UNA
FAMIGLIA IN ASCESA: I CAVALLARO
Il notaio Angelo Maria Cavallaro
Nella seconda metà del XVIII secolo si afferma una nuova grande famiglia
a Racalmuto, i Cavallaro. Muore giovanissimo, ma in tempo per lasciare ampie
tracce di sé Angelo Maria Cavallaro, notaio.
All’archivio di stato di Agrigento diversi tomi di atti notarili lo
riguardano ed al contempo forniscono un quadro della vita paesana racalmutese,
particolarmente suggestivo.
Era il 1767 e con bella calligrafia viene chiosato l’esordio del repertorio
del Cavallaro. «Jesus Maria Joseph – abbiamo nell’intestazione – Nota minutarum
mei D. Angeli Mariae Cavallaro Notarii Racalmuti, anni primae inditionis 1767
et 1768 Regnante Serenissimo Invictissimo et Potentissimo D.no Nostro
Ferdinando, Dei gratia, inclito Siciliane, Hyerusalem Regi Infante Hispaniarum,
Duce Parmae, Placentiae Castri etc. Magno Haereditario, Etruriae Principe etc.»
[1]
Il 12 novembre del 1767 don Francesco Vinci bussa alla porta del
giovanissimo notaio; ha da redigere un atto con mastro Stefano Rizzo e, come
dicevasi allora, “consorti”; oggetto una compravendita di tre mondelli ed una
quarta di terre bonificate (vi sono venti alberi diversae speciei intus). Il podere è sito nello “stato” di
Racalmuto, in contrada “Perdicis” (Pernici) vicino a certe terre di Calogero
Barberi. Censi ve ne sono: tarì 1 e grana 17 annuali da corrispondere al
feudatario, al conte di Racalmuto iure
proprietatis. Il valore del cespite è di 5 onze e tarì uno, giusta la stima
effettuata dall’estimatore mastro Giuseppe Maria Fusco.
Il notaio Cavallaro è diligente; raccoglie persino un certificato di
buona fede redatto dall’arciprete del tempo don Strefano Campanella.
Il successivo giorno 15 è la volta di un notabile ancora più in vista, il
barone dr Nicolaus Antonius Grillo. Questa volta si tratta di un
complesso inventario a titolo di eredità. Il de cuius è il quondam D. Nicolaus Tirone; gli eredi: D. Rosa
Spinola e Tirone vedova di d. Stefano Tirone ed il figliolo di questa d. Nicolò
Tirone. E’ il gota dell’epoca. Oggetto dell’eredità: «in primis, due muli uno
maschio di pilo baio castano et l’altra femina di pilo bajo, che trovansi in
società con Gaetano e Salvatore Pillasi; un baldoino pizzato, due matarazzi di
linazza, due coltre di lana sfiloccate, una allarama di Genova e l’altra alla
stella; salmi quattro e tumuli dieci di frumento; salmi quattro di tomminia;
salmi dodici di orzo; salme sette di fave; cinque stipe con duodeci botte di
vino d’entro; sei vombari; uno zappollore; due zappolle; una cascia di legname
segata; tre bisaccie longhe di lana; una pegnata di ramo; un palo di ferro; due
piconi; un ferraiolo; una giammerosa; un cappello e finalmente dieci e nove
resti di fico.»
Nello stesso giorno viene stilato un documento di grosso risalto per la
storia feudale del paese. Actus gravaminis, viene denominato ed è redatto a
richiesta ed a tutela di un gabelloto dell’epoca, don Gaspare Farrauto. «Io
sottoscritto D. Gaspare Farrauto – possiamo tra l’altro leggere – offerisco
alla gabella del mosto che si sta bandiando nella piazza di questa terra di
Racalmuto con tutte le sue pertinenze, annessi e connessi, onze 150 da pagarsi
cioè l’incirca medietà dopo che si termina la cima del mosto, che si dovrà fare
in questa terra casa per casa, e l’altra incirca medietà all’ultimo di agosto
venturo prima ind. 1768. Col patto che la cima del musto la devo fare io
gabellato immediate, dopo che stipulerò il contratto di d.a gabella in
depondenza casa per casa col patto che qualora a Dio piacendo verrà l’ora
dell’esigenza che sarà al primo di luglio venturo prossimo 1768, io
infrascritto gabelloto dovrò esigere la detta gabella secondo la cima che o
fatto ora, servendomi del braccio baronale senza alcuna dipendenza. Col patto
che la Segrezia di questa mi deve difendere la sudetta gabella, ed io la
cautelo colle chiuse di terre che ho in questo stato ed altre pleggerie. E mi
sottoscrivo: D. Gaspare Farrauto.» Racalmuto, all’epoca, apparteneva all’ill.ma
donna Raffaela Gaetani e Buglio, duchessa di Val Verde. Suo governatore risultava
