sabato 16 marzo 2013
MISCELLANEA FUORI DAI DENTI
Ieri mi sono vietato di intromettermi in quel tuo proiettare arcane foto di arcane donne. Mi sono domandato perché una donna – che non ho mai vista ma che mi raffiguro bellissima – celia con immagini vagamene saffiche? Mi mostrò al mio primo incontro una elfide gotica guglia svettante da un dannunziano lavacro ignuda e monda; ora la riveste di fiori a primavera e ne oscura il volto quasi perversa Botticelli. E tutto poi deteriora coll’inceppato dire di chissà chi, che altro che Saffo scivola nolente in ambiguità espressive da angiporto.
Per portare la stizza all’ira infuocata quale penso sai accendere, di prima mattina, ricorro alle mie insolenze verbali, dopo molteplici ore aduse a dire che il papa è nudo, che il suo pauperismo da America latina è solo folklore in terre opulente quali anche l’Italia; e se, avendo un solo polmone, null’altro sa comunicare se non biascicar preghiere: un pater un ave e gloria come dopo infantile confessione quando ci pentivamo in ginocchio da un prete che lascivamente ci accarezzava il nostro volto ancora angelico il nostro aver peccato per una innocua bugia, è solo ombra passeggera per occultare gli assetti de septimo all’IOR.
E visto che non uomo del profondo Sud, ma isolano, ma di Racalmuto provincia di Agrigento, ma mediterraneo di mare, il mare davvero africano, riesco talora a fare stizzire una ammaliante vichinga della godereccia Cento, Nord per Nord, meglio Zanzotto con la poesia:
Nella casa illustre di scolpiti
avori, di stemmi preziosi,
di foglie e fiori di vetro,
un giullare canta lungo
i pallidi conviti
la lode delle mense
su cui di rosee nevi i vasi
gemono colmi,
brilla l’aroma dell’arancio,
il pingue cibo i calici arricchisce.
- - -
Ma i commensali, raccolti
I nobili dolori nel cuore,
per le mirabili trifore
guardano il lontano azzurro
e l’oro dei capelli
consuma le loro sembianze
e gli occhi
in cui sporge la perla
e le rosse labbra di figura.
- - -
Braci e spine premono intorno,
le candele
alzano mura di marmo,
sotto le mense
muto splendido cane è la morte.
Mi sono sbilanciato nel mio solito modo di scrivere. Non è che se voglio non sappia scrivere “semplice”; il guaio è che non voglio, non ci provo gusto. Perché? L’ho scritto nel presentare un mio blog. All’inizio – dopo la sparata introduttiva – ho diramato alcuni post scritti da cristiano. L’ascolto rado e disincantato. Mi sono allora sbizzarrito e – con mia somma sorpresa – mi vedo seguito da tanti e addirittura in una quindicina di Stati. Tolta la solita Italia, i soliti Stati Uniti e quindi Germania ed Inghilterra, mi vedo sbirciato nella Federazione Russa ed in Turchia, in Grecia e in Spagna, nella Corea del Sud e dopo in Panama, Argentina, Brasile ed anche in Ucraina, Macedonia, Romania, Olanda ed altre nazioni ancora. Perché? Non parlo di sesso, parlo spesso delle mie baruffe chiazzotte con i miei paesani di Racalmuto. Ho un epistolario con un ergastolano ostativo: cose che non interessano all’estero. La mia autobiografia non interessa a nessuno. Le mie vicende erotiche sono inesistenti. Solo che sono stato fatto partecipe di tragici segreti di STATI (sic Stati) quando facevo l’ispettore BI ed ora quando steccano con il mio dire “desueto” (per due volte mi sono sentito dare dell’ AULICO, che è però termine improprio) un po’ li ammonisco e siccome sono SERVIZI SEGRETI – non per nulla il mio romanzo si intitola: La Donna del Mossad – se ne stanno nascosti nei più disparati angoli del mondo. Empiti di satiriasi senile i miei? Me lo auguro. Lor signori amano tanto suicidare. Ultimo caso: la morte di David Rossi del MPS.
Oggi l’Italia è distratta dal bancomat di papa Cicciu. Data la incultura nazionale basta poco. Mi sforzo nel mio piccolissimo di spingere qualche anima bella di FB a non bistrattare troppo questa nostra meravigliosa lingua che non la si può abbassare e svilire con quei segnacci indecifrabili. La nostra è lingua colta perché l’Italia è terra di millenaria altissima selettiva cultura. La intelligenza ce l’abbiamo tutti nel nostro DNA, lo studio purtroppo latita. Ed un “p0verello” argentino finisce con l’incantarci più di quei tanghi peccaminosi che mi mettono in satiriasi anche .. senile.
Quanto alla pazzia, io faccio ricorso ad una commedia del mio conterraneo (con DNA stranissimo dimostrano certi recentissimi studi di specialisti) Luigi Pirandello. La commedia ha uno strano personaggio, LAUDISI: Questi si mette davanti allo specchio ad altezza d’uomo. Gli punta un dito e gli rimprovera: Io dico che il pazzo sei tu, e tu mi rispondi che il pazzo sono io. Vedi costoro, ignari della pazzia che è in loro vanno alla ricerca della pazzia che sta negli altri. … E il mare può essere un catino se non e scorgi i limiti.
