Nel vostro
diverso ruolo potreste essere interessati a questa mia provocazione per un
recupero della memoria di Rosso di San Secondo
...per
mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
gennaio 2013
Lettera aperta a Tano Savatteri:
paga il tuo fio, collabora con me per il
recupero di Pier Maria Rosso di San Secondo da Caltanissetta, al teatro Regina
Margherita di Racalmuto.
Se, quando deceduto, trovassero qualche mio
scritto celiante la tua famiglia cosa diresti? Se lo facessi tu con me, mi
incazzerei di brutto. Io inizierei con un prete squinternato da Sciascia
l’arrendatario don Savatteri e Brutto. E magari ci metterei la dilatata tua
stazza fisica, richiamando qualche episodio di nonni maneschi. E ovviamente
sarei lieve e quasi giocoso. Tu, metteresti in berlina la mia statura non
eccelsa. Ma noi siamo uomini d’onore, disdegniamo entrambi i fanciulli discoli
di una evanescente Regalpetra e passeremmo oltre. Non così fece un certo Orio
Vergani che a babbo morto , nel 1956 (Rosso di San Secondo o era morto o stava
per morire nel novembre del 1956) si mise a scorticare vivo il letterariamente
già defunto suo vecchio direttore Rosso. Tu, caro Tano, nel 2005, quasi mezzo
secolo dopo gli vai dietro e risillabi: piccolo, olivastro, il colletto duro
stretto attorno al pomo di Adamo … con certi astratti furori, sguardi straniti,
dolori cupi, e una specie di nera solitudine: Aggettivi a iosa insomma. “Aveva
conosciuto il dolore: un fratello morto suicida”. E non parli di Sciascia, ma
di Rosso di San Secondo . Ancor oggi mi chiedo: chi scrisse per la tomba del
diletto fratello quegli strazianti versi latini? Sciascia o la prof. Andronico?
Ma noi non facciamo erudizione, vero
Tano?
Ma emendiamoci. Quanto a Rosso di San
Secondo io vetero comunista mi porto l’infamia rossa di un seppellimento di un
grande genio siciliano sol perché fu un grande fascistone. Ma sempre genio
resta, ad onta dell’estetica desunta da Gramsci ad onta del realismo
lukacsiano, ma tu caro Tano pecchi in prima persona. Redimiamoci. Portiamo nel
teatrino (che ormai così angusto niente altro è) col suo desueto nome
monarchico “Regina Margherita” (così vollero i racalmutesi) la rivisitazione di
tanto grandissimo autore. Facciamo un’operazione culturale. Facciamo recitare a
qualche giovane promessa del teatro, con ascendenze racalmutesi, passi sparsi
della enorme produzione teatrale del Nisseno; costruiamo una sorta di antologia
sulla gracilità dell’esser donna secondo Pier Maria nella Sicilia dell’inizio
del secolo scorso. Penso ad eroine strambe, vaghe, ingenue e peccatrici quali
ad esempio la LOTTE del Segno Verde. Ho conosciuto ieri una catanese
produttrice cinematografica e teatrale che per contenuti denari ben si
presterebbe a iniziative del genere. A Catania c’e quel nume nascente -
BUTTAFUOCO - che ti voleva fare questa estate Podestà di Racalmuto in taluni
suoi spunti sul Foglio. Fascista lui, fascista Rosso di San Secondo … io non ho
prevenzioni. Un teatrino come quello di Racalmuto a questo è deputato .. ad
operazioni culturali senza ritorno economico. E’ il suo vanto, è il mio
orgoglio.
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