venerdì 23 ottobre 2015

e dalìa San Giuliano ma la prte nobile era da Sant?Antonio alla FALSO

FALSO
Non risponde al vero quello che scrive Sciascia: "nel massiccio sarcofago del Carmine ... vi riposa l'Ill.mo don Girolamo del Carretto, conte di questa terra di Racalmuto, che morì ucciso da un servo  a casa sua, il 6 maggio 1622". Alla Matrice risulta nel liber mortuorum un Girolamo del Carretto, conte di Racalmuto, morto e sepolto il 2 maggio 1622  nella chiesa di San Francesco. Non vi è detto che fu ucciso da alcuno. Vera frottola quella di Sciascia che vuole il Conte ucciso dal servo Antonio di Vita mentre "se ne stava affacciato al balcone alto tra le due torri guardando le povere case ammucchiate ai piedi del castello". Il paese allora stava appollaiato sopra o ai lati del castello come a Santa Nicola o sopra la Baruna o sotto lu Chianu Strauli o nel corso antistente l'attuale Matrice e saliva al Monte e alla Grotta di Panella  sotto il Carmine- Un documernto presso l'archivio Vescovile di Agrigento lo testimonia senza tema di smentita. Noi l'abbiamo pubblicato. Carta canta e villan dorme caro Sciascia e tuoi figlioni. I Divita esistevano anche allora ma erano tutt'altro che servi.  Possiamo documentarlo carte alla mano.

Falsissimo quello che Sciascia acriticamente fa suo: "Della voracità di don Girolamo del Carretto un'anonima memoria testimonia - 'oltre alle numerose tasse e donativi e imposizioni feudali, che gravavano sui poveri vassalli di Racalmuto, i suoi signori erano soliti esigere, sin dal secolo XV, due tasse dette del terraggio e del terraggiolo dagli abitanti delle campagne e dai borgesi. Questo balzelli i del Carretto solevano esigere non solo da coloro che seminavano terre nel loro stato, benché le possedessero come enfiteuti, e ne pagassero l'annuale censo, ma anche da coloro che coltivassero terre non appartenenti alla contea, ma che avessero le loro abitazioni in Racalmuto."

Non si può mica pretendere da Sciascia conoscenza profonda di quella che fu disciplina dei diritti diciamo feudali della Sicilia; campo minato che ancor oggi non è adeguatamente investigato come ci insegna il professore Mazzarese Fardella. Ma visto che faceva storia o microstoria, Sciascia avrebbe dovuto meglio documentarsi e non fare sproloqui in materia di feudalesimo  sia  pure siciliano o di baronato dalle cosiddette soggiogazioni che si cercò di ammorbidire solo  alla fine del Settecento con Caracciolo, e sotto i Borboni.    

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