D. Antonio Grillo.
Un altro Farrauto, il sacerdote don Lorenzo, frattanto (21 novembre 1767)
riusciva ad aggiudicarsi dal Principe di Pantelleria il vicivo feudo di
Nadorello. Uno scambio di terre (appena un tumulo ed un mondello in contrada
Pernice) avveniva tra Francesco Vinci e Stefano Lo Brutto. Si cercava di
razionalizzare la proprietà terriera, molto frazionata. Così, don Francesco
Pomo si accaparra da Maria Magno «modium
unum et quartas tres terrarum cum duobus centum sexaginta sex vitibus vineae et
4 arboribus amigdalarum in c/da Mentae.» Il piccolissimo appezzamento di
terra era gravato da un censo di tarì 1 e grana 10, spettante, iure
propietatis, al venerabile Convento di S. Maria del Monte Carmelo. Antonino
Fucà ne fu il pubblico estimatore del valore in linea capitale (3 once, tarì 6
e grana 10).
Gli eredi del quondam Giuseppe Martorana e Salvo Sentinella hanno bisogno
del notaio, il 29 novembre 1767, per una divisione di asse ereditario. Calogero
d’Ippolita dismette delle terre (due tumoli) in contrada Lago, in farore di D.
Francesco Vinci. Il 5 del successivo mese di dicembre, mastro Calogero Romano
acquista da Maria Rao e Russo «domum et
catodium cum antro parvo intus, contigua et collateralia existentia in hac
predicta terra et quarterio della Lavanca, quibus cohesent domus ipsius de Romano, domus Calogeri Avarelli,
domus Philippi Rizzo et aliis.»
L’8 dicembre 1767, Antonino Tornabene viene messo a bottega presso il
ciabattino (cerdo) mastro Pietro Picone. Se ne redige atto pubblico in questi
termini: viene affidato a «magistro Petro Picone cerdoni [perché usufruisca dell’] opera et servitia
personalia» il minorenne Antonino Tornabene di soli quindici anni. Il ragazzo
«adiuverit artem cerdonis et hoc pro annis 4 ab hodie numerandum … et hoc pro
mercede granorum quorum singulis diebus tam festis quam pro festis pro primo
anno; pro secondo granorum trium, pro terbio granorum quatuor; pro quarto
tandem granorum quinque.» Il Tornabene è però svincolato da ogni rapporto per i
mesi di luglio ed agosto: ovviamente dovrà seguire i suoi nella “campagnata”.
I La Matina, gente facoltosa, ha problemi di divisione di terre facenti
parte dell’asse ereditario del quondam Francesco La Matina. Si tratta, fra
l’altro, di «tumuli septem et modium unum
terrarum cum quibusdam terris rampantibus in eis inclusis in c/da S. Martae.»
Vi insiste un censo di 23 tarì e 9 grana. Nella parte scoscesa «fuit constructm calcatorium sive palmentum».
Era l’ultimo atto del 1767 cui si accingeva il notaio Angelo Maria Cavallaro.
Il 1768 si apriva con un atto dotale che val la pena di riportare per lo
spaccato che vi traspare. Filippa La Licata si fidanza con Vincenzo Schillaci
ed ecco il “pitazzo” della futura sposa:
«Item bona mobilia scilicet un matazarro ed un sacco di letto novo, un
paro di linzoli grossi novi, un lenzuolo sottile ingroppato novo, una culta
bianca usata, un vantiletto usato ingroppato, un spongiatore ingroppato novo,
due para di piomazzi, cioè un paro usati ed un paro novi, due para di
piumazzelli novi, due para d’ imbesti di facciletti ingroppati novi, un
padiglione usato ingroppato, una cascia usata, tre tovagli di faccia novi, una
culta di lana e filato novi, un paro di cervelli d’oro prezzo ventiquattro
tarì, quali si trova all’orecchi sud.a sposa, un chippone in tocco di lilla, un
manto di scotto novo, una falcetta per la messa in tocco di canni due di saja,
tre camicie di donna novi, tre bocciatori cioè due di filodente, ed uno
d’Olanda ingroppato novi, un spito ed una candela di ferro e finalmente la zita
vestuta per la casa, come si trova.» Deliziosa quella «zita vestuta per la
casa, comu si trova».
Vi sono pure dei beni immobili, poca cosa, che comunque rendono un poco
più giustificabile il ricorso al notaio per una dote che oggi neppure verrebbe
presa in considerazione. Alla sposa va «medietas
vineae cum terris uti vulgare dicitur “lavorativi” … in contrada Perdicis,
[nonché] domus terranea in quarterio Ss.
Crucifixi pauperum apud domum Filippi d’Ippolita, domum d.i Ignatii dotantis et
alios ..»
Un «domunculum terraneum existentem in quarterio S.i Joseph» compra il 16
gennaio 1767 Calogero Taibi Corbo da Giuseppe Milazzo Sorcillo: i soprannomi –
molti dei quali ancor oggi in uso – sono consuetudinari, come si vede.
In contrada Noce - anche all’epoca, prestigiosa – Francesco Scimé riesce
a farsi vendere dal notabile d. Francesco Pomo «tumulos sex et quartas duas terrarum cum quinque millibus rt bis centum
vitibus vineae et erboribus diversae speciei in contrada Nucis.» L’atto,
schematicamente, precisa: «omnes vero
summae harum terrarum de lordo ascendunt ad dictas uncias septuaginta novem et
tarinos sexdecim.»
