Carissimo Angelo,
ricevo e commento gli articoli di
cui mi hai inviato le fotocopie.
A farti i debiti elogi, più che
cosa scontata, diviene impari eloquio. Non ti scopro certo io: sei di razza
superiore e poi rappresenti il meglio della cultura Bankitalia, che di per sé è
il meglio che c’è (ma ho voglia di dire: c’è stato) nel settore.
Nel 1960, quando in quel febbraio
misi piede nella filiale di Modena, c’era Menichella, che nel suo intimo sarà
stato quel pozzo di scienza che tutti dicevano, ma aveva ridotto il personale
BI ad un’accolta di austeri cassieri in frack di crassa ignoranza e tutto si
riduceva a gestire la distribuzione del contante o il pagamento della congrua
ai preti con soldi del Fondo Culto ed altre diavolerie della tesoreria
provinciale (che per due anni mi martorizzò, sotto un bolso capufficio che ogni
sera dovevo accompagnare a casa). E ometto qualche altra cosa, ma non di
estrema importanza. Venne Carli e tutto rivoluzionò, sviluppò, aristocratizzò, in primis il servizio studi, in secundis la consulenza legale.
L’ispettorato Vigilanza languì ancora per più di un decennio, anche perché non
molto gradito al principe del San Sebastianino.
Intrusioni di emergenti e
sommergenti fatti personali, per dirti che sono rimasto basito per lo stile e l’eleganza
con cui seppellisci il “soft touch” che ti confido non so che cosa sia. Colpa
della mia vecchiaia e della mia scarsa incultura in materia di moderna
ingegneria istituzionale creditizia extra moenia.
Non colgo appieno la
interrelazione tra i vari passaggi del tuo dire e come si attagli alla vicenda
giornalistica che tu perentoriamente dichiari chiusa nel tuo riquadro
aggiuntivo.
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