Circolo unione
verbali
Il primo verbale
che siamo in grado di riscontrare risale al 28 marzo 1920. Ha per oggetto:
«ammissione a soci effettivi dei signori Farrauto Francesco, Farrauto Giuseppe
e Nicolò Vinci fu Mario ». L’assenso è plebiscitario. Ne fanno fede il
presidente G. Grillo, il Segretario E. Tulumello ed i soci Cavallaro e F.
Mattina.
Nel 1921,
nominato un comitato per le feste al circolo ed ammesso il socio provvisorio
avv. Carmelo Burruano, si procede con una profetica scelta di campo a
sottoscrivere l’abbonamento al “giornale Popolo d’Italia”. Non tutti invero
sono d’accordo, ma la maggioranza a fiuto fino. Il meritevole abbonamento viene
deliberato con conferma e sottoscrizione del presidente Bartolotta, del
segretario G. Sciascia e dei soci G. Grillo e S. Messana. Lo storico verbale
porta il numero 4 ed è datato 16 gennaio 1921: più previdenti e tempestivi di
così, non si poteva essere; la maggioranza dei nobili racalmutesi è fascista
anzitempo e si abbevera subito alla eclatante prosa del futuro astro, dell’uomo
della provvidenza, insomma, di Benito Mussolini.
Personaggi
famosi saranno i neo soci studenti ammessi con delibera 18 aprile 1920. Il
dott. Baldassare poté dominare durante il fascismo e continuare ad essere uomo
di potere anche nell’immediato dopo guerra. Venne nominato assessore come uomo
della laica, destrorsa e con nomea massonica Democrazia del Lavoro,[1]
subito dopo l’uccisione di Baldassare
Tinebra, quello della “Congiura dei loquaci” di Gaetano Savatteri.
Il secondo dei
nuovi soci studenti del 1920, Tulumello Giuseppe fu Giovanni, è rimarchevole
per essere il fratello di quel Vincenzo Tulumello di cui parla il Messana, cioè
di quel « giovane ardente dalla parola suasiva e convincente, il quale però, a
guerra scoppiata, fece di tutto per non andarvi e la voce popolare vuole che
anche sia morto perché si provocò il diabete.» ([2]).
Fu comunque un ottimate di Racalmuto, anche se non poté svettare come l’alto
lignaggio del suo casato avrebbe imposto.
Accede al
sodalizio in quell’anno il dott. Salvatore Petroni, immortalato, poi, da
Leonardo Sciascia nel suo “Porte aperte” e per taluni tratti nell’altro suo
libro “una storia semplice”. Quanto
all’ultimo, al dott. Salvatore Burruano, il personaggio lo incontriamo nella
storia del fascismo racalmutese, riscuote la sua brava dose di cattiveria dal
Messana[3],
finisce ufficiale dei carabinieri, crede in Mori, lo segue. Entra in rotta di
collisione con Cucco. L’arma – o per l’una o per l’altra ragione o per tutte e
due – non glielo perdona, lo congela, subisce l’ostracismo sino all’entrata
degli americani. Dopo, ha un qualche riconoscimento Si congeda e tutti
l’abbiamo chiamato: il colonnello Burruano. Ma da una certa data in poi pretese
– ed ottenne – il titolo di generale. Fu brillante ed amorevole. Al circolo
tenne testa specie come responsabile dei balli protocollari. Ebbe incarichi
sociali tra il 1922 ed il 1924, tornò ad essere eletto “deputato” nel 1948 con
38 voti e nel 1949 con 47 voti.
Il 25 aprile
1921 viene ammesso a “socio provvisorio con dimora precaria” il dottor Achille
Vinci, figura di spicco nella professione medica, nella vita politica e, con
particolare caratterizzazione, nell’evolversi della realtà sociale del circolo.
Autore di tremende e velenosissime poesie in vernacolo, si può dire che solo
Totò Marchese l’eguaglia, quando addirittura non lo supera. Quelle di Fofò
Scimè sono letterariamente sublimi e, per fortuna, non attingono al fiele della
cattiveria. Si dice che la lunga composizione “nngaglià la parrinedda” che Eugenio Napoleone Messana pubblica nella
XXVII appendice del suo testo storico sia dovuta alla penna del dott. Vinci. Il
velo dell’anonimato disperde ormai il senso della solforica stroncatura di
tanti personaggi bene in vista all’epoca. Oggi, solo i vecchi del Circolo
Unione sanno decriptare, con aggiunta di sapidi particolari, le terribili rime.
Tra breve, anche questa pagina di storia locale verrà cestinata per
indecifrabilità dei sottintesi.
Il due gennaio
1921 accede al circolo don Gaetano Savatteri, personalità molto
contraddittoria, nato ricchissimo e morto nell’indigenza per la rapacità di
un’antagonista grande famiglia. Il 10 settembre del 1923 alle dodici e mezza,
don Gaetano incappava in una accesa discussione con Oreste Cavallaro – una lite
tra parenti, ci pare di poter dire – e subiva l’umiliazione di essere
pubblicamente schiaffeggiato. In altri tempi, ciò avrebbe comportato ferri
incrociati e duelli in rigida etichetta: ora il mondo dei civili sembra
cambiato. O don Gaetano non era più in grado di rispettare l’antico codice
d’onore. Si è accontentato dei tre mesi di sospensione che la rituale assemblea
del 16 settembre inflisse al Cavallaro (a semplice maggioranza) in “applicazione
dell’articolo 128” del minuzioso regolamento sociale.
Carmelo
Burruano, il celebre avvocato tra gli anni Venti ed i Sessanta, l’altro figlio
di don Cicco, viene accettato all’unanimitù come “socio provvisorio” il 16 gennaio 1921 ed il successivo giorno 30
è la volta di Messana Everardo, Giancani Giuseppe e Martorana Nicolò, tutti e
tre con la qualifica di “socio studente”. Per la cronaca, ora l’ammissione non
è all’unanimità ma “a maggioranza dei voti”. Comincia l’infiltrazione della
piccola borghesia in un circolo d’origini borboniche e propenso ad
atteggiamenti esclusivi. Entra nel circolo “ maggioranza dei voti” pure
Federico Giancani di Luigi, il sette luglio di quel medesimo anno. Indi scatta
una bella epurazione. Sono tredici soci morosi che subiscono la “radiazione”.
Molti, avvocati e dottori, faranno ritorno, come pecorelle smarrite e pentite.
Non staremo però
qui a fare l’elenco dei nuovi soci: chi vuole saperne di più in proposito,
basta che consulti l’allegato lungo elenco, ove vita, cariche e, qualche volta,
morte trovano annotazione elettronica.
