martedì 16 dicembre 2014
Il signot T padrone di Racalmuto
studio in elaborazione
Resta sempre un caso morale gigantesco che coivolge prima di tutto la famiglia, poi la Fondazione Sciascia, poi gli amici e quindi i nemici, Di Grado e noi tutti che alla fine abbocchiamo. Pare che Sciascia avesse abbozzato il suo Parrocchie molto prima e avesse dato un titolo non brillante: IL SIGNOR T PROTEGGE IL PAESE. Per testimonianze irrefutabili, questo scritto ed altri che pare giacessero sparsi sui tavoli di lavoro del morente scrittore mai e poi mai dovevano venire pubblicati. Inece eccoli - o almeno quelli che sono stati prescelti - esposti nella Bblioteca Adelphi 447 con il titolo spurio ma non estraneo IL FUOCO NEL MARE.
Noi non crediamo di avere vincoli specifici di fedeltà allo scrittore nato a Racalmuto e morto a Palermo, ma ci sentiamo un poco in clpa nello sfruttare a nostro vantaggio o alle tesi che contro corrente disseminiamo quelle riservate pagine sparse, come dire ci pare di infrangere l'intimità di Sciasca,che sempre uomo molto schivo fu. Intanto ci dispiace scoprire che agli esordi il grande Nanà non si distingueva dai soliti principianti che pitoccano la raccomandazioncina di lancio presso il potente del momento. Sciascia - risulta chiaro - invoca udienza al Vittorini che manco lo degna di una risposta. Mi richiama episodi ribaltati degli anni '70: Padre Arrigo che si ebbe rifiutato il suo Svolta Pericolosa, o il Cacciato con la sua "La Lupa" o anche la querula Montedoro per il suo Petix rigettato ed altri che ignoro e che Giacomino Lombardo potrebbe tanto affabulatamente dirci se volesse.
Ma visto che l'inottemperanza alla ultima volontà dello scrittore è stata consumata, mi accingo all'intrusione per piluccarvi disveli o conferme di coserelle racalmutesi che mi stanno a cuore.
Comincio dal titolo: chi è quel signor T padrone del paese (e per paese - ovvio- intendiamo Racalmuto ancora tutt'altro che Regalpetra)? Inseguo, credo, correggo, trovo spunto e quindi retrocedo, avvilito, smetto. Alla fin fine però, ammesso e concesso che trattasi di un caleidospoio di personaggi veri reali protervi, allusivi,dimessi, arroganti, cattivi. pietosi, oranti, blasfemi
del paese del sale. mi pare che affermare essere la T del Tulumello, il barone grande, disvela tante oscurità dell'intrigato parto giovanile dello Sciascia scrittore.
Nell'Ottocento fu il barone "grande" proprio il Tululmello il vero padrone del paese, finchè non decadde. Sciascia parla di questo signor T nel 1947; ancora dieci anni dopo nelle Parrocchie Sciascia non sa che a smenbrare il feudo di Gibillini in lotti leggermente gravati da censo non furono, né potevano essere i Sant'Elia, ma proprio questo tenebroso, impalpabile signor T.
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