Dove e come abbia potuto il
popolano Francesco Scimé raggranellare quella enorme cifra, non sappiamo. Da
lì, una nuova famiglia assurge a vette di rispetto nell’angusta società
racalmutese: nell’Ottocento e nel Novecento gli Scimé sono di varia levatura
economica. Un filone, però, svetta, e domina sino ai nostri giorni.
Seguiamo, ora, quest’altro atto dotale: Nicoletta Bufalino fa promessa
matrimoniale a Francesco Salvo. Il suo “pitazzo” annovera:
«item due matarazzi nuovi pieni di resca, tre para di piomazzi, tre para
di faccioli, due para di lenzuoli grossi, una cultra rossa alla gioia, un
giraletto rosso, un cortinaggio novo alla gangitana, una cultra con un
giraletto tessuti all’onda sfiloccati, un paio di lenzuoli sottili, un paro di
piomazzi con suoi faccioli sottili inguarnazionati, sei tovagli di faccia
sottili, canni quattro di tovagli grossi, un sponziatore sottile con
guarnigizione, un manto, due falcette, una di giambollottino nero, ed una altra
rossa nova, un panno novo, quattro gipponi, cioè uno di perpetecello azzolo,
uno di pepeticello verde, uno di benforte, ed un altro di spinno, cinque veli
cioè tre di filindente, e due d’Olanda, una cassa nova alla genovesa, e
finalmente la zita vestita come si trova.» Oltre alla “robba” alla sposa
spettano 4 tumoli di terra con 700 viti
ed alberi, siti nel feudo di Gibillini.
Don Francesco Vinci riesce a fare una permuta di terre con Paolo Salemi.
Antonino Scimé può permettersi di comprare da Filippo Castiglione solo «modium unum terrarum cum biscentum
quadraginta tribus vitibus vineae et arboribus fici in c/da Fanarae.»
Un contratto dotale avviene tra Rosalia Franco e mastro Carmelo Napoli. Rosalia
Franco viene data in isposa a soli 14 anni. La fidanzatina si distingue per un
anello d’oro, un paio di circelli d’oro ed una collana d’ambra. E’ il 30
gennaio 1768.
Il successivo 9 febbraio Ciro Rizzo compra da Lorenza Galifa una casa a
S. Giuliano per il prezzo di onze 4.13.14. Giovanni Carbone acquista da
Giovanni Capitano e consorti un mondello di terra ed una quarta. Francesco
Lauricella da Lorenzo Salvo una casa; Giovanni Tirone da Francesco Lo Brutto e
consorti, tre mondelli di terra a Rocca Russa; Francesco Marsala di Grotte
scende a Racalmuto per un contratto con Mario d’Arnone.
Siamo a fine marzo del 1768: Anna Tulumello pensa all’anima sua e dona
alla Cappella di S. Maria del Suffragio «intus matricem» un tumulo di terra da
estrapolare dai 5 che possiede alla Menta. In cambio, i responsabili della
Venerabile Cappella debbono «celebrare
facere missam solemnem cum interventu et assistentia totius cleri et semel
capere duas bullas.»
In quel marzo qualche strana tassa sulle professioni dovettero inventare
i Borboni: ecco che Don Francesco Savatteri «nolle amplius exercere officium aromatarii». L’avrà fatto dopo
abusivamente.
Salvatore Piccione compra da Giuseppe Milazzo una casa sita a S. Nicola
per il prezzo di onze 10.16.10; Filippo d’Ippolita la compra per onze 5.4.0 da
Luciano Morreale Campanella: è casa però diruta ed è posta in quartiere ut dicitur della Rocca della za Betta.
Don Calogero Tirone ottiene da Rosa Spinola e consorti domus terranea existens in S. Maria Montis.
Filippo Rizzo compra da Calogero La Mendola e consorti tumoli 1 et quarte 2 con
800 viti e 2 alberi di pero in Gibillini, contrada di Gargilata «apud terras
dicti d. Rizzo, terras Calogeri Palermo, terras Batoli Scimé. Dette terre sono
soggette a onze 3 «singula salma iure proprietatis debitis Ill.° Baroni d.
feudi Gibillinorum». Il prezzo: onze 5.5.
«Calogero La Mendola e Venera Diana, marito e moglie, campano poveri»,
attesta l’arciprete D. Stefano Campanella; sono quindi facoltizzati a vendere
quel po’ di beni immobili che possiedono a titolo dotale.
