Che fare di questo paese? Basta rispettarlo, basta salvaguardarne l'immenso patrimonio archeologico, basta non essere monotematici, basta non persistere nella sciasciadipendenza. Sciascia è grande, immenso. E' il più grande calligrafo tra il 1960 e il maggio del 1989. Ma Sciascia non è Racalmuto, forse è Regalpetra, un paese che non esiste. E la Racalmuto vera, umana, talora perversa, talora sublime, talora mineraria, talora contadina, talora poetica, talora omicida, talora salvifica, talora altro e altro ancora, non è la fondazione Sciascia, non è la fondazione che ne rifiuta persino il nome, non è Malgrado Tutto e non è i suoi coreuti.
Questa ricostruzione grafica di uno stampo romano di una gavita che ha chiamato Mommsen e che ha consentito a De Miro di suggellare epigoni insospettati dell'economia romana vale molto di più di tutte le lagne di chi piange desolazione e apocalittici sconquassi sol perché l'orticello sperato a riflesso degli amici della noce è evaporato.
Racalmuto non segna crolli demografici per impotentiae coendi: solo non può inventarsi spazi vitali idonei alle sagacie di tanti suoi geniali figli e li dispensa al mondo intero. Sì al mondo intero. Me ne sono accorto con questo mio sgangherato blog: mi leggono nella Corea del Sud (tanti), nella Federazione Russa (tanti) in Giamaica per non parlare degli Stati Uniti (un subisso per la potenziale platea di questo non ambizioso progetto), in Canada e naturalmente in Germania nel Regno Unito ma anche in Serbia, in Romania. Scrivo come scrivo, sbatacchio la dattilografia in modo indecente, non sono mellifluo, polemizzo con tutti e per tutto: CONTRA OMNIA ma sono di Racalmuto, radicato a Racalmuto da dieci generazioni e non voglio nulla se non un prosperoso rivesglio di questa mia terra che amo sino allo spasimo. E ucciderei quando certi pennivendoli la denigrano, la infangano, la distorcono per un pezzo alla moda, per un consenso ad infamanti condanne, per un plauso al nichilismo del guitto del momento.
Viviamo un momento non splendido sotto il profilo economico. Siamo in quasi nove mila, i nuclei familiari, i fuochi si diceva una volta, sono circa tre mila. Ogni fuoco brucia per lo meno 12.000 euro all'anno. Il cash flow segna una spesa liquida di circa 36 milioni di euro all'anno. Dove prenderli? Il Comune con tutta la sovrabbondante compagine impiegatizia può fornire non più di 4-5 milioni; le pensioni altrettanto (e qui so di andare in eccesso), le rimesse da oltre perimetro comunale qualche milione ( e ne dubito) fortemente. E quindi? Un tempo tra posta e banche giacevano oltre 40 miliardi di lire che remunerati se non a doppia cifra poco al di sotto che consentivano sufficiente integrazione del reddito monetario annuo. Spariti! Vi era una edilizia che specie con lo 0,20 di edificabilità nelle campagne tirava e dava indotto ragguardevole: soppresso; l'empito dei sali potasseci diede aire a spinte industriali cantate persino da Sciascia: ci hanno lasciato deformanti montarozzi forse persino cangerogeni.
Occorreva sagacia amministrativa, tecnici senza cuore afferrano il Comune che improvvidamente dichiarano infltrato, tra i canti annuenti degli aedi locali, e bloccano lo 0,20, manco controllano le esose sanzioni degli omessi accatastamenti coinvolgendo persino il glorioso arciprete Casuccio morto da un trentennio, si inventano sopravvenieze passive, trascurano quelle attive e tassano al massimo con l'Imu prima, con la tarsu corrente dopo e non contenti si slabbrano in un forsennato recupero di una monnezza che risalirebbe al 2006. Questo ultimo gioco rastrema la già stremata finanza locale per circa un milione di euro (se le cartelle sono state 1.600, il calcolo è semplice. Andassero questi soldi al Comune! No, servono a un baraccone che a detta di un assessore regionale è costituito da una pletora impiegatizia (si parla di 10.000 addetti). Si trattasse di lavoratori del settore! No, solo il 30% il settanta per cento è gente che se va in ufficio ci va in tight come dirigente (ovviamente di nulla). Hai voglia di fare regolamenti ove senza ombra di dubbio si dice che si tratta di tariffa da gestire in privativa e non si deve "superare il costo del servizio" da limitare con la prudenza del Buon Padre di famiglia (mi insegnarono all'università). E candidamente l'assessore aggiunge: mica posso licenziare sette mila impiegati? mi scoppia la rivoluzione (o perde le elezioni). Rispondiamo: Mica possiamo ulteriormente tartassare i racalmutesi con una reviviscenza oltre i termini di decadenza di una tassazione mai pretesa, mai disciplinata, mai acclarata, spesso mai sorta? Non c'è barba di politico, barba di pastore di anime, barba di volontario che sappia fare valere tante e tali ragioni conculcate.
