Che io ami provocare redo che sia indubitabile. Mi vado a leggere di straforo una sapida nota dell'ex sindaco Petrotto che voleva fare le bucce al grande questore Messana, racalmutese doc- Petrotto non era ancora finito sotto la mannaia della Antimafia e quindi amava spararle grosse. Gli chiedo conto e ragione. Non sa che rispondermi. Si basava solo su un deturpante link di Casarrubea. Parto al contrattacco. Faccio una sventagliata di provocazioni. Colpisco nel segno una candida giornalista triestina la CERNIGOI. Teneva un blog LANUOVAALABARDA. Aveva trovato dei "pizzini" infamanti il Messana negli archivi di Trieste e credeva di poter fare il colpo grosso. Ne scrive. Scrive al Casarrubea. Costui coglie la palla al balzo e le spara grosse credendo di poter contare sulla sagacia archivista di codesta giornalista di sinistra e petulante.
Aggredita da me, ecco come la Cernigoi cerca di districarsi. Si limita insomma a ribadire che il nome del Messana l'aveva trovato nell'elenco dei vittoriosi Titini, ebbri di vendetta contro i propri connazionali come contro gli sconfitti italici.
Ma si dà il caso che l'archivio centrale dello Stato italiano è pieno di documentazione storica al riguardo. La richiesta titina di procedere come criminale di guerra contro il Messana è di straforo e rientra in elenchi ricolmi di nomi non tutti precisi ( il caso del Messana) di fatto cervellotici, ridondanti di accuse inventate. Gli elenchi avverso italiani che avevano indossato la divisa militare in Slovenia, fittissimi. Vi finisce anche un parente del mio amico Salamone. Questi mi fa avere una copia di quell'elenco che riguardava il suo congiunto. Abominevole cosa.
Morì subito dopo la fine della guerra quel parente del mio amico favarese. Morì con tutti gli onori militari e civili. False le astiose e fazione accuse. Come per il valente mio concittadino Ettore Messana, come ho potuto abbondantemente dimostrare. Lo reputavano responsabile dell'esecuzione di un loro capo partigiano. Messana si era sbracciato per fare inchieste serie obiettive e puntigliose. Un fascicolo di 72 veline fitte fitte all' ACS di Roma lo comprova. Alla Cernigoi tutto ciò era sfuggito. Casarrubea pur di dimostrare i suoi assunti accusatori non se ne curò. Alle mie contestazioni il Casarrubea sbandò, sviò, scaricò la responsabilità sulla Cernigoi.
L'altro appiglio accusatorio la Cernigoi credette di averlo trovato nel pamphlet di uno strano poliziotto a nome Ricciardelli. Era rimasto neghittoso a Trieste. Cernigoi trova quel pamphlet
e ne fa il suo principale capo di accusa. Perché un questurino fascista della Politica di stanza a Trieste ce l'avesse tanto con Messana che era stato accusato di non avere "'anino del fascista" è presto detto. Spiega il tutto il capo della Polizia Senise: vendette postume dei fascisti sparpagliatisi nelle vare questure d'Italia. E il Ricciardetti ora al riparo nell'internazionalità di Trieste crede di potersi vendicare del suo ex capo Messana e stila un vituperoso attacco che però finì negli scaffali del locale archivio.
Faccende non tanto intricate ma miserevoli che la Cernigoi aveva il dovere di chiarire. Se ne è guardata bene e si è messa a infangare il glorioso grande racalmutese ETTORE MESSANA.
Il grottesco direttore di Malgrado Tutto sembra tenerle bordone.
E poi ci voglion anche inciuciare. Bade retro!!!
Calogero Taverna
La Nuova Alabarda
20 giugno •
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messanae Verdiani ed i servizi segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
I non fatevi intimorire
• 2 • 21 giugno alle ore 20.52
o
Rimuovi
La Nuova Alabarda certo che no!
1 • 22 giugno alle ore 8.34
•
Rimuovi
Valentino Roiatti I fascisti italiani in Slovenia hanno compiuto crimini inenarrabili. Basta chiedere ai loro storici ci racconteranno la verità. In ogni caso a Lubiana , meglio non parlare
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Ho sbriciolato tutte queste presunte documentazioni accusatorie. Ne farò oggetto di una pubblicazione. Se qualche volta ho voluto segnalare copie dei miei risultati archivistici a questa NUOVA ALABARDA alla Cernigoi, ho commesso, non so come si dice in inglese (io a mala pena traduco dal siciliano all'italiano) insomma molestia a mezzo computer? Vi diffido a voi della Polizia Postale a molestarmi su input di questa ex goriziana. Se lo fate ho qui una prova provata che allora agite d'impulso e ve ne assumete le responsabilità. Ma forse ora potete rispondere alla Cernigoi: ma sia seria, signora. Se impapocchia cose di storia e qualcuno la coglie in castagna, in fin dei conti niente di grave; basta una semplice doverosa rettifica. dato che il suo dire sta danneggiando gravissimamente gli eredi del signor gr. uff. comm. san Lazzaro e San Maurizio (onorificenze meritatissime sulle quali signora ex goriziana lei non ha titolo alcuno di sputarci sopra) l'ISPETTORE GENERALE DI PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto.
Se poi, persistendo la signora, dovessimo passare al penale, sarà tutt'altra musica.
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