Data all’11 aprile 1768 «testamentum Christophalae Baeri, uxor Raimondi
Borsellino». Angelo Tulumello compra terre da d. Gioacchino Lo Brutto per
l’esorbitante cifra di onze 7. E giungiamo al 22 di aprile del 1768 quando un
antenato di Leonardo Sciascia spitula un contratto societario di grosso
momento. Si tratta del padre del «nonno del nonno» dello scrittore, che non
solo non viveva, come vorrebbe il celeberrimo pro nipote, a Bompensiere, ma
operava come conciatore di pelli nelle nostre lande. L’atto [2]
descrive la singolare societas tra mastro Giuseppe Alfano e mastro Carmelo
Bellavia che conferivano «uncias quadraginta unam et tarenos decem et octo» per
comprare 24 cuoi di bue e lavorarli, «in pretio vigenti quatuor coriorum
bovum.» Da una parte affiancava mastro Giuseppe Alfano mastro Pietro Picone,
dall’altra era proprio mastro Leonardo Sciascia che si associava a mastro
Bellavia.
Non va però oscurato il fatto che già alla fine del ‘600 i Cavallaro
erano emersi dal grigiore paesano. Attorno al 1660 nasce il sacerdote don
Calogero Cavallaro; questi assurge a collegiale e quindi ha rendite più che
notevoli. Fatto sta che quando muore, invero tutto preso dal terrore dell’al
dilà, lascia un testamento tutto carico di legati per le chiese. Abbiamo visto
sopra come anche la confraternita del SS.mo Sacramento, alloggiata in 70
scranni di legno nell’oratorio di S. Tommaso d’Aquino, beneficia di tali
lasciti, alcuni dei quali veramente singolari, pecore e fuscelli d’api. Il Cavallaro,
morto il 12 gennaio 1730, qualche bene però alla famiglia dovette lasciarlo: si
dà il caso che da quel momento quel ceppo passa tra i notabili di Racalmuto. Il
notaio è il primo di una serie che darà lustro
e decoro ad una nuova schiatta di “galantuomini” che perdurano ancor oggi.
Nel 1664 due sole famiglie Cavallaro c’erano a Racalmuto:
entrambi i capi dei “fuochi” si chiamavano Pietro e, per distinguerli, uno
veniva denominato Maiuri e l’altro Minuri; Calogero Cavallaro apparteneva al
nucleo di quest’ultimo, come si evince dalla seguente registrazione
nell’apposita “numerazione delle anime”.
CAVALLARO MINURI
|
PETRU
|
|
C.
|
|
PAULA
|
M.
|
C.
|
|
CALOGGIARU
|
|
|
|
GRATIA
|
F.
|
|
Nessuna aggettivazione riscontriamo in ordine all’eccellenza della
famiglia, che dunque era ancora attestata ai livelli dei piccoli proprietari
locali.
Un oscuro chierico, Orazio Cavallaro, muore attorno al 1715 (v. LIBER n°
182). Muore nel 1784, all’età di 46 anni, un altro ecclesiastico di spicco,
anche questo chiamato Calogero Cavallaro, che nel LIBER (n° 288) viene indicato
genericamente come “abbate”. Ma è solo nei primi decenni dell’Ottocento che tornano i preti autorevoli
in quella famiglia. Il nostro LIBER (n° 360) ci informa che don Emmanuele Cavallaro
fu arciprete di Realmonte e là morì il
21 febbraio 1836.
Ma già, ai primi
dell’Ottocento, i Cavallaro sono degli ottimati locali soprattutto per la
professione notarile, ove contemporaneamente eccellono vari comoponenti della
famiglia, come dimostra quest’ultima numerazione delle anime del 1822.
5671
|
CAVALLARO
|
GIUSEPPE ELIA SAC.
|
|
|
SAC. D.
|
5696
|
CAVALLARO
|
GABRIELE
|
|
|
NOTARO D.
|
5697
|
CAVALLARO
|
M. GIUSEPPA
|
MOGLIE
|
|
DONNA
|
5698
|
CAVALLARO
|
BERNARDO SAC.
|
F.O
|
|
SAC. D.
|
5699
|
CAVALLARO
|
GIOVANNI
|
F.O
|
30
|
D.
|
5700
|
CAVALLARO
|
ROSA
|
|
16
|
|
5701
|
CAVALLARO
|
CALOGERA
|
F.A
|
9
|
|
5703
|
CAVALLARO
|
GIROLAMO
|
VEDOVO
|
|
D. NOT.
|
5704
|
CAVALLARO
|
ANTONINA
|
F.A
|
2
|
|
5705
|
CAVALLARO
|
PIETRO
|
|
|
NOTAR D.
|
5706
|
CAVALLARO
|
CALOGERA
|
MOGLIE
|
|
DONNA
|
5746
|
CAVALLARO
|
FELICE
|
|
|
NOTAR D.
|
5747
|
CAVALLARO
|
DOMENICA
|
MOGLIE
|
|
DONNA
|
5748
|
CAVALLARO
|
CALOGERO SAC.
|
F.O
|
|
SAC. D.
|
5749
|
CAVALLARO
|
IGNAZIO SAC.
|
F.O
|
|
SAC. B.LE D.
|
5750
|
CAVALLARO
|
ROSALIA
|
F.A
|
|
D.
|
5751
|
CAVALLARO
|
GIUSEPPE DI D. FELICE
|
|
D.
|
|
5752
|
CAVALLARO
|
GIUSEPPA
|
MOGLIE
|
|
DONNA
|
5753
|
CAVALLARO
|
GIUSEPPE
|
F.O
|
M. 1
|
|
Ben 19 membri ormai dominano il paese
con quattro notai e quattro sacerdoti. I maschi sono ora segnati in
Matrice con l’orpello di “don”, le donne con quello di “donna”.