Davvero
trascurabile la delibera del “salario ai
camerieri”: la forniamo lo stesso. Nel 1921 il cameriere Angelo Collura
guadagnava 155 lire al mese ed il suo sabalterno, Vincenzo Vella, 130 lire
mensili, entrambi dopo un aumento di 30 lire mensili
I verbali del
circolo ci forniscono l’elenco della prima deputazione di cui si abbia completa
conoscenza. Eletta all’unanimità per 1922 questa risulta essere la storica
amministrazione:
1921
|
27 dicembre
1921
|
Bartolotta
|
dott. Comm. Giuseppe
|
|
Presidente
|
1921
|
27 dicembre
1921
|
Sciascia
|
|
Giuseppe
|
Segretario
|
1921
|
27 dicembre
1921
|
Falletti
|
Nestore
|
fu Luigi
|
Cassiere
|
1921
|
27 dicembre
1921
|
Grillo
|
Angelo
|
|
Deputato
|
1921
|
27 dicembre
1921
|
Vinci
|
Ettore prof.
|
|
deputato
|
1921
|
27 dicembre
1921
|
Messana
|
Luigi
|
Emilio
|
deputato
|
Sul commendatore
Bartolotta c’è da dilungarsi molto; oltre che il vero capo dell’amministrazione
comunale, è anche la massima autorità al circolo. Su lui si diffonde E N.
Messana. Anche Sciascia, pur con molta circospezione, ha frecce al suo arco
letterario e tante vicende elottarali, amministrative e sociali della Racalmuto
prefascista sussurrate dallo Scrittore hanno sullo sfondo appunto il nostro
commendatore. Per faccende cui noi ci riferiamo pudicamente, si leggano, se
proprio se ne ha voglia, alcune nostre pagine sull’affermazione fascista nel
nostro paese.
Falletti Nestore
è il nonno di Nestorino e ciò basta per quelli della mia generazione. La figura
di Grillo Angelo fu Angelo torna scialba al vostro cronista. Bisogna rivolgersi
a Guglielmo Schillaci o a Lillo Savatteri per averne ragguagli e giudizi
amorevoli ma disincantati. Il prof. Ettore Vinci me lo ricordo come mio
esaminatore agli esami di ammissioni: correva l’anno del Signore 1945. Luigi
Messana di Emilio è il celeberrimo “don Luigino”: facciamo riferimento alla
foto dell’ineffabile personaggio accanto a Sciascia con l’eterna sigaretta
accesa (foto chee trovasi esposta alla Fondazione Sciascia) per ritenerci
assolti dall’obbligo di rapporto. Abbiamo incontrato questa primavera (2001) un
suo simpaticissimo nipote acquisito che ci ha dispensato un ammaliato bozzetto
di famiglia. Per gli aspetti goliardici, spingere il migliore Guglielmo nelle
sue inimitabili rievocazioni. Su Francesco Mattina fu Raffaele non sappiamo
aggiungere nulla, ma è colpa della nostra personale disinformazione: al circolo
c’è ancora qualcuno che sa bene evidenziarne il ruolo sociale ed il posto nella
grintosa realtà racalmutese. Giuseppe Sciascia di Giuseppe, austero ed arcigno
signore tipico di un paese come il nostro, può considerarsi il prototipo di
segretario discreto e prudente che crea uno stile peculiare al Circolo.
Stringato e preciso nella sua prosa, i suoi verbali sono ammirevoli. Personalmente,
avremmo gradito qualche pettegolezzo in più, qualche nota maggiormente vivace,
qualche squarcio sincero. Sotto questo aspetto, il buio più assoluto:
disperazione per lo storico, rammarico per il ricercatore di piccoli fatti del
vivere paesano.
Il tre dicembre
1922 è tempo per cambiare Statuto. I tanti avvocati, giuristi ed
amministrativisti del Circolo riescono a mettere insieme ben 153 articoli. Non siamo certo al profluvio legislativo di
cui parla Sciascia, «ai 400 articoli .. ed al lungo preambolo» testimoniati dal
barone Lascuda[4] (il
Tulumello?) ma ci siamo vicini. Sciascia ironizza sul «capolavoro di cultura
letteraria e giuridica [quale] vive soltanto nei ricordi dei vecchi: quando il
circolo diventò dopolavoro fascista le copie dello statuto andarono disperse».
E’ propenso a credere alla idoneità di “tale capolavoro” a preservare “davvero
la concordia” (o l”Unione” che dir si voglia) ed avitare che «le zuffe e gli
incidenti che frequentemente accadono non portano mai a scissioni o pronunciamento.» [5]
Noi che una
qualche pazienza certosina abbiamo dovuto praticarla per consultare un paio di
centinaia di quei verbali non abbiamo trovato molti ricorsi ai pletorici
articoli regolamentari (una sola volta per rissa – quella del Savatteri e
talune altre per vicende meramente amministrative. Solo nel dopo guerra l’avv.
Pillitteri si incarognì sull’art. 13 per impedire facili ammissioni. Si
aspettava allora che il burbero legale
fosse assente per inventare plebiscitarie votazioni di consenso).
Il lungo statuto
esordiva ribadendo il nome: «Il luogo di convegno dei soci dicesi Circolo
Unione». Lo scopo? «mira a procurare ai Signori soci svaghi leciti ed onesti,
tendenti alla ricreazione dello spirito, della mente ed al reciproco
rafforzamento dei vincoli di rispetto e di amicizia.»
I locali
dovevano reperirsi «in punto centrale del paese». «Sculture, pitture,
figure … possono esistere» purché «non
offendano la pubblica morale e non cozzino con il ragionevole concetto
dell’ordine e della disciplina nella famiglia, nella società e nella Patria».
«Non deve esistere nel circolo quanto possa essere interpretato come
manifestazione di partito intendendo l’associazione, nel modo più assoluto,
conservare il carattere apolitico.»
Si sorride
ancora sull’articolo 9 per cui «il socio deve essere … di regolare
intelligenza». Per l’art. 14, po, «non può essere ammesso né consercato socio
chi abbia esercitato ed eserciti mestieri ed impieghi servili o abietti o
disonoranti o chi abbia subito una condanna a pena infamante.»