Vengono ora aedi scornati dal fallimento di una loro combine per dar risorse a chi le ha dissipate ricicciando cose già viste, recitate e dal Comune già pagate e ci vengono a piangere addosso perché tutto è finito omnia consumatum est sol perché non possono più fare cene sociali per approvare i bilanci del nulla della fondazione o perché chi ha trovato ristoro finanziario infiltrandosi in evanescnti fondazioni teatrali sbatte il muso contro le esauste casse comuali. E noi ci dovremmo accasciare solo per questo? Ma va a...
Questa ricostruzione grafica di uno stampo romano di una gavita che ha chiamato Mommsen e che ha consentito a De Miro di suggellare epigoni insospettati dell'economia romana vale molto di più di tutte le lagne di chi piange desolazione e apocalittici sconquassi sol perché l'orticello sperato a riflesso degli amici della noce è evaporato.
Racalmuto non segna crolli demografici per impotentiae coendi: solo non può inventarsi spazi vitali idonei alle sagacie di tanti suoi geniali figli e li dispensa al mondo intero. Sì al mondo intero. Me ne sono accorto con questo mio sgangherato blog: mi leggono nella Corea del Sud (tanti), nella Federazione Russa (tanti) in Giamaica per non parlare degli Stati Uniti (un subisso per la potenziale platea di questo non ambizioso progetto), in Canada e naturalmente in Germania nel Regno Unito ma anche in Serbia, in Romania. Scrivo come scrivo, sbatacchio la dattilografia in modo indecente, non sono mellifluo, polemizzo con tutti e per tutto: CONTRA OMNIA ma sono di Racalmuto, radicato a Racalmuto da dieci generazioni e non voglio nulla se non un prosperoso rivesglio di questa mia terra che amo sino allo spasimo. E ucciderei quando certi pennivendoli la denigrano, la infangano, la distorcono per un pezzo alla moda, per un consenso ad infamanti condanne, per un plauso al nichilismo del guitto del momento.
Viviamo un momento non splendido sotto il profilo economico. Siamo in quasi nove mila, i nuclei familiari, i fuochi si diceva una volta, sono circa tre mila. Ogni fuoco brucia per lo meno 12.000 euro all'anno. Il cash flow segna una spesa liquida di circa 36 milioni di euro all'anno. Dove prenderli? Il Comune con tutta la sovrabbondante compagine impiegatizia può fornire non più di 4-5 milioni; le pensioni altrettanto (e qui so di andare in eccesso), le rimesse da oltre perimetro comunale qualche milione ( e ne dubito) fortemente. E quindi? Un tempo tra posta e banche giacevano oltre 40 miliardi di lire che remunerati se non a doppia cifra poco al di sotto che consentivano sufficiente integrazione del reddito monetario annuo. Spariti! Vi era una edilizia che specie con lo 0,20 di edificabilità nelle campagne tirava e dava indotto ragguardevole: soppresso; l'empito dei sali potasseci diede aire a spinte industriali cantate persino da Sciascia: ci hanno lasciato deformanti montarozzi forse persino cangerogeni.
Occorreva sagacia amministrativa, tecnici senza cuore afferrano il Comune che improvvidamente dichiarano infltrato, tra i canti annuenti degli aedi locali, e bloccano lo 0,20, manco controllano le esose sanzioni degli omessi accatastamenti coinvolgendo persino il glorioso arciprete Casuccio morto da un trentennio, si inventano sopravvenieze passive, trascurano quelle attive e tassano al massimo con l'Imu prima, con la tarsu corrente dopo e non contenti si slabbrano in un forsennato recupero di una monnezza che risalirebbe al 2006. Questo ultimo gioco rastrema la già stremata finanza locale per circa un milione di euro (se le cartelle sono state 1.600, il calcolo è semplice. Andassero questi soldi al Comune! No, servono a un baraccone che a detta di un assessore regionale è costituito da una pletora impiegatizia (si parla di 10.000 addetti). Si trattasse di lavoratori del settore! No, solo il 30% il settanta per cento è gente che se va in ufficio ci va in tight come dirigente (ovviamente di nulla). Hai voglia di fare regolamenti ove senza ombra di dubbio si dice che si tratta di tariffa da gestire in privativa e non si deve "superare il costo del servizio" da limitare con la prudenza del Buon Padre di famiglia (mi insegnarono all'università). E candidamente l'assessore aggiunge: mica posso licenziare sette mila impiegati? mi scoppia la rivoluzione (o perde le elezioni). Rispondiamo: Mica possiamo ulteriormente tartassare i racalmutesi con una reviviscenza oltre i termini di decadenza di una tassazione mai pretesa, mai disciplinata, mai acclarata, spesso mai sorta? Non c'è barba di politico, barba di pastore di anime, barba di volontario che sappia fare valere tante e tali ragioni conculcate.
Vengono ora aedi scornati dal fallimento di una loro combine per dar risorse a chi le ha dissipate ricicciando cose già viste, recitate e dal Comune già pagate e ci vengono a piangere addosso perché tutto è finito omnia consumatum est sol perché non possono più fare cene sociali per approvare i bilanci del nulla della fondazione o perché chi ha trovato ristoro finanziario infiltrandosi in evanescnti fondazioni teatrali sbatte il muso contro le esauste casse comuali. E noi ci dovremmo accasciare solo per questo? Ma va a...
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