RACALMUTO PAESE DA FAVOLA
favola s'intende nel senso di mito, fantasia, immaginifica menzogna, confuso racconto, mirabolante invenzione storica.
Già! un accigliato ingegnere rubacastelli medievali, prende una inesistente Santa Rosalia dai Bollandisti datata attorno al XII secolo e la si fa nascere a Racalmuto addirittura nel caseggiato ottocentesco degli arricchiti mugnai Romano.
Certa religiosità da ovidiane metamorfosi sancisce ora, mito, modo, cavallerizzi, e carri trainati non so da quanti paia di buoi affittati a Licata di una portentosa Venuta a Racalmuto della Bella Madre del Monte.
Una casta principessa di Ventimiglia, almeno sino ad una certa data della sua precocissima vedovanza, la si fa apparire una sorta di Beatrice Cenci, addirittura processata (anche se invero non decapitrato) in un qualche romanzo storico di clinici di successo.
Ed altro ed altro ancora.
Noi, modesti sbirciatori di rolli e brevi, di carte notarili e di escatolli di improba lettura ci troviamo questa sorta di palinsesto, lo pubblichiamo traendone una approssimativa lettura. Se paleografi suppliscono alle mie deficienze dilettantistiche, provocati magari da noi, ci leggono, correggono, ci integrano e ci mettono alla gogna nelle loro accigliate stampe, noi saremmo loro molto grati. Ne va di mezzo la veridica storia di quelle pasticciate cronache parrocchiali dello Sciascia scrivente.
Die XVIII° Aprilis VIIII Inditionis 1626
Francesco Fimia e Giacomo Montaldo due dei Giurati dell' UNIVERSITA' di questa Terra di Racalmìuto, noti a me notaio, davanti a noi, e anche a nome degli altri giurati, ovverosia per parte e nome di Benedetto Troiano, e Francesco Lauricella, gli altri due giurati, ratificano il presente atto nella sua interezza e nelle singole parti in esso contenute.
Pertanto si doveva nella Chiesa di Santa Rosalia accendere una lampada perenne ad olio,
"Ad effectum in dicta ecclesia Sante Rosaliae detinendi lampadas accensas ante magnum altare ubi est collocata reliquia sancta dictae Divae Rosaliae pro sua devotione et elemosina et non aliter nec alio modo."
Presente l'illustrissima D. Beatrice del Carretto e Ventimiglia, contessa della detta Terra di Racalmuto, tutrice dei suoi figli e affittatrice dello Stato della medesima Terra di Racalmuto.
Testi Blasius Deaverna, Carolus Larussa et magister Marinus Castrojoanne.
In actis meis notarii Angeli CastroJoanne Racalmuti (Firma illeggibile).
In quarta annotazioni in corsivo per me indecifrabili.
favola s'intende nel senso di mito, fantasia, immaginifica menzogna, confuso racconto, mirabolante invenzione storica.
Già! un accigliato ingegnere rubacastelli medievali, prende una inesistente Santa Rosalia dai Bollandisti datata attorno al XII secolo e la si fa nascere a Racalmuto addirittura nel caseggiato ottocentesco degli arricchiti mugnai Romano.
Certa religiosità da ovidiane metamorfosi sancisce ora, mito, modo, cavallerizzi, e carri trainati non so da quanti paia di buoi affittati a Licata di una portentosa Venuta a Racalmuto della Bella Madre del Monte.
Una casta principessa di Ventimiglia, almeno sino ad una certa data della sua precocissima vedovanza, la si fa apparire una sorta di Beatrice Cenci, addirittura processata (anche se invero non decapitrato) in un qualche romanzo storico di clinici di successo.
Ed altro ed altro ancora.
Noi, modesti sbirciatori di rolli e brevi, di carte notarili e di escatolli di improba lettura ci troviamo questa sorta di palinsesto, lo pubblichiamo traendone una approssimativa lettura. Se paleografi suppliscono alle mie deficienze dilettantistiche, provocati magari da noi, ci leggono, correggono, ci integrano e ci mettono alla gogna nelle loro accigliate stampe, noi saremmo loro molto grati. Ne va di mezzo la veridica storia di quelle pasticciate cronache parrocchiali dello Sciascia scrivente.
Die XVIII° Aprilis VIIII Inditionis 1626
Francesco Fimia e Giacomo Montaldo due dei Giurati dell' UNIVERSITA' di questa Terra di Racalmìuto, noti a me notaio, davanti a noi, e anche a nome degli altri giurati, ovverosia per parte e nome di Benedetto Troiano, e Francesco Lauricella, gli altri due giurati, ratificano il presente atto nella sua interezza e nelle singole parti in esso contenute.
Pertanto si doveva nella Chiesa di Santa Rosalia accendere una lampada perenne ad olio,
"Ad effectum in dicta ecclesia Sante Rosaliae detinendi lampadas accensas ante magnum altare ubi est collocata reliquia sancta dictae Divae Rosaliae pro sua devotione et elemosina et non aliter nec alio modo."
Presente l'illustrissima D. Beatrice del Carretto e Ventimiglia, contessa della detta Terra di Racalmuto, tutrice dei suoi figli e affittatrice dello Stato della medesima Terra di Racalmuto.
Testi Blasius Deaverna, Carolus Larussa et magister Marinus Castrojoanne.
In actis meis notarii Angeli CastroJoanne Racalmuti (Firma illeggibile).
In quarta annotazioni in corsivo per me indecifrabili.
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