Il circolo è
apicale; svetta il presidente: per l’art. 37 «la persona del Presidente è
inviolata, è rispettata al massima grado .. », negli auspici almeno, ma
crediamo anche nella realtà. Il rosario presidenziale che graniamo qui di
seguito non lascia dubbi in proposito:
anno
|
data
|
cognome
|
nome
|
|
carica
|
1921
|
2 gennaio 1921
|
Bartolotta |
|
|
Presidente
|
1921
|
4 aprile 1921
|
Bartolotta
|
Giuseppe commendatore
dottore
|
presidente
|
|
1921
|
27 dicembre 1921
|
Bartolotta
|
dott. Comm. Giuseppe
|
Presidente
|
|
1922
|
3 dicembre 1922
|
Tulumello
|
dr. Baldassare
|
|
Presidente
|
1923
|
19 agosto 1923
|
Scimè
|
cav. Uff. d. Nicolò
|
presidente
|
|
1923
|
16 dicembre 1923
|
Scimè
|
cav. Dott. Nicolò
|
Presidente
|
|
1924
|
14 dicembre 1924
|
Scimè
|
cav. Dr. Nicolò
|
|
Presidente
|
1925
|
13 dicembre 1925
|
Falletti
|
cav. Alfredo
|
|
Presidente
|
1930
|
14 dicembre 1930
|
Mendola
|
cav. Michele
|
|
Presidente
|
1931
|
13 dicembre 1931
|
Mendola
|
cav. Dott. Michele
|
Presidente
|
|
1932
|
19 dicembre 1932
|
Mendola
|
cav. Dott. Michele
|
Presidente
|
|
1933
|
14 febbraio 1933
|
Mendola
|
Cav. Dr. Michele
|
Presidente
|
|
1934
|
19 gennaio 1934
|
Mendola
|
Cav. Dr. Michele
|
Presidente
|
|
1935
|
7 gennaio 1935
|
Mendola
|
Cav. Dr. Michele
|
Presidente
|
|
1936
|
7 dicembre 1936
|
Vinci
|
dott. Achille
|
|
Presidente
|
1941
|
1 settembre 1941
|
Vinci
|
dott. Achille
|
|
Presidente
|
1946
|
14 giugno 1946
|
Battiati
|
Alfonso
|
|
Presidente
|
1948
|
4 gennaio 1948
|
Battiati
|
Alfonso
|
|
Presidente
|
1948
|
30 marzo 1948
|
Vinci
|
dott. Camillo
|
|
Presidente
|
1948
|
1 aprile 1948
|
Vinci
|
dott. Camillo
|
|
Presidente
|
1948
|
19 dicembre 1948
|
Messana
|
Luigi di Emilio
|
|
Presidente
|
1948
|
27 dicembre 1948
|
Giancani
|
prof. Salvatore
|
|
Presidente
|
1949
|
1 gennaio 1949
|
Giancani
|
prof. Salvatore
|
|
Presidente
|
1949
|
21 dicembre 1949
|
Giancani
|
prof. Salvatore
|
|
Presidente
|
1950
|
12 febbraio 1950
|
Sciascia
|
Giuseppe
|
|
Presidente
|
1951
|
23 dicembre 1951
|
Sciascia
|
Giuseppe
|
|
Presidente
|
1952
|
2 dicembre 1952
|
Sciascia
|
Giuseppe
|
|
Presidente
|
1954
|
3 gennaio 1954
|
Battiati
|
Alfonso
|
|
Presidente
|
1955
|
31 luglio 1955
|
Battiati
|
Alfonso
|
|
Presidente
|
1956
|
15 gennaio 1956
|
Romano
|
dott. Giuseppe
|
|
Presidente
|
1961
|
5 agosto 1961
|
Bartolotta
|
p.a. Nicolò
|
|
Presidente
|
1962
|
30 dicembre 1962
|
Bartolotta
|
p.a. Nicolò
|
|
presidente
|
1965
|
2 gennaio 1965
|
Bartolotta
|
p.a. Nicolò
|
|
Presidente
|
1968
|
28 dicembre 1968
|
Bartolotta
|
p.a. Nicolò
|
|
Presidente
|
1970
|
3 gennaio 1970
|
Battiati
|
cav. Alfonso
|
|
Presidente
|
1970
|
26 dicembre 1970
|
Battiati
|
cav. Alfonso
|
|
Presidente
|
1971
|
30 dicembre 1971
|
Vinci
|
ins. Paolo
|
|
Presidente
|
1972
|
30 dicembre 1972
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1973
|
30 dicembre 1973
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1974
|
31 dicembre 1974
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1975
|
31 dicembre 1975
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1977
|
16 gennaio 1977
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1977
|
30 dicembre 1977
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
1978
|
31 dicembre 1978
|
Morreale
|
dott. Angelo
|
|
Presidente
|
1981
|
18 aprile 1981
|
Morreale
|
dott. Angelo
|
|
Presidente
|
1084
|
30 dicembre 1984
|
Vinci
|
Paolo
|
|
Presidente
|
Tutti, davvero, galantuomini i presidenti che
si sono succeduti al circolo Unione; apprezzati e rispettati persino dagli
avversari politici, e ci riferiamo a quei pochi che hanno svolto attività
politica. L’attuale presidente – che non figura nell’elenco perché subentrante
dopo il 1084 – non sappiamo da quanti anni riveste la carica. L’ing. Francesco
Marchese è uomo di tutto rispetto, riservato, probo, magari accentuatamente
religioso, può considerarsi l’anima e la sopravvivenza del Circolo. Se non
fosse stato per lui, il sodalizio sarebbe già morto e sepolto come
diagnosticato nei verbali degli anni Ottanta. Noi – che gli siamo molto amici –
in questo gli vogliamo male: auspichiamo una sua Presidenza sine die. Senza Cicciu Marchisi il
circolo finirebbe negli annali dei ricordi cittadini e nulla più.
Gli articoli 68-70 esigevano e disciplinavano il socio
“porta-bandiera”. Andava nominato fra i più giovani, doveva calzare guanti
bianchi ed indossare l’abito nero. Costume ovviamente desueto. Oggi, di soci
“giovani” che dispongono di guanti bianchi ed abito nero non se ne trovano al
Circolo. In un domani – speriamo prossimo – chissà.
Dall’art. 70
all’art. 85, il Regolamento si occupa dei “serventi”. Beh, qui siamo nel
Medioevo. Attualmente, il più tardivo dei soci è spesso chiamato ad un’azione
vicaria: spetta a lui chiudere la porta.
Ogni legge che
si rispetta deve avere la sua coda penale. Il regolamento dedica gli articoli
117-120 alle “colpe” che possono essere «gravi, ordinarie e leggere». Sono
colpe gravi: «lo spergiuro, la complicità sia pure involontaria o la
cooperazione al reato da parte dei camerieri, che manchino di esiggere (sic) le tasse da giuoco, la contrazione di
debiti di gioco non soddidfatto nelle 24 ore [vi incappò il socio Giuseppe
Grillo nel marzo del 1923], le offese rivolte comunque ai soci ed ai camerieri,
la reazione scorretta contro l’autorità della Deputazione e dei singoli membri
della Deputazione, la infedeltà di gestione negli affari finanziari, le disfide
tra i soci, per qualsiasi fatto avvenuto nel circolo, il danneggio volontario o
la sottrazione di un qualsiasi genere appartenente al Circolo, il barare la
giuoco.»
Colpe ordinarie,
invece, «le dicerie che in qualunque modo compromettano la dignità di uno o più
soci, la formazione di complotti tendenti ad inceppare la libertà di voto o a
produrre la disunione o la discordia tra i soci, la disubbidienza ai
regolamenti, il rifiuto pertinace agli obblighi propri, le piccole risse e le
animosità tra i soci.»
Tra le colpe
leggere andavano annoverati «le indecenze, i sussurri ed i disturbi che si
commettano nel circolo, le discussioni a voce troppo alta, l’abuso delle
proprie qualità per influire od imporsi nelle deliberazioni, le dosattenzioni
che mettano i soci nella impossibilità di servirsi dei mezzi del Circolo, messi
a loro disposizione, il vestire poco decente.»
