
Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base
di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana
e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”.
Il
21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al
Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il
Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che
all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia
era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il
Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di
Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i
perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei
confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la
voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva
ricavato lauti profitti.
Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare.
A
fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato
per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per
la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata
per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e
bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore
Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale,
Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella
casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in
territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei
mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e
dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al
capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli,
perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che
era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa
alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più;
poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”.
Quanto
a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette
nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra
Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo
catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi
contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi
giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui
opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri
Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito
dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise
quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a
Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che
doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche
come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato,
appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena
dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura
automobile”.
Verdiani
morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli
anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per
approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato
generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani,
nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la
Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia
segreta della Sicilia”.
Lillo
Taverna E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita.
La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il
luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la
Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di
Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci
righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante
Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci
per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati.
Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra.
Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le
abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6
giugno 18.17.40
Lei
dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già
ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto
grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche
che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di
resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da
oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti
storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha
deciso.
Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi):
La
Nuova Alabarda 20 giugno
APPUNTI
SU ETTORE MESSANA.
Ho
ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Etc.
etc.
Che
ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un domani prendesse
l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo adducesse come
prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando anche danni
d’immagine sulla sua famiglia?
Non
crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita
a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato
quel gran signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete
potuto legge qui da me. Calogero Taverna
Mi
piace • Rispondi • 7 min
..
VOGLIAMO
RADIOANCHIO E LA RAI SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire
Mi
piace • Rispondi • 1 • 21 giugno alle ore 20.52
..
La
Nuova Alabarda certo che no!
Mi
piace • 22 giugno alle ore 8.34
..
Mercoledì
14:27
CIAO
CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO QUANTO HAI SCRITTO
SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono
stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono rientrato per il pranzo
ed ora sono libero. Ben tornata
ti
ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
pochi
secondi fa
MI
SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a dimostrazione di quale
calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato vittima il gr.uff.
comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore Generale di PS,
dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran mole di
documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una
testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato
Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto
citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo
avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà.
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