domenica 7 febbraio 2016


Alla nostra “interrogazione a risposta scritta” del  25/5/1994 (Seduta 0009), tendente ad aver rassicurazioni sulla correttezza di talune operazioni finanziarie della Fininvest, rispondeva il cessato Ministro Tremonti in termini del tutto insoddisfacenti.

Si confermava, invero, che il SECIT aveva «eseguito controlli su tre operazioni di ‘dividend washing’ poste in essere nel 1991, «prevalentemente, con società dello stesso gruppo», ma venivano le operazioni contrabbandate come mere elusioni di ritenute alla fonte. Si accennava ad un gioco di compravendita di dividendi, anglicanamente e pudicamente chiamato “dividend washing” o “coupon washing” forse perché non appariva elegante la denominazione italiana di “lavatura dei profitti”, e non se ne investigava la eventuale natura fraudolenta, specie sotto il profilo del diritto societario. Si confidava che i controlli investivano operazioni del 1991, ma non si sapeva rispondere nient’altro alle incalzanti domande sulla tempestività delle azioni repressive dell’Amministrazione finanziaria, se non che il tutto sarebbe sfociato in  processi verbali - che però allo stato sono per esplicita ammissione “in corso di notifica” - e nelle conseguenti rettifiche delle dichiarazioni dei redditi.


Si è pertanto costretti a ritornare sull’argomento per avere ora e da parte dell’attuale diverso governo risposte più esaustive e, principalmente, più tranquillizzanti.

Innanzi tutto, non si comprende come una verifica possa, dopo anni, essere ancora “in corso di notifica”, specie se si considera che nel frattempo, come ebbe - non richiesto - ad erudirci il Ministro Tremonti, è intervenuto il decreto-legge 9 settembre 1992, n. 372 (convertito dalla legge 5 novembre 1992, n. 429) che, a nostro avviso, non tanto tende “a combattere i comportamenti elusivi in parola” - cioè quelli del cosiddetto ‘dividend washing’ - quanto, invece, a fornire un’astuta sanatoria per le operazioni preesistenti, del tipo di quelle tardivamente contestabili alla Fininvest. Si chiede pertanto di sapere quale sia il pensiero del governo sulla retroattività del predetto provvedimento e conseguentemente cosa intende fare per la vicenda in corso; se cioè reputa che si debba contestare l’infrazione alla Fininvest per far caducare il tutto in sede contenziosa oppure se ha in mente di porre riparo alla falla legislativa con interventi normativi atti a correggere le devianti  interpretazioni sabbatiche del citato decreto n. 372, non mancando peraltro di reprimere i comportamenti del lavaggio dei proventi sia sotto il profilo fiscale che societario, sia sotto quello strumentale della ritenuta, come pure sotto quello sostanziale della debita tassazione, e rendendo esplicito che trattasi sempre di norme dichiarative e non innovative per quanto attiene agli anomali fenomeni pregressi.

In secondo luogo, il ‘lavaggio dei dividendi’ della Fininvest con il suo intreccio di vendite con patto di ricompera tra società dello stesso gruppo ha determinato a dire del Ministro: ‘dividendi’ che vengono rappresentati in bilancio come ‘plusvalenza da negoziazione titoli’; imputazioni in conti economici alieni di ‘una perdita da negoziazione’; intesa fra «fondi comuni d’investimento mobiliare del gruppo Fininvest con società dello stesso gruppo» volta al fine di stabilire ‘in una misura adeguata i prezzi delle due vendite’ per ’ripartire il risparmio fiscale fra le due parti’. Ciò stante, si domanda se, ad avviso del governo, il fenomeno possa ridursi alla sola questione della ritenuta o non vada censurato sotto il profilo dell’intera tassazione del reddito d’impresa. In particolare, si domanda come intendono gli uffici considerare costi che non appaiono inerenti e ricavi che sembrano indebitamente traslati ad altre società del gruppo.

Ma l’intero intreccio desta non poche perplessità nell’ambito della chiarezza e precisione del bilancio, nonché della legittimità degli utili risultanti in bilancio e forse ripartiti o degli oneri gravati indebitamente sui conti economici di alcune società del gruppo. Di quali indagini e di quali censure in proposito si sono dati carico gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria inquirenti? Quali obblighi ritengono di avere? Quali rapporti all’Autorità giudiziaria hanno, senza indugio, effettuato? Quali segnalazioni ai competenti  organi di vigilanza amministrativa (Banca d’Italia, Consob. etc) hanno operato o si accingono ad espletare, e se ritengono che ciò rientri tra i loro doveri? Se in caso negativo, per effettiva o presunta limitazione legislativa, quali iniziative intende portare avanti codesto sig. Ministro delle Finanze?

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