Nel Settecento, i Cavallaro si erano socialmente irrobustiti con
matrimoni d’alto livello, che li avevano imparentati con le più cospicue
schiatte del notabilato locale.
Un matrimonio
che segna un salto nella scala sociale fu di sicuro quello che nel primo
quarantennio del ‘700 contrasse don Emanuele Cavallaro con donna Melchiorra Lo
Brutto: costei apparteneva ad una famiglia che a quel tempo dominava Racalmuto,
anche se con toni sempre più sommessi, per il fatto che aveva gravitato su un
arciprete molto intimo dei del Carretto. Attorno al 1754, il Cavallaro abita in
un’ampia casa, sita nell’esclusivo quartiere della Piazza, come ci attesta un
rogito:
Tiene ed esige di don Emmanuele Cavallaro tt. 10.10
sopra n.° 4: casi consistenti in quattro stanzi in questa Terra quartieri della
Piazza confinante con casa di don Giuseppe Bellavia e strata che ragionati al
5% il capitale importa onze setti
.................................................................... -/ 7
I Cavallaro risultano, in atti del 1715, proprietari, sia pure con i
vincoli feudali all’epoca esistenti, di fondi
nella contrata di Bovo confinanti con li terri di
Onofrio Cavallaro, con li terri di Geronimo Macaluso, e d'altri confini.
Suggetti in gr: cinque dovuti ogn'anno per raggione di proprietà all'Ill.e
Conte di Racalmuto
Ma, alla fine del ‘600, erano ancora in ristrettezze tanto
da essere costretti ad alienare case di proprietà, come dal seguente rogito:
A 21 settembre X4^ Ind. 1690
Venditione fatta da Pietro
Cavallaro al venerabile Convento di S: Maria del Carmine di questa d'una casa
terrana sita e posta in questa terra e quarterio di S: Margaritella confinante
con la casa di Santo d'Agrò et altri confini. La posessione ci la diede la
medesima giornata per lo prezzo di -/ 2:21:10: di contanti come meglio per
detta venditione il di di sopra.
Del resto, lo
zio sacerdote aveva avuto fondi per acquistare terre dai fratelli Savatteri,
che stavano attraversando un momento economicamente difficile. Eccone gli
estremi
A 28 dicembre 7^ ind. 1698
Vendizione fanno Vincenzo e
Michel'Angelo Savatteri di Racalmuto al Sac. d: Calogero Cavallaro di una
pianta di vignia consistenti in migliaro uno e viti quindici con sue alberi
limiti, e altri existente nello fego di Racalmuto, e nella contrata di Bovo
confinanti con la vignia di Santo Calello con li terri dell'heredi del quondam
Notaro Carlo Pumo e d'altri confini. Suggetta in tt. uno grana due e piccioli
trè dovuti pre raggione di proprietà all'Ill.e Conte di Racalmuto. La
posessione della quale ci la diedero lo stesso giorno per lo prezzo di onze
deci e tt. vinti quattro quale secondo la stima fatta per Marco Ristivo, e
Marco Falletta quali prezzo li sù detti Savatteri lo confessorno de contanti, e
come meglio per detta vendizione si legge.
E subito dopo è la volta di una casa che allarghi quella già posseduta:
A 15 ottobre 8^ Ind. 1699
Venditione fatta da Baldassaro
Scibetta e Giovanna La Calci vidua relicta del quondam Stefano al r.do Sac. D.
Calogero Cavallaro d'una casa terrana posta in questa terra di Racalmuto nel
quartiero di S. Margaritella confinante con la casa di detto di Cavallaro e con
la casa di Michael Angelo e Antoni Burgio. La posessione la diede la medesima
giornata per lo prezzo di onze 2: come meglio per detta venditione il di di
sopra.
Il reverendo ora vuole aumentare l’estensione delle sue terre. Intanto
compra quest’appezzamento:
A 26 novembre 8^ ind. 1699
Venditione fatta da m.° Pietro e
m.° Giachino Facciponti patre e figlio al sac: d. Calogero Cavallaro d'una
vigna consistente in 645 viti incirca
con suoi arbori posta nel fego di questa nella nontrata di Piomentisi
confinante con la vigna di detto di Cavallaro e confinante con la vigna di
Filippo di Costa. La posessione la diede la medesima giornata per lo prezzo di
onze 6.25. come meglio per detta venditione il di di sopra.
E l’anno successivo quest’altra casa:
A 19 agosto 8^ ind. 1700
Venditione fatta da Francesco e Beatrice d'Alaimo
Sciortino Giugali al Sac.te d. Calogero Cavallaro d'una casa terrana posta in
questa terra nel quartero di S: Margaritella confinante con la casa di detto d.
di Cavallaro e altri confini. La posessione della quale la diede la medesima
giornata per lo prezzo di onze 4: come meglio per detta venditione il di di
sopra.
