LIBRO SECONDO –
Racalmuto nell’epoca moderna
IL SECOLO DELLA MADONNA DEL MONTE
La
tradizione colloca nell’anno 1503 la venuta a Racalmuto della Madonna del Monte. La pia leggenda è talmente
scolpita nei cuori dei racalmutesi da impedire ogni ricerca storica che
suonerebbe falsa e blasfema. Noi quindi ce ne asteniamo. Facciamo nostra la
seconda lezione dell’Officio sulla nostra prodigiosa Madonna: «a Racalmuto, in Sicilia, - vi si recita
in latino - da tempo immemorabile, un
prodigioso simulacro troneggia nel magnifico tempio dedicato alla Madonna del
Monte, Madre di Dio. Secondo una costante tradizione, la statua in nessun modo
poté venire rimossa dal Monte, ove era giunta per una sosta su un carro rustico
tirato da buoi, proveniente dal litorale agrigentino per essere condotta nella
antica città di Castronovo. E questo fu un mero portento.»
Francesco
Vinci, in un una memoria del 1760,
Don Nicolò Salvo, il padre Bonaventura
Caroselli, Nicolò Tinebra Martorana, un anonimo nel 1913,
Eugenio Napoleone Messana nel 1968,
Leonardo Sciascia in una chiosa del 1982, ed altri che ci
sfuggono hanno scritto sull’evento, quasi sempre con filiale devozione e con
trepido attaccamento alla nativa terra di Racalmuto.
Un
quadro storico puntuale e documentato ce l’ha fornito di recente il compianto
gesuita locale P. Girolamo Morreale. Esso è esaustivo per chi
pretende l’umana verità storica. Col suo candore l’ex-voto esposto nel Santuario
del Monte rappresenta, pare dalla fine del Seicento, la nostra ancestrale
devozione mariana; esso ci immerge nella concitazione del popolo racalmutese
per l’arrivo nella parte alta del paese del carro trainato dai buoi con sopra
il venerato simulacro della Madonna.
Nella
visita pastorale del 1540 - la prima di cui si abbia notizia documentata - la
gloriosa statua viene come inventariata, con stile del tutto anodino.
Nell’Archivio Vescovile di Agrigento si rinviene il documento della visita fatta
nel 1540 dai legati vescovili alla chiesa del Monte. Essa è chiesa non
mediocre, con un corredo notevole. Non vi si scorge però nulla che possa
richiamare alla mente un santuario prestigioso della Vergine. P. Morreale [1] ha come un
moto di stizza quando vede il notista della Curia trattare apaticamente
l’argomento. In seconda battuta, come se si trattasse di cosa di scarsa
importanza, l’irriguardoso burocrate in veste talare si limita ad inventariare
il glorioso simulacro semplicemente come «una figura di nostra donna di marmaro».
Non ci si può però meravigliare: il culto della Madonna del Monte esplode a Racalmuto solo a partire dai primi decenni del ‘700,
dopo l’opera del p. Signorino, ma soprattutto a seguito di un libretto del 1764
di un frate agostiniano centuripino, il padre Catalanotto, che con semplici ma
accattivanti versi in dialetto (invero più della periferia ovest di Agrigento
che della nostra Racalmuto) stila una devota saga della Vinuta di la Beddra Matri di lu Munti che alquanto si distacca
(apparendo peraltro più credibile) da quella che il pretenzioso padre Caroselli
forgiò in una estranea lingua italica quasi un secolo dopo.
La visita pastorale del Vescovo di Agrigento, datata 1540, è per altri
versi un momento importante per la storia religiosa di Racalmuto. Abbiamo un documento
storico basilare. Pur nel linguaggio non
perspicuo ed arcaico, balza un quadro della struttura ecclesiale di Racalmuto.