Per la morte di
un socio, «il circolo … prenderà il lutto per tre giorni consecutivi, durante i
quali saranno affisse alle porte, che resteranno semiaperte, fasce nere, con la
scritta: Per la morte di un socio;
non sarà permessa alcuna festa nei locali del Circolo, né il suono del
pinoforte» (art. 146).
Il grintoso
regolamento non ebbe poi seria applicazione nei suoi aspetti punitivi. Subì
sanzioni il 10 febbraio 1923 il socio Federico Picataggi, reo di «calunnia
contro il socio Diego Farrauto». Ad accusarlo, l’avv. Agostino Puma. (Il
Picataggi, “eliminato dal circolo”, fu riammesso il 22 di luglio 1923 a
richiesta di n. 30 soci per i quali la delibera di espulsione era “da
considerare come non avvenuta e quindi annullata per vizio di forma). Del caso
Grillo, si è già detto. Il socio si dimise (ma il 26 dicembre 1923 ritorna nel
sodalizio). Più grave la faccenda del Savatteri, di cui abbiamo già detto.
Troppo poco dunque per dare ascolto a Sciascia che parla di chissà quali risse
e contrasti. Dopo la guerra del 1940-43, sia pure con altro statuto, non si è
più verificato alcun incidente fra soci, per cui la Deputazione abbia dovuto
prendere provvedimenti. Non tutti santi e remissivi – si badi bene. Solo che,
giustamente, presidente e depuati lasciano che si soci se la sbrighino tra loro
ed in privato.
Non abbiamo
capito perché nel 1923 (in pieno agosto) il prof. Nicolò Farrauto si sia
dimesso, con lettere formali, da segretario appena eletto della Deputazione:
gli subentra Egidio Tulumello. Non passano molti mesi ed ecco il Farrauto
tornare segretario a pieno titolo:
1923
|
16 dicembre
1923
|
Scimè
|
cav. Dott. Nicolò
|
Presidente
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Farrauto
|
prof. Nicolò
|
segretario
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Restivo
|
Antonio
|
cassiere
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Tulumello
|
Egidio
|
deputato
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Vinci
|
prof. Ettore
|
deputato
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Burruano
|
avv. Salvatore
|
deputato
|
1923
|
16 dicembre
1923
|
Cavallaro
|
avv. Luigi
|
deputato
|
Il 10 febbraio
1924 si modifica il Regolamento: gli articoli diventano 58. Non sappiamo se
soppianta integralmente quello che vigeva prima o è integrativo. Questione
giuridica di nessun valore ai nostri giorni e quindi l’abbandoniamo seduta
stante. Immutato l’art. 1, all’articolo 2 le pretese classiste del Circolo montano:
«possono essere soci tutti coloro che appartengono alla classe dei civili, e
coloro che per educazione ed istruzione godono il prestigio di civili». C’è da
domandarsi chi sono quelli che non hanno siffatti requisiti, gli “incivili”
insomma. Per converso sparisce ogni accenno all’intelligenza … e meno male! La
persona del Presidente cessa perde la sua inviolabilità. Il portabandiera però
deve restare come prima, con guanti bianchi ed abito nero. Permane il bravo
titolo per i “serventi”. Un bel “maestro delle cerimonie” ci sta sempre bene:
disciplinerà le feste sociali (art. 21) e la sua nomina “è devoluta alla
Deputazione”. I lettori di buon senso ci obietteranno che al di là dello
svolazzo sui civili il nuovo regolamento era più essenziale e funzionale, più
moderno insomma: forse hanno ragione.
Siamo al 1925, i
mutamenti politici ci sono stati e si fanno sentire. Una nuova deputazione
viene sfornata: sono tutti uomini nuovi o non compromessi con la politica.
Certo il prof. Enrico Baeri che tanto conservatore non dovette essere si becca
nove voti in meno rispetto agli altri cui vanno o 38 voti (al presidente
Falletti ed ai deputati Felice Cavallaro e Diego Farrauto) o 39 (per il
segretario Angelo Grillo, per il Cassiere Carmelo Rosina Bartolotta e per il
giovanissimo deputato geom. Saverio Vinci).
Da notare che i votanti erano 39, dunque tre signori votarono per loro
stessi. Cosa succedeva al circolo? A distanza di decenni e senza
verbalizzazioni sincere nulla più trapela. Sparivano dall’amministrazione
personaggi autorevoli quali il cav. Uff. Dr. Nicolò Scimè, il prof. Nicolò
Farrauto, Egidio Tulumello, Antonio Restivo (questi invero tornerà nel 1931) e
l’avv. Salvatore Burruano. Col il 1926 incipit
novus ordo al Circolo. I malevoli però ci avvertono di andare cauti: al
Circolo Unione, finché prevalsero i “civili” l’area che si respirava era di
sapore massonico: prima, durante e dopo il fascismo. Sarà vero?
Strano, il
registro dei verbali segna, con il 1926, una nuova numerazione progressiva che
però si ferma al n.° 2, dopo i verbali diventano ballerini: quelli che noi
abbiamo potuto consultare passano al 13 dicembre 1929, non hanno più
numerazione, e portano ora una timbratura succinta ma efficace “circolo unone -
Racalmuto”. Si deve sloggiare: «il presidente propone all’assemblea l’affitto
del nuovo locale e precisamente quello di proprietà del sig. Nicolò
Castiglione, attualmente in locazione al sig. Alfano Giuseppe. Lo stabile si
compone di tre vani a pianterreno, e uno di questi è sul corso. L’affitto annuo
convenuto è di L. 1.000.» L’assemblea approva ad unanimità. Presidente è sempre
il Falletti..
!931: nuovo ed
ancora più radicale assetto sociale. Il fascismo ormai impera ed anche al
circolo bisogna tenerne conto. Il Falletti, che fascista comunque lo è, fa
queste significative comunicazioni. Certe vanno interpretate ma non è fcile. Ci
limitiamo quindi a registrarle per come le abbiamo rintracciate:
«Il presidente
fa notare che nel compilare la scheda della nuova Deputazione quella uscente si
è proposta di scegliere elementi che, per la libertà concessa dalle loro
occupazioni e notorietà in fatto di serietà ed energia dassero (sic) il
migliore affidamento. Tale scelta è caduta su i sigg. Dott. Mendola cav.
Michele Presidente- Antonio Restivo cassiere – Angelo Grillo segretario; Luigi
Tulumello Muratori, Diego Tulumello, prof. Nicolò Martorana, Giuseppe Tulumello
deputati. I quali consci del diciamolo difficile mandato sapranno adoprarsi,
meglio degli uscenti, perché il Circolo oltre a mantenere la tradizionale
signorilità, sia avviato ad una esistenza meno stiracchiata di come dovette
vivere fino ad ora per un complesso di circostanze a tutti note.»