Questo leggevo e succhiavo a quindici anni. E avevo anche la presunzione i averlo capito. Quindi a mia giustificazione ripeto qui l’escatollo nell’esordio del mio CONTRA OMNIA RACALMUTO
Una cosa è certa: non piacerò giammai a Michel Montaigne. Dicono che Montaigne disse: il linguaggio che mi piace è un linguaggio semplice e spontaneo, tale sulla carta quale sulle labbra.
Pasolini infilzò un giovane Sciascia con una figura retorica: ipotassi. Sciascia ne fu stizzito ma per amore della gloria s’inchinò.
Tutti dicono che divennero amici per la pelle. Non ci credo .. non foss’altro per diversità di gusti sessuali.
Anche alla Maraini, a Racalmuto ,volevano estorcere un atto di grande empatia con lo scorbutico siculo. Maraini fu abile e glissò. Fresca era nella memoria di tanti l’isterica aggressione della nobile di Sicilia per una faccenda di matriarcato, qui da noi: cosa verissima ma che sovvertiva ossificati giudizi sul nostro essere maschi imperiosi.
Non sono ipotattico, sono peggio. Reduce dagli sberleffi dell’altro ieri per il mio modo di scrivere, debbo rammentare chi nel darmi del “desueto” e dell’ “antiquato” si proclamava Racalmutese fiero. Qualche altro, anonimamente, prima invocava l’’albatro, che poteva significare anche corbezzolo, quell’arbusto circondante il giardino dei sogni erotici di Sciascia per visionarie traspunzioni dal lubrico Tiziano alle nude e pingui ericine danzanti oltre la siepe della Noce, avanti il maniero di un Matrona al maschile, ma troppo maschile, e poi vittima di autoschediasmi avrebbe avuto l’ardire di insegnarmi le leggi dell’assennato pensare.
Comico, solo comico, un mancato pastore mi rimproverava velleitarismi attingenti a spocchie della Crusca. Parla comu ti nzignà to pà e to mà: dialettale imperio di un anonimo senza acume.
Io non ho voglia di piacere a Montaigne: mi piace la contorsione, l’ellissi, la prolissità, l’iperbole, il desueto, meglio il vetusto, il cacofonico, l’imo della volgarità, nominare apertis verbis parti infami che Dio creò in libertà e preti coprirono di vegogna, e se una copula invereconda mi attrae a dispiegamento di un mio uzzolo, di una mia allegoria, di un mio sogno represso, perché obnubilarla? Divengo pornograficamente esplicito, con l’accortezza di dirlo in qualche mio oscuro libro, chissà in qualche romanzetto dal giallognolo titolo comeLa Donna del Mossad.
Approdo al teologo in braghe, Vito di nome, cognominato Mancuso, per convivere con Siracide (consulto in fretta e furia wikipedia: Il Libro del Siracide (greco Σοφία Σειράχ, sofía seirách , "sapienza di Sirach"; latino Siracides) o più raramente Ecclesiastico (da non confondere con l'Ecclesiaste o Qoelet) è un testo contenuto nella Bibbia cristiana (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato nella tradizione cattolica e ortodossa, (mentre la tradizione protestante lo considera apocrifo.) e salmodiare:
La fornace prova gli oggetti del vasaio
La prova dell’uomo si ha nella conversazione.
Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola rivela il sentimento dell’uomo.
Non lodare un uomo prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
Per celia dico sussurro e ammicco: sono un eretico: Impossibile a nulla credendo. Se fossi Scalfari mi dichiarerei “laico non credente” e persino il signor arcivescovo di Giorgenti mi darebbe udienza. Anch’io come Scalfari salii scale lapidee in quel di Giorgenti, non volli piegarmi dinanzi a un’ostia esposta che ipostatizzava tutto intero Jehovah: Il padre di Tanu subito si genuflesse, seguì lungo lungo l’evanescente presidente del circolo unione, padre Puma dovette. Di là un vescovo rubeo non ebbe sussiego: finì a schifiu.
Eretico io? No, solo dadaista (non nel senso di dar plauso ad un vaso per piscio, ma come dire “vi sommergeremo in un mare di ridicolo”). E negletta la lingua gesticolare dei padri, arraffo in ALSO SPRACH ZARARHUSTRA. Naturalmente ignoro il tedesco.
Naturalmente orde di erinni di religiosa fattura mi azzannano: signorine in sacrestia, maritate all’anagrafe fraintendono e mi latrano con riservato messaggio: Come osi? Bestemmi lo spirito santo, il soffiatore fecondo della vergine maria? E già, sì. Ma non perché ami la giustizia solo perché rispetto i parti delle vergini in capillis.
Quando son umile, rarissimamente, canto con Omero i versi dei vecchioni che dicono di essere ormai solo frivoli uccellini (non i riddilii di Totò) che sulle cime degli alberi cinguettano saggezza vetusta, dopo scarnificanti aggressività dell’età che si dice matura. Ma di ciò in altro tempo. Spero nel mio blog, tutto mio, senza censori, senza censure.
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