Non disdegna il nostro sacerdote di dedicarsi all’acquisto di case a
scopo speculativo, per darle in affitto, come sicuramente sarà successo per
questa nuova proprietà immobiliare:
A 23 Marzo 13^ Ind. 1705
Venditione fatta da Catarina e
Stefano Pitrotto matre e figlio al sac. d. Calogero Cavallaro d'una casa
terrana posta in questa, quarteri dello Castello seu Fontana confinante con
Giuseppe Salvaggio e via publica. La posessione la diede la medesima giornata
per lo prezzo secondo sarà la stima e meglio in detta venditione il di di
sopra.
Inizia la corsa alla terra:
A 7 ottobre 14^ Ind. 1705
Venditione fatta da Stefano,
Giovanne, Anna e Angela Milisensa madre e figli al Sac. d. Calogero Cavallaro
d'una chiusa consistente in salme -.4.1. di terra posta nel fegho della Menta
contrata etc. confinante con Mariano La Fichera e con heredi di notaro Carlo di
Puma e altri confini. Soggetta in tt. 2.27. annuale per ragione di proprietà
all'Ill.e Conte di questa. La posessione la diede la medesima giornata per lo
prezzo di -/ 8.14. de netto e meglio in detta venditione il di di sopra.
Compera cui si aggiunge la seguente:
A 10 Settembre 4^ Ind. 1710
Venditione fatta da Vincenzo
Cullura Polito al Sac. d. Calogero Cavallaro di tummina dui, e mondella tre e
quarte due di terre poste nel fegho della Menta e contrata di Fico Amara
confinante con Paulino di Nicastro, e d' Andria Tulumello ed altri confini.
Soggetti in tt. 2 per ragione di proprietà all'Ill.e Conte di questa. La
posessione la diede la medesima giornata per lo prezzo di -/ 6.8 de contanti e
come meglio in detta venditione il di di sopra.
E quel sacerdote passa da una compera all’altra. Ecco quest’altro
significativo rogito:
A 13 novembre Prima Ind. 1707:
Venditione fatta da Santa Biundo
relicta del quondam Melchiorre e Francesco Grillo suo genero vendorno al R.do
d: Calogero Cavallaro tummina dui mondelli dui e quarti dui di terri in questo
fego e contrata della Nuci confinante con li terri del Sac: d: Giovan Battista
Baera ed altri confini. La posessione la medesima giornata per lo prezzo di
onze 5:23: di contanti come meglio per detta venditione il di di sopra.
E quest’altro:
A 18: Dicembre Prima Ind. 1707
Venditione fatta da Mariano Burrugano al detto R.do
Sac: d: Calogero Cavallaro tummina dui e mondelli dui di terre in questo fego
confinante conli terri di Paulino di Nicastro ed altri confini. Suggetti in
tt.1.17.3. per ragione di proprietà all'Ill.e conte. Il posesso la medesima
giornata per lo prezzo di -/ 4:17:3: di contanti come meglio per detta
venditione il di di sopra.
Ed ancora:
A 11: Gennaro Prima Ind. 1708
Venditione fatta da Nicolò
Castilluzzo al R.do Sac. d. Calogero Cavallaro di tummina dui di terre in circa
in questo fego e contrata della Nuci confinante con li terri del detto di
Cavallaro ed altri confini. Sogetti in tt. 2:5: per ragione di proprietà
all'Ill.e Prencipe Conte. La posessione la medesima giornata per il prezzo di
-/ 5:14:10: di contanti come meglio per detta venditione il di di sopra.
Insaziabile la fame di terra di don Calogero Cavallaro. Il suo fondo alla
Noce, forse proprio quello che ancora la famiglia possiede, di estende in data:
A 9: ottobre 2^ Ind. 1708
Venditione fatta da Sor:
Maddalena Chiumbino al R.do sac. d. Calogero Cavallaro di tummina quattro di
terre in circa in questo fego e contrata
della Nuci confinante con li terri del detto di Cavallaro. Sugetti in tt.
2:2:3: per ragione di proprietà all'Ill.e Conte etc. La posessione la medesima
giornata per lo prezzo di -/ 9:18:10: di contanti come meglio per detta
venditione il di di sopra.
Ed ora la voglia di case:
A 22 Gennaro 2^ Ind. 1709
Vendizione fatta da Salvatore
Pitrozzella al Reverendo Sac. D. Calogero Cavallaro d'una casa in questa terra
e quarterio di S: Margaritella confinante con li casi di Giovanne Capobianco
ed'altri confini. La posessione la medesima giornata per il prezzo di -/ 7: di
contanti come meglio per detta venditione il di di sopra.