Nel mese di
febbraio prende la parola in assemblea il sig, Achille Vinci fu Mario «il quale
prospetta .. che non è il caso di fare acquisto di un chiliofono, poiché il
Circolo andrebbe incontro, per come egli immagina, ad una spesa continuativa
per l’acquisto di dischi, onere che potrebbe divenire in seguito gravoso alle
finanze del Circolo stesso, quindi sarebbe conveniente che si acquisti il solo
apparecchio radio.» Stefano Messana lo rintuzza ed ha la meglio. Chi conosce
Achille Vinci dirà che l’uomo non si smentisce.
I giornali che
ora gravitano sulle casse del circolo sono il Giornale di Sicilia, L’ora, il
Popolo d’Italia, l’Illustrazione italiana, la Lega navale, il Popolo di Roma,
la Milizia fascista, l’Aquila, la Gioventù fascista e la Domenica
dell’agricoltore.
Sui soci onorari
ammessi il 26 giugno del 1932 si è già detto: fu l’unica volta in cui si
dovette accedere a simili munificenza. Un’altra volta in verità ci fu: siamo
nel 1968 (28 dicembre) ed il socio dott. Luigi Caponcello propone che si
dichiarino soci onorari «coloro i quali hanno raggiunto quaranta anni di socio
e settanta anni di età». La proposta venne apprezzata ma non sappiamo che fine
abbia fatto. Crediamo che non se ne sia fatto nulla.
Altra data
notevole nei processi di normalizzazione fascista del circolo è il 1933. I soci
del circolo imperterriti avevano nominato i propri amministratori con liberi
elezioni, non avevano imbrattato la loro antica denominazione con improbabili
dizioni del tipo “dopolavoro 3 gennaio” (per come ci fa sapere Sciascia, o Dopolavoro 23 marzo come risulta a noi),
ed ostestantamente – almeno sino al 1938 – datavano i loro verbali senza i
numeri ordinali dell’era fascista. I nodi ora però cominciano a giungere al
pettine: Analizziamo la delibera n. 2 del 30 gennaio 1933. All0ordine del
giorno abbiamo: «inquadramento del Circolo all’O. N. D. (che se non sbagliamo
significa Opera Nazione del Dopolavoro). Nuovo Statuto». Il presidente spiega
che «in relazione all’adesione fatta, con deliberazione del 14 dicembre 1930
all’O.N.D., si è obbligati» a rispettare il nuovo Stato. Ne dà lettura. La
discussione si anima: ma c’è poco da dire. Il circolo ha scelto (ha dovuto
scegliere, pena la soppressione, diciamo noi) di far parte «di una delle
geniali Organizzazioni del Partito, che inquadra l’azione dello stesso
[circolo] nel campo dell’educazione spirituale del popolo.» Chi l’avrebbe mai
detto che il Circolo Unione, il circolo dei galantuomini, dei “civili” insomma,
si sarebbe andato ad impelagare nell’«educazione spirituale del popolo» e che
per di più fosse “popolo”. Col fascismo, o così o la morte.
I soci credono,
allora, di fare i furbi, fanno verbalizzare: «lo statuto [quello fascista,
imposto dal fascismo] viene approvato, conservando integro in quanto non in
contrasto, il regolamento del circolo.»
La furbata viene
subito disillusa: il 14 febbraio del 1933 la deputazione deve portare in
assemblea «cordiali saluti fascisti». Si pensi, è l’unica volta in cui quel
termine fa capolino negli arcigni verbali del circolo. La Deputazione fa
presente che «Il cav. Dr. Michele Mendola viene nominato Presidente con la
seguente lettera del Segretario Federale di Agrigento con la motivazione “ Mi è
gradito significarle che la S.V., a norma della facoltà concessami dall’art. 9
dello statuto sociale, in data odierna, è stata nominata Presidente». Colpisce
quel “lei” al posto del doveroso “Voi”. Ad ogni modo, il presidente del circolo
non è più di nomina assembleare ma per
approvazione del segretario federale Presidente del Dopolavoro, in quel epoca
il prof. Dr. A. Gaetani.
Un confronto tra
il comportamento del Circolo Unione e quello del locale Mutuo Soccorso la dice
lunga sulle resistenze “antifasciste” del nostro sodalizio. Al Mutuo soccorso
già da quattro anni ci si era allineati diligentemente. A proposito dei verbali
di quest’ultimo abbiamo scritto:
« I verbali
dell'anno 1929 esordiscono con una novità. La data è ora agghindata con
l'indicazione dell'anno della volgente era fascista. La seduta del 26 gennaio
cade nel VII anno del fascismo. E riguarda la nomina di una commissione per le
feste di carnevale. Il 28 maggio 1929 si paga una nota a Collura Alfonso per la
fornitura di “2 mobilucci in mogano con specchi e lastre di marmo”. Si ha la
forza per rifiutare l'abbonamento al giornale L'Aquila, nonostante la richiesta promani dalla casa dei Balilla di
Agrigento (5 novembre 1929). Ma per il matrimonio del principe di Piemonte, “ad
unanimità il consiglio stanzia la somma di lire trecento” (2 gennaio 1930). Il
10 maggio 1930 (anno VIII) “il presidente mette a voti segreti col sistema delle fagiole, per il
prelevamento della somma per pagare le tessere agli iscritti del circolo
all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto il risultato ad
unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal fondo di cassa e
l'iscrizione a corpo.” L'omologazione fascista si è dunque consumata.
Presidente è Salvatore Mattina fu Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era
arrivata una circolare mandata dal Podestà, con cui si esigeva l'iscrizione del
circolo all'Opera nazionale Dopolavoro. I tempi della libertà di associazione
erano definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. Nel luglio
successivo il circolo può, per compenso, venire incontro ai soci che tanto
desiderano una radio. Ad unanimità si decide di 'acquistarla
incondizionatamente'. In quel torno di tempo, il vice presidente è Carmelo
Schillaci Ventura, degna persona, che ricordiamo con affetto. Per far parte del
circolo, la tassa di entrata sale ora a L.50. Col nuovo anno, occorre una
commissione per 'manovrare la radio'. L'audizione è limitata da mezzogiorno
alle 13,30 e al tardo pomeriggio fino alle 22,30. Qualche segno di vivacità
rrequieta lo dà il solito Angelo Collura che, sebbene vice presidente (o forse
appunto per questo), “la sera del 25/26 (dicembre 1931) si presentava
nell'abitazione del cameriere per prelevare la chiave del circolo; la quale, si
tratteneva con persone per divertimento. Il presidente (Calogero Mattina) mette
a votazione segreta circa il provvedimento se doveva stabilire la punizione il
Consiglio oppure l'assemblea generale dei soci”. Si propende per la competenza
del Consiglio. Il Collura subisce un mese di allontanamento. Due giorni di
mancata paga vengono inflitti, pure, all'incolpevole cameriere. Non doveva
eseguire gli ordine del Vice Presidente. Una pretesa eccessiva, ci pare.