Ci
affacciamo, così, all’epoca moderna per la quale disponiamo di fonti d’archivio
e documentali rilevantissime che vanno studiate ed interpretate con rigore
scientifico, bandendo quel vezzo della visionarietà cui gli eruditi locali sono
stati soliti abbandonarsi. La storia della comunità ecclesiale racalmutese
appare ora circostanziata e colma di
affascinanti spunti e di specificità di grande portata edificante. Si
pensi al culto della Madonna, alla devozione verso S. Rosalia, alla
veneranda figura di padre Elia Lauricella ed ai tanti servi di Dio della nostra epoca
contemporanea.
SACERDOTI DI RACALMUTO DEL XVI SECOLO
Nell’Archivio parrocchiale della Matrice di Racalmuto si rinviene un elenco di sacerdoti che
abbraccia il periodo dal 1545 sino ai nostri giorni. L’intestazione è molto
eloquente e ben specifica il contenuto del registro. «Liber - viene denominato
- in quo adnotata reperiuntur nomina plurimorum Sacerdotum, nec non Diaconorum,
Subdiaconorum et Clericorum huius terrae Racalmuti, jam ex hac vita discessorum
a pluribus ab hinc annis fere immemorabilibus, opere R.di Sac. D. Paulini
Falletta hoc anno 1636 pro quarum animarum suffragio
semel in mense in feria secunda secundae hebdomadae ad cantandam Missam omnes
Sacerdotes, Diaconi, Subdiaconi et Clerici se obligaverunt convenire. - Ut in
actis Not. Panfili Sferrazza Racalmuti sub die 26 Marzii 1638.» Fino a
quando si cantò quella messa il lunedì
della seconda settimana di ogni mese, non sappiamo. Oggi non avviene più
e crediamo a memoria d’uomo.
Il primo sacerdote a venirvi annotato è l’arciprete e
canonico d. Nicola de Galloctis, citato nella visita
pastorale di Mons. Pietro di Tagliavia e d’Aragona del 1543. La trascrizione è però
scorretta: lo si chiama “Nicola Galletti”. Abbiamo quindi i tre
successori nel tempo: d. Tommaso Sciarrabba - anche lui arciprete e canonico - D. Gerlando d’Averna e don Michele Romano. Viene omesso l’arciprete
Capoccio per saltare a
d. Andrea d’Argomento, con il quale s’inizia il
secolo XVII.
Sui sacerdoti racalmutesi del secolo XVI sappiamo ben
poco. Qualche dato si desume dall’archivio vescovile di Agrigento. Notizie e riferimenti si
colgono nei libri parrocchiali della Matrice, quasi tutti di battesimo
per quello scorcio di secolo, e databili, comunque, a partire dal 1564. La
bolla di conferimento dell’arcipretura di Racalmuto al sac. Gerlando di Averna è stata da noi rintracciata nell’ Archivio
Vaticano Segreto e risale al 13 novembre del 1561.
Lo stato delle nostre ricerche ci permette di
individuare soltanto due sacerdoti officianti a Racalmuto prima del XVI secolo. Sono i religiosi
ricordati nella Colletteria dell’archivio vaticano (cfr. ASV - Collect. 161 f.
96) Martuzio de Sifolono, titolare della chiesa di
S. Maria, chiamato a corrispondere un’oncia per le decime di due
anni (1308 e 1310), ed il prete Angelo
di Montecaveoso, tassato per nove tarì in relazione all’ufficio sacerdotale che
esplicava nel Casale di Racalmuto. Del primo non sappiamo neppure se fosse un
sacerdote. Ignoriamo anche dove era ubicata la chiesa di S. Maria - ed ogni
attribuzione ad uno dei vari templi oggi dedicati alla Madonna è mero arbitrio.
Il “presbiter” Angelo de Montecaveoso ha tutta l’aria di essere un frate: parroco di
Racalmuto nel 1308 e nel 1310, non sembra indigeno; ricava pochi proventi
(dopo, l’arcipretura di Racalmuto diverrà molto appetibile e la vorranno
prelati di Messina, Napoli, Prizzi, S. Giovanni Gemini, etc.) e non lascia traccia
di sé.
