Padre Puma,
mio amico dal 10 ottobre
1945, fu un
grande uomo, né santo né demone. Sono oltre che suo amico amico della sua
famiglia. Non sono certo obiettivo per farne lo storico. Da amico affermo che
padre Puma da gran'uomo qual era ebbe grandi virtù e per le leggi fisiche degli
equilibri anche alcuni difetti: quei difetti che me lo rendevano molto simile e
quindi tra affini della mente e del pensiero abbiamo solidarizzato, facendo i
conti per oltre 60 anni. A qualche criticona [alias Susanna senza panna] faccio presente che la vecchiaia è
sì un morbus (senectus ipsa morbus) - che non le auguro naturalmente - ma è una
grandissima ricchezza, arricchisce incommensurabilmente. Padre Puma conosceva i
suoi polli, li faceva starnazzare e spesso pareva persino assecondarli. Padre
Puma ha fatto la storia della Racalmuto del dopo-guerra del '40: anzi è la
nostra storia recente. Si dà il caso che io più che dovere scrivere la storia
di Racalmuto da quasi un secolo in qua quella storia l'ho vissuta e vissuta
sulla mia pelle.
Nella
intervista che mi concesse nel 1995 (il 5 luglio), P. Puma con una voce
stentorea, mentre io zoppicavo, aveva due grandi suoi misteri da occultarmi:
l'intimo suo soffrire certe tentazioni cui credo che ben volentieri cedesse in
contrasto l'abito che portava e il dovere fronteggiare truci faccende di
famiglia che si erano anche listate a lutto per una feroce esecuzione d'indole
malavitosa.
Mi sono
ascoltata quella intervista. Il cipiglio loquace direbbe Bonanno camuffava ben
altri sgomenti esistenziali. Puoi essere prete quanto ti pare, resti
disperatamente uomo.
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