Raffaele Morreale, portabandiera, non ha voglia di portare il vessillo del
circolo “in occasione della venuta delle truppe militari”. Il 4 agosto 1932,
gli viene tolta la carica.Carmelo Guarnieri è il suo sostituto. Le cariche sociali cessano di essere affidate
a libere elezioni. “Ritenuto che la nuova amministrazione – viene verbalizzato,
con contorta prosa, il 9 dicembre 1932 – sarà approvata prima della fine del
c.m. per ordine del Commissario Comunale dell'O.N.D. sig. Mattina prof.
Giuseppe, ed in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.” al consiglio non rimane
altro che procedere ad una commissione consultiva, incaricata di segnalare
nominativi graditi. Il fascismo che in Racalmuto aveva visto i suoi albori per
opera di Agostino Puma e dei suoi congiunti Burruano (in ispecie l'avv. Salvatore e suo fratello
Carmelo), era passato poi sotto l'egida del farmacista Enrico Macaluso. Al
Ministero degli Interni figurava, nel 1926, il seguente stato maggior (cfr.
A.C.S. - MI - PS - 1926, b. 107):
-
segretario politico: MACALUSO dott. Enrico;
-
segretario amministrativo: MATTINA prof. Giuseppe;
-
presidente assemblea: MENDOLA cav. dott. Michele;
membri:
-
BRUCCULERI LUCA
Giuseppe;
-
CAVALLARO avv.
Baldassare;
-
CAVALLARO
Oreste;
-
ROSINA FILI'
Carmelo;
-
VINCI dott.
Achille;
-
MARTORANA prof.
Placido;
-
SCIASCIA
Giuseppe.
«Altri dati: risulta una scheda sulla costituzione
della Sezione del Fascio di Racalmuto. Essa venne costituita il 29 novembre
1925 con il titolo 'SEZIONE FASCISTA RACALMUTO'. Enrico Macaluso assurgerà alla
carica di podestà Lo ritroviamo in tale
veste in una controversia relativa alla miniera di Gibillini che si ebbe a
dirimere il 7 gennaio 1928. Gli echi giungono a Roma, per il tramite del
prefetto di Agrigento (cfr. A.C.S. - MI - 1928 b. 170). Enrico Macaluso sarà un protettore, tra gli
altri, del Mutuo Soccorso. A lui si deve se il circolo poté usufruire dei
locali tradizionali che il proprietario Iacono voleva liberi ad ogni costo. »
«Alla presidenza del circolo, il 18 febbraio 1933,
troviamo Luigi Casuccio. Presiede in effetti, come dice un timbro sovrapposto,
una sezione O.N.D. Il 16 giugno 1933 il circolo si sobbarca ad una richiesta
dell'opera balilla del paese ed offre un 'moschetto modello ridotto 91'. Viene
intitolato ad un caduto in guerra ed
offerto al figlio “del camerata Restivo Pantalone Giuseppe”. Credo che si
trattasse di un aggeggio in legno, quasi un giocattolo. Il 6 giugno di
quell'anno i verbali cominciano a chiudersi “con un devoto saluto al re e al
Duce”. Il 29 novembre del 1935 il “rev. arc. Giovanni Casuccio” chiede ed
ottiene di far parte della “Società Mutuo Soccorso Sezione O.N.D. – Racalmuto”:
è questa ora la denominazione del circolo, come recita il timbro tondo apposto
in calce ad ogni verbale. Alla fine del
1935 si era dismesso il saluto fascista. A cominciare dal 1936, con l'amministrazione
nuova diretta da Giovanni Tinebra, si riprende il saluto fascista alla fine dei
verbali. La forma è quella rituale voluta dall'ineffabile Starace. Esaurito
l'ordine del giorno, il presidente “ordina il saluto al DUCE, il consiglio
risponde un clamoroso A NOI”. Il 17 dicembre del 1936 v'è una domanda a socio
di tutto rispetto. Trattasi del Camerata AGRO' Giovanni di Nicolò. Naturalmente
viene accettata ad unanimità. Il Consiglio si onora di inviare una lettera
all'interessato per dare la lieta novella. Il 15 novembre 1938, l'arciprete Casuccio
si dimette da socio: se era entrato con intenti missionari, aveva dovuto
ricredersi. Era peraltro vice presidente un suo fratello: Nicolò Casuccio. Nel
timbro del circolo era apparso l'emblema del fascio. Il verbale del 29 gennaio 1939 ha notevole importanza
per la svolta definitivamente fascista del circolo. “Il presidente [Giuseppe
Sicurella] insedia il nuovo direttorio rivolgendo il cordiale saluto fascista.
Il Segretario dà lettura del nuovo
statuto, rimesso dal Dopolavoro Provinciale..” »
Uniformità e difformità appaiono palesi ed eloquenti
nel confronto dei due tipi di verbali dei due diversi circoli: aristocratico e
distaccato il Circolo Unione; remissivo ed accondiscendente nella forma;
irrequieto nella sostanza, il Mutuo Soccorso. Ma il Dopolavoro Provinciale
incombe su entrambi, autoritario, indiscutibile. I potenti soci fascisti del
Circolo Unione salvano la faccia; vi è più diplomazia.
I verbali del circolo unione sono ora ancor più
guardinghi, si limitano all’ammissione di nuovi soci ed ai bilanci. Per il
povero cronista non ‘è trippa. Sfugge un XVI per il 1937 ma subito dopo, nel
verbalizzare quelle che ora si chiamano “adunanze”, ci si scorda di quel fausto
scorrere dell’era fascista. Giungiamo al verbale n. 32, il primo settembre del
1941 “XIX” «il presidente riferisce che il socio sig. Matrona Michele sin dalla
entrata è stato incaricato di svolgere le pratiche amministrative del Circolo
per cui ha creduto opportuno dispensarlo dal pagamento delle quote mensili.
Pertanto invita il Consiglio [si noti: non più Deputazione] a notificare il
provvedimento che entra ad assicurare al Circolo la continuità del
funzionamento di tutto il servizio amministrativo necessario.» Al contempo il
Matrona assume la carica di segretario.
Con il verbale n. 45 del 22 luglio 1942 XX cessano i
documenti dell’era fascista. Disponibile è
poi il “registro delle Deliberazioni del Circolo Unione Racalmuto –
Racalmuto lì aprile 1946.»
Ma prezioso è l’ultimo documento fascista
disponibile. Il segretario Matrona, in bella calligrafia, annota «che sono
state presentate domande per assunzione a soci studenti. Il primo della lista è
«il sig. Sciascia Leonardo». L’ammissione avviene «ad unanimità di voti». Certo
anche senza quell’ammissione lo scrittore Sciascia ci sarebbe stato lo stesso,
ma con quell’ingresso nasceva l’apologo del Circolo
della Concordia con la galleria dei suoi ineffabili personaggi.