E’ la stessa nobiltà dei Del Carretto che ora vende a quel sacerdote con
disponibilità liquide davvero inesauribili:
A 10 Febraro 2^ Ind. 1709
L'Ill.e D. Maria del Carretto, e
Montaperto fece venditione al rev.do sac: d.Calogero Cavallaro di questa di
tummina tre, e mondella dui, e quarta uno di terra existente el fegho della
Menta confinante colle terre del suddetto di Cavallaro, e colle terre del
Marcato del sudetto fegho. Soggetti in tt. dui, grana tredici, e piccoli tre
annuali dovuti ogn'anno all'Ill.e Conte di Racalmuto per ragione di proprietà
in virtù di suoi contratti. Per lo prezzo di -/ undici tt. setti grana dui e
piccoli tre come furono existimate per Ippolito Fucà. Quale prezzo lo confessò
de contanti. La posessione d'hoggi innante.
L’anno successivo è la volta di una nuova casa:
A 27 Febraro 3^ Ind. 1710
Soro Giuseppa Macaluso di questa
terra di Racalmuto fece vendittione al Rev.do Sac: d. Calogero Cavallaro di
questa d'una casa in questa terra, contrata di S. Margaritella confinante colle
case del sudetto di Cavallaro di questa - franca di censo. La posessione
d'hoggi innante per lo prezzo di onze tre e tt. ventinovi come fù estimata per
m.° Alessandro Picone. Quale prezzo lo confessa de contanti.
Ed ancora nuove terre:
A 16 ottobre 4^ Ind. 1710
Soro Perpetua di Nolfo di questa terra di Racalmuto fece
vendizione al Sac. d. Calogero Cavallaro di questa d'una chiusa consistente in
tumolo uno e monnella tre di terra incirca existente in questo Stato contrata
della Nuci e Menta confinante con la chiusa del supradetto di Cavallaro.
Soggetta in tt. uno e grana cinque annuali dovuti all'Ill.e Conte di Racalmuto
per ragione di proprietà in virtù di suoi contratti. La posssione d'hoggi
innante per lo prezzo di onze quattro tt. venti grana dudici e piccoli tre a
ragione ad'onze quaranta salma. Quale prezzo lo confessa de contanti.
Siamo nel 1712, altro acquisto:
A 17 ottobre 6^ Ind. 1712
Venditione fà Sebastiano Cullura
di Racalmuto al Sac. don Calogero Cavallaro anche di questa d'una vigna nel
fegho di Racalmuto e nella contrata della Montagna confinante con la vigna di
Geronimo di Giglia, e confinante con la vigna e chiusa di Vincenzo Cullura.
Sogetta in tarì sei e grana uno cioè tarì uno e grana uno all'Ill.e Sig. Conte
di questa e tarì cinque alla Venerabile chiesa di S: Michele anche di questa
sudetta terra. La posessione ci la dona il medesimo di per lo prezzo di onze
cinque quale onze 5. detto confessa haverli ricevuto di contanti come meglio
per detta venditione appare sotto il di di sopra.
La voglia di terra spinge il sacerdote ad accollarsi canoni e censi pur
di venire in possesso fondi coltivabili, come questo caratteristico atto di
“renuncia e relaxito”, da parte di un facoltoso notaio. Attesta:
A 9 novembre septima ind. 1712
Notar Giachino Spinola di questa
terra di Racalmuto fece renuncia e relaxito al Rev. sac: d. Calogero Cavallaro
pure di questa di salma una, tummina quattro e monnelli dui di terra existente
in questo Stato confinante colla chiusa di Petro Farrauto la Pupara e via
publica ed'altri confini. Soggetta nella rata del censo dovuto a questo Stato
per ragione di proprietà. La posessione d'hoggi innante etc. lo relaxito per lo medesimo censo.
Sono proprio inesauribili le risorse finanziarie di d. Calogero
Cavallaro, non riconducibili certo alle sole consistenze del “patrimonio” di
cui fu dotato per accedere al sacerdozio. Ne è conferma questo rogito di un
paio di anni dopo:
A 16 ottobre ottava ind. 1714
Notar Isidoro Lo Brutto, Nicolao
Puma, Notaro Calogero Alferi e Geronimo Grillo Jar.° e mastro Pietro, ed Ignatio Facciponti patre
e figlio in solido fecero venditione al rev. sac. d. Calogero Cavallaro di
questa di un Palmento collo terreno suggetto a detto palmento posto in questo
Stato contrata di Bovo confinante con la vigna di detti Facciponti, e vigna di
Caetano Cammalleri - franco di censo. La posessione d'hoggi innante. Per lo
prezzo di onze venti come fu stimato per mastro Alessandro Picone Capo Mastro,
quale lo confessa de contanti.
Nella seconda metà del Settecento i Cavallaro sono davvero affermati a
Racalmuto. Vediamo ad esempio questo matrimonio:
31/7/1768
|
CAVALLARO
D. GIUSEPPE DELLI FURONO D. EMMANUELE E
|
BRUTTO D.
MELCHIORRA
|
BIONDI D.
CALOGERA DE.LLI FURONO D. FRANCESCO
|
SOLDANO D.
