Alla nostra
“interrogazione a risposta scritta” del
25/5/1994 (Seduta 0009), tendente ad aver rassicurazioni sulla
correttezza di talune operazioni finanziarie della Fininvest, rispondeva il
cessato Ministro Tremonti in termini del tutto insoddisfacenti.
Si confermava, invero, che il SECIT aveva
«eseguito controlli su tre operazioni di ‘dividend washing’ poste in essere nel
1991, «prevalentemente, con società dello stesso gruppo», ma venivano le
operazioni contrabbandate come mere elusioni di ritenute alla fonte. Si
accennava ad un gioco di compravendita di dividendi, anglicanamente e
pudicamente chiamato “dividend washing” o “coupon washing” forse perché non
appariva elegante la denominazione italiana di “lavatura dei profitti”, e non
se ne investigava la eventuale natura fraudolenta, specie sotto il profilo del
diritto societario. Si confidava che i controlli investivano operazioni del 1991, ma non si
sapeva rispondere nient’altro alle incalzanti domande sulla tempestività delle
azioni repressive dell’Amministrazione finanziaria, se non che il tutto sarebbe
sfociato in processi verbali - che però
allo stato sono per esplicita ammissione “in corso di notifica” - e nelle
conseguenti rettifiche delle dichiarazioni dei redditi.
Si è
pertanto costretti a ritornare sull’argomento per avere ora e da parte
dell’attuale diverso governo risposte più esaustive e, principalmente, più
tranquillizzanti.
Innanzi
tutto, non si comprende come una verifica possa, dopo anni, essere ancora “in
corso di notifica”, specie se si considera che nel frattempo, come ebbe - non
richiesto - ad erudirci il Ministro Tremonti, è intervenuto il decreto-legge 9
settembre 1992, n. 372 (convertito dalla legge 5 novembre 1992, n. 429) che, a
nostro avviso, non tanto tende “a combattere i comportamenti elusivi in parola”
- cioè quelli del cosiddetto ‘dividend washing’ - quanto, invece, a fornire
un’astuta sanatoria per le operazioni preesistenti, del tipo di quelle
tardivamente contestabili alla Fininvest. Si chiede pertanto di sapere quale
sia il pensiero del governo sulla retroattività del predetto provvedimento e
conseguentemente cosa intende fare per la vicenda in corso; se cioè reputa che
si debba contestare l’infrazione alla Fininvest per far caducare il tutto in
sede contenziosa oppure se ha in mente di porre riparo alla falla legislativa
con interventi normativi atti a correggere le devianti interpretazioni sabbatiche del citato decreto
n. 372, non mancando peraltro di reprimere i comportamenti del lavaggio dei
proventi sia sotto il profilo fiscale che societario, sia sotto quello
strumentale della ritenuta, come pure sotto quello sostanziale della debita
tassazione, e rendendo esplicito che trattasi sempre di norme dichiarative e
non innovative per quanto attiene agli anomali fenomeni pregressi.
In secondo
luogo, il ‘lavaggio dei dividendi’ della Fininvest con il suo intreccio di
vendite con patto di ricompera tra società dello stesso gruppo ha determinato a
dire del Ministro: ‘dividendi’ che vengono rappresentati in bilancio come
‘plusvalenza da negoziazione titoli’; imputazioni in conti economici alieni di
‘una perdita da negoziazione’; intesa fra «fondi comuni d’investimento
mobiliare del gruppo Fininvest con società dello stesso gruppo» volta al fine
di stabilire ‘in una misura adeguata i prezzi delle due vendite’ per ’ripartire
il risparmio fiscale fra le due parti’. Ciò stante, si domanda se, ad avviso
del governo, il fenomeno possa ridursi alla sola questione della ritenuta o non
vada censurato sotto il profilo dell’intera tassazione del reddito d’impresa.
In particolare, si domanda come intendono gli uffici considerare costi che non
appaiono inerenti e ricavi che sembrano indebitamente traslati ad altre società
del gruppo.
Ma l’intero
intreccio desta non poche perplessità nell’ambito della chiarezza e precisione
del bilancio, nonché della legittimità degli utili risultanti in bilancio e
forse ripartiti o degli oneri gravati indebitamente sui conti economici di
alcune società del gruppo. Di quali indagini e di quali censure in proposito si
sono dati carico gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria inquirenti? Quali
obblighi ritengono di avere? Quali rapporti all’Autorità giudiziaria hanno,
senza indugio, effettuato? Quali segnalazioni ai competenti organi di vigilanza amministrativa (Banca
d’Italia, Consob. etc) hanno operato o si accingono ad espletare, e se
ritengono che ciò rientri tra i loro doveri? Se in caso negativo, per effettiva
o presunta limitazione legislativa, quali iniziative intende portare avanti
codesto sig. Ministro delle Finanze?
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