La svolta del 1944
Il circolo si scrolla di dosso quel suo passato di
imposizioni: quelle fasciste (con l’umiliante inquadramento tra i volgari
circoli del dopolavoro che “geniale istituzione” a noi francamente non pare) e
quelle dell’immediato dopo guerra promananti da risvegliate manie massoniche e
da uomini dell’AMGOT non proprio indenni da sospetti mafiosi.
Il 10 febbraio del 1944 si redige il verbale n. 1
della nuova realtà associativa: “dietro invito personale dei 46 aderenti al
Partito Democratico sociale, si sono riuniti in prima convocazione nella sala
delle adunanze n. 27 soci, i quali invitati a scegliere il Presidente hanno
eletto a scrutinio segreto – con 25 voti su 27 – il dott. Achille Vinci,
incaricandolo della riorganizzazione.” Due sole sottoscrizione e di due soli
soci: dott. Gaetano Falletta e Baldassare Tinebra.
Chi erano codesti soci alquanto politicizzati ed
ovviamente con simpatie di destra. La prima nuova deputazione ci da i primi
nomi eccellenti:
1944
|
10 febbraio 1944
|
Vinci
|
dott. Achille
|
|
Presidente
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Capitano
|
Cav. Prof. Luigi
|
|
deputato
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Caponcello
|
dott. Beniamino
|
deputato
|
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Mustica
|
prof. Guido
|
|
deputato
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Vinci
|
sig. Achille
|
|
deputato
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Falletta
|
sig. Nestore
|
|
cassiere
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Cavallaro
|
prof. Emanuele
|
|
segretario
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Cavallaro
|
cav. Avv. Baldassare
|
deputato onorario
|
|
1944
|
12 febbraio 1944
|
Picone
|
cav. Avv. Salvatore
|
deputato onorario
|
Il giorno 20 del mese di dicembre 1944 il dott.
Achille Vinci deve dare le consegne al subentrante nuovo presidente, il sig.
Amedeo Messana, tetragona figura di militare, sia pure in pensione, dovrà
sostenere una irriducibile contesa con il farmacista Argento.
Il farmacista (Calogero Argento fu Michelangelo,
abitante in via Rapisardi 35 di Racalmuto) ha buoni motivi per fare notificare
al presidente Messana «un atto di protesta e diffida». L’atto stragiudiziale
risulta discusso nell’assemblea del 4 gennaio 1945. Vi si legge «premesso che
l’istante è socio effettivo del circolo unione da oltre 50 anni ; che il 10
luglio 1943, per effetto dello stato di emergenza i locali del circolo furono
chiusi, come quelli di tutti gli altri circoli della Sicilia, senza che essi
fossero sciolti; che nei primi del 1944, concessa la libertà politica alla
Sicilia, i circoli furono tutti riaperti e restituiti ai soci che ne avevano
diritto, senza restrizioni di sorta ed essi ripresero la loro attività con le
norme statutarie preesistenti; che solo a Racalmuto una sparuta minoranza di
soci effettivi del circolo unione, unitamente ad un numero sparuto di soci
provvisori, erano riusciti ad impadronirsi dei locali del circolo, del suo
mobilio e dei suoi documenti, facendo pervenire ai soci (classificandoli ex
soci) un foglio apocrifo con l’invito a poter frequentare le sale del circolo a
condizione di aderire al Partito Democratico sociale, spogliando così di loro
diritti precostituiti i soci assenti, anche per servizio militare e quelli che
non ritenevano opportuno di aderire a tale imposizione; che il 10 febbraio
stesso anno, senza avere convocato l’assemblea generale dei soci effettivi,
soli aventi diritto a deliberare, lo stesso gruppo (28 individui, tra soci
effettivi, provvisori e non soci) modificando lo statuto nominò il presidente
ed una deputazione, trasformando così un’antica associazione apolitica in
sezione del Partito Democratico sociale, divenuto dopo Democrazia del Lavoro, -
poiché quanto sopra costituisce atto di violenza ed arbitrio contrario anche
alle norme di diritto civile» il bravo farmacista, tramite l’usciere di Pretura
Palermo, protestava “nelle forme e per ogni effetto di legge, impugnava di
nullità le deliberazioni, diffidava il sig. Messana Amedeo chiedendogli la
restituzione “del sodalizio al sig. Cav. Alfredo Falletti, ultimo presidente
legalmente nominato e in carica al 10 luglio 1943. Aggiungeva che lo riteneva
«personalmente responsabile sia in linea civile che penale delle trasgressioni
che avesse permesso si commettano in contrasto con le norme statutarie del
circolo unione.» Il Messana se l’è presa sul piano personale e forse avrà avuto
le sue bravi ragioni. A noi pare che il farmacista avesse ragione, tant’è che
già il 30 dicembre 1944 era stata dichiarata l’apoliticità del circolo; per lo
svincolo politico si erano dichiarati il notaio cav. Aurelio Alaimo, il dott.
Camillo Vinci ed il dott. Luigi Cavallaro; per il mantenimento del carattere
politico, il dott. Achille Vinci, ma avevano vinto gli “apolitici” riportando
“24 voti favorevoli su 46 votanti”. La contesa Messana-Argento ha degli
strascichi, ma ci appare troppo personalistica per rappresentarla. Non è un
caso che appena ritornati alla vecchia maniera, al tradizionale circolo unione
subito chiese l’iscrizione la nuova intellighenzia (al contempo, jeunesse dorée) Francesco Burruano,
Totino Di Gesù, Clemente Casuccio, Michele Alaimo e Peppino Nalbone. Vedasi il verbale n. 20 del 4 gennaio 1945.
Ma il circolo riprende i suoi antichi connotati solo il 16 gennaio successivo:
una frotta di vecchi soci, per niente simpatizzanti della Democrazia del Lavoro
o perché d’ispirazione cattolica o perché nostalgici del regime dissolto nel
luglio del 1943, torna a sedersi nelle abituali poltrone del circolo. A scorrere
quei nomi abbiamo la stratigrafia della nuova colorazione partitica (dovendovi
naturalmente includere i soci del 1944 che crediamo battessero il trentatré
massonico).
Così il 25 marzo del 1945 abbiamo quest’altra
deputazione, composta da personalità nuove o sicuramente distaccate dagli
orientamenti associativi dei due precedenti deputati onorari:
1945
|
25 marzo 1945
|
Mendola
|
cav. Michele
|
|
Presidente
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Giancani
|
prof. Salvatore
|
|
deputato
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Vinci
|
geom. Saverio
|
|
deputato
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Padovani
|
Lorenzo
|
|
deputato
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Di Gesù
|
dott. Salvatore
|
|
deputato
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Falletti
|
geom. Luigi
|
|
deputato
|
1945
|
25 marzo 1945
|
Grillo
|
prof. Angelo
|
|
deputato
|
Ma dura lo spazio di un mattino; c’è un subbuglio
assembleare e già l’8 aprile il circolo cambia deputazione, sia pure con
votazioni risicate:
8 aprile 1945
|
Vinci
|
geom. Saverio
|
|
Presidente
|
15 voti
|
8 aprile 1945
|
Abate
|
Giuseppe
|
|
Segretario
|
15 voti
|
8 aprile 1945
|
Cavallaro
|
prof. Emanuele
|
|
Cassiere
|
15 voti
|
8 aprile 1945
|
Tulumello Muratori
|
Luigi
|
|
deputato
|
16 voti
|
8 aprile 1945
|
Tulumello
|
Giuseppe
|
|
deputato
|
15 voti
|
8 aprile 1945
|
Di Gesù
|
dott. Salvatore
|
|
deputato
|
15 voti
|
8 aprile 1945
|
Burruano
|
Francesco
|
|
deputato
|
26 voti
|
Un preludio di revanscismo si ha il 7 aprile 1945:
ben tre rispettabilissimi postulanti vengono impallinati e così «i suddetti
sigg. non avendo riportato i 2/3 favorevoli (come prescrive il vigente
regolamento) non sono ammessi.