ROSA
|
Don Giuseppe Cavallaro, figlio di quei coniugi che abbiamo citato sopra,
può sposare donna Calogera Biondi, che seppure orfana di entrambi i genitori, è
pur sempre un membro di una notevolissima famiglia racalmutese di quel periodo.
Il fratello, un notaio, sposa una Savatteri, donna Domenica figlia di
Francesco e di Lo Brutto Dorotea: famiglie importantissime che fanno quadrato
con vincoli matrimoniali:
27/8/1780
|
CAVALLARO
NOT. D. FELICE DELLI Q. D. EMANUELE
|
BRUTTO D.
ELENORA
|
SAVATTERI
D. DOMENICA DEL Q. D. FRANCESCO E
|
BRUTTO D.
DOROTEA
|
PER D. JOSEPH
SAVATTERI ET BRUTTO: TESTI D. PAOLO TIRONE E ISIDORO AMELLA
|
Ed un terzo fratello, un medico, convola a nozze sempre con una Biondi:
18/11/1786
|
CAVALLARO
Dr D. GABRIELE DELLI Q. EMANUELE E
|
BRUTTO D.
LEONORA
|
BIONDI D.
MARIA DI D. VINCENZO E
|
RINALDI D.
ROSARIA
|
PER D.
JOSEPH SAVATTERI E BRUTTO
|
A fine secolo, abbiamo due Cavallaro che sono sacerdoti:
CAVALLARO
|
EMMANUELE SAC. DON
|
36
|
SAC. DON
|
|
GIUSEPPE ELIA SAC. DON
|
28
|
SAC. DON FRATELLO
|
Un altro con moglie, zia settantenne e serva:
CAVALLARO
|
PIETRO
|
|
36
|
DON
|
|
CALOGERA
|
M
|
28
|
DONNA
|
|
GIUSEPPA
|
|
70
|
D: ZIA
|
RINCIGLIO
|
MARIA
|
|
50
|
SERVA
|
Il capostipite, notaio, con un nucleo familiare assortito:
CAVALLARO
|
FELICE NOT. D:
|
|
60
|
NOTAIO D:
|
|
DOMENICA D:
|
M
|
40
|
|
|
CALOGERO D:
|
|
22
|
|
|
IGNAZIO D:
|
|
18
|
|
|
ROSA D:
|
|
12
|
|
|
GIUSEPPE D:
|
|
10
|
|
|
CALOGERA
|
|
19
|
|
Cui non è da meno il fratello cinquantaduenne, anche lui notaio:
CAVALLARO
|
GABRIELE D:
|
|
52
|
NOTARO DON
|
|
MARIA GIUSEPPA D:
|
M
|
32
|
DONNA
|
|
BERNARDO CL:
|
F
|
18
|
CLERICO
|
|
MARIA ROSA
|
F
|
4
|
|
|
MARIA NONA
|
F
|
1
|
|
|
ANGELA
|
F
|
12
|
|
|
GIROLAMO
|
F
|
15
|
|
|
GIOVANNI
|
F
|
13
|
|
|
ONOFRIO D:
|
|
56
|
D:
|
|
ROSALIA
|
|
22
|
|
Recluse al Monastero di Santa Chiara ben cinque religiose tra monache,
novizie ed educande:
CAVALLARO
|
Sr. MARIA CARMELA
|
|
SUORA
|
|
CAVALLARO
|
Sr. MARIA RAFFAELLA
|
|
SUORA
|
|
|
NOVIZIE
|
|
|
|
CAVALLARO
|
Sr. MARIA TERESIA
|
|
|
|
|
EDUCANDE
|
|
|
|
CAVALLARO
|
CARMELA D:
|
|
|
|
CAVALLARO
|
NORA D:
|
|
|
|
Superiora a quel tempo era una loro zia:
BIONDI
|
Sr. MARIA DI GESU'
|
|
|
ABBADESSA
|
La crisi del feudalesimo a Racalmuto faceva emergere i notabili della
nuova alta borgesia, cui affluivano gli incarichi pubblici. Don Giuseppe
Cavallaro assurge alla carica di Sindaco
negli anni che vanno dal 1784 al 1787. E nel 1793 ce lo ritroviamo tra i
deputati. Nell’esercizio successivo, accede tra i giurati don Raffaele
Cavallaro. Negli anni seguenti, è don Felice Cavallaro che sovrintende
all’intero patrimonio comunale.
L’eminente famiglia mantiene, ed anzi accresce, il ruolo egemone nella
vita della locale comunità nel successivo secolo: cosa che vedremo più
dettagliamente, dopo, quando accenneremo alle vicende dell’Ottocento.
[A questo punto finisce la ricerca propografica vera e propria ed inizia
il coinvolgimento delle grandi personalità della famiglia Cavallaro nelle
vicende storiche del paese, viste ovviamente dal mio angolo visuale, accentuatamente
settario e talora malefico. Scorrendo il file
con “trova Cavallaro” potrà fugacemente notare i punti che riguardano la sua
famiglia per eventuali suggerimenti e rettifiche. In ogni caso può lasciare
tutto a giacere e non perdere tempo con le mie ubbie]
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