Il buon Eugenio Napoleone Messana esordisce nel celebrare i fasti della sua schiatta affermando a pag. 177 che "nuove famiglie costituivano potentati e si aggiungevano alle precedenti che si erano già prima attaccate a succhiare dovizie alle terre e alle miniere, i CAVALLARO, i NALBONE, i MESSANA, i PICONE, i LA TONA. E più tardi i Tinebra, gli Schillaci Ventura, i Pinò, i Romano, Gammigliedda, il cui nomignolo rimase legato al palazzo che costruì nel cuore del paese e il cui nome è scomparso dal ricordo dei viventi."
A parte il personale uso dei legamenti sintattici, il buon Messana non è qui certo del tutto attendibile, ma a noi fa aggio apprendere che non se la sente di nobilitare i suoi antenati più di tanto e li include nella rampante piccola borghesia dei primi dell'Ottocento. Vero è che subito dopo o se ne pente o non rammenta ma è certo che a pag. 202 abbiamo che: "don Calogero Messana era stato fatto speziale dal padre Luigi, borghese arricchito dell'ultimo '700 attraverso il commercio degli zolfi, la amministrazione del conte, che tenne per molti anni, e l'esazione, più tardi, della tassa del macino".
Nostri contrappunti: se il capostipite della influentissima famiglia Messana, egemone in Racalmuto, va fatta risalire a codesto LUIGI MESSANA, ci industrieremo, consultando le masterizzazioni dell'archivio della Matrice, per vedremo cosa ne verrà fuori.
Non ci pare però che nel Settecento si potesse divenire "comodi" o "danarosi" o "galantuomini" 'attraverso il commercio degli zolfi'. Per siffatta via verso la crestomazia sia pure di paese, a Racalmuto si divenne rispettabili solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Quanto a conti e amministrazioni alla fine del Secolo dei Lumi, a Racalmuto non v'era più siffatta aristocrazia comitale. Sorgeva invero quella inventatasi da un prete traffichino, un tal padre Tulumello, ma a danno dei principi di Sant'Elia e la corona comitale i Del Carretto era da tempo che l'avevano seppellita con la morte di don Giuseppe Del Carretto o con il decesso del padre che era sopravvissuto al conte figlio e cioè l'ultimo Girolamo dei Del Carretto. Ma si sa, il buon Napoleone Messana non badava tanto né alla grammatica, né al corretto latino né alla pignola esattezza storica. Pigliamone quello che c'è di buono e non badiamo al capello. [segue]
A parte il personale uso dei legamenti sintattici, il buon Messana non è qui certo del tutto attendibile, ma a noi fa aggio apprendere che non se la sente di nobilitare i suoi antenati più di tanto e li include nella rampante piccola borghesia dei primi dell'Ottocento. Vero è che subito dopo o se ne pente o non rammenta ma è certo che a pag. 202 abbiamo che: "don Calogero Messana era stato fatto speziale dal padre Luigi, borghese arricchito dell'ultimo '700 attraverso il commercio degli zolfi, la amministrazione del conte, che tenne per molti anni, e l'esazione, più tardi, della tassa del macino".
Nostri contrappunti: se il capostipite della influentissima famiglia Messana, egemone in Racalmuto, va fatta risalire a codesto LUIGI MESSANA, ci industrieremo, consultando le masterizzazioni dell'archivio della Matrice, per vedremo cosa ne verrà fuori.
Non ci pare però che nel Settecento si potesse divenire "comodi" o "danarosi" o "galantuomini" 'attraverso il commercio degli zolfi'. Per siffatta via verso la crestomazia sia pure di paese, a Racalmuto si divenne rispettabili solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Quanto a conti e amministrazioni alla fine del Secolo dei Lumi, a Racalmuto non v'era più siffatta aristocrazia comitale. Sorgeva invero quella inventatasi da un prete traffichino, un tal padre Tulumello, ma a danno dei principi di Sant'Elia e la corona comitale i Del Carretto era da tempo che l'avevano seppellita con la morte di don Giuseppe Del Carretto o con il decesso del padre che era sopravvissuto al conte figlio e cioè l'ultimo Girolamo dei Del Carretto. Ma si sa, il buon Napoleone Messana non badava tanto né alla grammatica, né al corretto latino né alla pignola esattezza storica. Pigliamone quello che c'è di buono e non badiamo al capello. [segue]
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