Il socio dott. Giuseppe Romano di Ignazio invia una
lettera (di cui si ignora il contenuto) ed uno spiacevole inconveniente si
considera “chiarito”. Nel corso delle votazioni si era dovuto lamentare che
qualcuno aveva combinato «lo scherzo di spegnere la luce nelle sale del
circolo, quando ancora vi erano dei soci.»
La fase del dopo 1946
Baldassare Tulumello è il primo firmatario della
commissione istituita per rivedere lo statuto sociale. Il nuovo statuto reca la
data del 20 marzo 1945, è composto di soli diciannove scheletrici articoli ed
ha un taglio molto sobrio e signorile. Torna il vecchio nome: Circolo Unione,
si mandano al macero le incrostazioni politiche trattandosi ora solo di «libera
associazione apolitica, con sede in Racalmuto [che] ha scopi ricreativi e
culturali.» (Art. 1) Per essere soci occorrono «ineccepibili requisiti morali e
civili» (art. 2). Purtroppo torna il pallino dell’intelligenza: i soci devono
possedere «una intelligenza ed istruzione sufficienti» (Art. 2). Si inserisce
il famigerato art. 13 – futuro cavallo di battaglia del polemicissimo avv.
Pillitteri – che testualmente recita: «Le adunanze sono presiedute dal
Presidente o da chi ne fa le veci e sono
convocate mediante avviso personale ai soci effettivi e con affissione
dell’avviso in una sala del Circolo, almeno cinque giorni prima dell’adunanza.
L’invito indicherà l’ordine del giorno da discutersi. – Nelle adunanze si
delibera solo sulle questioni poste all’ordine del giorno, e per qualunque
oggetto la votazione sarà fatta in forma segreta per iscritto. Le deliberazioni
sono approvate a maggioranza assoluta e nel caso di parità di voti la proposta
si intende respinta. – Le adunanze saranno legali quando vi intervengano la
metà più uno dei soci effettivi iscritti. In seconda convocazione saranno
valide, qualunque sia il numero dei soci presenti, salvo quanto appresso.» Fin
qui dunque nulla di trascendente, ma è in quel “salvo quanto appresso” il
caudatario veleno.
Si passa, dunque, all’art. 14 che vuole: «Per la
modifica dello Statuto e regolamento e per scioglimento del Circolo è
necessaria la presenza di due terzi dei soci effettivi iscritti, sia nella
prima che nella seconda convocazione dell’assemblea e riportare favorevoli i
voti della metà più uno degli effettivi iscritti. Per l’ammissione od
espulsione dei soci occorre sempre la presenza della metà più uno dei soci
effettivi iscritti e che la proposta riporti, per l’approvazione, i due terzi
dei voti favorevoli.» Cero la norma era più blanda della precorsa, ma è
singolare che per sciogliere il Circolo bastava la metà più uno dei soci
presenti; per fare entrare un nuovo socio occorrevano i due terzi di voti
favorevoli.» Disposizione abnorme, alquanto malefica … e si vedranno poi i
drammatici effetti. Sciascia ironizza: «Raccoglieva proprietari terrieri,
professionisti, funzionari dello Stato, maestri delle scuole elementari; e vi
si entrava se approvati, per votazione a palle nere e bianche, dai due terzi
dei soci. La non approvazione - piuttosto frequente - era un fatto mortificante
e non privo di conseguenze morali, sociali. Una macchia.» Ma in questo
dopoguerra la faccenda fu seria. Esclusioni piene di puntiglio, impallinamenti
colmi di vendetta personale, dileggi animarono la vita del cIrcolo in tre o
quattro occasioni. Noi non possiamo fare i nomi e cognomi: se non querela,
avremmo addosso ire funeste di carissimi amici. Uno di questi – oggi assiduo
frequentatore delle poltrone del Circolo - ha dovuto sobbarcarsi nell’arco di
tempo di vent’anni a quattro votazioni, tra rifiuti, annullamenti, rinvii e
finalmente accettazione. Il massimo responsabile di tale rosario di
umiliazioni, il combinato disposto degli articoli 13 e 14 e – ma solo per
taluni versi – la ripiccata inflessibilità del defunto avvocato Pillitteri.
I verbali ora si succedono monotoni, steriotipatici,
redatti con la solita grafia del solito segretario Abate. Addirittura sino al 18 gennaio del 1948.
Breve interruzione in quest’anno per i fatti che si richiameranno e poi di
nuovo gli elaborati del prof, Abate sino al verbale n. 116 del primo febbraio
1950.
[1] ) E.N. Messana, op. cit.
pag. 407
[2]) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto
nella storia della Sicilia - Canicattì 1969 - pp. 344-5.
[3] )
Scrive lo storico locale: «Enrico Sindico il 28 ottobre 1924 … venne sostituito
da uno dei fondatori del fascosmo racalmutese, l’avvocato Salvatore Burruano,
nominato commissario precisamente il 29 ottobre. Salvatore Burruano ebbe la
ventura di stipulare un accordo di massima con le Officine Elettriche Siciliane
per la costruzione di una centrale a Racalmuto. Stiede (sic) in carica fino al
maggio del 1925, il 6 giugno fu sostituito dal ragioniere Michele Gaglio, in
seguito ad una serie di ricorsi prodotti dai competitori paesani, che lo
accusavano di intrigo nella vendita di un pezzo di suolo edificabile in Via
Croce. Durante la sua gestione, esattamente il 2 gennaio 1925, si tentò si
sopprimere il capo e fondatore del partito comunista del paese, Edoardo Romano.
Questi … fu fatto segno di tre copli di pistola. … Riconobbe l’autore, era,
manco a dirlo, un delinquente fattosi fascista. Non sporse però denunzia,
perché capì che avrebbe avuto la peggio.» (E. N. Messana, op. cit. pagg.
367-8).
[4] )
Leonardo SCIASCIA Le parrocchie di Regalpetra - ed. Laterza 1982 Bari U.L., pag.
51 e s.
[5] )
Leonardo SCIASCIA Le parrocchie di Regalpetra - ed. Laterza 1982 Bari U.L., pag.
51 e s.
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