Già in questo suo primo cimento con l'editoria, Sciascia (poi sommo con la Sellerio) sa dare alle sue favole una impronta di ineguagliabile essenzialità: eleganza, signorilità, aristocratico tocco. Le postume edizioni hanno subito il marchio del simoniaco affarismo che tanto avrebbe fatto inorridire lo schivo Leonardo.
Andatevi a guardare le traslazioni pittoriche di Agato Bruno: nell'apparente ingenuo candore rappresentativo ecco emergere la cromatica visione favolistica di uno Sciascia ancora "rondista" io direi addirittura ungarettianamente ermetico; il grande scrittore bene viene intravisto dal maliziosamente disadorno pittore. Una bella convergenza poetica che prima o poi verrà capita nella sua complessa simbiosi artistica.
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