...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
sabato 20 ottobre 2012
C O R , il mio Blog Contra Omnia Racalmuto
Una cosa è certa: non piacerò giammai a Michel Montaigne. Dicono che Montaigne disse: il linguaggio che mi piace è un linguaggio semplice e spontaneo, tale sulla carta quale sulle labbra.
Pasolini infilzò un giovane Sciascia con una figura retorica: ipotassi. Sciascia ne fu stizzito ma per amore della gloria s’inchinò.
Tutti dicono che divennero amici per la pelle. Non ci credo .. non foss’altro per diversità di gusti sessuali.
Tutti dicono che divennero amici per la pelle. Non ci credo .. non foss’altro per diversità di gusti sessuali.
Anche alla Maraini ,a Racalmuto ,volevano estorcere un atto di grande empatia con lo scorbutico siculo. Maraini fu abile e glissò. Fresca era nella memoria di tanti l’isterica aggressione della nobile di Sicilia per una faccenda di matriarcato, qui da noi: cosa verissima ma che sovvertiva ossificati giudizi sul nostro essere maschi imperiosi.
Non sono ipotattico, sono peggio. Reduce dagli sberleffi dell’altro ieri per il mio modo di scrivere, debbo rammentare chi nel darmi del “desueto” e dell’ “antiquato” si proclamava Racalmutese fiero. Qualche altro, anonimamente, prima invocava l’’albatro, che poteva significare anche corbezzolo, quell’arbusto circondante il giardino dei sogni erotici di Sciascia per visionarie traspunzioni dal lubrico Tiziano alle nude e pingui ericine danzanti oltre la siepe della Noce, avanti il maniero di un Matrona al maschile, ma troppo maschile, e poi vittima di autoschediasmi avrebbe avuto l’ardire di insegnarmi le leggi dell’assennato pensare.
Comico, solo comico, un mancato pastore mi rimproverava velleitarismi attingenti a spocchie della Crusca. Parla comu ti nzignà to pà e to mà: dialettale imperio di un anonimo senza acume.
Io non ho voglia di piacere a Montaigne: mi piace la contorsione, l’ellissi, la prolissità, l’iperbole, il desueto, meglio il vetusto, il cacofonico, l’imo della volgarità, nominare apertis verbis parti infami che Dio creò in libertà e preti coprirono di vegogna, e se una copula invereconda mi attrae a dispiegamento di un mio uzzolo, di una mia allegoria, di un mio sogno represso, perché obnubilarla? Divengo pornograficamente esplicito, con l’accortezza di dirlo in qualche mio oscuro libro, chissà in qualche romanzetto dal giallognolo titolo come La Donna del Mossad.
Approdo al teologo in braghe, Vito di nome, cognominato Mancuso, per convivere con Siracide (consulto in fretta e furia wikipedia: Il Libro del Siracide (greco Σοφία Σειράχ, sofía seirách , "sapienza di Sirach"; latino Siracides) o più raramente Ecclesiastico (da non confondere con l'Ecclesiaste o Qoelet) è un testo contenuto nella Bibbia cristiana (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato nella tradizione cattolica e ortodossa, (mentre la tradizione protestante lo considera apocrifo.) e salmodiare:
La fornace prova gli oggetti del vasaio
La prova dell’uomo si ha nella conversazione.
Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola rivela il sentimento dell’uomo.
Non lodare un uomo prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
Per celia dico sussurro e ammicco: sono un eretico: Impossibile a nulla credendo. Se fossi Scalfari mi dichiarerei “laico non credente” e persino il signor arcivescovo di Giorgenti mi darebbe udienza. Anch’io come Scalfari salii scale lapidee in quel di Giorgenti, non volli piegarmi dinanzi a un’ostia esposta che ipostatizzava tutto intero Jehovah: Il padre di Tanu subito si genuflesse, seguì lungo lungo l’evanescente presidente del circolo unione, padre Puma dovette. Di là un vescovo rubeo non ebbe sussiego: finì a schifiu.
Eretico io? No, solo dadaista (non nel senso di dar plauso ad un vaso per piscio, ma come dire “vi sommergeremo in un mare di ridicolo”). E negletta la lingua gesticolare dei padri, arraffo in ALSO SPRAC
Infantino tenore ormai in declino si mette a comporre musica. Mette sostanzialmente nel pentagramma serenate, canzoni e canti sacri racalmutesi. Li vuol pubblicare: si fa rilasciare una presentazione dal suo amico e coetaneo Leonardo Sciascia. Eccola: mirabile, una delle più belle pagine del grande Racalmutese che mi sia capitato di leggere. Inoltre ottiene non si sa come questa splendida composizione pittorica di Guttuso per la copertita dei suoi spartiti. Sciascia e Infantino in sodalizio all'epoca con il grande Renato Guttuso di Bagheria. Poi non sarà più così. Ma noi gustiamoci qui questo sublime binomio: Guttuso-Sciascia, i figli di Bagheria e Racalmuto, due paesi oggi tacciati di tante infamie mafiose.
Naturalmente orde di erinni di religiosa fattura mi azzannano: signorine in sacrestia, maritate all’anagrafe fraintendono e mi latrano con riservato messaggio: Come osi? Bestemmi lo spirito santo, il soffiatore fecondo della vergine maria? E già, sì. Ma non perché ami la giustizia solo perché rispetto i parti delle vergini in capillis.
Quando son umile, rarissimamente, canto con Omero i versi dei vecchioni che dicono di essere ormai solo frivoli uccellini (non i riddilii di Totò) che sulle cime degli alberi cinguettano saggezza vetusta, dopo scarnificanti aggressività dell’età che si dice matura. Ma di ciò in altro tempo. Spero nel mio blog, tutto mio, senza censori, senza censure.
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