Non abbiamo elementi per stabilire se, oltre ad
incassare le prebende, i beneficiari di S. Margherita, ebbero a svolgere una
qualche missione sacerdotale a Racalmuto: si tratta di due preti di
cui ci tramanda i nomi un noto documento (Archivio di Stato di Palermo: Reale
Cancelleria, Vol. 34, f. 137v, anno
1398) del 20 settembre 1398, Tommaso de Manglono e Gerardo de Fino. Il primo era un canonico
agrigentino, considerato ribelle dal re Martino e pertanto spogliato della
prebenda racalmutese; il secondo, arciprete di Paternò, era
divenuto cappellano regio: difficilmente avrà avuto tempo per
pratiche religiose nella terra del beneficio di Santa Margherita, ricevuto graziosamente dal
re. Gli bastava mettersi in contatto con Matteo del Carretto, cui erano state impartite
istruzioni per la corresponsione dei proventi a quelll’arciprete di Paternò.
Biagio Pace vorrebbe un ipogeo cristiano in contrada delle Grotticelle di Racalmuto. Se ha ragione, il
cristianesimo si sarebbe diffuso nel paese fin dal V-VI secolo; da allora sino
al nono secolo, quando gli arabi s’impadronirono di questa parte della Sicilia,
molti sacerdoti si saranno succeduti ma su di loro nulla assolutamente si sa e
non sono neppure tentabili congetture, anche azzardate. Lo stesso avviene per i
tempi dei Normanni e per quelli successivi
sino al 1308. Occorre fare un salto, dunque, che ci porta al 17 maggio del
1512: in un documento vescovile si accenna al sacerdote racalmutese Francesco
La Licata che - unitamente ai sindaci Vito Graci, Francesco Bona, Giacomo Mulè, Filippo Fanara, Salvatore Casuccio, Gabriele La Licata. Orlando Messina e Stefano Santalucia - si era rivolto
all’autorità viceregia per avanzare un imprecisato ricorso avverso il chierico
Paolo del Carretto. Possiamo affermare che il
La Licata sia il primo sacerdote veramente racalmutese
di cui abbiamo notizia.
In definitiva, è proprio dal La Licata che può partire una ricognizione dei sacerdoti
racalmutesi: i precedenti quattro nominativi (due dell’inizio e due della fine
del XIV secolo) ci appaiono forestieri e per un paio di loro non è ipotizzabile
una qualche sia pure sporadica presenza a Racalmuto.
I
CONVENTI DI RACALMUTO NEL ‘500
Se crediamo ad un quadro che si trova a Licata e
che raffigura l’albero frondoso ed abbondantemente fruttifero ad esaltazione
della famiglia dei carmelitani nell’agrigentino, dovremmo dire che già nel 1270
si ergeva a Racalmuto il convento del Carmine, ma la fonte è molto labile per
innestarvi origini conventuali racalmutesi che peratro ribalterebbero il tanto
creduto ed il molto sostenuto da grintosi storici locali. Tolto dunque il
convento del Carmine, dobbiamo saltare ai conventi che sono di sicuro operanti
nel XVI secolo. Non crediamo che vi siano
stati conventi a Racalmuto, oltre a codesto incerto del Carmine, nei primi quarant’anni del ‘500: solo attorno
al 1545 è di sicuro operante il convento di S. Francesco ove erano insediati i padri francescani
dell’Ordine dei Minori Conventuali. In certi documenti vescovili che riguardano
il sac. don Lisi Provenzano abbiamo rinvenuto elementi tali da suffragare
questa antica datazione del convento. L’altro cenobio che appare alla fine del
secolo, quello dei carmelitani, pare risorto all’incirca verso il 1575 se diamo credito
alla lapide dell’avello di un priore
locale, padre Paolo Fanara, quale ancora si legge
nella chiesa del Carmelo (la chiesa appare invece da molto tempo prima ed è
attestata dalla visita del Tagliavia nel 1540 non mancando nel testamento del
barone Giovanni del Carretto).
