Un prete – ovviamente un prete – che si camuffa ma si firma con nome e cognome SALVATORE CUCINOTTA dà alle
stampe un grosso volume, fitto di notizie avremmo voglia di scrivere prendendo
a prestito un guizzo ironico di Sciascia. SICILIA E SICILIANI s’intitola e per
sotto titolo: DALLE RIFORME BORBONICHE AL “RIVOLGIMENTO” PIEMONTESE –
SOPPRESSIONI.
Non so se vale sotto il profilo storico, vale comunque come
ricerca archivistica sia pure in disinvolta trascrizione. Investe Racalmuto e
quindi ha tutta la mia attenzione. Con
mezzi non proprio raffinati il prete si imbarca nella enucleazione dei dati post-unitari di quella faccenda di
travolgente ampiezza che fu la requisizione della manomorta ecclesiastica e
della assegnazione a pagamento più o meno dilatato a faccendieri e soprattutto
galantuomini che poco ebbero a curarsi della scomunica che sacerdoti e anime
pie dispensavano o temevano.
Quale fu il patrimonio ecclesiastico racalmutese finito in
voraci mani di signorotti locali? Troviamo di tutto e di più. Seguiamo l’ordine
del Cucinotta. Esordisce Alfonso Farrauto che riesce ad accaparrarsi un ettaro
di vigne in contrada Larga, già del convento di S. Francesco di Assisi: base d’asta
Lire 1396; offerta definitiva Lire 2.500.
Michelangelo Alaimo acquista 1.300 metri quadri di terre ad ortaggi in
contrada Santinella (?) per 1.834 lire. L. Falletti ha un “terraneo in via S.
Francesco (il prezzo non viene indicato). Stranamente, Teresa Tirone una bigotta non teme la scomunica e si impossessa
di un ettaro di terre con alberi da frutta per 832 lire in una contrada che il
Cucinotta indica come “Motati”. Tutti questi beni appartenevano al Convento di
S. Francesco.
Case terranee, abitazioni con tre e quattro stanze ed una
bottega site in v. Collegio, in via del Grillo, in via Anime Sante e in Piazza
Carmelo, dote del Collegio di Maria, passano a Calogero Romano, a Giuseppe
Presti, a Calogero Picone, a Leonardo Alfano e infine a Giovanni d’Alba e socio.
Torna alla carica Michelangelo Alaimo che per sole 658 lire
acquisisce un ospizio di 6 stanze in via Tulumello che era appartenuta ai
Cappuccini di Girgenti. Inizia la
svendita dei beni del Convento del Carmine: vigne in contrada Cameli (pensiamo
Cometi) a Giuseppe Presti; case al Carmine a Giuseppe Presti e Calogero Lauricella; Teresa Picone e il sacerdote
Giovanni Bartolotta se ne infischiano della scomunica: potere acquistare per pochi soldi case più o meno terranee è
molto vantaggioso per lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione; un altro
terraneo se lo accaparra il solito M.lo Alaimo.
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