sabato 26 ottobre 2013

Io, predicatore del sabato sera ...

"E il fatto che la colpa sia collettiva  NON DEVE INDURMI A SCROLLARMELA DI DOSSO  E A SCARICARALA  sugli altri, ma a farmi carico delle colpe altrui, quelle di tutti, non a diffondere la mia colpa e annegarla nella colpa collettiva, ma ad assumere su di me la colpa totale; non ad alienare la mia colpa ma ad immedesimarmi e ad appropriarmi della colpa di tutti, introducendola dentro di me. Ed ognuno deve contribuire ad emendarla, facendo quello che gli altri non fanno. Il fatto che la società sia colpevole aggrava la colpa di ognuno. 'Qualcuno deve pur farlo, ma perché proprio io?', ripetono i deboli pieni di buone intenzioni. ' Qualcuno deve pur farlo, perché non io?', questo è il grido di un serio benefattore dell'uomo che affronti a viso aperto un grave pericolo. Tra queste due sentenze trascorrono secoli di evoluzione morale.
[..] Il fatto che la società sia colpevole aggrava la colpa di ognuno, ed è più colpevole colui che sente maggiormente la colpa. Cristo, l'innocente, giacché conosceva meglio di chiunque altro l'intensità della colpa, era in un certo senso il più colpevole. In lui giunse a farsi coscienza la divinità dell'umanità e, con essa, la sua colpa.  [...] il male oscura la coscienza e non solo la coscienza morale, bensì quella generale, cioè la psichica. E' buono ciò che sublima e dilata la coscienza, cattivo, ciò che la deprime." [Miguel de Unamuno]

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