Giovan Luca Barberi parla di un convento benedettino presso
Racalmuto, ma gli eruditi locali
negli ultimi tempi sono propensi a ritenere che il chiostro fosse quello di S.
Benedetto, in territorio di Favara.
Quanto all’altro convento francescano, quello dei
Minori di Regolare Osservanza, esso, seppure se ne parla già nel 1598, inizia
la sua attività nei primi anni del ’600.
Per tutto il Cinquecento non vi sono conventi
femminili a Racalmuto. Il primo - quello di S.
Chiara - comincerà ad operare verso il 1645.
Convento
di S. Francesco
Sappiamo con certezza che il 21 novembre 1545 il
convento di S. Francesco era operante. Noi pensiamo che sin dagli
esordi furono i padri minori conventuali ad occupare il chiostro, sotto l’egida
di Giovanni del Carretto. Pietro Rodolfo Tossiniano,
vescovo di Senigallia, vi nel libro 2°
della sua Historia Serafica. Il maltese Filippo Cagliola nel 1644, fa un
discorso un poco più articolato e, descrivendo le “Almae sicilienses Provinciae
ordinis Minorum Conventualium S. Francisci”, prende in considerazione anche
Racalmuto in questi termini:
LOCUS RACALMUTI [custodia agrigentina]. suae
fondationis certam non habet notam, cum scripturas omnes grassantis pestis insumpserit lues. Quam ob rem annus
1576 a THOSSINIANO inscriptus, ad reparationem Ecclesiae, post
eliminatum languorem, non ad fundationem referendus; pugnaret siquidem secum
Auctor, qui a Comite Ioanne, certam pecuniam pro Ecclesia reparatione, legatam
asserit, anno 1560. Ecclesia denuo excitata, imperfecta iacet, locus iuxta
arcem a Friderico Claramontano constructa, situs amoenus, qui fabricis non
spernendis incrementa suscepit. Ecclesia Divo Francisco dicata.[2]
Dunque non era nota la data di fondazione, per la
distruzione dell’archivio nel tempo della grande peste del 1576. Questo stesso
anno viene indicato dal Tossiniano come data di fondazione, subito dopo la
cessazione del flagello. Ma questi cade in contraddizione con se stesso, dato
che afferma che il conte Giovanni [invero era barone] ebbe a lasciare una certa
somma nel 1560 per riparare la chiesa. La chiesa, invero, di nuovo eretta,
giace ora incompleta vicino al castello edificato da Federico Chiaramonte, in un luogo ameno e con un
notevole chiostro. Essa è dedicata a S. Francesco.
Il barone Giovanni del Carretto, a dire il vero non aveva
tanto pensato alla chiesa ma alla sua tomba. Egli lasciò cento onze per la sua
cappella tombale. Ed altri mezzi per la celebrazione di messe in Conventu Sancti Francisci dictae Terrae,
che dunque nel 1560 era attivo.
Francescani conventuali nel 1593
Da una nostra ricerca risulta che nel 1593 stanziassero a S.
Francesco i seguenti religiosi:
1
|
1593
|
COLA ANDREA
|
GAITANO
|
PADRE PRIORE
|
2
|
1593
|
GIOVANNIANTONIO
|
TODISCO
|
FRA
|
3
|
1593
|
SEBASTIANO
|
D ‘ ALAIMO
|
FRA
|
4
|
1593
|
FRANCESCO
|
BARBERIO
|
FRA
|
5
|
1593
|
GIO
|
BARBA
|
FRA
|
6
|
1593
|
LODOVICO
|
DI SALVO
|
FRA
|
7
|
1593
|
GIUSEPPE
|
LA MATINA
|
FRA
|
Francamente non conosciamo granché della loro vita:
abbiamo, ad esempio, alcuni accenni nell’atto di donazione di quel singolare
personaggio che fu Antonella Morreale, rimasta vedova piuttosto
giovane di Leonardo La Licata. Il rogito è datato 9
gennaio 1596 e ad un certo punto stabilisce:
Et voluit
et mandavit ditta donatrix quod dittus Jacobus donatarius ...debeat ac teneatur
supra dicto ut supra donato solvere uncias decem po: ge: in pecunia fratri
Lodovico de Salvo ordinis Sancti
Francisci, filio magistri Rogerij consanguineo dittae donatricis infra annos
duos cursuros et numerandos a die mortis dittae donatricis in antea hoc est
anno quolibet in fine unc. unam in pacem
pro vestito ispius Lodovici pro Deo et eius anima ipsius donatricis et solutis
dictis unc. 10 ut supra dictus Jacobus de Poma donatarius per se et successores
teneatur et debeat pro dittis unc. decem anno quolibet in perpetuum solvere
unciam unam redditus supra dicto loco de
supra donato dicto ven.li conventui Sancti Francisci dictae Terrae Racalmuti
eiusque guardiano mentionato pro eo et successoribus in ipso conventu in
perpetuum legitime stipulante in quolibet ultimo die mensis augusti cuiuslibet
anni incipiendo solvere anno quolibet in perpetuum pro Deo et eius anima ipsius
donatricis pro celebratione tot missarum celebrandarum per fratres dicti ven.
conventus
Fra Ludovico de Salvo era dunque un consanguineo della Morreale. Nella donazione si parla
di sussidi per il suo vestiario. Per le messe v’è un altro legato di un’oncia
annua in favore del padre guardiano.
Il guardiano padre Cola Andrea Gaitano
La Morreale si ricorda di questo priore anche a proposito
della sistemazione della non chiara
vicenda del lascito da parte del marito di
un vestito appartenente a don Cesare del Carretto. In dialetto, ella dispone
piuttosto prolissamente che:
Item ipsa donatrix pro Deo et eius anima ac pro anima
ditti condam Leonardi olim eius viri titulo donationis preditte post mortem
ipsius donatricis ... donavit et donat ditto ven. conventui Sancti
Francisci ditte terre uti dicitur: una robba di donna di villuto russo chiaro
con li soi passamanu di oro, quali robba ditta donatrichi teni in potiri suo in
pegno del sig. don Cesaro il Carretto, la somma dello quali pignorationi ipsa donatrici non
si recorda, per tanto essa donatrici voli chè si il detto del Carretto paghira
ditto conventu seu suo guardiano la reali summa per la quali robba fui
inpignorata, chè in tali casu lu guardiano di detto convento chè tunc forte
serra sia tenuto restituiri ditta robba a ditto del Carretto et casu chè il
detto del Carretto non si recapitassi detta robba oyvero non declarira la summa
per la quali detta robba sta pignorata voli la detta donatrichi chè lu
guardiano di detto convento habbia di obtenere lettere di executione et per
quella somma chè serra revelato il detto guardiano debbea detta robba per detta
somma ad altri personi inpignorarla et quelli denari convertirli et expenderli
in subsidio et bisogno di detto
conventi et fari diri tanti missi per l’anima di detta donatrici et il ditto
condam Leonardo per li frati di detto convento et quoniam
sic voluit ditta donatrix et non aliter nec alio modo.
Il nome del padre guardiano doveva essere padre Cola
Andrea Gaitano: non è certamente
racalmutese, mentre originari del paese appaiono tutti gli altri sei
fraticelli.
Fra Ludovico de Salvo
La famiglia cui apparteneva fra Ludovico Salvo è così censita nel rivelo del 1593:
36
|
360
|
Salvo (de) Mg. Ruggero,
soldato anni 45
|
Nora de Salvo moglie; Santo anni
14; Ludovico 11; Francesco 7; Ivella; Caterina; Vincenza
|
confina con
La Lattuca Paulino
|
abita
al Monte
|
Nel 1602 consegue i quattro ordini minori e pare che
non sia andato oltre. Un’annotazione del vescovo Bonincontro del 1608 farebbe pensare che fra Ludovico
abbia lasciato il convento e si sia secolarizzato. Lo troviamo infatti fra i
chierici sottoposti alla giurisdizione dell’ordinario diocesano:
Ludovico di Salvo an 26 cons. ad 4 m. ord. die 23 martii
1602 ... S. Francisci
Fra Ludovico era nato a Racalmuto nel 1581 come da questo atto di battesimo:
19
|
7
|
1581
|
Lodovico
|
Rogieri m.o
|
Salvo
|
Nora
|
Fra Sebastiano d’Alaimo
Semplice frate nel 1593 ricevette sicuramente gli
ordini sacerdotali. Nella visita del 1608 viene autorizzato alle confessioni
per sei mesi:
Frater Sebastianus de Alaimo ordinis S.ti Francisci Convent. ad sex menses
Risulta dai Rolli di S. Maria quale teste in un atto
del 28 ottobre 1597. Null’altro ci è dato di sapere su questo francescano,
sicuramente racalmutese.
Il Convento del Carmine.
Per il Pirri questo convento è nobile ed antico ed ai
suoi tempi (1640) contava 10 religiosi con 108 onze di reddito. Ne era stato
solerte priore per 46 anni il racalmutese fra Paolo Fanara. La lapide del suo sepolcro
fornisce questi dati biografici:
Paolo Fanara innalzò, accrebbe e decorò, dotandolo
d’immagini, questo tempio; curò l’edificazione del convento con somma
operosità. Visse 71 anni e nell’anno della salvezza 1621, dopo 41 anni di
priorato, morì nella pace del Signore.
Fra Paolo Fanara nacque dunque nel 1550; nel 1575 diviene
priore del cenobio carmelitano di cui è fondatore a Racalmuto. Il convento viene
edificato accanto alla chiesa periferica del Carmelo, che stando ai documenti
disponibili sorgeva invero da tempo, a dir poco dal 1540.
La chiesa sembra in costruzione al tempo della morte
del barone Giovanni del Carretto che così ne accenna nel suo testamento:
Item
praefatus Dominus Testator dixit expendisse unceas centum triginta in emptione
lignaminum et tabularum facta per
Magistrum Paulum Monreale, et per Magistrum Jacobum de Valenti, de quibus
dominus Testator consequutus fuit nonnullas tabulas, et lignamina; voluit
propterea, et mandavit quod debeat fieri computum per dictum spectabilem D.
Hieronymum heredem particularem, et faciendo bonas uncias viginti septem
solutas Ecclesiae Sanctae Mariae de Jesu,
et uncias undecim solutas pro raubis; de residuo tabularum et lignaminum compleri debeat tectum Ecclesiae Sanctae Mariae
di lu Carminu dictae Terrae Racalmuti, et voluit quod debeat expendere unceas quindecim in
pecunia in dicto tecto, et ita voluit, et mandavit, et hoc infra terminum
annorum trium.
Nel 1560, dunque, la chiesa di Santa Maria del Carmelo
era a buon punto e doveva soltanto completarsi il tetto, cosa che andava fatta
entro tre anni. Non è attendibile quindi quel che dice l’avello del p. Fanara, quanto alla chiesa. Certo
dopo il 1575 fra Paolo non mancò di farvi fare opere murarie e migliorie ed a
ciò è da pensare che si riferisca l’iscrizione della lapide.
I carmelitani racalmutesi del secolo XVI
Nel rivelo del 1593, questo era l’organico del cenobio
carmelitano racalmutese:
1
|
1593
|
PAULO
|
FANARA
|
PADRE PRIORE
|
2
|
1593
|
RUBERTO
|
COSTA
|
PADRE
|
3
|
1593
|
SALVATORE
|
RICCIO
|
FRA
|
4
|
1593
|
FRANCESCO
|
SFERRAZZA
|
FRA
|
5
|
1593
|
ANGELO
|
CASUCHIO
|
FRA
|
6
|
1593
|
GEREMIA
|
RUSSO
|
FRA
|
7
|
1593
|
GIUSEPPI
|
RAGUSA
|
FRA
|
8
|
1593
|
ZACCARIA
|
RICCIO
|
FRA
|
[1])
Girolamo M. Morreale, S.J - Maria SS. del Monte di
Racalmuto - Racalmuto 1986: pag. 29 «Le notizie più sicure e più antiche sulla
Madonna del Monte le
abbiamo dalla sacra Visita, fatta a Racalmuto dal vescovo o da un suo delegato,
nel 1540 ... La statua è descritta con termini assai scarni, secondo lo stile
inventariale: "Una figura di Nostra Donna di marmaro"» Pag. 30: «Poco dopo sono riportati gli ornamenti
della statua: "Item uno panigliuni [rectius: pavigluni, n.d.r.] di cuttuni cum sua frinza di sita
russa per [rectius: supra, n.d.r.] la
Immagini [rectius: inmagini, n.d.r.] di marmaro di Nostra Donna et una
cultra vecchia [rectius: vecha, n.d.r.] per la ditta Immagini [rectius: supra la ditta inmagini, n.d.r.] ... Item: uno panigliuneddo [rectius: paviglunetto, n.d.r.] a la immagini [rectius: inmagini, n.d.r.] di Nostra Donna .»
«Il titolo della chiesa è riportato nel paragrafo che la riguarda:
"Visitatio ecclesie sancte Marie di lo Munti".
«Per la quantità di beni riportati nell'inventario, la chiesa del Monte
è la terza dopo la Matrice e
l'Itria. Si ha l'impressione di una chiesa periferica che ha appena il necessario: sono ricordati
un solo paio di candelieri di legno e le 13 tovaglie di altare come biancheria
sacra. Le due chiese centrali, Annunziata (Matrice) e l'Itria, invece appaiono bene
attrezzate di parati sacri..»
A quest'ultimo proposito mi
par di potere annotare: a) Il P. Morreale legge sicuramente in modo errato Jsu in Itria
(la chiesa dell'Itria sorgerà a Racalmuto un secolo dopo); b) la chiesa del Monte figura
dopo Matrice, S. Maria di Gesù ed anche S.
Giuliano, al quarto posto, forse addirittura alla pari di S. Margherita; c) in
ogni caso, trattasi delle prime cinque chiese di Racalmuto: le altre (ricordo
ad esempio: S. Rosalia e S. Leonardo)
non attiravano l'attenzione dei visitatori episcopali per la loro scarsa
importanza. La chiesa del Monte, comunque, ha una buona dotazione di paramenti
sacri, ha una cassetta per le elemosine ed un guardaroba per la sua prestigiosa
statua di marmo, anche se viene indicata come vecchia (da ciò si potrebbe anche
dedurre che la statua marmorea non è poi detto che sia quella che si venera
oggi e che la chiesa del Monte è molto antica, forse più antica della stessa S.
Maria di Gesù).
Altra importante fonte è :
«LA VISITA PASTORALE DI MONS. PIETRO DI TAGLIAVIA E D'ARAGONA - parte II (Anno
1542-43)» - Tesi di laurea di Rosa Fontana, relatore Paolo Collura
dell'Università degli Studi di Palermo - facoltà di lettere e filosofia - anno
accademico 1981-1982. Racalmuto risulta tratttato nelle pagine 207-218. La
visita è dell'11 giugno 1543 ed è successiva di tre anni a quella qui indicata.
La Chiesa del Monte non vi figura perché il visitatore si limitò ad annotare a
lato la vecchia visita.
[2]) ALMAE
SICILIENSES PROVINCIAE - ORDINIS MINORUM
CONVENTUALIUM S.FRANCISCI - a patre magistro Philippo CAGLIOLA - a MILITA.
"Sicilia francescana
secoli XIII-XVIII a cura di Filippo ROTOLO" Venetiis, MDCXLIV - Officina
di Studi Medievvali - Via del Parlamento, 32 - 90133 PALERMO - 1984. pag. 108
[Petrus Rodulfus THOSSINIANUS, Episcopus Senegallensis ordinis nostri, in
Historia Serafica - v. per RACHALMUTUM lib. 2] .
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